Libri > Shatter me (schegge di me)
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Autore: You_r_so_golden    01/01/2023    0 recensioni
La prima volta che William aveva sentito parlare di una ragazza che poteva uccidere al tocco, non ci aveva creduto; Selene era semplicemente rimasta in silenzio, incapace di dire una parola. Poi i due fratelli si erano guardati. Finalmente c'era qualcuno diverso come loro, qualcuno come loro e, allo stesso tempo, diverso da loro. Perché sia William che Selene hanno sempre saputo di essere diversi da chiunque altro. Anche da bambini, i gemelli sapevano di non essere come gli altri. Perché sia William che Selene hanno dei poteri, gli stessi spaventosi poteri che li hanno allontanati dai loro genitori, portandoli sul ciglio della strada. Prima di quel giorno, né William né Selene conoscevano l'esistenza del Punto Omega; finché Castle non li prese al suo fianco, portandoli in un luogo sicuro che potessero chiamare "casa". E ora, che i gemelli sono diventati qualcuno di importante al punto Omega, le cose sono un po' cambiate: William è uno dei soldati più forti e Selene, la piccola e silenziosa Selene, è l'arma più temuta del punto Omega. E ora i due stanno per affrontare l'essere umano a loro più simile e vicino: Juliette Ferrars.
Genere: Drammatico, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza
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Non so come abbia fatto, ma Castle mi ha convinto a fare una prova di esercitazione. Anzi, a dire il vero mi ha costretto a fare questa prova. Io, in realtà, stavo giocando con i fili della coperta quando Castle si è presentato alla mia stanza e ha bussato al vetro. Mi ha detto “vieni, Selene, esercitiamoci un po’”. Anche se non ho voglia di esercitarmi, non ho saputo dire di no. Farei di tutto pur di uscire da queste quattro dannate mura. Farei di tutto pur di mettere il naso fuori e camminare tra i corridoi del Punto Omega. Incontrare le persone. Salutare i bambini. Vedere quante facce nuove ci sono adesso. Vedere come le persone sono cambiate nel corso del tempo che ho passato rinchiusa qui dentro.
Così mi ha prelevato dalla mia stanza, mi ha preso per mano e mi ha portato per i corridoi del Punto Omega. Naturalmente, mi sono sentita un’attrazione turistica. Le persone del Punto Omega mi guardavano confuse, silenziose, e stringevano a sé i bambini. Sanno chi sono ma non sanno come mai sono tra di loro. Alcune madri hanno pure allontanato i loro bambini. Ridicolo.
Non mi ricordo nemmeno chi siano, non so chi siano.
Come potrei fargli del male? Come mai dovrei fargli del male?

Castle durante il viaggio non parla. Si limita a guardare davanti a sé e a tenermi la mano, come se fosse un padre premuroso. A quanto pare, vuole capire fino a quanto posso spingermi con il mio potere, per capire se la sua bomba atomica è pronta a distruggere la terra o se è solo pronta a fare un piccolo boato con un po’ di polvere. Vuole capire com’è messa la sua seconda arma letale preferita. La prima, naturalmente, è Juliette.
È così gentile da parte sua preoccuparsi per me in questo modo. Preoccuparsi di capire se l’isolamento mi ha fatto impazzire e perdere i poteri, come avvenne quando ero piccola. Preoccuparsi di farmi uscire una volta ogni morte di papa da queste mura del cazzo. Davvero premuroso da parte sua.

< Prego, entra pure. > mi dice Castle e mi apre la porta, mostrandomi una stanza con il pavimento bianco e le pareti nere. Lui mi guarda. Sembra tranquillo. < Ricordi questo posto, vero? >

< Sì. > Deglutisco nervosamente, gli lascio la mano, ed entro dentro. < L’isolamento non ha danneggiato la mia buona memoria, Castle. >

