Un altro modo di
vedere
Jennifer non sa
spiegarsi perché
ci sia uno sconosciuto sanguinante sul pavimento della sua cucina. Ha
agito
d’impulso e in modo del tutto incosciente.
Sospira,
mescolando la
minestra che ha messo a cuocere. Se le guardie del Signore del Fuoco
dovessero
trovarlo in casa sua… Jen scuote la testa. Finirebbe nei
guai per averlo
raccolto, medicato e nascosto, ma lo sapeva già benissimo
quando ha deciso che
non poteva lasciarlo in strada alla mercé dei soldati. Non
le è sfuggito che i
suoi abiti – quel che ne rimane – siano tipici del
Regno della Terra. Non le
sono sfuggite le bruciature sparse su tutto il suo corpo, alcune
recenti ma
altre meno. Nessuno potrebbe credere che non sapesse di aver aiutato un
nemico
della Nazione del Fuoco, e infatti non è così.
La
verità è che Jen ha
smesso da tempo di credere nelle azioni del Signore del Fuoco Wilson.
Un gemito la
distrae dai
suoi pensieri. Jen lascia il mestolo e si china accanto al ragazzo.
“Do…
dove…?” Gli occhi dello
sconosciuto sono aperti, ora, ma guizzano di qua e di là
senza focalizzarsi da
nessuna parte.
“Va
tutto bene,” mente Jen,
cercando di tranquillizzarlo. Non c’è niente che
vada bene in quella
situazione, però almeno per il momento dovrebbe essere al
sicuro. Spera. “I
soldati non sanno dove sei. Ti ho medicato come ho potuto. Il taglio
sul
fianco… Viene da un pugnale?”
Il ragazzo
sbatte le
palpebre tre volte di seguito. “Probabile. Chi…
Chi sei tu?”
Jen si chiede se
il ragazzo sia
allarmato dalle sue vesti da dominatrice del fuoco, ma non sembra che
le abbia
notate. “Sono solo… Jen. Ti ho trovato ferito e ti
ho portato a casa mia.”
“Jen,”
ripete lui, come per
assaporarne il suono. Alza il braccio – lo sforzo gli provoca
una smorfia – e cerca
di toccarla senza guardare. Le sue dita si fermano sulla stoffa della
manica destra di Jen. “Sei…” si ferma, riprende
fiato. “Sei una dominatrice del
fuoco?”
Che senso
avrebbe tentare di
nasconderlo? “Sì. Cos’hanno i tuoi
occhi? Sai dirmi quante dita ti sto
mostrando?” chiede, portando la mano sinistra con due dita
alzate davanti al
suo volto.
Lui non le
lascia la manica,
anzi le stringe il polso. “Sono cieco.” La
rivelazione sembra costargli.
Jennifer sbatte
le palpebre,
esita, ritira la mano. “Come?” Potrebbe aver
sbattuto la testa, ma qualcosa nel
modo in cui ha dichiarato di essere cieco – non di
‘non vederci’ – le fa
pensare che non sia così. Inoltre la mancanza della vista
non sembra
sorprenderlo: la sua prima reazione è stata indagarla con il
tatto, senza
neanche provare a rintracciarla con gli occhi.
Ma come fa un
ragazzo cieco
a ridursi in questo modo, riuscendo tuttavia a sfuggire alle guardie?
Lui fa una
smorfia e scuote
la testa. “Perché mi hai aiutato?”
Quasi sorride
nel sentire ad
alta voce la domanda che le gira in testa da un’ora. Sa
però la risposta, per
quanto la parte più logica del suo cervello si rifiuti di
ammetterlo. “Ti ho
visto e non ho dovuto pensarci. Non potevo lasciare che ti
uccidessero.”
La presa sul suo
polso si allenta.
Jen si alza, costringendolo a lasciarla andare del tutto, e spegne il
fuoco. La
zuppa è pronta. “Credi di riuscire a sederti? Hai
bisogno di mangiare.”
Il ragazzo geme,
ma fa per
alzarsi. Jen torna al suo fianco. “Piano,” ordina,
passandogli un braccio
attorno al busto per sostenerlo. Con un po’ di fatica, riesce
a fargli poggiare
la schiena contro il muro della cucina e gli porge una scodella piena
di
minestra calda. “Ti aiuterà a rimetterti in
forze.”
