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Autore: J85    07/01/2023    0 recensioni
Quinto ed ultimo capitolo del pentagono di racconti con protagonista Sara Silvestri.
Nello specifico, si tratta di una mia personale rivisitazione del manga "Cyborg 009", in cui la storia è stata decisamente modificata.
Inoltre, questa storia a capitoli servirà ad esplorare il mio personale universo narrativo, sviluppato durante tutti questi anni di passione per tutti questi anni di scrittura e immaginazione.
Per uno strano scherzo del destino, nove persone, di varie nazionalità e professione, si ritrovano con la propria vita totalmente stravolta dall'essere stati trasformati in mutanti, ognuno con un suo potere specifico.
Ad aiutarli, arriverà proprio la nostra Sara che li addestrerà per affrontare al meglio l'organizzazione criminale nota come Spettro Bianco, in tutta una serie di avventure, compresi what if e crossover.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 12

Ritorno ad Atlantide”




Un bel picnic sul prato. Un’enorme tovaglia a scacchi bianchi e rossi tirata sull’erba verde della villa che, ormai da un bel po’ di mesi, ospitava i cosiddetti Humana.

“Chi vuole dei ravioli appena fatti?” domandò il Soggetto N. 6.

“Io passo. Oggi proprio non ho fame” rifiutò gentilmente il Soggetto N. 2.

“Io invece uno ne assaggio volentieri” si fece vicina il Soggetto N. 3 “Te ne vuoi uno, Igor?”.

“Sì, grazie” rispose timido il Soggetto N. 1.

“Io non rinuncio ai miei nachos!” ne sgranocchiava a gran quantità il Soggetto N. 7.

“E io al mio sandwich” gli fece eco il Soggetto N. 9, mentre addentava un tramezzino.

“Com’è che ti è venuta in mente questa idea del pic-nic, Sara?” chiese il Soggetto N. 4.

La sua connazionale gli rispose “Mi sembrava il minimo, soprattutto dopo le disavventure che sono capitate a te e a Johnny in terra messinese”.

Come loro solito, i Soggetto N. 5 e 8 non proferirono parola.


Rapido come un dardo appena scoccato, un uomo sfrecciava fendendo il vento. Quando si trovò a poco passi dal grande cancello in ferro della villa, senza frenare la sua corsa balzò in aria. Superate le cime appuntite dell’ostacolo atterrò con grazia. Con la medesima rapidità, ripartì verso il suo obiettivo.

La telepatia avvertì Igor Wansa del pericolo.

“Attenzione! C’è un intruso!”.

Gli altri fecero appena in tempo a voltarsi dove gli indicava il ragazzino, che l’avversario aveva già scagliato un calcio in pieno volto a Bernardo Borghi.

Con gran precisione, proiettò un pugno ravvicinato all’addome di Juna, lasciandolo senza fiato per poi, con due rapidi passetti laterali, colpire in calcio rovesciato la spalla destra di Jack Lincon.

“Ma quello è taekwondo, ne sono certo!” affermò Chang Yu stupefatto.

“Fermatelo!” ordinò urlando Sara.

Per l’appunto, la furia dello sconosciuto si andò a infrangere contro l’enorme massa muscolare di Geran Giunan.

Talmente forte era il dolore al suo pugno destro che non gridò nemmeno, limitandosi ad alzare lentamente lo sguardo verso quello alquanto minaccioso del suo avversario.

“Fermati o sparo!” intimò Andrea Alberti, con la mano destra già mutata in un’arma da fuoco.

Nel contempo, alle sue spalle era giunto Johnny Wayne, bloccandolo. Proprio da quella posizione, l’americano poté notare, oltre alla pelle incredibilmente chiara dell’aggressore, anche delle strane fessure presenti ai lati del suo collo.

“È un atlantideo!”.

“C-Cosa?” rimase esterrefatta la francese.

Di fatti, ora che il possibile nemico era inoffensivo, tutti poterono constatare che i suoi abiti rispecchiavano lo stile di quelli indossati dal popolo sottomarino.

