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Autore: LadyPalma    07/01/2023    2 recensioni
"Vi avevo detto che per i miei servigi mi avreste ripagato a tempo debito, ricordate? Beh, quel tempo potrebbe essere adesso. Sposate me".
Alicent/Larys
What if. Segue gli eventi del libro, ma con determinati cambiamenti.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alicent Hightower, Altri, Larys Strong
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Larycent [Alicent/Larys]'
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Capitolo 7



 

Alicent non ha mai baciato nessuno – è solo stata baciata, da Viserys, anche se il contatto tra le loro labbra non è mai stato più di un leggero e casto sfioramento.

Larys non è stato mai baciato – né ha mai baciato nessuno: spazio per la tenerezza, l'intimità o anche solo la passione, non poteva esserci nei frettolosi e riluttanti incontri con le prostitute.

Baciare, dunque, è per entrambi soltanto un'idea astratta dai contorni indefiniti, riservata a persone più belle e meno intelligenti (secondo Larys), più libere e meno virtuose (secondo Alicent). E baciarsi non è stata mai neanche un'idea: per Larys semplicemente troppo (perfino più di sposarla, perfino più di arrivare un giorno a sperare di poterla possedere in maniera consensuale); per Alicent invece qualcosa di romantico, di intimo, di autentico, che lei non ha mai connesso al matrimonio, al modo concreto e onesto in cui un uomo e una donna si rapportano tra loro.

Nessuno dei due ci ha, dunque, mai pensato, fino a quel momento, quando Alicent smette del tutto di pensare  – e tanto basta per risvegliare un istinto che non sapeva esistesse. Posa le labbra sulle sue in modo avventato e la pausa prima di una reazione di lui è talmente lunga che lei fa quasi per tirarsi indietro. La reazione, però, arriva e l'impeto è uguale e contrario. Le definizioni mentali di bacio si frantumato insieme al rumore dei denti, ché non c'è niente di bello o di elegante nel modo in cui le loro bocche si cercano e si trovano solo per scontrarsi. Si muovono in asincrono, le lingue sono rigide e le labbra troppo molli, e finiscono entrambi in apnea. È tutto sbagliato, si accorgono entrambi inevitabilmente, eppure quando si separano, il nuovo istinto simultaneo è di provare di nuovo, sbagliare meglio.

Ed è quasi comico che sia Ser Criston a interrompere quel secondo tentativo. Perfino più comico dello scenario stesso, dei cadaveri attorno, del sangue ancora sul pavimento.

"Vostra Grazia, credevo aveste bisogno di assistenza" annuncia il cavaliere quando ritrova l'uso della parola, ma continuando a fissarla come se fosse un fantasma. O peggio, come se fosse una statua che ha perso tutta la sua doratura. È uno sguardo di disgusto, di delusione, la sta giudicando allo stesso modo di come forse aveva giudicato Rhaenyra, ed è talmente evidente che Alicent si chiede come abbia fatto a non accorgersene prima. Lo capisce in quel momento: il cavaliere che aveva sempre desiderato avere è in realtà una pura illusione, perché anche lui di fatto vive solo di illusioni, offrendole promesse di amore soltanto finché lei è indifesa e vittima, soltanto finché rispecchia l'immagine di  moglie infelice ma fedele di un uomo che non vuole. Ma Alicent moglie di Larys potrebbe essere una persona estremamente diversa da Alicent moglie di Viserys.

Quante cose sta capendo solo da quando Viserys è morto, quanto sta aprendo gli occhi da quando Larys è nella sua vita non più in una posizione periferica!

"Potreste rimuovere i cadaveri di questi traditori e aiutare a pulire via il sangue, in effetti" risponde Larys, con un sorrisetto palese, reso forse ancora più spavaldo dal bacio.

Criston evita di guardarlo e continua a fissare invece solamente Alicent, con quella stessa invariabile durezza. "Provvederò a mandare le vostre ancelle, ma dubito le stanze saranno utilizzabili questa notte. Necessitate della mia scorta per essere trasferita nelle vostre vecchie stanze da Regina?"

Alicent lo fissa di rimando, un accenno di sorriso ironico appare sulle sue labbra. "Vi ringrazio, Ser Criston, ma non sarà necessario. Passerò la notte nelle stanze di mio marito".

Lo dice principalmente per vedere la furia – una furia per una volta destinata a restare frustrata – del cavaliere, e lo dice forse senza neanche considerare davvero le conseguenze. Perché, adesso che le parole sono uscite dalle sue labbra, è la reazione dell'altro uomo, piuttosto, a catturare completamente la sua attenzione. Se la guardava ultimamente come se volesse divorarla, adesso la guarda con la consapevolezza che la divorerà.

