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Autore: Ephram    12/01/2023    0 recensioni
Un mondo segnato. Un viaggio lontano milioni di chilometri sta per segnare il futuro incerto di due ragazzi figli di quel mondo.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo era così oscuro e la terra così bianca da farmi sentire come se stessi guardando un paesaggio alieno.
Dopotutto era il periodo più buio dell'anno.
Nonostante fossero solo le 14.30 di pomeriggio era ancora notte fonda, e lo sarebbe stata fino al solstizio d'inverno quando le giornate finalmente avrebbero ripreso ad allungarsi.
Così appariva il paesaggio da casa mia, circondata da un lato dall'aperta campagna e dall'altro dalla foresta di conifere.
Mi chiamo Veronica Stevenson, avevo diciotto anni, lunghi capelli castani ondulati sempre raccolti in una treccia e l'aspetto di una ragazza tipicamente esile, un po troppo bassa e coperta di lentiggini.
Ero di origini finandesi, ma la mia famiglia si era trasferita in Estonia circa un anno e mezzo fa, quando la quiete del mio paese era stata turbata per sempre dall'avanzata da est di un paese straniero in una guerra durata poche settimane con migliaia di vittime e un cambio di bandiera.
L'Estonia alla pari della Finlandia era una nazione dal clima rigido e circondata dalle foreste, più oggi che in passato dal momento che la popolazione era drasticamente diminuita rispetto al 2030.
Se voi viveste a Tallinn, la capitale dell'Estonia, dall'altra parte del Mar Baltico coperto dalla banchisa potreste vedere le luci della capitale finlandese di Helsinki.
Indossai un un cappotto invernale, poi un berretto in lana grigia e una sciarpa, quindi uscii nella notte polare.
Le luci della mia casa si spensero automaticamente dal momento che i sensori non rilevavano più nessun movimento.
Camminando nelle neve alta fino alle ginocchia con il fiato che mi si condensava in nuvolette di vapore cristallino mi avvisi immezzo alla prateria innevata.
Qui la neve a causa delle temperature estremamente basse aveva formato una crosta ghiacciata che riusciva a reggere tranquillamente il mio peso senza farmi sprofondare.
Faceva davvero freddo.
Alte nel cielo le stelle erano così nitide e allo stesso tempo così remote che era impossibile non perdersi con lo sguardo in quella fredda eternità dove il tempo non esisteva.
Accanto ad Orione il fuoco celeste di Sirius brillava vivido. Adoravo quella stella.
Passavo una buona parte del mio tempo solitario ad ammirare il firmamento. Mi faceva dimenticare ciò che avevo perduto, anche se solo per poco tempo.
Un breve lampo illuminò il cielo per un istante per poi dissolversi in un centinaio di piccole scintille.
Sicuramente non una stella cadente, probabilmente l'ennesimo frammento di un satellite abbattuto anni prima.
Alcuni anni fa con un test atomico nello spazio la Corea aveva distrutto oltre metà della rete satellitare globale, accidentalmente oppure no, un EMP, impulso elettromagnetico aveva disattivato migliaia di satelliti che a loro volta erano andati fuori controllo collidendo con altri satelliti generando milioni di frammenti, schegge impazzite che a loro volta avevano formato una nube di rottami e detriti collidendo con altri satelliti in una reazione a catena.
Il test nucleare aveva generato spettacolari aurore boreali sopra i cieli dell'Oceano Pacifico.
Per molti mesi i detriti e ciò che rimaneva dei satelliti avevano illuminato il giorno e la notte di tutto il mondo sottoforma di strisce luminose simili ad una pioggia di stelle cadenti.
Cadevano ancora oggi ma con una frequenza minore, buona parte della nuvola di detriti si era o dispersa nello spazio aperto oppure si era consumata nell'atmosfera.
Il mondo da diversi decenni sembrava si stesse preparando per una nuova guerra.
Tutti lo sapevano, nessuno ne parlava.
Nel frattempo una grande era di competizione e rivendicazioni spaziali tra le grandi potenze era in corso.