“Dimmi, atlantideo” intervenne l’altra donna del gruppo “cosa sei venuto a fare qui da noi sulla terraferma?”.

Lui provò a divincolarsi per un’ultima volta dalla presa del biondo, poi parlò.

“Il mio nome è Song. Sono qui per ordine dell’imperatrice Nea”.

“E lei ti ha detto di attaccarci?” proseguì l’italiano.

“Non nello specifico. Ma mi ha detto di convincerci in ogni modo, sia con le buone che con le cattive”.

“E tu, per l’appunto, hai deciso per quest’ultime…” confermò l’inglese, mentre a fatica si stava rialzando massaggiandosi la testa.

“Non posso permettermi fallimenti”.

“Cosa vuole ancora da noi la tua imperatrice?” riprese la bionda.

“La pietra di Atlantide ha ripreso a brillare”.

Tutti i presenti si ammutolirono.

“E non poteva contattarci direttamente lei? Come fece l’ultima volta?”.

“Tutta Atlantide, in questo preciso momento, sta affrontando molteplici minacce. Dunque le comunicazioni, soprattutto verso l’esterno, sono alquanto problematiche” fece il punto della situazione Song.

Il pilota di Formula 1 parlò ancora alle sue spalle “Quindi dobbiamo ancora una volta venirvi a salvare il culo, se ho capito bene?”.

“Tutto quello che ha detto è vero” confermò serio il russo.

Tutti gli Humana rifletterono in silenzio.

“Allora che facciamo?” chiese infine Frédérique.

Per istinto, tutti si voltarono verso Sara.

“Prepariamo il sommergibile”.


“Ma voi vi fidate davvero di quel mostro?” domandò dubbioso il Soggetto N. 7.

“Onorevole Bernardo” intervenne il Soggetto N. 6 “tu parli così solo perché, poco fa, ti ha sconfitto subito”.

Nel ventre del sottomarino, tutti gli altri erano impegnati a tenere sott’occhio il progresso di immersione subacquea.

“Riesci a seguirlo bene, Sara? Vuoi che utilizzi la mia supervista?” le si fece vicina il Soggetto N. 3.

“Tranquilla, Frédérique.” rispose l’interessata “Finché rimane vicino allo scafo, riesco a visualizzarlo perfettamente”.

Nel frattempo, all’esterno del mezzo, Song nuotava rapido verso la sua città natale. Il suo corpo flessuoso tagliava con incredibile facilità le forti correnti sottomarine.

“Il suo stile di nuoto è davvero perfetto” constatò il Soggetto N. 8.

“Ci siamo, gente!” esclamò il Soggetto N. 4, mentre teneva gli occhi fissi sul radar di bordo.

Infatti, d’innanzi a loro fece la sua comparsa la maestosa struttura, a cerchi concentrici e protetta dalla cupola magica, della città di Atlantide. Nello stesso tempo, tutti si accorsero dell’aria più cupa con cui questa volta si presentava a loro.

Tanto che il Soggetto N. 9 si fece sfuggire un “Certo, sembra aver conosciuto giorni migliori”.

“Preparatevi all’abbordaggio!” ordinò Silvestri.


Ultimate le procedure di ancoraggio, tutto l’equipaggio poté finalmente sbarcare sul fondale marino.

Nel grande spiazzo del Porto Grande, oltre all’ormai noto Song, ad attenderli vi era anche Manstar, il capo delle guardie atlantidee.

“È un piacere rivederti, Manstar” salutò Sara.

“Il piacere è reciproco, Silvestri” ricambiò il saluto “Mi dispiace che sia per una nuova minaccia alla nostra Atlantide”.

“Di che si tratta questa volta?” domandò Bernardo.

“Di ciò ve ne parlerà direttamente la nostra imperatrice” dicendo ciò, indicò con la mano una direzione, abbassando nel contempo il capo in segno di rispetto.

Scortata da una decina di soldati, l’imperatrice Nea fece la sua comparsa di fronte ai nove mutanti e alla terrestre.

