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Autore: eclissidiluna    30/12/2022    2 recensioni
SPOILER PRIME TRE STAGIONI
Ho voluto chiudere l'anno sperimentandomi in qualcosa che mi piace molto leggere ma in cui non mi sono mai cimentata con "convinzione", ad esclusione di qualche "ricordo inventato", inserito nella trama principale delle mie storie. In questo caso, i Winchester in "versione adolescenti", prevalgono sugli adulti (sebbene si tratti delle prime stagioni, quindi ancora decisamente giovani!). E c'è anche John, altro personaggio da me poco raccontato ma che ho apprezzato.,. proprio per quel suo essere in bilico tra "il dittatore" e il padre che si rende conto delle proprie mancanze. Che dire? Ci ho provato, anche se sono consapevole di non essere proprio "nel mio". Il prendersi cura è un tema che mi è sempre caro...prendetevi cura di voi stessi, di chi amate, di chi per voi "c'è", a volte non nel modo in cui vorreste ma almeno...ci prova!
Vi auguro un buon 2023 e spero che i vostri propositi del 31...si realizzino! Del resto, abbiamo un anno davanti perchè ciò avvenga, possiamo concederci di essere ottimisti. Io cerco di esserlo. Aiuta ad affrontare i tempi difficili in attesa di quelli...migliori.
Auguri!
Eclissidiluna
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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E' un autunno freddo. Con un vento pungente che taglia la faccia, anticipando l’inverno che lo seguirà. Un percorso in linea retta, con inizio al limitar del bosco. Una camminata a passo svelto, come riscaldamento, giusto per posizionare un masso contornato da quattro pietre. Sarà la loro “boa”. Lo “circumnavigheranno” per una decina di volte

 
“Ok, cominciate il vostro allenamento.  Mantenete i soliti 5 minuti a chilometro, se riuscite anche meno, perché dobbiamo ripartire e unirci al gruppo dei cacciatori di Denver nel primo pomeriggio.”
Sam tossicchia e si scosta una ciocca di capelli appiccata sulla guancia. Dean lo guarda dubbioso, decidendosi a parlare.
“Papà...stanotte Sam ha avuto la febbre… "
John lancia un’occhiata a Sam. Effettivamente non ha un bell’aspetto ma non vuole mostrarsi accondiscendente con quel figlio tendenzialmente ribelle. Riordinando le idee ricorda di aver notato un certo rossore sul viso del ragazzo. Ma non ci ha fatto caso e poi, a dire il vero, non gli pareva molto distante dal colorito di Dean.
 
John riflette.
Guarda di rado il volto dei suoi figli.
 
Li guarda tra una pistola da pulire e un resoconto da scrivere, sul suo fitto diario.
O mentre parla al telefono con Bobby, prendendo appunti sulla prossima creatura da eliminare. Li guarda quando Sam inizia con Dean una piccata discussione sulla “famiglia normale”, così lontana dai “canoni” Winchester. Quando le minacce fasulle di Dean e l’ostinazione di Sam, nel difendere la propria idea di “normalità”, cominciano ad essere ingestibili, John interviene con un pugno sul tavolo o una scarpa lanciata tra i due. Finisce ogni volta allo stesso modo: lui che perde le staffe, Sam in punizione e Dean che cerca di “ridurre la pena”.
 
Li guarda.
Ma lo sguardo che riserva loro è sempre distratto, veloce, “rubato” ad altro.
 
“Perché non mi hai chiamato?”
“Ho…ho pensato di lasciarti dormire, papà. Eri molto stanco dopo l’ultima caccia…” motiva Dean. John si mordicchia il labbro. E’ solo una parte di verità. Ha esagerato con le birre e Dean ha dovuto “recuperarlo” al pub accanto al motel. Lo ha sorretto, traportandolo di peso, fino al letto. Poi gli ha tolto gli stivali. E ha spento la luce. No…probabilmente, anche avesse provato a svegliarlo, per consultarsi su quale antipiretico propinare a Sam, lui avrebbe continuato il suo sonno. Del resto…John sa benissimo che Dean non ha bisogno del suo parere per curare Sam. Se ne occupa da quando è nato. Più di lui. Meglio di lui.
 
