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Autore: Melanto    01/01/2023    6 recensioni
I passi nella neve erano sempre più pesanti a mano a mano che si andava avanti, questo doveva ammetterlo.
Nell’ultimo periodo lo erano così tanto che sarebbe stato bellissimo poter, invece, tornare indietro.

... e tu cosa chiederai, quest'anno, a Santa San?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Santa Kuro

Nota Iniziale: allora, non è un granché, non aspettatevi chissà cosa. Ho avuto pochissimo tempo per scriverla e rifinirla, ma spero apprezziate lo sforzino di lasciarvi comunque un piccolo cadeau per queste feste.

Una storiella semplicissima, un po’ di miele perché magari ne ho bisogno io e loro due che sono i miei punti fissi, fandomicamente parlando, me ne fanno tirare sempre via un po’.

Dedicata a La_Sakura, Khrenek, Pandora-chan, Coccinella Fantasiosa e Moriko, che sono sempre dei gioielli con me. Buon anno, stelle. *lovvins*

 

 

 

 

 

 

 

 

Santa Kuro

 

 

 

 

 

 

«E allora, Mamo-chan, cosa hai chiesto a Santa San quest’anno?»

«Un pallone, Kuro-san! Un pallone bellissimo! Ho iniziato a giocare a calcio e mi piace da matti!»

«Oh, oh, oh. Sono certo che Santa San ti ascolterà. Ascolta sempre i desideri sinceri.»

 

 

Dovevano essere ormai cinque anni buoni che non metteva piede nel vecchio parco Senboshi, Mamoru si era fatto un conto approssimativo mentre passava tra le inferriate che ne delimitavano l’ingresso e un sorriso gli sollevò l’angolo della bocca.

E dire che prima era stato uno dei suoi posti preferiti, nel quartiere Shutetsu. Con gli amici ci aveva trascorso pomeriggi interi quando non avevano allenamento. La Shutetsu, allora, era stata solo Shutetsu.

Poi era nata la Nankatsu e tra i cambiamenti che ne erano seguiti, anche il parco in cui ritrovarsi era cambiato, sostituito dall’Hikarigaoka.

 

 

«Mamo-chan! Non ti fermi proprio mai, eh? E ti sei ricordato di chiedere qualcosa a Santa San?»

«Certo, Kuro-san! Gli ho chiesto di essere preso nella squadra della Shutetsu! È una squadra fortissima! E io voglio diventare il migliore!»

«Oh, oh, oh. Che desiderio impegnativo! Ma sono certo che Santa San ti aiuterà a realizzarlo; quindi, ricorda di dare il massimo, intesi?»

 

 

Ma il Senboshi aveva sempre avuto un posto speciale per lui. Ci veniva fin da bambino, prima ancora di entrare nella squadra. Sua madre ce lo portava ogni giorno e quando aveva avuto il suo primo pallone era divenuto imprendibile, mentre zigzagava tra le persone.

D’inverno, poi, era il periodo in cui lo preferiva. Quando cadeva la neve e tutto si ricopriva di bianco. Ogni forma, lampione, panchina, albero. Ogni aiuola.

Era stato capace di correre lo stesso con il pallone anche quando c’era la neve e le ruzzolate che aveva preso, le risate che si era fatto erano difficili da dimenticare.

Ora che di anni ne aveva venti, tornare a varcare quei cancelli con la neve fresca sotto i piedi era stato come tuffarsi di nuovo in quegli anni e realizzare quanto fosse andato avanti e quanta strada aveva alle spalle. Il suo percorso era come i passi lasciati nella neve: ti facevano stancare per andare avanti, ma ti davano anche tante soddisfazioni quando ci affondavi i piedi dentro. E se ti voltavi potevi vedere con chiarezza da dove eri partito e quanta strada avessi fatto.

Mamoru sapeva che la sua strada era ancora parecchio lunga. Aveva iniziato da poco la J-League, doveva farsi le ossa per bene, ma aveva fiducia, volontà e forza. Sarebbe stata un’avventura fantastica.

Eppure…

Eppure, non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di fastidio, di ansia. Un senso di oppressione nel petto che durava, da quanto? Alcuni mesi? Magari un anno.

O forse anche due, tre. Forse quattro.

Quando aveva capito di essersi innamorato?

Ecco, più o meno da quel momento.

Oh, sì, certo, bello tutto.