Jen
l’osserva mangiare in
silenzio, il cervello affollato da mille domande. Quelle a cui non ha
risposto
e altre che non ha nemmeno avuto il tempo di porre. Alla fine si decide
a pronunciare
la più semplice. “Come ti chiami?”
Lui manda
giù l’ultimo
sorso di minestra. “Non so se dovrei dirtelo.”
Jen rotea gli
occhi, un
gesto che non suscita il minimo effetto sul ragazzo. “Non sai
se puoi dire il
tuo nome a qualcuno che si è esposto per salvarti la vita?
Se le guardie ci
trovano, non ci andranno leggere con me.”
Passano diversi
secondi, ma
alla fine lo vede annuire. “Aiutarmi è
tradimento,” commenta, “e prima non
stavi mentendo.” Prima che Jennifer possa chiedersi da dove
gli venga quella
certezza, lui inspira a fondo e aggiunge: “Il mio nome
è Matthew.”
Matthew riesce a
rimettersi
in piedi già il secondo giorno ed è evidente che
non voglia altro che uscire di
lì e correre da qualche parte (Jen non sa ancora dove),
tuttavia mostra
abbastanza buonsenso da comprendere che sfidare le pattuglie di
dominatori in
giro a cercarlo senza essersi ripreso del tutto sarebbe un suicidio e
si
rassegna ad approfittare dell’ospitalità di
Jennifer un po’ più a lungo.
“Come
vanno le ustioni?”
Matt alza le
spalle e porta
un boccone di pane alla bocca; è il terzo pasto che
consumano insieme seduti a
tavola. “Non sono le mie prime e non credo saranno le
ultime.”
Il modo in cui
lo dice,
senza la minima traccia di rammarico, colpisce Jen. Si chiede, non per
la prima
volta, che cosa l’abbia spinto a mettersi contro un nemico
tanto più forte di
lui. Lei stessa non concorda con le politiche del nuovo Signore del
Fuoco, ma
il pensiero di affrontarlo apertamente la terrorizza. Per lei
già mettersi in
gioco nascondendo un nemico della Nazione è un atto
rivoluzionario. Il ragazzo
di fronte a lei deve avere più o meno la sua età
– Jen non ha chiesto, ma è
chiaro che non possa avere più di vent’anni
– ma, a giudicare dalle cicatrici
di cui è costellato il suo corpo, rischia la vita da anni
per opporsi al regime
di Wilson. Che cosa lo motiva?
“Non
mi hai mai spiegato
come fai a orientarti. Non ti ho visto combattere, ma… Le
tue ferite non
sembrano solo da difesa.”
Matt sorride.
“Ci sono altri
modi di vedere,” replica senza elaborare.
“Sottovalutarmi è un errore che voi
dominatori fate spesso.”
Voi dominatori.
“Non sembra ti abbiano sottovalutato, l’ultima
volta.”
Un po’
si pente di non
essersi trattenuta, vedendo il sorriso di Matt mutare in smorfia.
“Erano
troppi, l’ultima volta,” dichiara, disegnando
cerchi nel piatto con il
cucchiaio di legno. “Non sarebbe dovuto succedere.”
“Che
cosa sarebbe dovuto
succedere?”
Matt ingoia un
boccone e non
risponde. Jen cerca di non sentirsi ferita. Se i loro ruoli fossero
invertiti,
si dice, farebbe bene anche lei a non fidarsi. Non del tutto. Certo, i
soldati
sono i tipi da estorcere le informazioni più tramite tortura
che attraverso elaborate
strategie di simulazione, ma non può davvero biasimare Matt
per essere cauto.
“È
un po’ troppo rossa,”
l’informa Jen esaminandogli la ferita sul fianco.
“Temo che sia infetta. Posso cercare
delle erbe medicinali al mercato, domani.” Si rende conto del
rischio già solo proponendolo
– nonostante sia passata una settimana da quando ha trovato
Matt, le pattuglie
alla sua ricerca non accennano a diminuire. Il Signore del Fuoco sembra
tenere
davvero tanto alla cattura di questo particolare ribelle. È
molto probabile che
tengano d’occhio guaritori e spezierie.
Matt scuote la
testa. “Devo
raggiungere i miei amici.”
