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Autore: Miss All Sunday    21/12/2022    2 recensioni
“Com’è che dicevano i latini?
Nomen Omen?
Se però il tuo nome significa ‘dono divino’ forse le aspettative sono un po’ troppo elevate…”

Il rifugio che era sempre stato un luogo di pace e tranquillità per Clint e la sua famiglia quella notte sembrava un vero e proprio inferno.
Diciannove anni dopo…
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nathaniel Pietro Barton
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I’m not okay

 

27 maggio 2015

  

Clint non faceva altro che torturarsi le mani mentre continuava ad andare avanti e indietro di fronte alla sua camera da letto nella casa di campagna che, per molto tempo, aveva protetto la sua famiglia. Il rifugio che era sempre stato un luogo di pace e tranquillità, quella notte sembrava un vero e proprio inferno.

Sarebbero dovuti mancare ancora alcuni giorni al momento fatidico eppure tutto era iniziato inaspettatamente, senza il minimo preavviso. La calma che lo caratterizzava anche nei casi più critici era del tutto svanita e il panico aveva rapidamente preso il sopravvento; così l'arciere aveva fatto la prima cosa che gli era venuta in mente: chiamare Natasha.

C'era ogni volta in cui lui aveva avuto bisogno d'aiuto. 

Era stata lei a fargli riacquistare lucidità, seppur in modo poco ortodosso, quando si era trovato suo malgrado sotto il controllo di Loki.
Era stata lei a soccorrerlo quando durante lo scontro nei pressi del forte del Barone von Strucker era stato ferito. 
Infine, era sempre stata lei a stargli vicino mentre gli avanzati mezzi tecnologici della dottoressa Cho si occupavano di rimetterlo in sesto per permettergli di tornare sano e salvo dalla sua famiglia.

Anche quella notte, come prevedibile, la russa era subito accorsa in suo aiuto nonostante fossero le due e, dimostrandosi molto più abile di lui a gestire la situazione, si era fatta accompagnare da Steve e da Helen, probabilmente l'unica persona che poteva fare effettivamente qualcosa.

Dopo una decina di minuti dal loro arrivo e alcune parole di incoraggiamento al povero Clint che era sempre più pallido, il Capitano aveva fatto ritorno alla Stark Tower portando con sé i due figli del compagno di squadra, Lila e Cooper, per dare più libertà all'asiatica.

Era passata un'altra ora e le grida incessanti provenienti dalla camera nella quale si trovava Laura, unite alla consapevolezza di non poter fare nulla, non facevano altro che aumentare la già notevole agitazione dell'agente Barton.

Stava passando di fronte a quella maledetta porta per l'ennesima volta, quando questa finalmente si era aperta rivelando la figura di Natasha che, contrariamente alle sue abitudini, non vestiva né la sua uniforme né una comoda tuta. Aveva infatti una divisa azzurra da infermiera che lei tanto odiava, ma che Helen le aveva imposto di indossare.

Appena uscita dalla stanza, l'arciere si era voltato verso di lei e si erano scambiati uno sguardo d'intesa. Chi fosse messo peggio tra i due era difficile dirlo: lui sembrava uno straccio ogni minuto di più e la russa aveva un disordinato ciuffo di capelli rossi, fuoriuscito dalla cuffia, che si era appiccicato sgraziatamente alla fronte madida di sudore. Si era portata una mano al petto e aveva emesso un sospiro profondo.

"Ci siamo quasi, se vuoi puoi entrare..."

A quelle parole Clint era come rinato; senza farselo ripetere due volte si era fiondato verso la camera, ma la donna l'aveva immediatamente bloccato afferrandogli il braccio.

"Barton, ti avviso: là dentro non c'è Laura, c'è la versione di Fury quando hai distrutto il suo ufficio facendo schiantare una delle armature di Stark."

L'uomo le aveva rivolto un sorriso sghembo, fatto l'occhiolino e aveva poi messo le mani sui fianchi assumendo la tipica posa che aveva visto sulle figurine di Capitan America che una volta appartenevano a Coulson. 

"Hey, hai di fronte un Avenger! Uno degli eroi più potenti della Terra!"