Ma, Alicent si accorge, alla nuova se stessa la prospettiva non dispiace quanto avrebbe immaginato. 
 

*

 

La stanza di Larys è come l'aveva immaginata: dai mobili fino alle coperte e ai singoli elementi di arredamento, l'immagine che arriva all'occhio è quella di un ambiente elegante, raffinato, ma allo stesso tempo sobrio. Esattamente come la sua anima stessa, la ricercatezza è nei dettagli, mai troppo esposta da essere evidente. È stonato, quindi, insudiciare quella compostezza con il sangue, ancora attaccato alle sue vesti, la cui scia è visibile sotto la suola delle scarpe a ogni passo. Eppure di sangue quella stanza deve averne visto già parecchio, come deve averne visto anche Larys stesso che pure, all'improvviso la guarda come se fosse lei, lei e non il sangue, non il il caos di un omicidio, il dettaglio davvero stonato.

"Allora, non ti avvicini?" domanda Alicent in tono brusco, quando non tollera più quel pesante silenzio inaspettato.

Ma cosa si aspettava, in fondo? Che lui le saltasse addosso, forse, che prendesse quel bacio al sapore di sangue e morte come un invito a prendere ogni cosa da lei, a pretendere quello che qualsiasi altro uomo avrebbe preteso già da tempo. Eppure lui resta immobile, in silenzio, e quella improvvisa indifferenza la innervosisce più di quanto sarebbe disposta ad ammettere. Così si avvicina lei, invece, e inizia a spogliarsi lentamente davanti a lui, stringa dopo stringa del suo abito, fino a far cadere l'abito verde ai propri piedi.

"Non mi vuoi?" domanda ancora, più esplicitamente, afferrandogli una mano e posandogliela sul seno, coperto soltanto dalla leggera sottoveste. 

"E tu vuoi me?" chiede di rimando Larys. È appena un sussurro, incredulo e ironico, mentre fissa la propria mano su di lei ma resta deciso a non muoverla, come se un contatto maggiore potrebbe bruciarlo. "Ti ho già detto che non hai bisogno di ammansirmi, non ti ho toccata finora e non lo farò adesso, quindi puoi fare a meno di prendermi in giro, Alicent".

Solo adesso la donna capisce: per tutto il tempo in cui lei era convinta di avere paura di lui, anche lui a sua volta ne aveva di lei. La paura di essere respinto, di essere guardato con disgusto – tutte cose che in effetti lei ha già fatto. Appare del tutto vulnerabile, fragile in questo momento, come non lo è stato mai, come lo è solo con lei, e ancora una volta lei sente scorrere nelle sue vene invece del sangue il potere.

Il potere che la fa sentire padrona delle proprie scelte, che l'ha resa assassina, che le fa tenere in pugno l'uomo più pericoloso che conosce – tutto nella stessa assurda notte.

Ed è quel potere che le fa avvertire una sensazione mai provata prima: eccitazione.

"Ricordo bene la nostra notte di nozze, mi hai detto che non mi avresti toccato a meno che io non ti avessi invitato nel mio letto. Ti sto invitando, adesso" replica, preferendo la risolutezza alla dolcezza. Ed è con la medesima decisione che inizia a spogliarlo a sua volta, soffermandosi con una curiosità malsana sulle macchie di sangue che risaltano sui vestiti. 

Prima che possa riuscire nel suo intento, all'improvviso lui le blocca le mani e, con una forza insospettabile (la stessa che ha sfoderato per sopraffare uno dei due intrusi), la trascina verso il letto fino a crollarle letteralmente addosso. 

"Non hai idea di cosa vuoi" le sussurra sulle sue labbra prima di catturarle con le proprie e riprendere nuovamente quel bacio in sospeso ancora da tentare e perfezionare.

Solo che stavolta le sue mani nel frattempo non restano inerti, ma al contrario la esplorano ovunque, tracciando il perimetro di tutta la sua pelle nuda e scoprendole del tutto i seni per afferrarli nei suoi palmi. Alicent resta ferma e, con gli occhi chiusi, trattiene qualsiasi reazione, perlomeno fino a quando non sente le dita di lui aprirle le gambe e insinuarsi senza difficoltà nella sua parte più intima. La accarezza, la esplora, si sofferma tra le sue gambe molto di più di quanto Viserys avesse mai fatto.

"Sei già bagnata" commenta lui senza nascondere il proprio compiacimento, infilandole un dito dentro completamente, "Oh, sei molto bagnata".