“Si…ero davvero stanco.” conferma, consapevole che Dean ha volutamente tralasciato i “dettagli” meno “eroici” di quella spossatezza.
“ E fra poche ore saremo di nuovo sul campo, per quel dannato lupo mannaro …combatteremo con altri cacciatori, non vorrei che Sam risultasse troppo debole o si facesse qualche cazzata…” analizza Dean.
John comincia a spazientirsi.
“Vieni al punto, Dean…cosa vuoi che faccia? Cosa mi stai chiedendo di fare?”
“Io pensavo…mi chiedevo se Sammy potesse evitarsi gli allenamenti, solo per oggi, ovviamente…”
John torna sulla difensiva.
"Per un raffreddore?! Stai scherzando, Dean?! Non è ferito. Ora muovetevi e finiamola con queste storie!"
“Ma papà…”
“Dean…lascia perdere…” sospira Sam cominciando a svestirsi.
Dean, inaspettatamente, gli afferra un braccio impedendogli di sfilarsi la manica della felpa "No...oggi no...rivestiti" esclama con calma fermezza.
Gli occhi di John saettano ma Dean non tentenna, mantiene il contatto visivo come una coraggiosa zebra che sfida il leone.
 
John deglutisce, raccogliendo la provocazione. Dean è un riferimento per tutti. Non solo per Sam. La loro relazione padre-figlio a volte è così tragicamente “capovolta” che John pensa di non meritarsi Dean. Fa male ammetterlo ma, una parte di sé, gli ripete che se il maggiore fosse morto in quell’incendio e lui si fosse ritrovato con Sam tra le braccia… forse avrebbe lasciato quel fagotto urlante sull’uscio di qualche villetta fuori città o davanti al portone di un istituto per orfani. Ma c’era Dean. Lui non glielo avrebbe mai permesso. E gli ha “permesso” di crescere Sam. Lo ha cresciuto…con lui.
Ma questa presa di posizione così netta è un atto d'insubordinazione inaccettabile.
Dean ha bisogno di una lezione.
E John gliela darà, mettendo “in riga” anche Sam.
 
"Bene, bene, allora, visto che sei così convinto di esonerare Sam dagli allenamenti ti faccio una proposta...sei disposto a raddoppiare i tuoi giri di corsa? Ad accollarti i chilometri che dovrebbe fare tuo fratello?"
Dean deglutisce. L'allenamento consiste solitamente in cinque km. di corsa che, se papà è incazzato, salgono a sette. Moltiplicando per due...almeno dieci, forse dodici e da correre nel minor tempo possibile. Dubita che suo padre sia disposto ad arrivare in ritardo all’appuntamento con gli altri cacciatori.
"No! Non sarebbe giusto!" esplode Sam, paonazzo.
"Zitto!" lo rimprovera il maggiore sapendo che, rivoltandosi, rischia solo di aumentare l'entità della punizione.
“Decido io cosa è “giusto”, chiaro?!” sbraita John ed è probabilmente in quelle parole così assurdamente categoriche e ben poco “democratiche” che Sam intravede le potenzialità della giurisprudenza. Una legge dove ognuno possa avere il diritto di difendersi, senza dover sottostare ad inique “condanne” che non prevedono possibilità di appello.
“Se tuo fratello, per risparmiarti una corsa, accetta di raddoppiare la fatica…be’ è affar suo!” chiude John. Quindi, rivolgendosi a Dean, illustra i termini dell’“accordo”.
“Una dozzina di chilometri… e vedi di spicciarti perchè non passerò per il ritardatario di turno! Non di certo perché tu vuoi dimostrare di essere cocciuto, quasi quanto quello scansafatiche di tuo fratello!”
Dean registra mentalmente “minor tempo possibile” e “dodici” che “tradotto” significa...mediamente incazzato. Poteva andare peggio.
"Sissignore..."e Dean si mette in posizione.
“Dean…non farlo…per favore…lascia che io…” sussurra Sam.
“E tutto a posto. Sto bene” lo rassicura il maggiore, sorridendo.
 