Aveva quindi raggiunto rapidamente sua moglie che si trovava distesa sul letto assistita dalla dottoressa Cho che, talmente concentrata su ciò che stava accadendo, non si era nemmeno accorta del suo arrivo seguito pochi secondi dopo da quello di Nat.

Infine, alcuni minuti -scanditi da vari e coloriti insulti rivolti da Laura al marito- più tardi, si era finalmente sentito il pianto di un neonato risuonare nella stanza.

Dopo averlo sistemato, l’asiatica, visibilmente commossa, lo aveva portato alla madre che l'aveva preso tra le braccia cullandolo dolcemente, mentre Natasha stava cercando di far riprendere Clint che, come le due volte precedenti, era crollato al suolo non appena il bambino era nato.

"Com'è che avevi detto? L'eroe più potente della Terra?"

Solo alcuni minuti dopo, sotto lo sguardo divertito di Tasha, Barton aveva riacquistato conoscenza. La dottoressa Cho aveva infine riordinato la stanza per poi lasciare la camera seguita dalla russa, così da permettere ai due coniugi di riposarsi.

Appena uscite si erano cambiate indossando dei vestiti che l'agente Romanoff aveva recuperato dall'armadio di Laura.

Il resto della notte era stata un continuo viavai da parte di entrambe e di Occhio di Falco per controllare che sia la madre che il bambino stessero bene e, per questo motivo, le ore seguenti erano state segnate da turni di riposo alternati a veglie per assicurarsi che tutto andasse per il meglio.

Era ormai mattina inoltrata quando la dottoressa Cho aveva dichiarato che ogni cosa fosse ufficialmente sotto controllo, ma l'arciere aveva comunque deciso di stare ancora un po' di tempo a sorvegliare la situazione. Così le due, rimaste sole, si erano lasciate cadere sul divano in salotto, esauste per tutto ciò che era accaduto e per il sonno perso. Dopo alcuni minuti di silenzio la rossa aveva preso la parola.

"Grazie davvero Helen non so come avremmo fatto senza di te; Barton era in crisi e io sono una spia, la cosa più normale che abbia mai fatto è stata fingermi la segretaria di Stark. La situazione di Clint, come puoi ben immaginare, è abbastanza complicata: fino a poco tempo fa nessuno sapeva che fosse sposato, ovviamente eccetto me e Fury. In ospedale non avrebbe potuto stare vicino a Laura e inoltre non abbiamo avuto tempo per poter agire diversamente."

"Tecnicamente far nascere bambini non rientrerebbe nelle mie competenze di scienziata e genetista, però devo ammettere che me la sono cavata. Tu non hai idea di quanto YouTube possa essere utile in questi casi! Le visualizzazioni che fa un parto in diretta… aberrante!”
Era stata interrotta dalla risata spontanea che le aveva causato la sua stessa frase. Solo dopo essersi ricomposta aveva ripreso la parola.
“Stavamo dicendo? Ah sì! Quindi immagino che se un giorno dovessi trovarmi in un'imboscata circondata da, fammi pensare, assassini pronti a uccidermi tu mi dovrai rendere un favore."

Aveva fatto poi una pausa, stavolta nessun sorriso sulle labbra; qualcosa la stava turbando e di questo Natasha se n’era accorta. Helen aveva distolto lo sguardo dalla russa e si era passata una mano sugli occhi stanchi. Si era poi convinta a dar voce ai suoi pensieri.

"Non credevo che questa settimana sarebbe potuta finire così. È stato tutto così assurdo... prima, una creazione di Stark diventa all’improvviso senziente e prova a ucciderci. Poi, lui e due ragazzi con poteri spuntati da chissà dove, mi obbligano a creare un corpo in vibranio, Sokovia inizia a fluttuare, i due gemelli passano dalla nostra parte e infine Pietro si sacrifica per salvare Clint. Ogni cosa è successa così velocemente, senza alcun preavviso... sai, ogni mattina quando mi sveglio, mi chiedo cosa vi spinga a fare tutto questo: Barton ha una famiglia, Fury ha visto Coulson morire davanti ai suoi occhi e tu rischi la vita per la stesse persone che un tempo hanno cercato di ucciderti.”

La russa aveva sorriso alla donna che, in quel momento, aveva abbandonato il suo ruolo di agente dello S.H.I.EL.D. mostrandosi semplicemente come Helen.