Nella sua odiosa ingenuità, Alicent non sa neanche cosa significa essere bagnate, e non è questo, del resto, il modo in cui si sente al momento: dentro di lei, nel suo ventre, non c'è acqua, solo un fuoco che richiede di essere spento, solo un vuoto che freme per essere colmato.

"Ed è una cosa buona bagnarsi?" non può fare a meno di chiedere mordendosi le labbra.

Lo sente fermare i suoi movimenti, ancor prima di ritrovarsi gli occhi di lui piantati nei propri, con quella impossibile intensità capace di inquietarla come poche altre cose al mondo. Sta quasi per scusarsi, timorosa di aver detto di qualcosa di sbagliato, quando lui la bacia ancora e ancora, facendo scivolare un secondo dito dentro di lei.

"È una cosa buonissima, Alicent, tu sei una cosa buonissima".

Poi si ferma all'improvviso e rotola via da lei, lasciandosi cadere con la schiena sul letto al suo fianco.

"Ricordo ancora altro di quella prima notte, mi hai chiesto come preferivo prendere una donna. Voglio mostrati la mia risposta, è così che voglio prendere te, voglio che sia tu ad avere il controllo".

Visto che non lo hai avuto mai, pensa, visto che sei così eccitante quando mostri il tuo potere – ma non dice nulla, la attira semplicemente a sé, vincendo la sua iniziale confusione e mostrandole esattamente cosa intende. 

"Come–?" 

Larys zittisce la sua domanda e la afferra per i fianchi e, una volta che è sopra di lui, il come Alicent lo capisce con naturalezza. È lei, con il suo corpo, a guidare i movimenti, a dettare il ritmo, a decidere quanto è fin dove accogliere l'intrusione. E, scopre con sorpresa, che ne vuole sempre di più, fino in fondo, che ciò che ha sempre percepito come una tortura è in realtà una strumento di piacere. Lo cavalca – non le viene in mente altro termine, sente che è quello giusto – fino a che lo sente rallentare dentro di lei e riempirla con il suo seme. Non riesce a trattenere un istintivo verso di disappunto mentre tuttavia sorride e torna a stendersi supina. Per una volta avrebbe voluto che quel dovere coniugale durasse di più, almeno un altro po', giusto il tempo di…

"Cosa stai facendo?"

Il filo dei suoi pensieri conflittuali viene interrotto quando sente Larys voltarsi su un fianco verso di lei e tornare a infilarle due dita dentro. 

"Shh, rilassati, Alicent".

Il movimento delle dita è esattamente quello di cui non sapeva di avere bisogno. Non ci vuole molto perché quel limite che sentiva di dover raggiungere arriva in un'ondata di piacere che le fa mozzare il respiro. È ingenua sotto certi aspetti, ignorante, ma le chiacchiere giovanili sono arrivate anche alle sue orecchie, quindi sa cosa le è appena successo, solo che pensava avvenisse soltanto nei bordelli.

Larys le mordicchia un orecchio. "Come ti senti?" le sussurra con una nota di soddisfazione perché la risposta si trova, in fondo, sulle sue dita e nell'urlo che lei non è proprio riuscita a trattenere.

E per la prima volta, tra le mille volte che ha ricevuto quella stessa domanda da Viserys, Alicent non mente nel sorridere e nel rispondere "Bene".

Viserys le dava un bacio sulla guancia e poi la guardava andare via; Larys invece la stringe a sé quasi con possesso e continua ad accarezzarla e baciarla con adorazione fino al sopraggiungere del sonno. Possesso. Finalmente Alicent capisce: se lui l'avesse presa la prima notte di nozze, non sarebbe mai stata del tutto sua, come lo è invece adesso – corpo, anima, mente, ogni cosa. Ci sono molti modi per possedere una donna, le aveva detto, e lui li ha usati tutti.
 

*

 

Quando apre gli occhi la mattina dopo, Larys teme quasi che sia stato un sogno. Avere Alicent era il vagheggiamento da ragazzino che aveva messo da parte e che aveva poi ripreso soltanto per ambizione, per rivalsa – o così si era detto. Era caduto per lei, lo ricordava benissimo, e aveva giurato di non avere più nessuna debolezza, nessuna fragilità, di diventare un agente del caos svincolato da qualsiasi intralcio sentimentale. Ha ucciso suo padre e suo fratello senza pensarci due volte, del resto.

Eppure, adesso, quando si volta e la vede addormentata al suo fianco, si sente un uomo debole, un uomo normale… e tremendamente felice. Soltanto la sera prima, per lei, ha per la prima volta rinunciato a un piano logico al solo scopo di proteggerla; era pronto a morire come un povero stronzo, come un idiota, come un comune essere umano… e la cosa peggiore è che sa che, tornando indietro, farebbe di nuovo la stessa cosa. Perché, in fondo, dietro ogni maschera, non ha mai voluto altro che questo: essere visto e accettato, essere voluto e desiderato… da lei, più che da chiunque altro.