Mi guardo intorno, notando che niente è cambiato dall’ultima volta che sono venuta in questo posto. Qui generalmente le persone vengono ad allenarsi.. o meglio, allenano i propri poteri. Ci sono degli attrezzi attaccati al soffitto e al muro e c’è una cesta con delle palle di stoffa. Non so a cosa servano. Non capisco di cosa uno se ne possa fare. L’ultima volta che sono venuta qui risale a 5 o forse 6 mesi fa, per dei controlli periodici che io e mio fratello facciamo. Abbiamo solo allenato il nostro scambio di coscienza, dando alle gemelle e a Castle un po’ di materia strana su cui studiare per il resto della stagione. A dire il vero, io non mi sono nemmeno mossa dalla mia stanza. Castle era con mio fratello, nella sala dell’allenamento, e io ero con Sonya e Sara nella mia camera. Abbiamo fatto uno scambio di coscienze e l’abbiamo mantenuto intatto per quelle che sono state 3 ore, utilizzando continuamente i nostri poteri. Io, nel corpo di mio fratello, potevo guardarmi intorno, usare i suoi poteri, saltare, correre, picchiare il muro e Castle era comunque felice. Gli bastava che facessi qualcosa, che mi muovessi come una scimmietta al circo. Mi ricordo che ha passato quelle 3 ore ad annotare cose sul taccuino; cose che avevo paura di scoprire e che ancora oggi non so cosa siano.

Una volta che lo scambio è finito, sono rientrata nel mio corpo e allora Castle è venuto nella mia stanza. Mi ha chiesto cosa fosse successo nella stanza degli allentamenti, per capire se quella persona presente fossi davvero io. Mi ha chiesto cosa avessi fatto, di cosa avevo parlato, che canzoni avevo cantato e quali esercizi avevamo fatto. Lo stesso è accaduto a mio fratello: Sonya e Sara sono andate a chiedergli cosa avessero fatto nel tempo passato insieme. Per essere sicure che ci fossimo scambiati davvero e che non fosse solo una connessione mentale sensibile.
La connessione mentale sensibile non è stabile e non sempre si è presenti o si è a coscienza di cosa succede all’altra persona.
In quel momento, mi sono sentita davvero una cavia. Vieni sottoposta ad un allenamento che non vuoi fare e delle persone passano tutto il tempo a guardarti e a prendere appunti. Chiunque si sentirebbe una cavia. Odio sentirmi una cavia. Una scimmia da laboratorio. Sono una persona umana, dopo tutto. 

< Che ci fai seduta a terra? > Castle ha chiuso la porta dietro le spalle e si affretta a mettersi davanti a me, a qualche piede di distanza. < Pensavo che morissi dalla voglia di venire qui. >

Mi sono seduta a terra nel momento esatto in cui ho fatto tre passi. Decisamente, non muoio dalla voglia di essere qui.

< Non vuoi fare la prima mossa? >

Anche adesso mi sento una cavia a dire il vero. Anche mentre sono seduta a terra, le gambe al petto e le braccia che abbracciano le gambe. Mi sento veramente una cavia. Noto che Castle mi guarda, immobile, silenzioso. Castle… Merda, vorrei- no. Devo contenermi. Non posso permettermi di formulare un pensiero. Ma a dire il vero, perché dovrei pensare? A parte il semplice principio per il quale è sbagliato pensare a cose brutte che dovrebbero succedere a qualcuno. Ma poi perché dovrei? Lo odio così tanto da desiderare quelle cose o è solo rabbia repressa?

Lo guardo da sotto la tenda di capelli biondi. Con Castle nei paraggi devo fingermi tranquilla. Devo fingere che tutto vada bene. O sicuramente prenderebbe nota di come mi sto atteggiando in questo momento. E l’idea che mi tratti così non mi piace affatto. Lui cerca di non farmi sentire un animale in gabbia, cerca di non trattarmi come se fossi una carcerata. E questa passeggiata per i corridoi non ha fatto altro che peggiorare le cose. Non mi sento nemmeno a mio agio, a dire il vero. 

< Va tutto bene? > la sua voce esce stridula e sforzata, come se non fosse lui a dire quelle parole. Come se qualcuno l’avesse costretto a parlare, a dar voce a quelle semplici parole. E chissà, forse non è davvero lui a dirle. Forse è stato davvero costretto da qualcosa. < Selene, parlami. A me puoi dirle queste cose. Lo sai, sarò sempre qui ad.. > un colpo di tosse soffoca le sue parole e stringo i pugni. < Bast- ascoltarti. >