John porge un pezzo di legno a Sam, obbligandolo a segnare sul terreno i giri completi compiuti da Dean. Ogni chilometro corrisponderà a una croce nella fanghiglia. Sa che, appena Sam comincerà a conteggiare i "suoi", quelli che sarebbero toccati a lui, si sentirà terribilmente in colpa. E forse imparerà a tenere la bocca chiusa e a fare il suo dovere, senza obiettare.
Dean sa che la prova sarà impegnativa ma riconosce di essere sufficientemente allenato. La vera difficoltà starà nel mantenere un ritmo costante e sostenuto, come gli ricorda suo padre, con l'occhio severamente puntato sul cronometro.
 
Dopo il quinto giro, John gli concede un paio di minuti di recupero, prima della ripartenza e Dean ne approfitta per fare l'occhiolino a Sam, nel vano tentativo di tranquillizzarlo. Sam scuote la testa. Sente l’ira ribollire e l’apprensione per Dean crescere.
 
Al settimo chilometro ciò che lo circonda inizia a farsi "puntinato". I polmoni prendono fuoco e la voce di suo padre gli rimbomba nelle meningi, incitandolo a non rallentare.
"Più veloce, dannazione!"
Dean accelera il passo mentre il suo cuore sedicenne, saltellandogli in petto, lo supporta con solidale e combattiva complicità. Sam, inghiottendo lacrime, affonda rabbiosamente il bastoncino nel fango, aggiornando quel rupestre tabellone.
 
Dean stenta a ricomparire tra gli alberi e Sam non riesce a trattenersi dal manifestare ciò che prova, a costo di essere punito. Non gliene frega nulla, vuole solo che Dean la smetta di correre. Per lui.
“Papà…ti chiedo scusa” sussurra con poca convinzione, aggiungendo subito dopo “Per favore…fammi correre. I giri che decidi tu, al ritmo che vuoi tu…” e John sa quanto, quel “piegarsi” al suo volere, a quella “legge” così tirannica, pesi al minore dei suoi figli. John lo guarda. Per davvero. Si sente dannatamente orgoglioso di Sammy, in un modo che non ammetterà mai. Che non gli dirà mai. Tace.
E Sam, sconfitto, interpreta quel silenzio come l’ennesimo rifiuto a “negoziare”.
 
Alla fine del nono chilometro i puntini si fanno macchie di leopardo e Dean stenta a riconoscere il volto di suo padre. Avverte però il braccio muscoloso che lo blocca. Si divincola, carico di adrenalina. Vuole continuare. Ha perso il conto dei giri fatti ma sa di non essere ancora al limite. Teme che, quella brusca interruzione, sia l'esito di una “revisione” del “contratto”. Probabilmente Sam ha cominciato a implorare di farlo correre. Al posto suo.
"No...si-gno-re..." ansima. Ma John non lo sta ingannando. "Va bene così...so quanto tieni a quella testa calda. Riprendi fiato, ragazzo…".
 
Sam, a quella scena, sobbalza, gettando a terra l' improvvisato gesso. Ascolta le parole di suo padre e, per un attimo, la collera gorgoglia con minor intensità.
 
Dean, incredulo, obbedisce. Posiziona le mani sulle ginocchia che ben presto si piegano, obbligandolo a sedersi su quel tappeto di foglie secche, per rifiatare. Ha freddo. E’ madido, più del letto di fogliame che lo ha accolto. Sta tremando. Sam gli si avvicina a testa bassa con espressione colpevole.  Vedendolo boccheggiare vistosamente, tenta di tastargli il polso ma Dean, squadrandolo con occhi gocciolanti di sudore, gli "cattura" la mano, impedendoglielo.  Sa che si spaventerebbe per la frequenza elevata e non esiterebbe a inveire contro John, accusandolo di essere un padre folle e dispotico. Dean ha solo voglia di rimettere il culo sull’Impala risparmiandosi l'ennesimo bisticcio tra i due.
"Sono ok..." annaspa. Poi si gira su un fianco rialzandosi in due tempi. Denver… è probabilmente la vera ragione della clemenza paterna. John deve aver capito che ci avrebbe messo troppo tempo a percorrere la distanza concordata. Si affetta a indossare la giacca e si avvia all'auto con i muscoli trafitti da spilli di acido lattico.
 