“Benvenuti, miei valorosi Humana” esordì la donna mulatta “non so davvero come dimostrarvi quanto vi sia grata per aver risposto al mio appello d’aiuto”.

“Dunque è vero che la pietra di Atlantide ha ripreso a brillare?” chiese teso Johnny.

L'atlantidea replicò mostrando ai presenti il ciondolo a cui, tramite una catenina dorata, era appeso il rombo azzurro. Come premesso, il pendolo iniziò a brillare di una luce intensa e, con essa, la terra iniziò a tremare.

“Si comincia!” urlò Andrea, pronto all’azione.

Nel giro di pochi minuti, il suolo vicino a loro si squarciò, facendo finire tutti quanti con il sedere per terra.

Mentre Chang si lamentava per il dolore al suo fondoschiena, lo sguardo di Juna si riempì di terrore, mentre indicava la voragine appena creatasi.

“Che cos’è quello?”.

Dal buio sotterraneo iniziò ad emergere un gigantesco groviglio di tentacoli grigi.

Frédérique aguzzò la vista “S-Sembra… sembra un’enorme piovra!”.

La creatura era ora totalmente emersa dagli abissi.

Il Soggetto N. 9 si avvicinò fulmineo a Sara “E ora che si fa?”.

“Oddio…” si lamentò Igor.

“Che succede, Igor?” domandò la bionda.

“S-Sembra assurdo ma… insomma, qualcosa mi dice che quel mostro, proviene dal polo sud” informò gli altri il Soggetto N. 1.

“Cosa?! E che ci sta a fare qui?” sbottò il Soggetto N. 7.

“Dalle mie parti” intervenne Soggetto N. 6 “quei cosi li chiamiamo kaiju”.

Emettendo il classico urlo di battaglia della sua tribù, il Soggetto N. 5 partì alla carica della bestia.

Con la furia degna della miglior tempesta, Geran scagliò un pugno devastante contro il tentacolo a lui più vicino. Nel giro di un attimo, l’indiano, con espressione stupefatta e dolorosa, si teneva stretta la mano bisbigliando “È come pietra”.

Nel frattempo, Jack aveva già spiccato il volo “Che succede, Giunan? Tutto bene?”.

“Attenti!” gridò terrorizzata la francese.

L’enorme mollusco, come tutti gli animali della sua specie, aveva preso a salire fluttuando e dandosi dei colpi con i tentacoli quando, proprio da essi, partirono degli strani raggi gialli d’energia.

“Mettetevi al riparo!” urlò il cinese mentre, seppur in maniera goffa, evitava di essere colpito.

Tutti i presenti seguirono quel prezioso consiglio, mentre la creatura si allontanava in direzione della superficie.

“Che diavolo era quello?” sbottò lo zairese rivolgendosi un po’ a tutti e un po’ a nessuno.

Per tutta risposta, un ruggito rombò nell’aria sottomarina.

“Veniva dallo stadio per le corse dei cavalli!” informò gli altri l’americano appena prima di sparire nel nulla.


In un baleno, il tizio in rosso e giallo giunse in loco per trovarsi davanti un’altra assurda creatura: un'enorme tigre dai denti a sciabola. Quest’ultima, come se giocasse con un innocuo gomitolo di lana, spazzò via alcune delle abitazioni, fortunatamente già evacuate.

Nel giro di pochi minuti, sopraggiunse anche il resto del gruppo, con Chang Yu irrimediabilmente ultimo.

“Ok gente” l’italiana prese il comando “questa volta dobbiamo organizzarci per bene: Igor, che mi sai dire di questa bestia?”.

“Sembra che abbia seguito un veicolo spaziale giunto sulla terra un milione di anni fa” rispose il russo.

“Sempre più assurdo…” riprese la bionda “Andrea, vedi se riesci a colpirlo con qualcosa”.

“Ricevuto!” ribatté il suo connazionale.

La sua mano destra mutò forma in quella che, a tutti gli effetti, pareva una 44 Magnum.

“Magnum di granito” la presentò il militare mentre sparava dei proiettili di roccia.