Dopo essere giunta vicino al bordo della foresta di conifere il cui tratto divideva la zona in cui abitavo dal paese accanto, accesi la torcia e mi inoltrati nell'oscurità all'interno della foresta seguendo la strada che solitamente percorrevo a piedi ora ricoperta da un ginocchio di neve.
Potevo riconoscerla solo dalle impronte che avevo lasciato le volte precedenti e sicuramente il disgelo non sarebbe iniziato prima di maggio.
Lo scricchiolio della neve ghiacciata ad ogni mio passo rompeva il silenzio ad ogni mio passo. Era buio pesto e l'aria gelida mi pungeva la pelle del viso. Dovevo coprirmi di più prima di uscire.
Stranamente mi vennero in mente i ricordi di quando ero bambina, quando sulle colline vicino a casa mia in Finlandia io e i miei amici scendevamo a tutta velocità in slitta fino a fondovalle tra grida, spruzzate di neve polverosa e freddi cieli blu quasi stellati, quando le giornate invernali diventavano sempre più brevi.
Periodi spensierati, anche se più di una volta sono rimasta a letto con trentotto di febbre.
Erano begli anni. I miei occhi si appannarono di nostalgia.
Scossi la testa cercando di tornare al presente e inspirai una boccata di aria gelida e finalmente dopo un po che camminavo iniziai a intravedere in lontananza tra le chiome degli alberi le prime luci del paese vicino quando ad un tratto sentii un fruscio.
Mi bloccai. Paura.
Diressi la torcia del mio cellulare nella direzione dalla quale mi era sembrato di sentirlo, non molto lontano da me, accucciato sul ramo di un abete vidi prima la coda grossa poi il resto del corpo grigio scuro di un grosso gatto selvatico.
I suoi occhi riflettevano la luce della torcia del mio cellulare come due lampadine verdi al neon.
-Mi hai fatto prendere un colpo.- sussurrai.
Ripresi a camminare verso il bordo della restante porzione di foresta, nonostante i guanti iniziavo a non sentirmi già più le dita.

Quando attraversai la carreggiata della strada che divideva la foresta dal paesino di Toja mi sentii più al sicuro.
La foresta innevata era un posto stupendo quando durante l'inverno non subentrava ancora la notte polare, soprattutto con la neve, ma al contrario quando scendeva l'oscurità diventava un posto davvero inquietante.
Branchi di lupi erano diffusi in Estonia quanto in Finlandia.
Ciò nonostante la percorrevo ugualmente in quanto era la strada più breve per arrivare in paese.
Toja era un paesino mezzo disabitato dove abitava un mio amico di nome Masha Tula, un mio compagno di scuola di un paio di anni più grande di me che era diventato recentemente famoso per essere stato selezionato per il Programma Spaziale Baltico assieme ad altri cinque membri per la prima missione umana su Ganymede, la più grande luna di Giove.
Circa un decennio fa era iniziata una seconda corsa alla Luna da parte della Repubblica Popolare Cinese per i primi insediamenti umani a scopo di estrazione mineraria.
Era seguito l'arrivo della prima missione umana da parte di Spacex su Marte con la creazione di un insediamento umano autosufficiente.
Negli ultimi anni ricerche avevano dimostrato che le persone più giovani avevano una maggiore tolleranza e capacità di ripresa all'estremamente ostile ambiente spaziale che includeva bassa o totale assenza di gravità che causava osteoporosi ossea, elevati livelli di radiazioni e sopportazione psicologica.
Era recentemente partito un sorteggio che aveva selezionato due candidati civili tra le nazioni del Blocco Baltico di età compresa tra i 19 e i 35 anni in base a prestazioni fisiche, competenze ecc
Sarebbero seguiti tre mesi di addestramento al Centro Spaziale di Tallin con altri membri dell'equipaggio più esperti per poi essere imbarcati da uno spazioporto vicino verso la nave spaziale assemblata in orbita, in questi ultimi due anni, dopo una definitiva certezza che la nube di detriti causata dal test coreano non rappresentava più un rischio.

Le strade di Toja erano coperte da una spessa patina di ghiaccio dove appena un giorno prima la pioggia caduta per appena un ora si era congelata a terra.