 
 John parla al telefono. Dean ipotizza che abbia contattato gli altri cacciatori per gli ultimi dettagli dell’incontro. Quando John entra in macchina Dean si rende conto di quanto “rumore” faccia ancora il proprio respiro. “Sei in fase di recupero...respira ed espira con calma…non c'è fretta" consiglia John, con tono burbero, offrendogli una bottiglietta d'acqua.
"Grazie...signore..."
John annuisce, facendogli un mezzo sorriso.
"Torniamo al motel...ho appena telefonato, non hanno ancora dato la nostra stanza...la signora Taylor è stata gentile. Con un piccolo sovrapprezzo ce la lascia fino alle 18.00. Ti farai una doccia e potrai riposare"
Dean è stupito da tanta premura e, dallo specchietto retrovisore, scorge l’espressione altrettanto attonita di Sam.
 "Papà, non ne ho bisogno…davvero. C’è il caso, ì cacciatori ci aspettano..." mormora Dean, imbarazzato.
"Possono aspettare, chiederò a Bobby di avvisarli. Mezza giornata di relax...farà bene anche a me e poi potremo tenere sotto controllo la temperatura del rompipalle." conclude John.
Dean ride alla battuta inattesa e Sam, per nulla offeso, si unisce a quella risata. ll tono di voce con cui John lo ha definito “rompipalle” è così delicato, gentile…così straordinariamente insolito, per papà.
 
 “A proposito…tutto bene lì dietro, Sammy?”
“Sì, tutto bene signore!” risponde prontamente Sam, godendosi gli occhi di suo padre che si posano su di lui.
John lo sta guardando. E non dallo specchietto. Ha fatto una bella torsione del busto e allungato la mano, per sfiorargli una gota.
 
John avvia il motore, accendendo la radio e il riscaldamento.
Pensa che potrebbe morire domani, a Denver.  Ma morirebbe con una consolante certezza: i suoi figli si azzufferanno, si feriranno l’un l’altro, forse si separeranno ma, quando ci sarà davvero da decidere “verso chi andare”… Dean lotterà sempre per Sam e Sam mai lascerà che il Male lo allontani da Dean.
 
Dean si gode il tepore dell’Impala e non ha più freddo.
Pensa che potrebbe correre dieci chilometri ogni giorno, anche dopo una caccia massacrante. Arriverebbe persino a venti se questo significasse “stabilizzare” quella ritrovata “intimità” in casa Winchester.
 
Sam si soffia il naso, osservando gli sguardi divertiti che si scambiano Dean e suo padre.
Pensa che “normalità”, in fondo, sia un termine complesso, sfaccettato e decisamente sopravalutato.
 
---
 
Dopo la doccia si distende sul letto ma i crampi lo fanno alzare di scatto, stampandogli una smorfia di dolore sul viso. Sam, in silenzio, gli massaggia i polpacci. "Meglio?"
Dean annuisce, stringendo la testiera del letto, provando nuovamente a coricarsi.
 
Sam gli mette una mano sulla fronte che ha ripreso a imperlarsi.
"Sammy! Sto bene!"
"Dean, papà è andato a comprare il pranzo, non devi fingere con me. Sappiamo tutti e due che anche tu, stanotte, avevi la febbre alta!"
"Sts! Potrebbe rientrare da un momento all'altro e, se lo scoprisse, si scatenerebbe un’altra polemica…ed è l’ultima cosa che voglio! Non ora che sembra tranquillo e possiamo trascorrere qualche ora senza litigare! E poi avevo 5 gradi in meno di te!"
"Certo, come no!" dissente il minore, alzando gli occhi al cielo.
 
Dean non può che commuoversi di fronte alla preoccupazione di suo fratello.
 “L’ho misurata prima…è scesa. Sarà stata la corsetta salutare! E ora smettila di “giocare al dottore” e lasciami in pace! Cercati qualche ragazzina che vada pazza per i nerd e prova a misurare la febbre a lei, credimi sarà più divertente!” ironizza Dean.
 
