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Autore: Rosette_Carillon    22/12/2022    2 recensioni
Poco prima di Natale, Marta decide di tornare nella vecchia casa appartenuta ad Harlan Thrombey.
Alcune cose sono cambiate, anche se tante sono rimaste uguali, al loro posto, e Marta non sa cosa sia peggio: prendersi del tempo per una passeggiata lungo il viale della memoria non è mai facile.
Genere: Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harlan Thrombey, Marta Cabrera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Black and white photos'
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     Natale passato, Natale presente
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nei suoi ricordi, il Natala a casa di Harlan profumava di pino, carta nuova e inchiostro.
Era una festa che arrivava al ritmo delle campanelle appese all’albero, assieme alle sfere colorate, e del pianoforte che, qualche volta, Harlan suonava per rilassarsi.
<< Era di mia moglie, >> le aveva detto una volta << lei era brava a suonarlo, >> aveva continuato, lo sguardo perso mentre si lasciava trasportare dai ricordi. << Si era offerta di insegnarmi, ma non ero un bravo studente, >> aveva riso, un nostalgico sorriso a illuminargli il volto.
Il Natala a casa di Harlan aveva la forma di tutto il lusso che lei non si poteva permettere, nemmeno nei suoi sogni, ma era magico, e riusciva a farle dimenticare la sua quotidianità anche se solo per poche ore.
C’erano cene di famiglia, cosa di cui Harlan non era particolarmente felice, e lei nemmeno.
Gli altri giorni, però, la casa era per Harlan, lei e il personale di servizio; quando fuori cadeva la neve, e il mondo bianco, e Fran preparava la cioccolata calda.
In quei pomeriggi, quando faceva troppo freddo per uscire fuori, Harlan si rintanava nel suo studio e Marta lo seguiva.
Circondati da libri, dai quadri, e da oggetti che provenivano da tutto il mondo, spesso l’uomo leggeva alla calda luce delle lampade da terra, mentre lei si si acciambellava su una poltrona con la cioccolata fra le mani.
In quel periodo festivo, lo scrittore metteva da parte i gialli, smetteva di risolvere e di immaginare misteri, e si lasciava andare alla nostalgia e alla tenerezza dei racconti natalizi.
C’erano i libri che aveva letto ai suoi figli, quando erano bambini, e c’erano dei classici senza tempo, che faceva sempre piacere riprendere fra le mani.
Dickens stava accanto al Dr. Seuss, e a raccolte di fiabe illustrate.
Ricorda ancora l’albero, il grande albero in salotto che Harlan decorava personalmente.
Era una vecchia e nostalgica tradizione di quando sua moglie era ancora viva: l’avevano sempre decorato assieme, ridendo come bambini, districando il filo di luci, e scegliendo accuratamente il posto per ogni sfera.
Marta ricorda tutto, ogni dettaglio.
In quegli anni non è cambiato nulla.
Quasi.
Dopotutto, lei non ha davvero vissuto in quella casa.
È inquietante vedere come tutto sia rimasto uguale, ma vedere i piccoli, quasi impercettibili, cambiamenti forse è anche peggio. È destabilizzante vedere come il mondo, nonostante tutto, sia andato avanti,
Aveva deciso di tornare perché ne aveva sentito il bisogno. Non era mai davvero riuscita a fare pace con ciò che era successo in quella casa, con la morte di Harlan, e aveva sentito che, forse, era finalmente arrivato il momento giusto.
Forse.
Forse il momento giusto non sarebbe mai davvero arrivato, ma era sicuramente arrivato il momento in cui poteva affrontare il suo passato con un’attitudine diversa, e con più coraggio.
Camminare lungo quei corridoi vuoti, entrare in quelle stanze che si erano fermate nel tempo, le aveva fatto battere forte il cuore.
Entra in ogni stanza, si sofferma davanti a ogni finestra.
E ricorda.
Nonostante tutto sia finito nel sangue, quelle mura custodiscono tanti bei ricordi.
E pensa.
Ci sono tanti se che non troveranno mai una risposta, e lei prova a immaginare tutti quelli che le vengono in mente.
Non era stato difficile come aveva temuto. Era stato più come una nostalgica camminata lungo il viale della memoria: senza fretta, e con tante fermate da fare per perdersi nei ricordi.
Uscendo dalla casa, ha la triste sensazione di aver ormai chiuso col passato e, probabilmente, non tornerà più lì.
Non sarà più la paura, però, a impedirle di tornare, ma solo la consapevolezza di aver chiuso di un cerchio, e di essere in pace con se stessa.
Ormai lì non ha più nessuno. Sua madre e sua sorella, dopo molte indecisioni, hanno finalmente deciso di seguirla a New York.
Il viaggio di ritorno è incredibilmente rapido. Strade e città le passano sotto gli occhi, le case cambiano, si alternano ad alberi, autostrade, altre case e altri alberi.
Stordita, quasi non si rende conto del tragitto percorso.
Quando arriva è tardi.
L’edificio è addobbato per le feste, ma tutte quelle decorazioni la fanno sentire ancora più sola e stanca.
La cucina è vuota, e sta morendo di fame, ma non ha molta voglia di cucinarsi qualcosa.
Resta lì, in piedi davanti al frigo e indecisa su cosa fare: dovrebbe davvero mangiare qualcosa, ma preferirebbe di gran lunga rintanarsi sotto le coperte del suo letto.
<< Marta. >>
La donna si riscuote dal torpore, e si volta << buonasera, sergente, >> sorride, stanca.
Lui è fermo sulla soglia, e la osserva attento. << Che ti è successo? >> chiede poi, avanzando. Una mano tiene un libro, un dito che fa da segnalibro.
Lei scuote la testa << ho fatto un viaggio fuori città, >> risponde vaga.
<< E dove, di preciso? >> continua l’uomo.
<< …Boston. >>
<< Boston. Mh. >> Non dice altro. Non serve.
Marta si stringe nelle spalle. << Avevo bisogno di tornare in quella casa, >> ammette, quasi con tono di scuse.
Bucky non dice altro. Le si avvicina, e poggia il libro sul ripiano della cucina: ‘Letters from Father Christmas*’. << Hai mangiato? >>
<< …no. Ora- >> ‘ora mi cucino qualcosa’ fa per dire, ma sente la salivazione aumentare in bocca, e tace.
Deglutisce a vuoto, e si passa una mano sul volto, pensierosa, valutando cosa fare.
<< Latte e biscotti? >> propone Bucky, all’improvviso, con un largo sorriso. La serietà di poco prima è scomparsa.
Lei lo guarda interdetta per un momento, poi ride. << Quanti anni hai? Cinque? >>
<< Non si è mai troppo grandi per una tazza di latte, e dei biscotti. Al cioccolato. >>
Marta ride ancora, piano, stancamente, poi, gli occhi lucidi, annuisce. Non ha voglia nemmeno di restare da sola.
 