“Manstar! Song!” Nea richiamò a sé i suoi due sudditi “Voi occupatevi delle persone, nessun atlantideo deve perire in questa battaglia!”.

I due risposero affermativamente a tale comando.

Il velocista compiva un largo cerchio attorno al nemico “Sembra che vadano a segno solo i colpi al muso!”.

Difatti, in tutto il resto del corpo tigrato del felino, le pallottole parevano rimbalzare senza colpo infierire.

“Benissimo!” esultò Sara “Allora continuate a mirare alla testa!”.

Frédérique Arone lo colpì esattamente al centro del naso, provocandogli una smorfia di dolore.

“Che sia anche questo un esperimento dello Spettro Bianco?” si domandò Jack Lincon.

“Non lo so!” replicò Bernardo Borghi “So solo che neanche a me verrebbe in mente di trasformarmi in qualcosa del genere!”.

La battaglia procedeva a favore degli umani. Questa volta sembravano avere la meglio, seppur riuscivano a fatica ad evitare le zampate della tigre.

“Fortuna che ho le munizioni infinite” pensò tra sé Andrea Alberti “questo bastardo pare proprio non volersi arrendere”.

Con il muso sempre più sanguinante, la creatura si acquattò, emettendo un nuovo ruggito di dolore.

“Ed ora che vuol fare?” strabuzzò gli occhi il messicano.

Caricandosi completamente sui muscoli delle zampe posteriori, il felino balzò verso l’alto.

“Anche lui sta emergendo!” urlò infuriato lo statunitense.

“Mia signora” le si fece vicino Manstar “com’è possibile che anch’essa riesca a superare così facilmente la nostra cupola magica?”.

“Ne sono stupefatta anch’io, mio fedele Manstar” anche Nea, come gli altri, aveva lo sguardo fisso verso l’alto “Il potere della Pietra di Atlantide si sta rivelando sempre più assurdo e incontrollabile”.

Un nuovo grido animalesco, questa volta più stridulo e proveniente dal centro città, fece voltare tutti i presenti.

“Un altro ancora?!” sbraitò Johnny.

“Ma quanti ce ne sono?!” gli fece eco Bernardo.

“In più, dobbiamo occuparci di quelli saliti in superficie” ricordò Chang.

“Controlliamo questa nuova minaccia e poi decidiamo come dividerci!” sentenziò Silvestri.


Giunti nella sezione centrale della capitale, incredibilmente gli Humana non notarono nulla di strano.

“Frédérique!” chiamò Sara “Controlla con la tua vista!”.

Ma la francese non fece nemmeno in tempo che, dal fitto Bosco di Poseidone, si alzò un enorme pterodattilo marrone, spalancando le sue ampie ali.

“Questa volta devo cercare di replicarlo!” si diede coraggio il mutaforma.

La sua versione però, alla fine, risultò più piccola e pallida dell’originale. Quest’ultima parve incuriosita dalla comparsa di quel suo misero sosia che, per tutta risposta, emise un ridicolo gracchiare di corvo.

“Strano… non mi sembra di percepire ostilità da parte sua…” borbottò Igor.

Il dinosauro tirò nuovamente indietro la testa, rilasciò un altro grido e aprì totalmente le ali.

“Sta per spiccare il volo!” sentenziò l’africano che, come se stesse in mare aperto, iniziò a nuotare nell’aria.

La cosa fu ancora più assurda visto che, la stessa cupola arcana che doveva agire a protezione di Atlantide, serviva anche a bloccare l’acqua, come fosse una diga semicircolare.

“Manstar, seguilo!” ordinò Nea.

L’atlantideo obbedì al comando della sua sovrana e anche lui, incredibilmente, si mise ad effettuare rapide bracciate su di un’acqua invisibile.

Sara, per non essere da meno, impartì a sua volta degli ordini al suo gruppo “Svelti! Dobbiamo raggiungere il prima possibile la superficie!”.

Nel mentre, i due nuotatori riuscirono appena in tempo ad afferrare la creatura per la sua lunga coda squamosa.

