Anime & Manga > Saint Seiya
Ricorda la storia  |      
Autore: SHUN DI ANDROMEDA    11/09/2009    0 recensioni
"Lo stretto sentiero fangoso si apriva a fatica tra le alte querce secolari, il cielo plumbeo piangeva disperato, la dolorosa ferita inferta a uno dei suoi figli sgorgava sangue invisibile. Grosse lacrime cadevano sul soffice terreno odoroso, sulle piante rigogliose, sugli animaletti impauriti che cercavano rifugio dove possibile. Il vento freddo del nord scuoteva impetuoso le folte chiome delle maestose regine del bosco, mugghiando e sibilando tra i rami nodosi; un suono di passi leggeri sul fango, un ragazzo attraversava a fatica il bosco, i corti capelli ramati zuppi e abbandonati sul viso, la pelle chiara aveva assunto una tinta alabastrina." Song-fic Shun/Ikki/Hyoga Centric. La canzone da cui la fic prende il titolo è di Jane Siberry.
Genere: Triste, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Shun, Cygnus Hyoga, Phoenix Ikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kido Family'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IT CAN’T RAIN ALL THE TIME

 

We walked the narrow path,

beneath the smoking skies.

 

Lo stretto sentiero fangoso si apriva a fatica tra le alte querce secolari, il cielo plumbeo piangeva disperato, la dolorosa ferita inferta a uno dei suoi figli sgorgava sangue invisibile.

 

Grosse lacrime cadevano sul soffice terreno odoroso, sulle piante rigogliose, sugli animaletti impauriti che cercavano rifugio dove possibile.

 

Il vento freddo del nord scuoteva impetuoso le folte chiome delle maestose regine del bosco, mugghiando e sibilando tra i rami nodosi; un suono di passi leggeri sul fango, un ragazzo attraversava a fatica il bosco, i corti capelli ramati zuppi e abbandonati sul viso, la pelle chiara aveva assunto una tinta alabastrina.

 

Barcollava vistosamente, la leggera maglia verde che indossava era completamente bagnata.

 

Le gocce si mischiavano alle lacrime dolorose, i piccoli piedi immersi quasi interamente nel fango gelido e viscido, i pantaloni del pigiama non offrivano più alcuna protezione a quel corpo scosso da tremiti convulsi.

 

Tuonava forte nella notte, e i rami sembravano quasi spettri in quel luogo, quel luogo che avrebbe dovuto essere un sicuro rifugio dalla sofferenza più profonda e dalla solitudine più nera, un appiglio contro la pioggia che incessante continuava a cadere sul mondo, pioggia dolorosa di sangue.

 

Un dolore improvviso lo colse al petto, facendolo piegare a terra, annaspando alla ricerca di ossigeno,  gli occhi velati dalla pioggia e dalla confusione.

 

Cercò a fatica di rimettersi in piedi, appoggiandosi a una grande quercia accanto a sé, la ruvida corteccia sotto le sue dita fragili gli graffiava la pelle.

 

Un senso di nausea lo colse all’improvviso, sentì qualcosa di viscido e bollente salirgli su per l’esofago, sentì un gusto ferroso in bocca.

 

E poi, nuovamente nel fango, rannicchiato al freddo, il vento gli sferzava il viso come una frusta, le guance arrossate per la febbre.

Si sentiva le membra intorpidite e la testa confusa, il cervello ottenebrato da qualcosa a cui non riusciva dare un nome.

 

Voleva solo che tutto quel dolore finisse.

Anche se ciò avrebbe potuto significare la fine della sua esistenza.

 

Da quei laghi smeraldini cominciarono a sgorgare calde e copiose lacrime, quel poco di calore che ancora regnava in quel corpicino tremante e ferito nel cuore, una ferita da cui non sgorgava sangue, ma qualcosa di più.

L’anima.

 

§§§§§§§§§§§§§

 

…And the children know that there

There’s something wrong,

and it’s hard to believe that love will prevail…

 

La porta dell’austera villa si spalancò di botto, illuminando debolmente il porticato marmoreo e il sentiero che dalla casa si dipanava verso il boschetto, deserto e silenzioso.

