I temporali di dicembre
hanno riportato il tuo nome a riva
e io non so che farmene
Chissà se ricordi la persona che ero –
parole taglienti, silenzi come proiettili
occhi che non ti guardano
Allontano il pensiero come se
potesse arrivare a te
solo perché lo sto sfiorando
ed è la cosa che voglio meno al mondo
Dimentico che il filo che collegava
le nostre mani, le nostre menti –
due solitudini che vagano –
è stato reciso tempo addietro
Non ricordo da chi
da me, da te
da lei?
Proveniamo dallo stesso posto –
stesse palpebre, stesse lingue
isole che si allungano l’una verso l’altra
e mare che si ostina a dividerle
È che io non sono mai stata
stipata di vita, non come te
A volte penso di vederti
questa luce che oblitera il sole
ma non sei mai tu
e perché dovresti esserlo?
Sono stanca di
navi che glissano la mia superficie
Vorrei essere un porto e non solo
vento che sospinge verso altri orizzonti
Mi scuserei per i miei controsensi
i paradossi, dita che stringono
braccia che spingono
È che mi governa la luna
non posso rinnegare la mia essenza
Chiederesti alla natura
di essere meno perversa?
E che senso ha il perdono
se non perdono il vezzo?
Lasciami andare, penso
e l’attimo dopo: no, non farlo
Devo rassegnarmi, credo
Siamo tutti di passaggio
e io più degli altri
Resto a sprofondare nel mio abisso
ancorata al relitto di quel che eravamo
Ormai non vago più –
ti guardo dal basso
17 12 22