Fortuna che indossavo scarponi antiscivolo.
La casa di Masha era appena due due isolati più avanti dopo un paio di case abbandonate.
Molti temendo l'arrivo della guerra anche in Estonia se ne erano andati volontariamente, ma in realtà il problema principale di questo paese come in buona parte del mondo era che da decenni era in corso un grande crollo demografico.
Superai ridendo due ragazzi che pieni di inventiva avevano improvvisato una partita ad hockey sulla strada coperta di ghiaccio con tanto di mazze e pattini da palaghiaccio.
Finalmente raggiunsi casa di Masha.
Mi venne ad aprire sua madre, una donna che non si faceva vedere in giro troppo spesso, non molto alta e piuttosto gentile.
Mi fece accomodare nel loro piccolo salotto, dove il padre di Masha russava davanti al televisore.
Pochi istanti dopo sentii Masha scendere le scale in legno che scricchiolavano sotto i suoi piedi, vide il padre dormire e mi fece segno di parlare sottovoce.
-Ciao..come stai?- gli chiesi.
-Ammetto che non riesco a dormire sonni tranquilli- confessò lui appoggiandosi alla parete, -dopotutto mi conosci bene, sai come sono fatto.-
-Si lo immaginavo, se vuoi possiamo parlare di altro.- dissi.
-In verità avrei proprio bisogno di distrarmi, ti va di fare due passi?-
-Certo, volentieri. Ti aspetto.-
-Ok, mi preparo. Ci metterò un istante.- salì in camera a prepararsi.

Masha era un tipo piuttosto originale, sempre sulle sue, ma che se ti prendeva in simpatia non ti mollava più.
Alto un metro e ottanta occhi di ghiaccio, corti capelli color rame, e molto magro. Anzi un fisico atletico.
Ci eravamo conosciuti poco dopo il mio arrivo in Finlandia, da allora eravamo diventati inseparabili, ogni tanto lui veniva a trovarmi a casa mia e viceversa a turno.
Probabilmente perché anche lui era migrato da est anni prima.
Mi tirai su la cerniera della giacca fino al bordo, il freddo quel pomeriggio si stava davvero facendo sentire, ma era un toccasana per le persone piene di pensieri. Ci riportava alla realtà.
La neve ghiacciata riprese a scricchiolare sotto i nostri passi mentre tornavamo a dirigerci verso un'altra zona della foresta innevata.
-Dove stiamo andando di preciso?- chiesi incuriosita.
-In un posto in cui vado a pensare e poi sentirmi in pace con me stesso. Magari ti piacerà e prenderai anche tu l'abitudine di venirci.- mi spiegò.
-Vediamo.-
-Ancora non ci posso credere che tra tutti quelli che c'erano in giro abbiano scelto proprio me.- si lamentò lui cambiando argomento.
-Puoi sempre rifiutare.- dissi io.
-Rifiutare un ordine governativo in piena Seconda Guerra Fredda è quasi una diserzione di questi tempi.- disse lui, -gli altri non mi guarderebbero più come prima.-
-Quanto durerà questo viaggio su Ganymede?-
-In totale due anni, tra andata e ritorno.-
-Accidenti.- ero sorpresa, mi aspettavo al massimo un anno.
-Le sonde che hanno mandato lassù hanno scoperto dei geyser di acqua liquida sulla superficie di Ganymede. Questo indica che sotto la superficie glaciale esiste un oceano riscaldato dall'attività geotermica.
Vogliono accedervi in un area dove la superficie hanno scoperto essere più sottile, rivendicando il primato della scoperta e i diritti.- spiegò Masha.
-Più o meno come hanno fatto con Marte e la Luna.- conclusi.
-Esattamente, con la differenza che questo viaggio spaziale è ulteriormente più lontano di Marte.- disse lui.
Accendemmo le torce e ci avviammo all'interno della foresta innevata.
-Attenta a non cadere, ogni tanto ci sono dei rami che sporgono dalla neve.-
-Ok.-
La strada coperta di neve si fece stretta e fummo costretti a camminare l'uno davanti all'altra.