                                                                              §
 
Quando Steve passa in salotto, sente la voce bassa di Bucky che, in un sussurro, legge quella che sembra una lettera.
Alla luce calda delle decorazioni e dell’albero di Natale, vede lui e Marta seduti sul divano.
Sopra un tavolino ci sono due tazze, e un piatto vuoto.
Si avvicina con passo leggero, e si accorge che l’infermiera sta dormendo, un cuscino stretto fra le braccia e un plaid scozzese sulle spalle.
Bucky smette di leggere, solleva la testa dal libro, e i loro sguardi si incontrano.
<< Va tutto bene? >> mormora il capitano.
Bucky annuisce << era un po' stanca, >> sussurra, accennando a Marta col capo, e chiudendo il libro, << ho pensato di tenerle compagnia. >>
Il Capitano osserva la donna addormentata, soffermandosi sulle occhiaie e sulle mani che stringono il cuscino, poi annuisce. << Natasha voleva parlarmi, >> riprende poi << vado da lei. Vi lascio soli… >>
<< Idiota. >>
I due ridono piano, poi Steve si allontana, e Bucky sposta lo sguardo sulla donna ancora addormentata.
È il caso di portarla a letto, pensa, prima che le venga il torcicollo.
Poggia il libro sul divano, e si mette in piedi.
Marta dorme ancora, e raggomitolata nella coperta appare così minuta…
In quella sera di fine dicembre, gli sembra che la differenza d’età che c’è fra di loro si sia accorciata.
Per un attimo, alla luce dell’albero, il tempo si ferma, si riavvolge, e lui non è più il Soldato d’Inverno, né un soldato.
Torna a essere solo un ragazzino di Brooklyn, in un Natale di tanto, tanto tempo fa, quando sua sorella si addormentava sul divano, scaldata dal vivace fuoco del camino, e lui la portava a letto.
È solo un momento.
Un vecchio ricordo che, il tempo di un respiro, e già si è dissolto.
Si china a sollevare Marta, facendo attenzione a non svegliarla, ed esce dal salotto.
 
 
 
 
NOTE:
*    È una raccolta di lettere di J. R. R. Tolkien, che lui scriveva ogni anno per i figli fingendo che fossero state spedite loro da Babbo Natale.
 
 
 
 
Grazie a chi leggerà. Spero che questa breve ff possa trasmettere anche solo un po' di fluff invernale <3, nonostante sia piuttosto malinconica, lo ammetto XD.
Buone feste!
  
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