 

Le gocce di pioggia cadevano feroci su tutto, una leggera e cupa foschia la accompagnava, silenziosa e fedele.

 

Un giovane ragazzo dai corti capelli color oro corse fuori, chiudendosi la pesante porta alle spalle con un tonfo e cominciando a correre lungo lo stretto viottolo vischioso per il fango.

 

Una torcia elettrica in mano gli permetteva di percorrere più facilmente la buia strada dinanzi a sé, il rumore dei suoi passi riecheggiò cupo nella notte, i pantaloni che indossava in breve si sporcarono del fango del sentiero, ma ciò non lo avrebbe fermato nella sua corsa.

 

Continuò a procedere velocemente, sotto la pioggia battente, cercando di distinguere qualcosa tra le ombre della notte, ma nemmeno i suoi sensi, ottenebrati dalla paura, riuscivano a venirgli in soccorso in quel momento.

 

All’improvviso, i suoi sensi tesi all’inverosimile percepirono un fruscio e una presenza estranea dietro di sé.


Istintivamente, scattò, voltandosi all’indietro, pronto a reagire, ma grande fu la sorpresa quando scorse tra gli arbusti una figura umana grondante acqua e tremante, barcollava pericolosamente: “Hyoga…” la sua voce pareva poco più di un sussurro disperato, un braccio bianco e sottile teso verso di lui, come in una muta richiesta di aiuto, “Hyoga-kun..” ripetè il pallido spettro, “Per favore… Non lasciarmi qui…”, le lacrime si mischiavano alla pioggia che scivolava su quella pelle delicata, “Per favore…” supplicò debolmente con l’ultimo filo di voce rimastogli.

 

Poi, come una bambola rotta, si lasciò cadere in avanti, privo ormai anche del benché minimo frammento di forza.

 

Ma gli fu impedito un nuovo contatto con quel fango infido perché un paio di forti braccia furono rapide ad afferrarlo al volo, avvolgendolo di un piacevole e inaspettato, ma gradito, tepore, la torcia lasciata per terra.

 

La testa mollemente abbandonata contro lo stomaco del biondo, rannicchiata alla ricerca di protezione e conforto.

 

Con delicatezza, il russo si accovacciò, sempre sorreggendo le membra semiprive di sensi del fratello, scrutandone ansioso i lineamenti scavati e il colorito rosso per la febbre alta, le labbra livide semiaperte e il tremolio convulso del suo corpo; un forte accesso di tosse gli spezzò il respirò, bloccandogli l’afflusso d’aria ai polmoni.

 

Dopo qualche secondo, il bruno si calmò, dalle palpebre serrate sgorgavano le lacrime; Hyoga gli carezzò la fronte bollente, cercando di portarlo sotto i rami per evitargli ancora il contatto con la fredda pioggia ma, non appena fece per alzarsi, il minore spalancò di scatto gli occhi, ansimando e mugolando, pareva come se qualcosa lo spaventasse; a fatica, afferrò la mano del biondo, la strinse forte al petto, guardandolo fisso: “Per favore...” singhiozzò, tossendo ancora, esausto, “Calmati, sono qui... Sta tranquillo, ti riporto dentro..” cercò di rassicurarlo, scostandogli i ciuffi dal visetto scarno, “No.. Ti prego... Non voglio...” sussurrò, sollevando la mano libera e accarezzandogli piano la guancia fredda, “Non.. voglio.. cough.. sentirvi litigare...” riuscì a dire, ansimando privo di respiro, cercava di mantenersi lucido, aggrappandosi alla realtà come a un salvagente in balia dell’Oceano tempestoso.

 

Hyoga era sorpreso da quelle parole di autentica sofferenza, non capiva ancora come avesse potuto covare dentro tutto quel dolore, nè perchè.

“Vi ho sentito litigare.. Tante... Tante volte... Per colpa mia...” il più piccolo tossì nuovamente, rannicchiandosi a lui, “vi sento sempre litigare... Anche mentre dormo... Anche mentre sogno... Litigate sempre...” articolò.

 

Quelle parole ferirono Cygnus sin nel profondo, come mai nulla lo aveva ferito prima.