< Sei sicuro che allenarti con me sia stata una buona idea, Castle? > Questo è solo l’inizio di come andrà questo allenamento. < Forse prima avresti dovuto salutarmi, chiedermi come stavo, chiedermi se avevo davvero voglia di allenarmi oggi. Avresti dovuto essere gentile con me, non credi? >

Poi la mia bocca si serra e inizio a disegnare fantasie sui leggings che indosso. Oggi non indosso niente di particolarmente carino, come tutti i giorni del resto. Leggings, una maglietta bianca e larga di cotone; il reggiseno e l’intimo, naturalmente. Ora che ci penso, non è stato il massimo indossare questi vestiti. Sono fini, leggeri e trasparenti per tutte le volte che li ho utilizzati e che li ho lavati. E qui fa freddo. Non ne chiedo altri perché alla fine mi vanno bene. Questi mi calzano bene e si adattano bene al mio corpo. Il tessuto degli altri vestiti mi fa venire la nausea e mi fa rabbrividire. Preferisco i vestiti vecchi, quelli privi di tessuto e leggeri oppure i vecchi vestiti di mio fratello. Soprattutto quelli invernali. Quelli sono i miei preferiti. 

< Allora? Volevi che facessi la prima mossa.. > mormoro notando che Castle non accenna a muoversi. Sembra uno di quei manichini che si poteva trovare nei negozi prima che la Restaurazione prendesse controllo di ogni cosa presente sulla faccia della terra. La situazione sta diventando abbastanza imbarazzante. Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe e deglutisco nervosamente. < Okay, per adesso penso sia abbastanza. > Rilascio la mano sinistra, che si apre. "Parla" penso ed è la prima volta che penso dopo mesi interi. È la prima volta dopo l'incidente con Kenji che posso permettermi di pensare. E quasi mi sembra di toccare il cielo con un dito per essermi permessa di fare un pensiero così banale.  "Fa qualcosa, Castle." < Torna in te, Castle. >

Castle si sblocca immediatamente e i suoi occhi si spalancano. Porta una mano al petto, all’altezza del cuore, e inizia a respirare a fatica, come se fino ad adesso avesse trattenuto il fiato. Respira a fatica, come se non avesse mai respirato prima d'ora. Il suo petto sia abbassa e si alza faticosamente e capisco che forse ho esagerato. Anche lui ha esagerato a trattarmi come un oggetto di studi.

< Selene- > dice ma le sue parole vengono bloccate. Inizia a tossire fortemente, come se stesse morendo da un momento.

Forse non avrei dovuto bloccarlo per così tanto con il mio potere, con la sola intenzione di non vederlo avanzare verso di me per propormi di allenarci insieme. Lo ammetto, la paura mi ha bloccato. Avevo paura di cosa potesse succedere ad allenarmi con lui, avevo paura che vedesse quanto male sono ridotta ancor prima di iniziare l'allenamento e quindi l'ho bloccato. Involontariamente, però. Non volevo fargli del male e non voglio che pensi che gli voglia fare del male. Volevo solo che capisse come ci si sente ad essere bloccati in una cella, lontano da tutti quanti; e quelle parole che mi ha detto,  sono le stesse che vorrei che mi dicesse ogni tanto. Vorrei che fossero quelle che mi dicesse invece di trattarmi come una oggetto di studi. Forse ho davvero sbagliato. Forse dovevo fermarmi prima. Forse non sarei dovuta nascere.

< Castle- > alzo lo guardo su di lui. Lo guardo dispiaciuta, davvero. L’ultima cosa che voglio fare è fargli del male. Non voglio che per questo mi rispedisca tra quelle quattro mura. Che non mi faccia più vedere i corridoi e le persone di questo posto. Non mi merito questo trattamento. So di essere pericolosa ma non mi merito di essere trattata così. Certe volte controllare questo potere non è facile come sembri. Certe volte, le cose sfuggono al proprio controllo. < Castle, mi dispiace... > 

Mi faccio quasi schifo. Per avergli fatto una cosa simile. Per aver peggiorato intenzionalmente la mia situazione che non è già di suo semplice. Mi dispiace perché l’ho bloccato, ho bloccato il suo respiro, ho bloccato le sue corde vocali e il suo cervello per non permettergli di pensare. Mi faccio schifo per essermi permessa di fare una cosa simile. Lui pensa già male di me, cosa penserà adesso? Potevo fermarmi bloccandolo, impedendogli di muoversi o di parlare. Ma come sempre vado oltre.