Belle le farfalle nello stomaco, bella la sensazione di euforia stupida, bello rendersi conto di avercelo avuto sotto gli occhi per una vita intera ed essere arrivato solo dopo alla realtà dei fatti.

Un po’ meno bello capire tutto il resto: la distanza, le conseguenze, il fatto che il suo interesse non avesse connotazioni tradizionali.

Uno spasso, davvero.

I passi nella neve erano sempre più pesanti a mano a mano che si andava avanti, questo doveva ammetterlo.

Nell’ultimo periodo lo erano così tanto che sarebbe stato bellissimo poter, invece, tornare indietro. Lo aveva pensato per la prima volta proprio qualche mese prima, quando aveva realizzato tutta la stanchezza che sentiva sulle spalle. E non era dovuta al calcio: l’impegno sul campo era un ottimo modo per distrarsi dal resto.

 

 

«Oh, Mamoru-kun. Corri sempre con quel pallone. E a Santa San cosa hai chiesto quest’anno?»

«Ah, Kuro-san, gli ho chiesto di farci vincere il campionato anche il prossimo anno. Senza Genzo… sarà tutto più difficile.»

«Oh, oh, oh. Questo significa che dovrai impegnarti tanto anche tu. Santa San ti darà certo una mano, ma non può fare tutto da solo.»

 

 

Mamoru si fermò e guardò in basso, dove gli scarponcini avevano scavato un solco nella neve fresca in cui era sprofondato quasi fino alle caviglie.

Tornare indietro a quando era un bambino e quel parco era il suo mondo dei giochi.

Quando era dicembre, poi, incontrava sempre lo stesso simpatico vecchietto con cui fermarsi a scambiare due chiacchiere tra una corsa e l’altra. Con la sua barba lunga e bianca, le sopracciglia folte e il cappello sulla testa. Diceva di venire dal nord, forse era per questo che gli era sempre sembrato a suo agio con il freddo e la neve. Quasi sicuramente veniva a trovare la famiglia per il periodo natalizio e godere delle luci, del pollo fritto e del tè bollente. Lo incrociava sempre seduto su una panchina con le mani poggiate sopra al bastone, a guardare i marmocchi come lui giocare ignari di tutti i passi che avrebbero dovuto compiere in montagne di neve.

Da piccoli, la stanchezza non la percepivi affatto, avevi troppe energie.

Il signor Kuro gli domandava sempre cosa avesse chiesto a Santa San.

Sorrise.

Mamoru si volse, guardò i solchi che i suoi passi avevano lasciato, così netti e più grigi nel bianco di una neve che stava riprendendo a cadere.

Tornare indietro sarebbe stato molto più facile, la strada già tracciata, non doveva far altro che seguirla.

Poi alzò lo sguardo e scorse la figura di un signore che avanzava adagio con bastone alla mano, barba bianca e sopracciglia folte.

Mamoru sgranò gli occhi con sorpresa.

«Kuro-san…»

«Non ci credo! Sei proprio Mamoru-kun! Oh, mi sembravi tu, giovanotto, anche se è difficile riconoscerti senza pallone.»

Un sorriso inaspettato si aprì sulle labbra di Mamoru nel trovarsi davanti proprio quel vecchietto dei suoi ricordi; una ventata di malinconico benessere lo colpì in pieno. Lo guardò dalla testa ai piedi e gli parve incredibile.

«Accidenti, Kuro-san… non è cambiato di una virgola. Come fa a mantenersi così in forma?»

«Merito delle lunghe passeggiate che mi concedo in inverno. Non immagini quanto ti temprino,» sorrise il vecchio avvicinandosi con aria complice e sorriso furbo. «Ma tu, invece! Guarda qui, quanto sei cresciuto. È da tanto che non ti vedo nel parco.»

Lui passò una mano tra i capelli, li tirò indietro e sentì il bagnato di alcuni fiocchi di neve che vi si erano posati. Avrebbe dovuto tirare su il cappuccio. «Con gli amici non ci siamo più venuti e poi con la scuola, il calcio…»

«Tua madre me lo ha detto che adesso vivi a Yokohama. L’ho incontrata proprio qualche giorno fa.»

Lui annuì e insieme ripresero a camminare fianco a fianco. C’era stato un tempo in cui lui soleva guardare dal basso la figura del signor Kuro e gli sembrava grande, robusta. Adesso lo superava di una decina di centimetri, forse più, e sembrava più minuto rispetto ai suoi ricordi di bambino.