Sam non ribatte. Si accoccola sul letto vicino a lui e Dean gli accarezza i capelli, pur intuendo che è un “tranello”. Sam, apparentemente, lo sta usando come "cuscino". In realtà pone estrema attenzione a non comprimergli lo sterno. Resta un poco sollevato, con l'orecchio "in ascolto". Quel dannato ragazzino non demorde, esige conferme sulle sue condizioni fisiche. E non sono le uniche “condizioni” a interessargli.
"Non potrai prendere il mio posto per sempre...non potrai passare la vita a sostituirti a me..." afferma, serio.
"Io?! Sostituirmi a te?! Ma come ti salta in mente?! Mi guarderò bene dal farlo! Crescerai e, finalmente, te la caverai da solo! Non sarai più un mio problema, piccolo impiastro dalla salute cagionevole!" lo stuzzica, Dean.
"Stupido!"
"Stronzetto ingrato!"
 
Battibeccano per gioco, insultandosi a vicenda. Poi Sam ritorna sull’argomento.
“Me lo prometti?"
Dean si concentra sui propri battiti nell’intento di rallentarli.
"Te lo prometto".
Sam appoggia delicatamente il capo sul torace di Dean. Nulla lo rassicura come il battito quasi regolare di suo fratello.
 
Il cuore di Dean è la sua casa.
La sua “normalità”.
 
---
 
 Un altro bosco. Come allora. Neppure il tempo di “realizzare” di aver ucciso Occhi Gialli che quel pensiero gli balena in testa, facendosi tarlo.
Supera “l’euforia” della vendetta. Soffoca ogni possibile entusiasmo per la “liberazione” che attendeva da quando è nato.
 
Il tarlo prende svelto a rosicchiargli il cervello e quando la verità irrompe sulla sterpaglia, fugando ogni dubbio, la mente di Sam si sbriciola.
 
 Gli ha appena rivelato ciò che sospettava. Ciò che, in fondo, già sapeva.
 
E’ cresciuto. Lo ha abbandonato. Gli ha dimostrato che può cavarsela altrove, lontano da lui. Lo ha superato in altezza, di qualche centimetro. Ma non è bastato. Se, per qualche incantesimo, dovesse anche diventare Gulliver, neppure in quel caso Dean manterrebbe la promessa fatta. Ormai lo ha capito. 
 
Ha preso il suo posto. Di nuovo. E stavolta Dean dovrà finire la sua corsa. Nessuno lo fermerà dicendo "Va bene così". Sam è terrorizzato all'idea.
 Teme di fallire ma proverà a salvarlo in ogni modo. Non c’è nulla che non farebbe per suo fratello. Quasi glielo urla, con gli occhi pieni, mentre lo sguardo perplesso di Dean gli fa male.  Perché è convinto che quel “compito” sia solo suo?! Perché continua a credere che lui non abbia il diritto di proteggerlo, di difenderlo?! Quella “legge Winchester” di antica memoria, quella legge così fottutamente arbitraria e soggettiva che decide, a priori, “il sacrificabile”!
 
Dean lo ha allevato con la tenerezza di un fratello amorevole e la saggezza di un padre attento ma non ha capito che per Sam lui è molto più di questo.
 
Per Sam, il “suono” del cuore di Dean continua ad essere “casa”, l’unica in cui valga la pena tornare. E ora scopre che è gravata da una pesante ipoteca che non prevede proroghe.
 
Un anno.
 
Non sarà il tratto di un suggestivo rametto a scandire il tempo ma quello, decisamente più preciso, di una dozzinale penna.
 
Sam annoterà crocette…sul calendario.
 
Dean correrà...fino al traguardo. Ma perderà.
 
Sam, dopotutto è un “prescelto”, appartiene al Male. E’ disposto ad alimentare la sua parte oscura per salvarlo, per tirarlo fuori dal buio o semplicemente per restare…nel buio.
Con lui.
 
Tra le grida dei condannati distinguerà la voce di Dean, il battito di Dean.
 
Sarà a casa.
 
E l’Inferno gli parrà “normale”.
 
 
John li guardava…distrattamente…ma conosceva profondamente i suoi figli.
 
Più di qualunque angelo.
Più di qualunque demone.
 
Più di Dio stesso.

 

 

 
 
 
 

 

 

   
 
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