 

Riuscì solo a restare lì, inginocchiato sotto la pioggia battente, stringendo a sè Shun, un fragile pierrot di porcellana in procinto di rompersi da un momento all’altro, spezzato da una forza esterna e crudele.

 

“Non... Ho mai... avuto così paura di addormentarmi...” riuscì a dire infine il bruno, “Non voglio... Non voglio... svegliarmi e sentirvi discutere... Non ci siamo salvati... per odiarci così tanto... ” singhiozzò disperato, scivolando nuovamente tra le pieghe dell’incoscienza, “è tutto sbagliato...” riuscì a sussurrare, “dovrebbe esserci tra noi... solo amore...”.

 

§§§§§§§§§§§

 

“D’accordo, Saori-san, ti terremo informata.. No, tu rimani pure lì, ci pensiamo noi a lui, non preoccuparti...”.

 

La voce cupa del più giovane tra i suoi protetti non convinse la Dea, ma acconsentì comunque: “Mi raccomando, fate attenzione e soprattutto seguite le indicazioni che vi ha dato il dottore. Cercherò di tornare il più presto possibile...” disse prima di chiudere la comunicazione.

 

Lentamente, Seiya riattaccò la cornetta nel momento esatto in cui Ikki e Shiryu comparvero sullo scalone, accompagnati da un distinto signore dalla candida barba e dall’aspetto gentile; i tre raggiunsero il ragazzino: “era Saori-san, ha detto di seguire le indicazioni del dottore e di lasciar fare a lui, possiamo solo aspettare..” spiegò stizzito lui, rispondendo alle domande che i suoi fratelli maggiori stavano sicuramente per fargli.

 

“Ne ho già parlato al ragazzo biondo che ora è nella stanza del vostro amico” intervenne improvvisamente il medico, “Sarò franco, ragazzi miei, la situazione non è per niente rosea. È chiaro che quel povero vostro compagno ha subito un notevole numero di sofferenze, sia fisiche che emotive; sono circa due settimane che versa in questo stato ed è necessario che si riprenda. L’ho visitato a lungo, e sono giunto alla conclusione che abbia bisogno di riposo ASSOLUTO e soprattutto di evitare alcun tipo di stress. Quando l’ho lasciato, dormiva abbastanza tranquillo ma mi è parso di capire che sia notevolmente peggiorato nelle ultime ore, ho ragione? Per farlo calmare ho dovuto iniettargli un calmante, quindi prima di qualche ora non dovrebbe svegliarsi.”.

 

Lo sguardo vivace e indagatore dell’anziano medico puntò su ognuno di loro: “Si... Hyoga l’ha ritrovato fuori, sotto il temporale... delirava...” ringhiò Pegasus, stringendo i pugni, “Sembrava impaurito da qualcosa...” aggiunse Shiryu, “Quando abbiamo aperto la porta di casa, li abbiamo trovati sotto il porticato, con Shun ridotto così...” concluse, stringendo il braccio tremante del fratellino.

 

Il vecchio li guardò con affetto: “Shun deve essere il malato, giusto? Comunque, sono piuttosto fiducioso, se seguirete le mie istruzioni, dovrebbe riprendersi piuttosto in fretta. Ora scusatemi, ma ho altri pazienti, devo proprio andare, salutatemi Lady Saori.” sorrise incoraggiante.

 

Shiryu si scostò subito, aprendogli gentilmente la porta e salutandolo con un leggero inchino.

 

I tre fratelli guardarono in silenzio il dottore allontanarsi con il proprio assistente, rimasto sino a quel momento sotto il porticato, dopodiché chiusero la porta.

 

Tutto restò avvolto nel silenzio per qualche minuto.

 

Poi, all’improvviso, Seiya si voltò e cominciò a camminare verso il salotto, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, sparendo in breve alla vista dietro la grande porta dorata; Shiryu gli andò subito dietro, lasciando la Fenice da sola nel grande ingresso.

 

Ikki sospirò, sfregandosi stancamente gli occhi: “Maledizione…” imprecò, dirigendosi lentamente verso le scale.