Jen sbatte le
palpebre,
stupita dalla dichiarazione non proprio in tema. “Mi fa
piacere che tu abbia
qualcuno da cui tornare, ma questo non cambia le tue condizioni. Posso
pulirti
nuovamente la ferita, intanto, ma non sono certa che basti.”
Matt fa un
sorriso tirato.
“Grazie, Jen.” Sono le due parole che gli ha
sentito dire di più, negli ultimi
giorni, eppure il cuore di Jennifer accelera sempre un po’
riconoscendo la
sincerità del suo tono. Nessun altro l’ha mai
ringraziata così. “Ho un’amica
guaritrice. Devo raggiungerla, poi…” Matt sibila
in reazione alla pezza
imbevuta d’alcol che Jen usa per ripulirgli la ferita.
“Mi sgriderà,” dice con
un sorriso, “ma non sarà la prima volta che mi
salva la vita.”
“Sembra
una brava amica.”
“La migliore.”
Matt ha
un’espressione nuova, che Jen impiega un po’ a
decifrare: nostalgia.
Dice che la sua amica può guarirlo e probabilmente
è vero, ma è chiaro che il
suo gruppo gli manchi. Jennifer prova un’inspiegabile fitta
di disagio all’idea
di lasciarlo andare e restare, sola, a vivere una vita priva di rischi.
“Sai
dove si trova ora?” chiede, applicando una benda pulita sul
taglio. La distende
e prega che non peggiori.
Matt annuisce.
“Mi staranno
aspettando.” La sua voce non esita mentre lo dice: ha
completa fiducia nel
fatto che i suoi amici non l’abbiano abbandonato.
Jen gli tende
una mano per
aiutarlo ad alzarsi e raggiungere il letto. Ovunque voglia andare Matt,
non è
ancora in grado di farlo. Lui dev’essere d’accordo,
perché non protesta.
Trova Matt ai
fornelli e lo
guarda girare le uova in padella, affascinata. A giudicare dal
sorrisetto
soddisfatto che gli appare sul volto, Matthew in qualche modo nota la
sua
presenza.
Consumano il
pasto in un
silenzio teso, entrambi consapevoli di quel che sta per succedere ma
restii a
spezzare l’incantesimo riconoscendolo ad alta voce. Fino alla
fine della
colazione, almeno.
“Jen,”
inizia Matt, giocherellando
con la manica della tunica che Jennifer gli ha prestato. Era di Bruce,
ma Bruce
è sparito senza dirle dove sarebbe andato e se sarebbe mai
tornato. Non crede
che lo sapesse lui stesso. “Devo andare. Oggi.”
Jen inspira. Se
lo
aspettava, ma… “Le guardie ancora ti
cercano,” prova a dire poco convinta.
Matthew scuote
la testa. “Le
eviterò,” afferma. “Posso farlo, hanno
passi molto riconoscibili. Andrò
stasera.”
Non le sta
chiedendo il
permesso – perché dovrebbe? –, la sta
solo informando di ciò che ha già deciso.
Jen manda giù a vuoto. Ha finito per affezionarsi al ribelle
misterioso a cui
ha deciso di salvare la vita. Dovrebbe sentirsi sollevata
all’idea che stiano
per separarsi, ma non è così. Neanche un
po’. Annuisce, muta, anche se lui non
può vederla.
“Jen…”
riprende Matt,
suonando esitante adesso. “Jen. Verrai con me?”
Jennifer
sussulta, colta
alla sprovvista dalla domanda. “Eh?”
Matt le sorride.
“Andiamo,
Jen. Ti ho sentita criticare Wilson, senza contare che io
sono qui. Mi
hai salvato la vita perché non credi nel governo della tua
Nazione. Non ci
credi e vuoi fare qualcosa per opporti, l’ho capito io e
credo lo sappia anche
tu. Qui puoi fare poco, ma… Potresti venire con
me.”
Jen posa la
forchetta. Le
gira la testa. “Posso accompagnarti, aiutarti a trovare la
tua amica.”
Matt scuote la
testa. “C’è
qualcosa che ti impedisce di unirti a me – a noi?”