"Me lo chiedo anche io, ogni singolo giorno, ma la riposta è semplice: non possiamo farne a meno. Ci saranno sempre dei 'Loki' o degli 'Ultron' che non si faranno scrupoli a uccidere e ingannare pur di raggiungere i propri obiettivi. Per questo motivo noi Avengers siamo disposti a rischiare la vita. Come mi disse Fury dopo essere stata reclutata: 'Finché ci sarà gente come loro noi saremo là fuori, pronti a proteggere le persone come uno scudo. Per questo siamo lo S.H.I.E.L.D.'"

La loro breve conversazione era stata interrotta dall'ingresso in salotto di Barton che prima di raggiungerle si era diretto verso il frigorifero e aveva recuperato una birra.

"Volete favorire?"

La dottoressa Cho aveva declinato l'offerta con un cenno del capo, mentre Natasha aveva scrollato le spalle e commentato con un 'Sai che preferisco la Vodka, ma se non hai di meglio...'

Così Clint, presa una seconda bottiglia, l'aveva portata alla russa e infine si era seduto su una vecchia poltrona posta di fronte al divano.

"Come sta Laura?"

"Sta ancora dormendo."

"Il bambino?"

"Lui non vuole saperne di chiudere occhio, sta giocando con una delle mie frecce..."

Helen si era subito allarmata. Era scattata in piedi e aveva incenerito con lo sguardo il povero arciere che si era affrettato a calmarla.

"Hey, hey tranquilla stavo scherzando!"

L'asiatica era sembrata rilassarsi per un istante, ma era subito tornata alla carica.

"Sarà, ma preferisco controllare di persona."

Aveva quindi voltato le spalle ai due agenti e si era diretta a passo sicuro verso la camera.

Dopo alcuni secondi passati a bere la birra ghiacciata che lui e Natasha si erano meritatamente guadagnati, il biondo aveva rotto il silenzio che aveva invaso la sala.

"Non so davvero come ringraziarti..."

La russa prima di rispondere gli aveva rivolto un sorriso divertito.

"Tranquillo, in fondo è quello che facciamo sempre e da sempre: uno si trova nei casini e l'altro gli copre le spalle. Ultimamente sono io quella che ti salva, ma credo sia un dettaglio trascurabile."

Clint si era lasciato andare a una breve risata. Erano stati sempre loro due: lo Strike Team Delta, l'arciere e la spia, Clint e Natasha, Barton e Romanoff, Occhio di Falco e Vedova Nera. Dov'era l'uno era l'altra e viceversa.

"Secondo te come sarà da grande?"

A quella domanda l'ex artista circense aveva assunto un'espressione estremamente concentrata, come se dalla sua risposta dipendesse la sopravvivenza dell'intero universo.

"Innanzitutto userà arco e frecce. Sarà tranquillo, non darà problemi e sarà un agente molto responsabile. Tu gli insegnerai il russo e il combattimento corpo a corpo, mentre Stark l'uso della tecnologia avanzata. Sarà un ottimo Vendicatore che prenderà il mio posto quando sarò stato definitivamente congedato dopo anni di successi in missione e sarà un tuo collega, perché sappiamo bene entrambi che nel tuo caso funziona diversamente."

Il volto dell'agente Romanoff era sembrato rabbuiarsi per qualche istante dopo le parole di Clint che si era accorto subito del tasto dolente che era andato a toccare. Sapeva che nonostante fossero passati decenni, quella era ancora una ferita aperta per la russa. Probabilmente se al suo posto ci fosse stato qualcun altro, Natasha avrebbe semplicemente finto che andasse tutto bene, un sorriso forzato e nessuno avrebbe fatto caso a lei. Con lui invece, dopo anni passati insieme, aveva rinunciato a mascherare le sue emozioni conscia del fatto che sarebbe stato del tutto inutile.

L'arciere aveva posato la sua birra sul piccolo tavolino di vetro che aveva di fronte e si era avvicinato, sedendosi accanto a lei.

"Scusa Nat sono un idiota, sai che a volte non penso a ciò che dico..."