< Castle, io.. >

< N-no, non fa niente. > dice e la sua voce è roca, come quella di chi ha parlato troppo per troppo tempo o di chi ha urlato. Mi guarda e spero capisca che non volevo ridurlo in questo modo. Non volevo che questo succedesse. Facevo bene ad avere paura di me. Sulle sue labbra, però, c’è un sorriso. Lo stesso sorriso che farebbe un padre al figlio che ha combinato un casino involontariamente. < Tu stai b-bene, Selene? >

È da troppo tempo che la mia voce non diventa roca. Annuisco appena. Mi ha chiesto di sua spontanea volontà come sto. Quasi mi vien da ridere. Come vuoi che stia. Sono rinchiusa in una stanza per colpa sua. Mi hai portato qui solo per vedere a che livello è il mio potere e l'ho mostrato. Una cosa simile sarebbe potuta succedere a chiunque con questo potere. La rabbia che ho dentro è uscita fuori senza darmi il tempo di fermarla. Però mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto.

< Quello che è successo.. > Castle ha ancora la mano sul petto. Respira veramente a fatica. < Ti ho dato.. la libertà di venire qui. Sai quanto è difficile per m-me farti uscire e.. > un altro respiro. Profondo. < la prima cosa che fai è.. >
So cosa vuole dire. So dove vuole arrivare con le parole. A ferirmi. Come io ho ferito lui.

< attaccarmi. Selene > un altro respiro. < Capisci che questo è sbagliato? > 

Annuisco. < Scusami.. > mormoro e infilo le mani nei capelli. Faccio una smorfia di dolore anche se non li sto tirando. anche se non li sto minimamente toccando se non con le punte delle dita. Ho l’impulso di tirarli fino a strapparli dal cuoio capelluto, fino a vedere il sangue uscire. Quasi mi metto a piangere. < Il mio potere è così.. > la mia voce esce tranquilla, calma e piatta. < grande che quasi lo sento uscire dal mio corpo. Non volevo farti del male. Te lo giuro. > 

< Devi imparare a concentrarti e ad usarlo a dovere, a non farlo fuoriuscire come un fiume in tempesta. > dice e stavolta la sua voce ha un tono più stabile. Sembra più sicura, più viva e meno roca. < Come pensavo, il tuo potere non è diminuito e non hai fatto in modo che l’ambiente circostante influisse su di te. Anzi, se devo essere sincero credo che il tuo potere si sia intensificato. > Si passa una mano tra i dread che ha come capelli. È stanco, stanco di me probabilmente. < Vieni, torniamo in camera tua. L’allenamento è finito. >

< No. > Indietreggio con le gambe e mi allontano maggiormente da lui. < No, no. Fammi restare. Fammi stare qui un altro po’. >

Castle fa per avvicinarsi ma ci ripensa e si ferma. Sospira. È davvero stanco di me. Vorrei che non lo fosse. Vorrei che Kenji non fosse stanco di me. Che William non fosse stanco di me. Che nessuno in questo posto mi trattasse come un’esclusa e fosse stanco di me. Chiedo troppo?

< Sei ansiosa? O hai paura? > Si china sulle ginocchia. Ora non sembra più essere stanco di me. Sembra essere apprensivo. Quasi paterno. < Selene, parlami… >  

Ora vuole che gli parli. Ha passato mesi a non rivolgermi la parola e ora vuole che gli parli. Mi sembra ridicolo. < Ansia. > Annuisco appena e stringo le gambe al petto. < Mi dispiace. >

< Non importa. Ormai ci siamo chiariti. Da un lato, quel che hai fatto è estremamente pericoloso ma dall’altro è.. affascinante. Hai attivato il potere ancor prima che potessi percepirlo e l’hai attivato senza farti sentire, senza dare minimamente nell’occhio. Dobbiamo migliorare questo aspetto. Dobbiamo renderti un’arma silente, incapace di essere percepita. Questa cosa è davvero affascinante.. >