«Come ti trovi lì? Sei contento?»

«Contentissimo. La città è stupenda, con la squadra va benone. Non ho proprio di che lamentarmi.»

«Allora se sei così soddisfatto, cosa chiederai a Santa San, quest’anno?»

Mamoru buttò fuori una risata, mentre la neve smorzava il rumore dei loro passi come fosse ovatta. «Kuro-san, non crede che io sia ormai troppo grande per credere ancora a Babbo Natale?»

«Oh, sciocchezze, ragazzo. Non si è mai vecchi abbastanza per esprimere qualche desiderio, anche se rivolto a un signore con la pancia, che lavora solo una sera all’anno.»

Mamoru rise ancora. «Detta così…»

«Quindi hai ancora qualcosa che vorresti?»

Mamoru prese un respiro e ci pensò. Era da anni che non chiedeva nulla al vecchio Santa San, però lo aveva detto che avrebbe voluto tornare indietro a quando era un bambino e quindi, perché no? Fece mente locale e si rese conto che non era nulla di materiale ciò di cui aveva bisogno.

«Be’, se dovessi chiedere qualcosa… sarebbe di certo quella di avere un po’ di chiarezza, un bel po’ di coraggio,» sbuffò, con un sorriso sbilenco, «e magari… sì, magari anche un po’ di fortuna.»

«Oh, oh, oh,» rise il signor Kuro, con la sua voce dalla nota non troppo baritonale, prima di fermarsi. Lui lo imitò un passo dopo. «Sono certo che Santa San non ti farà mancare nulla, ma tu cosa sei disposto a donare?»

Mamoru sgranò gli occhi. «Io? Santa San adesso chiede il conto?»

L’altro gli diede un colpetto leggero sulla spalla. «No, ma a un certo punto della vita, quando si è abbastanza grandi, è giusto ricambiare per ciò che si è ricevuto, non credi? Tu sei pronto a donare qualcosa, Mamoru-kun?»

Lui ci pensò, inarcando un sopracciglio. «Cosa potrei mai donare? E a chi?»

«Oh, ma a tutte le persone che ti vogliono bene e che ti hanno dato qualcosa di loro, nel tempo. E anche di più. Gli amici, la famiglia. Adesso sei tu a dover donare a loro qualcosa di te. Rispetto, fiducia, sostegno. Amore. Sono certo che c’è chi lo sta aspettando da un po’.» Il signor Kuro gli poggiò la mano sul braccio e si avvicinò, la voce ridotta al bisbiglio di una confidenza. «Prima o poi, arriva sempre qualcuno a cui donare tutto ciò che hai, Mamoru-kun. Non averne paura.»

Gli diede un colpetto, sorrise ancora con i suoi occhi scuri in quel mare di bianco e grigio, che erano ciglia e barba, e poi si allontanò.

«Io penso proprio che mi siederò qui,» disse, guardando la panchina poco distante, che era stata ripulita dagli addetti del parco. «Mi godrò un po’ di questa bella neve che scende. Tu immagino che avrai un sacco da fare. Alla tua età nemmeno io restavo fermo troppo a lungo.»

Il signor Kuro prese posto, poggiò il bastone ben piantato nella neve, tenendone la testa con entrambe le mani e sfoggiando il sorriso da sotto ai baffi candidi.

«Buon Natale, Mamoru-kun.»

«Buon Natale a lei, Kuro-san,» sorrise Mamoru allontanandosi adagio all’interno del parco.

Donare qualcosa.

Era la prima volta che la vedeva in quell’ottica. Aveva sempre pensato solo a ricevere, ma il signor Kuro aveva ragione: lui cosa aveva donato agli altri? Era dicembre, la fine dell’anno, si tiravano le somme e le sue erano a credito o in debito?

Affondò le mani nelle tasche, mentre sentiva la neve poggiarsi sulla testa leggerissima e senza fare rumore. Alla fine, sollevò il cappuccio e quando alzò lo sguardo, sotto ai rami pieni di neve di un albero pagoda, scorse la figura di chi gli aveva dato appuntamento proprio lì. Avrebbero dovuto vedersi con Hajime, Teppei e Shingo per andare a mangiare qualcosa: per una rarissima coincidenza – forse più unica, addirittura – non si sarebbero tenute giornate di campionato in quella settimana, e loro avevano avuto tutti la stessa, folle idea di tornare a casa.