La ragazza aveva sospirato mentre picchiettava le dita sulla bottiglia che teneva fra le mani: era evidente che qualcosa la stesse turbando. Infine, prima di parlare, aveva bevuto ancora un sorso della bevanda ambrata.

"Non preoccuparti, in fondo hai solo detto la verità: il mio passato è quello e non può essere cambiato..."

"Tasha sai bene che non volev-"

”Fammi finire. Il mio passato non può essere cambiato, ma il mio futuro sì. Sai bene che dopo quello che è accaduto a Washington, la storia di Bucky e il resto, tutto è diverso. Volevo parlartene da alcuni giorni e credo che questa sia finalmente l'occasione giusta. Fury mi ha contattata: sta cooperando con una squadra speciale, nessuno tranne me e Maria lo sa. C'è gente interessante in quel team e Nick mi ha proposto di unirmi a loro. Hai presente l'agente May?"

L'arciere aveva sgranato gli occhi: era impossibile non conoscere Melinda. La sua espressione sarebbe stata probabilmente molto diversa se Natasha gli avesse rivelato che Fury aveva accennato anche alla collaborazione di Bobbi. La russa stava già disobbedendo a un ordine del Direttore parlando della squadra, se poi il biondo avesse saputo della sua ex moglie le cose sarebbero potute peggiorare inutilmente.

"Dopo ciò che è successo al Triskelion, con l'HYDRA intendo, si è scoperto che un agente faceva il doppio gioco e al Direttore serve un sostituto. Tu adesso andrai in congedo per chissà quanto tempo per stare con la tua famiglia e nei Vendicatori sono arrivate nuove reclute, tra cui una mutante e un androide. Andiamo Barton, lo sappiamo benissimo entrambi: io sono una spia, non un soldato. Non so se c'è ancora posto per me in questa squadra."

"Perché me lo stai dicendo? Ti conosco da anni, non hai mai chiesto alcun permesso su ciò che dovresti o non dovresti fare. Non ti è mai importato di ciò che pensava la gente, di quelli che che dicevano che la Vedova Nera avrebbe solo creato problemi o di chi credeva che fosse solo un espediente per infiltrarsi nell'organizzazione. Perché adesso ti interessa tanto il mio parere?”

"Perché dopo aver visto Fury morire davanti ai miei occhi e dopo aver rivisto lui, non credo più di essere sicura di cosa sia giusto o sbagliato. Se prima nell'organizzazione era tutto bianco o nero adesso non lo so più con certezza. Sai bene quanti cambiamenti ho dovuto fare nel corso della mia vita e molti di questi mi perseguitano tuttora, non voglio che questo sia l'ennesimo.”

Clint era rimasto in silenzio. Aveva recuperato la bottiglia che era stata abbandonata poco prima, ne aveva bevuto l'ultimo goccio e solo allora si era rivolto alla sua interlocutrice.

"Mi stai chiedendo se lasciare gli Avengers sia la cosa migliore? Non lo so, ma posso dirti con certezza che tutte le scelte che hai preso, giuste o sbagliate che fossero, ti hanno portata a essere quella che sei oggi. Non sei più l'assassina spietata della Stanza Rossa o del KGB che tutti temono, ma una Vendicatrice, un'agente dello S.H.I.E.L.D. e soprattutto sei l'unica persona che abbia rischiato la sua vita per me talmente tante volte da perderne il conto. Non posso dirti quale sia la cosa giusta da fare, ma ti posso assicurare che qualunque sia la tua decisione io sarò sempre a coprirti le spalle. Se dovrò farlo fra gli Avengers o in questo nuovo super team sta solo a te deciderlo."

Natasha aveva sorriso senza aggiungere nulla. 

Dopo tutto quello che era capitato a causa di Ultron si era sentita sollevata nel sentire le sue parole. Era sempre stato bravo a capirla: gli sguardi che si scambiavano, i gesti che sarebbero potuti passare inosservati a chiunque altro, le parole non dette...

Spesso la russa si era chiesta come fosse finita dall'essere la punta di diamante della Stanza Rossa all'essere parte di quell'organizzazione che inviava persone appositamente per eliminare la minaccia che la Vedova Nera costituiva. 