< Per quel che ne sai, potrei averti instaurato nella mente il pensiero di portarmi qui stamattina, averti costretto a farlo e averti fatto dimenticare che sono stata io a farlo. > gli dico in un sussurro e lascio che i capelli biondi fungano da tenda tra noi due. Ho solo voglia di nascondermi. Ho voglia di tornare nella mia stanza all’improvviso. Ho voglia di infilarmi nel letto, ho voglia di dormire e sprofondare nel sonno. Ho voglia di andarmene. Queste luci mi stano facendo male agli occhi. < Oppure questo è solo un sogno che ti sto facendo fare e tutto questo non è mai accaduto e sia io che te siamo nelle nostre stanze, ancora a dormire. >

< Sarebbe una teoria interessante. > dice lui. < Del resto, potresti anche mettermi in testa l’idea di liberarti e lo farei senza pensarci due volte. Ci hai mai pensato? > 

< Non posso pensarlo. Lo sai >

< Hai ragione. > Castle sistema una ciocca di capelli intrecciata.

Rimaniamo in silenzio per quella che secondo me è una vita. Deciso quindi di alzarmi da terra, non volendo più avvertire il freddo del terreno. Indosso delle scarpe da tennis. Fanno schifo, le odio, ma sono l’unico paio di scarpe che ho. E non posso chiederne un altro paio dato che non sono consumate, non posso chiederne un altro paio.

Sono la prima a rompere il silenzio. < Credi davvero che Juliette sia tanto diversa da me, Castle? >

Sembra confuso dalla domanda che gli ho fatto ma annuisce. < I vostri poteri sono diversi. Entrambe avete due poteri enormi, pericolosi e affascinanti ma siete diverse. >

< Come persone, intendo? > Io penso di no. < Secondo te siamo diverse? >

Lui annuisce.

< Ed è per questo che lei potrà girare a piede libero al Punto Omega, giusto? Mentre io starò comunque rinchiusa in quella cella che chiami stanza. > dico e forse la rabbia sta tornando. < Non dovresti stupirti se un giorno non mi troverai più nella cella in cui vivo. Non ti dovresti affatto stupire >

< È una minaccia? > Scuoto la testa e Castle alza un sopracciglio. < Non capisco perché tu provi questo risentimento. Cosa ti fa pensare che Juliette avrà un trattamento diverso dal tuo? Tu e lei siete persone diverse, Selene. Non paragonarti a lei. >

< Perché non mi ascolti quando ti dico che farà del male a tutti voi. Farà del male ad Adam, farà del male a Warner- >

< Ed è quel che vogliamo.  >

< E farà del male a Kenji. > Non appena realizzo ciò che ho detto, spalanco gli occhi e mi copro una bocca con la mano. Prendo le labbra e le sigillo, così che mai più niente possa uscire. Prendo la bocca e la chiudo a chiave. Butto via la chiave, così che nessuna parola possa mai più uscire involontariamente dalle mie labbra. < Io.. >

Caste è immobile, fermo. I suoi occhi sono socchiusi e il sorriso che prima adornava il suo volto è sparito. < Come sai queste cose? >

Ho fatto un casino. Ho combinato un fottuto casino. E tutto questo perché lascio che le mie emozioni prendano il sopravvento di me. Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe di tela e prendo un profondo respiro. Mi sembra di respirare aria acida, marcia. < Il mio potere, credo. > mormoro, sperando che lui non mi abbia sentito veramente.

Castle rimane un secondo in silenzio. < E c’è altro che il tuo potere ti ha detto? Qualcos’altro che vorrei condividere in questo momento, Selene? >

Ci sono un sacco di cose che vorrei dire. Che vorrei condividere. Ma non posso farlo. Non posso permettermi di farlo. Non posso permettermi di rivelare certe cose a determinate persone. Certo, certe cose le vorrei dire. Vorrei dirgli di smetterla di fingersi un padre premuroso quando vuole. Vorrei dirgli di farla finita di comportarsi in questo modo perché non servirà a farmi parlare. Le carezze, le coccole, le parole dolci e i sorrisi non serviranno a farmi parlare. Niente servirà a far uscire qualcosa da queste labbra. < Castle, io.. non posso. Lo sai. Non posso davvero… >

< Abbiamo già fatto questa conversazione. > dice e incrocia le braccia al petto. < Sono sicuro che non vuoi parlarne di nuovo. >

< No, non voglio. > mormoro. < E mi dispiace. Io vorrei essere meglio di così, Castle, ma fidati. Non posso rivelarti certe cose. I-io non posso proprio, anche se vorrei. >