-Questo posto è un po strano per sentirsi in pace.- ironizzai.
-Aspetta e vedrai, e comunque voi finlandesi non vivete sommersi dalle foreste?- chiese lui.
Questa frase mi fece venire una fitta di nostalgia.
-Dipende dal posto.- tagliai lì.
Continuando a camminare per mezz'ora addentrandoci sempre più in prigione nel buio e nel gelo della foresta immersa nell'inverno.
In lontano iniziai a sentire lo scroscio di una cascata.
Ricordavo che qui vicino scorreva un grosso torrente, tuttavia non mi ero mai realmente interessata dove portasse da quando ero arrivata.
Ci stavamo avvicinando, il rumore si faceva più forte.
Poco dopo arrivammo nei pressi di un laghetto dove una cascata alta circa un paio di metri, in parte coperta di ghiaccio e neve si riversava scrosciando.
Anche il lago di colore scuro come la notte era coperto da spesse lastre di ghiaccio galleggianti.
-Non conoscevo questo posto.- mi fermai sul bordo.
-Io l'ho scoperto anni fa poco dopo essere arrivato qui,- disse Masha - d'estate si può anche fare il bagno ma l'acqua è comunque freddissima.-
-Non è male, anzi. La prossima estate potremmo venire qui a farci il..- la frase si esaurì sul nascere.
Entro la prossima estate lui sarebbe stato lontano milioni di chilometri nell'abisso del firmamento in viaggio verso Ganymede.
-Sapere che queste potrebbero essere le ultime volte che vedrò questi posti, almeno per i prossimi due anni mi fa venire un nodo alla gola.- disse Masha
Rimasi in silenzio, non sapendo cosa rispondere.
Pure lui nella luce della torcia sembrava guardarmi in modo diverso.
Dopotutto ci si rende conto di ciò che è importante solo quando si rischia di perderlo.
Lo scrosciare della cascata faceva da sfondo a tutto ciò.
-Non sarai solo lassù.- cercai di consolarlo -sicuramente vedrai cose che noi quaggiù nemmeno ci sognamo di immaginare.-
-Questo lo so- mi rispose -ma per me resteranno sempre degli estranei. Ammetto che da un lato questa avventura mi eccita, oltre a farmi una paura del diavolo.-
Mentre parlava, guardai stranamente il vapore del suo fiato che si condensava in nuvolette di vapore nel freddo invernale.
-Almeno spero di sapere qualcosa di te quando sarai lassù.-
-Credo che un modo di comunicare tramite Video messaggio ci sia. Anche se non ne so molto.- spiegò lui -più saremmo lontani più il divario di tempo tra un messaggio di andata e ritorno aumenterà.-
-Sicuramente non è il caso di fare una diretta.- risi anche se stranamente sentivo uno strano peso allo stomaco dentro di me.
-Questo sicuramente - sorrise Masha ma con lo sguardo quasi perso -ma stare due anni senza vederti..-
-Quando tornerai sarò ancora qui, ammesso che la guerra non dilaghi anche in questo paese.- dissi guardandolo seriamente -non preoccuparti di questo.-
-Non è questo che intendevo.- disse lui, guardandomi seriamente.
Poi mi venne un intuizione.
-Perché mi hai portata qui?- chiesi cambiando quasi del tutto argomento..
Masha non disse nulla. Si limitò a guardarmi.
Ci guardammo in silenzio nella luce delle torce mentre i nostri respiri formavano nuvolette di vapore.
Accadde in un istante.
Senza dire nulla fummo più vicini.
Lui si curvò leggermente, io mi spinsi leggermente sulle punte dei piedi.
Piegai la testa di lato quando i nostri visi furono più vicini, facendo oscillare la treccia dei miei capelli, e accostai la mia bocca alla sua.
I nostri respiri si fusero.
Lo scroscio delle acque gelide accompagnò quel lungo momento di silenzio.
Quando ci separammo mi strinsi a lui, che mi abbracciò a sua volta. Sentivo il palpitare del cuore nel suo petto.
-Ti aspetterò.- sussurrai...
   
 
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