“Reggiti forte!” urlò il mutante.

“Anche tu!” replicò Manstar.

Lo pterodattilo, che aveva ora chiuso le sue ali per assumere una formazione più aerodinamica, sfrecciava come un razzo verso la terra ferma. Appena riemerso tra mille spruzzi, spalancò totalmente le sue appendici e, mentre si librava in volo, diede un forte colpo di coda per scrollarsi via i due indesiderati ospiti.

Per somma fortuna, l’acqua oceanica attutì la loro caduta.


Nel frattempo, il sottomarino degli Humana si era rimesso in moto. Solo il Soggetto N. 2 preferì rimanerne fuori, utilizzando il suo controllo sulla gravità per emulare l’enorme creatura. La stessa cosa fece un impacciato Soggetto N. 7.

“Sono finiti entrambi in mare!” comunicò il Soggetto N. 3.

“Aumentiamo la potenza!” ordinò Sara “E cerchiamo di non prenderli in pieno…”.

“Ricevuto!” rispose il Soggetto N. 4.


Nel giro di pochi minuti, il mezzo fece capolino dalla superficie acquosa. Appena notatolo, i due in acqua lo raggiunsero con poche bracciate. Intanto, anche gli altri due esseri volanti schizzarono fuori.

Una volta stabilizzatosi il sommergibile, gli Humana al suo interno uscirono fuori per dare soccorso ai due uomini in mare e poter meglio controllare la situazione. I tre kaiju furono facilmente riconoscibili, ma non erano soli…

“Oddio! Cosa sono quei tre cosi là?” indicò spaventato il Soggetto N. 1.


Tre robot giganteschi comparvero all’orizzonte:

Soldato di Ferro Alpha (il colore predominante era il rosso e il bianco nelle giunture; con la corporatura esile; in testa presentava come un casco da motociclista, compreso il vetro paraocchi; alla mano sinistra impugnava una pistola laser, mentre nel braccio destro aveva fissato uno scudo con, al centro, il disegno di una stella a cinque punte; al centro del petto aveva la lettere greca che lo contraddistingueva);

Soldato di Ferro Beta (il colore predominante era il blu e il bianco nelle giunture; sulle spalle aveva come degli ornamenti da generale gialli, marchiati con la sua lettera greca di riferimento, che tenevano attaccato un mantello bianco; l’elmo che aveva in testa rendeva visibili solo gli occhi robotici; nella mano destra impugnava una spada; alla vita aveva come una cintura rossa);

E Soldato di Ferro Gamma (il colore predominante era il verde; il viso pareva come un enorme display bianco; all’articolazione delle spalle aveva dei dischi gialli con la lettere greca che lo rappresentava; tutta la sua corporatura robotica presentava degli imponenti muscoli metallici; le gambe erano nere).


“Sembrano dei veri e propri robottoni! Come quelli degli anime!” rispose un esterrefatto Soggetto N. 9.

“Signori state indietro! I Soldati di Ferro stanno per entrare in azione!”.

A parlare fu una ragazza dai tratti somatici asiatici, vestita con una particolare tuta aderente rosa, appena uscita da uno strambo e compatto aerovelivolo giallo, che ora fluttuava a mezz’aria vicino al sottomarino.

“Tu chi sei?” domandò con poco garbo il Soggetto N. 4.

“Mi chiamo Michiru Makunoichi, faccio anch’io parte dei Soldati di Ferro” la nuova arrivata iniziò a fissarli preoccupata “e voi perché siete vestiti così? Cos’è? Una specie di festa in maschera? Dentro un sommergibile?”.

Il russo le si fece vicino “Ma quei robot… sono veri?”.

“Certo!” gli rispose entusiasta la giovane “Prima di entrare in combattimento, li abbiamo sottoposti ad innumerevoli test. Sono efficienti e garantiscono il massimo della sicurezza!”

“Ma da dove venite?” scese planando il britannico.

“Siamo tutti e quattro degli studenti dell’Istituto Shiroiwa”.