La risposta era sempre la stessa: Clint, quel ragazzo all’apparenza un po’ impacciato che le si era parato davanti molti anni prima durante una missione deciso a fermarla armato di arco e frecce.

Ogni volta che pensava alla sua reazione nel capire che l'assassina che cercava era solo poco più di una ragazzina -prima di sapere del siero ovviamente- non poteva fare a meno di sorridere; si era guardato intorno spaesato e l’aveva squadrata con un'espressione stupita e un sopracciglio alzato.

Ricordava bene la ramanzina che Fury aveva riservato a Barton al loro ritorno. L'aveva sentita benissimo nonostante si trovasse fuori dall'ufficio del Direttore sotto la stretta sorveglianza di cinque agenti capeggiati dalla Comandante Maria Hill. A dire il vero  tutti alla base l'avevano sentita...

"Ma ora basta parlare di cose serie!"

La voce di Clint aveva bruscamente interrotto il flusso dei suoi pensieri riportandola alla realtà.

"Piuttosto, come pensi che reagirà Nathaniel quando scoprirà che secondo i tuoi piani e quelli di Laura si sarebbe dovuto chiamare Natasha?”

"Certamente sarà meno sorpreso di quando Cooper è venuto a sapere da dov'è nato il suo nome. Voglio dire, metterlo davanti al televisore e fargli vedere una puntata di una serie TV...

A quelle parole Occhio di Falco, che stava recuperando la sua bottiglia per accertarsi che fosse effettivamente vuota prima di doverne recuperare un'altra, si era voltato verso la russa e aveva poggiato saldamente le sue mani sulle spalle della ragazza obbligandola a fissarlo dritto negli occhi. 

"Natalia Alianovna Romanova mi hai profondamente deluso. Sai alla perfezione che per me che The Big Bang Theory non è una serie, ma laSerie. Il dottor Sheldon Lee Cooper è un'icona per milioni di americani che hanno dedicato a ogni stagione svariate ore di binge watching a cui persino il sottoscritto ha preso parte. È come se io definissi quel libro che ti piace tanto una favoletta per bambini!"

La rossa si era allontanata da Clint scivolando sul divano di pelle costringendolo così a mollare la presa. Poi aveva incrociato le braccia, chiuso gli occhi e tratto un profondo respiro, come per prepararsi alla risposta che una sua eventuale domanda avrebbe ricevuto.

"Posso sapere quale libro con esattezza?"

"Quello con la ragazza che si innamora del conte mentre sta risolvendo i casini del fratello e poi ovviamente come in ogni storia che leggi tutto è... come dire, particolare? Come si chiamava l'autore? To... toi... Toy Story! No aspetta, sono quasi certo che non fosse così..."

"Tolstòj, Lev Tolstòj?"

"Esatto!"

La russa si era passata una mano sul viso sforzandosi di mantenere la calma; vedere uno dei capisaldi della letteratura della sua terra nativa, quale era Anna Karenina, descritto in quel modo era una sofferenza.

Stava per rispondere in modo decisamente poco romanzesco quando la dottoressa Cho aveva fatto nuovamente la sua comparsa avvisando Barton che Laura si era svegliata e lo stava cercando.

L'arciere si era quindi alzato e si era diretto verso la sua camera cercando di nascondere il sorriso sghembo che era scaturito gustandosi l'evidente irritazione della russa alle sue parole. Adorava punzecchiare Natasha e ovviamente quest'ultima non avrebbe mai dovuto sapere che lui conosceva perfettamente il romanzo che anche lei tanto amava. 

Aveva una reputazione da difendere e se per puro caso Stark fosse venuto a conoscenza di quel suo piccolo segreto non gli avrebbe più dato pace, sarebbe stato un susseguirsi di battute e frecciatine. Inoltre avrebbe dato alla rossa la soddisfazione di scoprire che la copia di quel libro che lei stessa gli aveva regalato dopo una missione, era stato sfogliato talmente tante volte da avere la copertina quasi totalmente sgualcita. Senza contare tutte le altre opere che erano seguite al romanzo di Anna Karenina, come Guerra e Pace o Delitto e Castigo.
Magari un giorno avrebbe detto a Tasha di questa sua passione, o forse no? Chissà se anche suo figlio avrebbe amato i classici della letteratura russa...

   
 
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