Yuzo restava accovacciato ai piedi dell’albero a creare un piccolo pupazzo con la neve che era caduta e, dal sorriso che aveva, ci si stava anche divertendo. Un bambino gli passò davanti e lo indicò alla mamma. Yuzo sollevò la testa e il sorriso si aprì ancora di più, nel salutare con la mano.

Mamoru emise un mezzo sospiro, mentre afflosciava le spalle e pensava che non sarebbe mai cambiato. Per fortuna.

Prima o poi arriva sempre qualcuno a cui donare tutto ciò che hai.

E per Mamoru quella persona era Yuzo già da tempo.

Precisamente da quando si era innamorato, esatto.

E a lui avrebbe donato davvero qualsiasi cosa. Qualsiasi.

Gli sarebbe bastata solo un po’ di chiarezza – be’, se ne era così sicuro, forse ce l’aveva già – un po’ di fortuna – trovarsi a Natale senza partite di campionato ed entrambi a Nankatsu di certo non era sfortuna – e un po’ di coraggio – quello poteva trovarlo solo dentro sé stesso, dopotutto.

Yuzo si girò a guardare dalla sua parte, lo notò e il sorriso gli divenne smagliante mentre indicava con entrambi gli indici la sua creazione, di cui sembrava orgogliosissimo.

Infine, si alzò, batté i palmi tra loro per ripulirli dalla neve e infilò le mani nelle tasche, mentre lo aspettava.

Yuzo lo aveva sempre aspettato, si rese conto.

D’un tratto ebbe un flash di ogni volta che il portiere era rimasto in attesa: sotto casa, fuori scuola, alla fine degli allenamenti, al parco.

Yuzo c’era. Sempre. Con la sua perseveranza, con la sua pazienza.

E lui, invece, cosa stava aspettando?

Mamoru rallentò il passo per qualche istante e poi lo aumentò con ritrovato vigore e sicurezza. Improvvisamente. Come avesse la certezza di ciò che doveva fare e non era che donare.

Donare tutto sé stesso e il mondo servito su di un piatto d’argento.

Yuzo avanzò quando lui fu a un passo dal raggiungerlo, la bocca che si schiudeva per dirgli qualcosa, ma Mamoru gli passò una mano sulla nuca e se lo tirò addosso per far collidere quella bocca con la sua. E dirgli tutto quello che non gli aveva mai detto nel giro di una manciata di secondi. Quelli durante i quali le loro labbra furono troppo impegnate a toccarsi, e scambiarsi calore, sorpresa e meraviglia.

Solo che quando si separò da lui e lo trovò che lo fissava con gli occhi sgranati, si rese conto che aveva saltato un passaggio, nelle sue megagalattiche intenzioni. Un grosso passaggio.

Mamoru lo lasciò andare, si tirò indietro di un passo e fece saettare lo sguardo tutt’attorno a loro, mentre prendeva a boccheggiare, grattandosi l’angolo destro della fronte.

«In realtà, avrei dovuto prima farti un discorso, ecco. Ce lo avevo, ma… credo di averlo ripetuto solo nella mia testa.»

Che. Imbecille. Totale.

Yuzo sbatté le palpebre un paio di volte e poi iniziò a ridere. «Okay…»

Oh, rideva.

Ottimo.

Almeno non lo aveva mandato steso con un pugno, forse poteva ancora salvarsi…

… Ma da cosa se tanto si era bruciato tutto?!

Yuzo però continuava a ridere, lui invece sperò in un fulmine istantaneo; aveva la faccia che andava a fuoco e non sentiva più il gelo di quegli zero gradi che li circondavano.

«Sì, io… Dio.» Si massaggiò la fronte, una mano ferma sul fianco. «Scusami, è stato—»

«Carino,» lo anticipò Yuzo.

Lui sgranò gli occhi. «… Carino?»

«Sì. Inaspettato e carino.»

«Okay… già è un miracolo che non mi stai prendendo per deficiente, perché, credimi, ne avresti un sacco di motivi. Deve essere perché ci conosciamo da quando eravamo alti un metro scarso e quindi, forse… Adesso devo farti il discorso, vero?»

Yuzo scosse appena il capo. La risata era tornata a essere sorriso. Quello smagliante che conosceva da troppi anni. «Non ce n’è bisogno, penso di conoscerlo già.» Lo afferrò piano per il bavero del giaccone e se lo tirò più vicino.