 

Il maggiore dei cinque si inoltrò nel corridoio buio e caldo, opprimente e silenzioso.

Prudentemente,m mosse qualche passo a tentoni, cercando di orientarsi tra le numerose stanze per trovare quella che cercava.

 

Uno spiraglio di luce gli indicò la via da seguire, proveniva da una porta lasciata accostata.

 

Era arrivato.

 

Si fermò proprio fuori dall’uscio, indugiando nervosamente in quel pallido bagliore, indeciso se entrare o meno, sicuramente la vicinanza con Hyoga non avrebbe portato nulla di buono..

 

“Oh, al diavolo!” esclamò sottovoce, entrando.

 

La stanza era immersa nel chiarore soffuso dell’abat-jour, che conferiva al tutto un’atmosfera rilassante e calda come se colui che lo avesse acceso, volesse tenere a tutti i costi fuori di lì il gelido vento e la pioggia che regnavano imponenti fuori; Ikki scorse subito la schiena del fratello minore, seduto su uno sgabello accanto al letto, la folta chioma bionda abbandonata sulle spalle coperte da un soffice asciugamano.

 

Immobile, vigile.

 

Improvvisamente, Cygnus si voltò, i loro sguardi si incrociarono.

 

Per lunghissimi istanti, senza dire alcunché, i due si fronteggiarono, in un muto scontro per la supremazia su qualcosa, qualcosa di fatto inesistente; poi, come se nulla fosse, Hyoga si alzò in piedi e, senza quasi degnarlo di uno sguardo, lo superò e uscì, non prima di aver gettato un’ultima occhiata alla figuretta distesa nell’ampio letto, ravvolta dal pesante piumone.

 

Shun dormiva tranquillo, al caldo e all’asciutto come doveva essere, il pigiama zuppo era stato sostituito da uno di quelli di Seiya, più pesanti e più adatti alla situazione, immerso in un sonno privo di sogni per via del tranquillante che il medico gli aveva iniettato poco prima.

 

I morbidi ciuffi ramati stavano poggiati disordinatamente sul candido guanciale, il viso stava riacquistando a poco a poco la sua tinta rosata, segno che la febbre, seppur lentamente, cominciava a scendere; Ikki sospirò sollevato, accarezzandogli delicatamente una guancia, sfiorandogli la fronte con le labbra in un dolce gesto di affetto.

 

Dopodiché, silenzioso come era entrato, lasciò la stanza, scivolando nel buio del corridoio.

 

§§§§§§§§§§§

 

Oh, when I'm lonely,
I lie awake at night
and I wish you were here.
I miss you.

 

Oh it won't rain all the time.
The sky won't fall forever.
And though the night seems long,
your tears won't fall forever.

 

“Ehi, finalmente ti sei svegliato.”.

La voce di Cygnus risuonò pacata nella stanza, mentre il possessore entrava, recando con sé un vassoio; una tazza colma di thè vi era poggiata sopra, con una zuccheriera accanto e una pila ordinata di biscotti accanto.

 

Un bicchiere colmo di acqua fresca e di alcune pillole completava il tutto.

 

L’aroma del thè si diffuse velocemente nell’aria, avvolgendo le narici del bruno di un delicato profumo, profumo che sapeva di terre lontane, di jungle esotiche, di luoghi magici; dolce e, allo stesso tempo, penetrante.

 

Il ragazzo poggiò sulla sedia il portavivande, scrutando con preoccupazione malcelata il visetto rosato del fratello, che gli sorrideva debolmente: “Già.. Quanto ho dormito?” chiese con voce roca, mettendosi seduto, “Direi circa quattro ore… Come ti senti?” replicò spiccio lui, passandogli la tazza fumante.

 

Shun inspirò profondamente l’aroma della calda bevanda, avvicinando la porcellana alle labbra: “Meglio, grazie..” replicò con un filo di voce, immergendosi nella degustazione del tè e nei suoi pensieri.

 

Per lunghi e interminabili minuti, restarono così, in silenzio, il bruno immerso nella fragranza vaporosa dell’infuso, il biondo che lo scrutava attentamente.