< Il tuo potere è grande, Selene. Ci sono tante cose che puoi fare e parlare è una di queste. > dice e un nuovo sorriso dolce nasce sul suo volto. Ecco che torna la falsa figura paterna. È una figura troppo falsa perché possa avvicinarmi a lui. Ma allo stesso tempo, non ho mai avuto un padre e qualcosa mi dice che posso fidarmi di lui. Che fidarmi è la cosa giusta da fare. < Vedi, tu e William siete simili ma diversi. Siete due gemelli, proprio come Sara e Sonya, ma siete diversi. Perché tu ti limiti solo a.. >

< Ti prego.. >

< fare quel che puoi mentre lui si sforza, lui mette tutto se stesso per questo piano, per questo posto. Lui si impegna, è fuori, tra i soldati, e farebbe di tutto per noi, per questo centro di ribelli. Spesso mi chiedo perché tu non possa fare lo stesso. >

Mi viene quasi da piangere. William… perché Castle lo usa contro di me? Perché sa che è il mio punto debole. Perché sa che William è il mio unico punto debole. È l’unica persona per la quale sarei pronta a rivelare i segreti interi del mondo. E lui lo sa. Lo sa perché mi conosce, perché sa come sono fatta.
William.. Cazzo, mi manca così tanto che vorrei mettermi a piangere. Lui è fuori, nella Restaurazione, a rischiare la vita ogni giorno. E io sono qui, da sola, distante da lui. Mi manca così tanto, mi manca così tanto non averlo vicino a me, non poterlo vedere, non poterci parlare dal vivo. < Il mio potere è lo stesso che ti ha fatto del male qualche minuto fa, bloccandoti il respiro. >

< Il tuo potere è capace di tante cose. Ci sono tante cose che potresti dirmi. >

Vorrei dirgli che deve smettere di fare la figura paterna. Vorrei dirgli che non ha senso con me fingere di volermi bene. Vorrei chiedergli di abbracciarmi e dirmi che tutto andrà bene, che William tornerà presto a casa. Vorrei che mi dicesse che posso affezionarmi a qualcuno, di tanto in tanto. < Posso dirti come mai Warner ha deciso di mandare Adam Kent da Juliette. Posso dirti il perché ha l’ha mandato in un manicomio con una ragazza dal potere speciale quanto il mio, dato che nessuno l’ha capito. >

Castle sembra rilassarsi. Anche se gli si dice qualcosa, se pur minima, sembra soddisfatto. Il sapere lo rilassa. Il fatto che sa qualcosa di più rispetto agli altri lo fa sentire speciale. < Spiegami, Selene. > 

Deglutisco nervosamente. Sento gli acidi che mi stanno risalendo lungo la gola. < Prima di trasferirla alla base, Warner voleva capire se Juliette fosse ancora umana. A livello mentale, intendo. Voleva capire se avesse ancora un contatto con la realtà, se non avesse perso la lucidità stando costantemente in isolamento. E per capirlo ha mandato Adam Kent, un ragazzo che ha frequentato la scuola con Juliette prima che la Restaurazione prendesse possesso di ogni cosa sulla faccia della terra. >

< E Juliette? Come sta reagendo? >

< normale.. credo. > la mia voce trema. Non so se posso permettermi di dirgli quel che sto dicendo. Non so se va bene il fatto che lui sappia così tanto ma adesso lo sa e mi sento in colpa per aver parlato. Ma Castle voleva saperlo e io non posso negargli anche questo dettaglio irrilevante. < Sta reagendo normalmente. Adam la sta sottoponendo a stress, a rabbia a nervosismo ad ansia, felicità, tristezza… e così via. Ma sembra normale, non sembra aver perso contatto con la realtà che la circonda. > 

< Questo te l’ha detto William? > 

William, William, William... cosa c’entra lui adesso? No, ovvio che non me l’ha detto lui. Mio fratello queste cose non le sa. Mio fratello non sa niente di ciò che avverrà nel futuro e non capisco come una persona come lui potrebbe dirmi una cosa simile. Ah, giusto. Castle non sa che mio fratello non è riuscito ad entrare a far parte delle guardie che sorvegliano costantemente Juliette. < No, lo so da sola. > mormoro. < Grazie al mio potere, credo. > 

< Ne hai parlato con lui? > 

Scuoto la testa. 