La domanda la
colpisce,
perché la verità è che Jen non ha
niente del genere. Non davvero. Da quando ha
rinunciato agli studi di legge, tira avanti aiutando i suoi genitori
con la
loro bottega, ma sa di non essere necessaria. Se proprio servisse, poi,
potrebbero sempre chiedere al cugino Ched. Scuote la testa.
“Pensi che i tuoi
amici vorrebbero una dominatrice del fuoco con loro?” chiede;
se non trova da
sola una ragione per restare, magari può portare lui a
dargliela.
Il sorriso che
ottiene in
risposta le suggerisce di aver sbagliato calcoli (d’altronde
non è mai stata
granché brava in matematica). “Una dominatrice del
fuoco ci serve, in realtà.”
L’espressione di Matt si fa pensosa. “Ho
un’amica che non è proprio facile come allieva, ma
ha davvero bisogno di una
maestra di dominio.”
Gli serve?
“È
per questo che siete venuti qui?”
Matthew emette
un suono che
potrebbe voler dire tutto e niente. “Vieni con me,
Jen,” l’invita ancora. “So
che volevi usare la legge per aiutare le persone, ma con noi potresti
usare il
tuo dominio per aiutare le persone che la legge ha deluso.”
Jennifer
è a corto di scuse.
Afferra il bicchiere e manda giù il resto del succo in
un’unica sorsata. Quando
lo mette giù, ha deciso, e il terrore non è
l’unica cosa che prova all’idea.
Matt si muove
agile e
silenzioso tra i vicoli del villaggio, evitando le guardie come le
aveva detto
di poter fare. Ne attacca una sola, riuscendo a stordirla tanto
rapidamente da
impedirle di emettere il minimo suono. Jen è impressionata.
Lo stile di
combattimento di Matt è diverso da qualsiasi abbia mai
visto. Pensava che
l’Agni Kai fosse elegante, ma i movimenti del ribelle
scorrono fluidi come
l’acqua, appaiono leggeri come l’aria e, a
giudicare dalla guardia stesa a
terra, hanno la potenza di una roccia. Chi sei, Matthew?
Jennifer si
lascia guidare
fuori dal villaggio cercando di non pensare a come reagiranno i suoi
genitori
quando troveranno la sua lettera. Avrebbe voluto salutarli di persona,
ma non
c’era tempo. Non sa cos’avrebbe fatto se avessero
tentato di fermarla. Chissà
se Bruce ha provato qualcosa di simile, anni prima? Lei è
l’unica a cui abbia
detto addio prima di sparire.
“Allontanati
da lui!”
L’urlo
e la lingua d’acqua
che la circonda all’improvviso congelano Jen sul posto.
Inspira, preparandosi a
evocare il fuoco per difendersi, prima di assimilare l’ordine
che ha ricevuto.
“È
un’amica, Claire,” dice
Matt, spostandosi di fronte a lei con le mani alzate. “Mi ha
aiutato.”
Una ragazza
emerge
dall’ombra di un albero. Non lascia cadere l’acqua
intorno a Jen. “È una dominatrice
del fuoco, Matt.”
Matthew sbuffa.
“Lo so,”
replica incrociando le braccia. “Può insegnare a
Jessica. Mi ha aiutato,”
ripete, “Claire. Fidati di me?”
Claire sospira,
ma cede e
riconduce l’acqua nella borraccia che porta legata in vita.
Corre poi verso
Matt, studiandolo con occhio critico. “Dove sei stato?
Eravamo preoccupati.”
È
strano essere ignorata di
colpo. Jennifer non può vederlo, ma immagina il sorriso a
mo’ di scusa di Matt.
Lo conosce da solo due settimane, ma le sono bastate per familiarizzare
con le
sue espressioni.
Claire passa le
mani dietro
la testa di Matt; Jennifer impiega un po’ a capire che sta
tastando alla
ricerca di eventuali ferite. Lui non si oppone al controllo. Jen si
avvicina,
sperando di non suscitare un nuovo attacco.
“L’hai
medicato tu?”
Annuisce.
“Ho fatto quel che
ho potuto, ma il taglio mi preoccupa.”
Claire sospira
di nuovo.
“Sei un idiota, Matt.” Si volta verso di lei e
Jennifer si chiede che cosa
veda. Una nemica o qualcuno che ha aiutato il suo amico?
“Grazie.” Jen la vede
poi sussurrare a Matt, troppo piano perché possa distinguere
le parole. Lui
annuisce e replica nello stesso tono.