Fu Yuzo a baciarlo di nuovo e questa volta non fu solo un tocco di labbra che venivano in contatto. La sua bocca era così accogliente, meno timida di quanto avesse creduto. Ci avrebbe passato le ore a baciarlo, e non solo quello. Dio, non solo quello.

Mamoru gli toccò il viso con le mani, affondò le dita nei capelli corti, sollevandoli dalla nuca mentre risaliva sulla testa per tenerlo più stretto, moltiplicare quel bacio per dieci, come si moltiplicavano quegli strani brividini che sentiva nel petto, nello stomaco.

Quando si separarono avevano il fiatone nemmeno avessero corso per chilometri e anche le guance di Yuzo erano più rosse, adesso.

Vent’anni.

Avevano solo vent’anni.

Quanti altri baci come quello si sarebbero potuti scambiare per tutti gli anni a venire?

Il pensiero gli diede la sensazione di una vertigine.

Yuzo abbassò lo sguardo per un attimo poi lo sollevò, la bocca di nuovo piegata in un sorriso nel dirgli: «Era da un po’ che lo stavo aspettando.»

Quella frase gli suonò in testa come una specie di campanello. Si girò di scatto a cercare il signor Kuro, ma, con enorme sorpresa, nella panchina non c’era più nessuno, nemmeno nei dintorni. Sotto la luce dei lampioni, Mamoru scorse solo la lunga fila di impronte lasciate dai propri passi e nient’altro.

«Tutto bene?»

La voce di Yuzo lo richiamò, lui guardò i suoi occhi nocciola troppo intensi, in quel momento, e carichi di attesa, una leggera ansia. Allora non era l’unico a provarla.

Mamoru svirgolò il primo vero sorriso da che era arrivato a Nankatsu quella mattina. Inarcò un sopracciglio. «E perché aspettavi me? Non potevi muoverti tu per primo?»

Yuzo incrociò le braccia al petto, mettendo su quel piglio un po’ orgoglioso che tirava fuori sempre troppo di rado. Piegò appena il capo e rispose al sorriso con uno altrettanto provocatore. «Perché ti ho lanciato così tanti ami che avrei potuto tirare su tutto l’oceano. Ma tu sei tonto.» Gli volse le spalle e prese ad allontanarsi.

«Ami?! Quali ami?! Io non me li ricordo mica!»

«E secondo te perché saresti tonto, se no?»

«Si vede che questi ami non li hai gettati un granché, non sei promosso a livello “Sampei”!»

Mamoru gli corse dietro, lo agguantò con un braccio attorno alle spalle e lo strattonò verso di sé, come avevano sempre fatto, ridendo come scemi, ma poi fece scivolare via il braccio fino a seguire quello di Yuzo, trovare la sua mano e intrecciarne le dita. Il portiere le strinse subito.

Poteva essere stato tonto mille volte, ma alla milleunesima non avrebbe sbagliato. Non avrebbe aspettato. E avrebbe donato il suo cuore fino al più piccolo frammento.

Si volse un’ultima volta, sorrise alla panchina vuota, certo che il signor Kuro avrebbe trovato un altro bambino di cui ascoltare i desideri.

 

 


 

 

Nota Finale: “Santa Kuro” è il titolo del primissimo racconto dedicato a Babbo Natale pubblicato in Giappone, circa nel 1900 a opera di Shindo Nobuyoshi, dove, appunto, Babbo Natale era chiamato Santa Kuro. :D L’ho scoperto per purissimo caso e così… X3 Ecco l’idea.

 

Anche se davvero non ho più moltissimo tempo da dedicare alla scrittura di fanfiction, perché la scrittura e pubblicazione di romanzi assorbe praticamente tutta la mia concentrazione, amo sempre riuscire a fare una capatina qui, che è stata casa per me per tantissimo tempo.

Avevo programmato una storia più lunga per questo Natale, ma poi i piani sono andati un po’ in vacca e quindi, che dire? Sarà per il prossimo, sperando di riuscire a starci con i tempi :3

Ciò che è certo è che ho almeno altre due storie (una media e una long) che vorrei ancora donare al fandom… quando riuscirò a mettermici con il giusto impegno.

 

Per il momento, auguro a tutti voi un felice anno nuovo. Pieno di cose belle.

In realtà lo auguro anche a me, che penso di aver fatto il pieno di merda nell’ultimo periodo XD But, never say never. Siamo tutti sotto la legge di Murphy, dopotutto.

 

Buon anno, gioiə.

 

 

   
 
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