Castle aggrotta le sopracciglia. < Perché non me l’hai detto prima? Perché non hai detto prima queste cose? > 

< Non posso farlo, Castle.. Rivelare il futuro… non va bene. È troppo pericoloso, non solo per te ma anche per me. > mormoro e continuo a guardarmi le scarpe. Sono così vecchie e scolorite che fanno pena. Ma non posso cambiarle. Sono le uniche che ho e potrei chiederne un paio nuovo solo se si fossero consumate. Ma dato che non devo andare da molte parti, la suola è ancora intatta e bianca. < Mi dispiace, Castle > mormoro e sospiro stanca, rilassando le spalle. < vorrei essere più di così. Vorrei che le cose andassero diversamente. Sono sincera.. >

< E va bene.. > Castle sospira e si dirige verso il cesto delle palle di stoffa. Ne prende una in mano e l’accarezza. < Credo che per oggi, abbiamo chiuso con questo tipo di discorsi. > dice e per la prima volta sono sicura che ne ha abbastanza di me. Ha abbastanza di questi discorsi che continuo a fargli ogni dannata volta. Di questi discorsi che faccio solo per parlare, perché so che non mi presta realmente attenzione. < Adesso pensiamo ad allenarci, va bene? Venire qui e non fare niente sarebbe solo uno spreco, giusto? Imparare qualche tecnica nuova sarebbe utile. > 

Lo guardo e per un secondo penso che abbia parlato una lingua straniera. Davvero crede che una bomba atomica come me dovrebbe imparare a combattere? Se solo volessi, sarei capace di fermare una pallottola o un uomo con il pensiero. Imparare a lottare è la scelta sbagliata e non so cosa Castle pensa di fare con me. < Lo credi davvero? Credi davvero che una persona come me debba imparare a difendersi? >  

< Se ti lanciassi queste palle > Castle indica le palle nel cestello. < Tu cosa faresti? >

Lancio uno sguardo alle palle di stoffa messe a caso nel cestello. Sono tutte mal ridotte, alcune bruciacchiate e hanno perso tutte quante il loro colore originale. Adesso sono grige, sporche. Prima forse erano bianche o giallastre. Non saprei dirlo. < Credo che le fermerei con il pensiero. > 

< Sei capace di farlo? >

Non rispondo. È lo stesso errore che ha fatto Kenij. Come lui, non crede nelle mie capacità. Non crede veramente che possa farcela? Mi sembra ridicolo. Ha passato una vita intera a temermi e adesso non sa se sono capace di fermare una palla? Quando assumo il controllo di qualcosa, anche di un oggetto, ne assumo tutte le caratteristiche. E, di conseguenza, posso fargli perdere ogni caratteristica a mio completo piacimento. In questo caso, potrei togliere la gravita alla palla facendola cadere a terra. O potrei farle perdere la solidità e la durevolezza e se si schiantasse contro di me, non mi farebbe niente. O potrei farle perdere la velocità e rallentare i movimenti fino a schivarla.
Potrei fare tante cose. 

E improvvisamente una palla si muove dal centro e mi viene incontro. Spalanco gli occhi e porto le mani al volto, per pararmi.
La palla, però, non mi viene addosso. Essa si immobilizza a mezz'aria, bloccandosi, e ruota su sé stessa per poi cadere a terra. Casca con un tonfo sordo e rimane immobile per un po’ prima di rotolare verso di me. Deglutisco nervosamente e guardo Castle.

È stato lui. Ha usato il suo potere speciale, la telecinesi. Castle, infatti, sa usare la telecinesi a suo piacimento ed è davvero bravo in questo. Forse è la cosa che gli viene meglio, la telecinesi. Spostare le cose gli viene con una semplicità disarmante ed è così bravo che spesso mi spaventa il suo potere. Certe volte vorrei capre cosa significa avere un potere così normale. Certe volte vorrei poter prendere possesso del suo corpo e usare il suo potere, così per sapere cosa significa essere normali anche se strani. Però farlo significa usare Castle come un burattino e no, non posso.

< Ottimi riflessi.  > dice e mi fa un sorriso.
   
 
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