“Di nuovo quella scuola giapponese…” pensò sorpreso l’americano.


Una volta fatta la loro apparizione, i tre robottoni entrarono in azione.

Soldato di Ferro Alpha fu immediatamente attaccato dallo smilodonte. Con un gesto repentino, fece giusto in tempo a ripararsi con il suo scudo scarlatto.

Finito con la schiena a terra riuscì, dopo un’impegnativa prova di forza con la bestia, a scaraventarlo via.

Appena la tigre fu atterrata, il robot rosso era di nuovo in piedi. Quest’ultimo, mentre l’animale gigantesco stava ripartendo all’assalto, prese accuratamente la mira con la sua pistola e sparò un colpo. La fronte del felino fu perforata esattamente al centro e il quadrupede cadde esanime al suolo. La caduta provocò una potente scossa al terreno.


Soldato di Ferro Beta si avventò subito sullo pterodattilo, che si era momentaneamente poggiato sulla terra ferma. Il volatile, appena vide il nemico avvicinarsi, si librò in aria. O almeno tentò di farlo, visto che il robot blu, con abile mossa, si staccò il mantello dalle spalle e ci acchiappò al volo il dinosauro.

Rischiando nel contempo di spiccare il volo egli stesso, riuscì comunque a sguainare la spada e, lasciando la presa dal mantello, a tagliare di netto la coda del mostro. Questi, come vittima di un colpo mortale, smise di sfidare la gravità e precipitò senza vita. Altra scossa al terreno.


Soldato di Ferro Gamma pareva totalmente immobile di fronte al mollusco gargantuesco. Tale attesa infinita fece come infuriare il polpo indistruttibile che, stufo, allungò i suoi tentacoli in direzione di quella curiosa preda. Il robot verde attese fino all’ultimo finché, con abile gioco di gambe, evitò i tentacoli a lui più vicini per poi andare a colpire, con un singolo pugno, il becco del polipo.

La creatura si afflosciò come un sacchetto di plastica vuoto, mentre l’altro ne uscì tranquillamente indenne.


Questi tre scontri furono seguiti ad occhi e bocche spalancate dagli Humana. Con loro, vi era sempre la ragazza a bordo della piccola astronave gialla.

“Come hai detto che si chiamano quei piloti?” domandò Chang.

“Sai… Non l’ho affatto detto!” replicò Michiru.

“Che simpatica… oltre che maleducata” l’apostrofò Jack.

“Se volete, potete venire a parlare con loro, tanto la missione direi che sia decisamente conclusa”.

“Che ne pensi, Sara?” chiese Igor.

“Non credo ci sia nulla di male. E poi, può essere l’occasione giusta per farsi dei potenziali nuovi alleati…”.

“Ciò è saggio” assentì Geran.

“Nel dubbio, teniamoci pronti a tutto” sussurrò appena Andrea a Johnny.


Mentre gli uomini in rosso e giallo scendevano sulla riva, dal mare aperto emergeva una delegazione atlantidea, guidata dalla stessa imperatrice Nea.

“Sono lieta che Manstar stia bene” esclamò la sovrana a Song.

“Fortunatamente” replicò lui.


Avvicinatisi tutti, seppur con un po’ di timore, ai tre enormi androidi, si accorsero che dai loro giganteschi piedi si aprirono delle porte a scomparsa. Da esse, uscirono i tre responsabili dei Soldati di Ferro. Tutti e tre avevano il proprio vestiario da battaglia in tinta con i robot. Alle presentazioni ci pensò la quarta pilota.

Hayao Esaki, pilota del Soldato di Ferro Alpha, si presentava con i capelli scuri leggermente spettinati e, a fargli come da scudo davanti agli occhi, un paio di occhiali da sole.

Shiro Nakazato, pilota del Soldato di Ferro Beta, si presentava con capelli castani, tirati in su con parecchio gel, e un naso aquilino.

Eiji Komura, pilota del Soldato di Ferro Gamma, si presentava con una folta chioma di capelli castani ed un hachimaki legato sulla fronte.