Voleva niente meno dell'impossibile, insomma. Solo che l'impossibile adesso sembra a portata di mano, e ne è terrorizzato. Di perdere lei, di perdere se stesso.

Tuttavia, non fugge. Al contrario, si stringe di più ad Alicent, come se potessero togliergliela via da un momento all'altro, e fissa il soffitto, provando per una volta a non pensare più a niente.

 

*

 

Quando apre gli occhi la mattina dopo, Alicent sussulta nel vedere il volto di Larys che la fissa, ma presto lo spavento si scioglie in un accenno di sorriso quando ricorda. L'agguato fallito e i suoi nipoti al sicuro, il modo in cui Larys l'ha difesa e poi l'ha fatta godere. 

"Mi stavi fissando mentre dormivo?" domanda, con una leggera confusione, non proprio inquietudine, perché ormai si è iniziata ad abituare a tutte le sue stranezze.

Larys continua a fissarla e le accarezza lentamente i capelli. "Sembri così indifesa mentre dormi". Di nuovo, non la risposta che ci si aspetterebbe di solito, ma il tipo di risposte che lei ha imparato ad aspettarsi da lui.

Alicent si ritrae con gentilezza e si tira a sedere, pronta con la mente alla nuova giornata che l'attende, non perché vuole ma perché deve.

È una regina – il Concilio deve essere convocato, la protezione della sua famiglia migliorata, i coinvolti nell'attacco trovati e puniti.

È, ancor prima, una madre – deve andare subiti da Helaena, da Aegon, da Aemond, deve vederli uno ad uno con i suoi occhi per sapere che stanno bene.

Ma prima che possa posare i piedi per terra, qualcosa sul comodino accanto al letto attira la sua attenzione. Una tazza che la sera prima non c'era, e di cui, per istinto, indovina rapidamente il contenuto.

"È… tè della luna?" domanda con esitazione, tornando a guardare suo marito. 

Larys annuisce tranquillamente, come se fosse una cosa naturale, mettendosi a sedere a sua volta e iniziando a rivestirsi. "Il Concilio deve essere avvisato e le indagini devono partire al più presto. Per quanto sia stato piacevole trascorrere la notte insieme a te, abbiamo perso del tempo prezioso. Tuo padre sarà già a conoscenza di quanto successo e… Alicent, mi stai ascoltando?"

Quando torna a guardarla, la regina madre ha lo sguardo ancora fisso sulla tazza di tè, adesso stretta tra le sue mani.

"Perché vuoi che la prenda? Siamo sposati”.

Larys esita per un attimo, più per scegliere il modo migliore in cui porre la questione che per reale indecisione. "Quello che è successo stanotte non sarebbe stato sbagliato neanche se non fossimo stati sposati, Alicent. Ma siamo in guerra e tu hai già quattro figli di cui occuparti".

"Ma tu non hai eredi, dopo di te Harrenhal–"

"Non ho interesse ad avere figli, né alcuna inclinazione a diventare padre. E, quanto agli eredi…" si interrompere, per curvare le labbra con ironia "... come mi hai ricordato, Harrenhal sta cadendo nelle mani di Daemon Targaryen".

Alicent resta in silenzio, la sua confusione ancora più forte.

"Quindi tu vuoi che io–"

"No, io non voglio niente. Per me è indifferente, ti sto solo dando una possibilità di scegliere. Non devi avere un figlio solo perché devi, puoi scegliere".

Senza aggiungere altro, le dà le spalle e continua a sistemarsi, come se lei non fosse nella stanza, mentre lei continua a non capire. Tutto quello che pensava di sapere sul matrimonio si è sgretolato nel giro di una notte. Se il matrimonio non è solo dovere, non è concedere il proprio corpo per il solo piacere del marito e non è dare figli in salute, allora cosa è?

Si sente delusa, si sente confusa, e segretamente perfino a se stessa, si sente libera. Posa la tazza sul comodino, il tè ancora intatto. Ha odiato essere madre nei primi anni, quando era troppo bambina per capire come prendersi cura di loro, troppo fragile e troppo inesperta, eppure adesso essere madre è la sua definizione, la ragione della sua vita, il motivo della sua forza. Se può scegliere, cosa sceglierebbe?

Si alza in piedi e decide di non pensarci, può sempre bere il tè più tardi.

 
   
 
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