Matt si volta
verso di lei.
“Vieni, ti portiamo al campo.” Le sorride, e Jen si
permette di pensare che
forse andrà tutto bene. Forse imbarcarsi in
quest’avventura non è stato un enorme,
incosciente errore, come non lo è stato salvarlo.
Sono passati tre
mesi da
quando Jennifer ha deciso di seguire un ribelle ferito sapendo poco
più del suo
nome. Se qualcuno le avesse detto che salvargli la vita sarebbe stato
il primo
passo per diventare una degli insegnanti dell’Avatar, non
pensa ci avrebbe
creduto.
Sono passati tre
mesi e
Jennifer adesso sa che Matthew non scherzava affatto dicendo che la sua
amica non
è un’allieva facile. Solo che la sua amica
è l’Avatar Jessica, e per qualche
scherzo del destino insegnarle a dominare il fuoco è ora un
problema di Jen.
“Tutto
bene?”
Jen alza lo
sguardo e vede
Matt sedersi accanto a lei. Le porge una borraccia d’acqua
fresca e lei accetta
grata. “C’è mancato poco che Jessica mi
desse fuoco ai capelli, oggi. E alla
tenda di Foggy.”
Matt ride.
“Ci hai salvati
tutti, allora. Foggy non avrebbe mai smesso di lamentarsi e raccontarci
la
storia di ogni cimelio che fosse andato bruciato.”
Questo strappa
un sorriso
anche a lei. Foggy è stato il più accogliente e
loquace degli amici di Matt;
Karen e Claire hanno impiegato di più a fidarsi, Jessica tuttora si nasconde dietro una facciata ostile.
“Pensa se avesse perso il
coltello di suo padre,” dice.
Matt emette un
gemito. “Se
dovessi sentire la storia del macellaio ancora una
volta…”
Jennifer beve,
trattenendo
una risata. Le lezioni con Jessica la mettono a dura prova, ma Matthew
riesce
sempre a rimetterla di buon umore. Lascia spaziare il suo sguardo sul
bosco
davanti a loro: il Regno della Terra ha dei paesaggi mozzafiato. Stringe la borraccia e piega la testa, posandola sulla spalla di
Matt.
Non è
successo subito, ma
Jen ormai si sente davvero parte del gruppo di ribelli. È
strano e terribile
pensare che potrebbe perderli in un battito di ciglia;
l’eclissi solare si
avvicina e con essa il loro piano di attacco, ma ci sono ancora troppe
incognite. Riuscirà Jessica a…? Jen chiude gli
occhi e sospira. Annegare nei
dubbi non risolve nulla.
Matt le passa un
braccio
attorno alle spalle e la stringe a sé.
“Andrà bene, Jen. Deve.”
Lei sa che
ne è meno
sicuro di quanto voglia far credere, ma annuisce contro la sua spalla.
Matt ha
ragione, in fondo: deve andare bene, e loro devono
riuscire a crederci.
“Sarà
meglio. È colpa tua se
sono qui.” Grazie per aver creduto in me quando non
lo facevo neanch’io.
Matt ride, e Jennifer pensa che è davvero un bel suono. “Grazie per aver detto di sì.”
NdA
Se me
l’aveste chiesto a
inizio mese, vi avrei detto che Matt è un dominatore
dell’aria (e attraverso l’aria
legge posizioni e movimenti delle persone intorno a lui). E invece
niente, appena mi sono messa a ragionarci seriamente ho deciso che il bello di Matt nel
canon è il
suo non avere veri e propri poteri (super-sensi, sì, ma
l’abilità nel
combattere gli viene dall’allenamento, non dai sensi di per
sé) e che volevo
mantenerlo. (Quando tiene la mano attorno al polso di Jen, le sta
assolutamente ascoltando il battito.) Jennifer è una
dominatrice del fuoco perché è
l’elemento più
instabile e potenzialmente pericoloso, trovo che possa traslare bene il
concetto di un hulk. Non credo ci sia bisogno di spiegare
perché Claire domina
l’acqua. Jessica Avatar invece ha stupito anche me, ma ci
vedevo meglio lei che
Foggy o Karen.
Grazie a
chiunque abbia
letto fin qui!
Buona vigilia,
Mari