Per qualche minuto, come se fossero tutti preda dell’emozione, nessuno proferì parola, tantomeno il Soggetto N. 5.

Sorprendentemente, fu il Soggetto N. 8 ad esordire “Grazie per averci liberato da quei mostri. Personalmente, nonostante fossi in mare aperto, mi ero ormai visto spacciato”.

I tre sorrisero soddisfatti. Poi prese la parola quello vestito di blu.

“Sebbene, ovviamente solo all’inizio, in noi risultava della recalcitranza a salire sui nostri Soldati di Ferro, un pochino di emozione era tuttavia presente, nonostante tutta la vicenda si sia risolta in modo alquanto ganzo. Di certo abbiamo buggerato quelle orride creature, financo ad annientarle completamente”.

Il silenzio ripiombò rapido su tutti i presenti.

“Ma come cazzo parla questo qua?” pensò allibito il Soggetto N. 9.

“Siete un’organizzazione militare?” fu il quesito del Soggetto N. 4.

“Oddio ci manca anche quella…” ironizzò il ragazzo in rosso.

“Assolutamente no” proseguì quello in verde “Anche se io faccio parte dei club maschili di calcio e Kenpo”.

Per dimostrare ciò, in un batter d’occhio si mise in guardia e sferrò un calcio al Soggetto N. 7.

“Bel colpo!” si complimentò il Soggetto N. 6.

“Confermo” esclamò Song.

Intanto, l’indiano aiutò il messicano a rimettersi in piedi “Ma quale bel colpo? È già il secondo calcio che mi becco oggi!”.

Nea chiese la parola “Approfitto per porgervi i miei ringraziamenti e le mie congratulazioni per aver eliminato definitivamente quel trio di mostri che hanno minacciato così ferocemente Atlantide”.

I tre studenti furono sorpresi.

“Atlantide?” chiese il ragazzo con gli occhiali da sole.

“Seriamente?” gli fece eco il ragazzo con l’hachimaki.

“Signora, queste sue splendide parole sono, per noi, foriere di grande orgoglio” esclamò con un inchino il terzo “V’è dunque verità in coloro che proseguono nell’affermare, convinti, l’attuale esistenza della leggendaria città che risponde al nome di Atlantide?”.

“Ecco…” tentò di rispondere la francese “è una storia lunga…”.

“E non vorremo annoiarvi con eccessive verbosità” sfoderò il suo linguaggio forbito l’inglese.

“Tutt’altro!” insistette Shiro.

“Piuttosto” s’inserì l’americano “Mi spiegate perché non siete le prime persone strambe che sento provenire da questo Istituto Shiroiwa?”.

“È una storia lunga anche quella…” replicò Hayao.

“Comunque, complimenti per quell’head shot di prima!” asserì l’italiano.

Il giovane fece un cenno del capo come ringraziamento per quelle lodi.

“Dunque sei anche tu una pilota di quei cosi?” s’interessò Sara Silvestri.

“Affermativo!” disse fiera Michiru, accompagnando il tutto con un bel sorriso.

Manstar sussurrò all’orecchio della propria sovrana “Imperatrice, credo che per noi sia giunto il momento di rientrare”.

“Giusto” sussurrò la donna con il caschetto di capelli neri.

Come vige nell’etichetta di ogni sovrano sulla superficie terrestre, Nea si congedò con un solenne saluto generale, aggiungendo ulteriori apprezzamenti per i suoi salvatori, sia umani che mutanti.


Mentre anche fra gli Humana e i Soldati di Ferro si stavano svolgendo i saluti di commiato, il piccolo russo si accorse che i Kaiju erano misteriosamente spariti nel nulla.


Negli abissi più reconditi degli oceani, dove l’acqua smette di avere il suo colore bluastro e tutto è tenebra, riposava esanime un’enorme creatura. Delle bolle d’aria iniziarono ad uscire dalle sue fauci semiaperte. Qualche istante dopo, le sue palpebre squamose si aprirono. Gozuki si era risvegliato.

  
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