 

“Ha smesso di piovere?” chiese improvvisamente il Saint dell’Andromeda, poggiando la tazza sul vassoio, i grandi occhi smeraldini alla ricerca frenetica dei suoi, “per qualche minuto, ma ha ricominciato da poco… Proprio un bel temporale..” sbuffò il biondo, perdendosi con lo sguardo in contemplazione di qualcosa di invisibile dinanzi a sé, l’aria assente e cupa, la notte più oscura che mai.

 

“Come stanno gli altri?” chiese ancora, non staccando nemmeno per un momento lo sguardo, che ora si era fissato sulla porta; Cygnus sospirò, sedendosi sulla sedia e prendendo sulle ginocchia il vassoio: “Bene…” disse evasivo il ragazzo, passandogli il bicchiere e le pillole.

Il fratello lo squadrò con aria quasi supplice: “Non mentirmi.. Lo sai che non lo sopporto..” replicò, mentre i dolci occhi da cucciolo cominciavano a riempirsi di lacrime.

 

Hyoga sbuffò, scostando lo sguardo: “Come sempre… C’è un po’ di tensione, ma tutto si aggiusterà, lo sai… è solo una tempesta temporanea..” provò a spiegare; il brunetto sospirò quasi deluso, affossandosi sotto le coperte, “odio la pioggia ..” borbottò, “E odio sentirvi litigare..” soffiò sconsolato, stringendo tra le dita sottili la pesante coperta.

 

Un singhiozzo scappò dalle labbra del più giovane, a stento trattenuto.

 

Un delicato peso sbilanciò leggermente il russo, un caldo corpo si strinse a lui, tremante, il suo viso si affossò in una morbida criniera di disordinati capelli castani, braccia sottili gli cinsero la vita con tutte le forze possibili.

 

Ancora stupito, udì una voce, sottile e musicale, sussurrargli all’orecchio: “è brutta la notte quando si è soli.. è triste stare sdraiati, al buio, sperando di ricevere un conforto che non ci sarà, sapendo che qualcosa non va, che c’è qualcosa di veramente sbagliato.” disse piano, “quando di notte, mi sveglio, vorrei che foste vicino a me, uniti, capisco quanto mi mancate.. E sento la pioggia cadere, picchettando sui vetri, vorrei che finisse, e con lei pure la notte, per lasciare il posto al sereno. Sul mondo, e su di noi..” sussurrò con tono quasi imbarazzato; Shun scivolò nuovamente sul letto, la schiena poggiata contro la testata, il viso rivolto verso il fratello maggiore.

 

Ma non c’era segno di ostilità in quegli occhi, né di tristezza.

 

Hyoga vi lesse solo una grande malinconia, e una grande speranza.

 

Una mano accarezzò con affetto quella selva spettinata, ma le parole non ne volevano sapere di uscire, quelle cinque parole che, Cygnus ne era sicuro, avrebbero sicuramente confortato il fratellino; ma per dirle, avrebbe dovuto crederci veramente.

 

E lui non si sentiva pronto a crederci.

 

Ma, improvvisamente, gli tornarono alla mente, come per incanto, le lacrime dolorose che quel piccolo suo compagno, quel dolce fratello che Athena gli aveva concesso in dono, avevano solcato insensibili quel visetto solo poche ore prima.

 

E qualcosa si spezzò dentro di lui.

 

Istintivamente, lo riabbracciò, stringendolo più forte che poteva, in un goffo e maldestro tentativo di farlo sentire meglio, cercando disperatamente di fargli ricacciare le stille salate che, ne era sicuro, stavano affollandosi.

 

“Non potrà piovere per sempre, fratellino…”.

 

§§§§§§§§§§§§§§

 

Until I felt safe and warm.
I fell asleep in your arms.

 

In quel momento, udirono qualcuno bussare alla porta.

 

I due si staccarono, mentre il biondo, alzandosi, andò ad aprire la porta; Ikki fece il suo ingresso nella stanza semi-illuminata, rivolgendo un leggero sorriso all’indirizzo di Shun, vedendolo in condizioni migliori: “Ben svegliato, otooto.” lo salutò la Fenice, prendendo un’altra sedia e posizionandosi accanto a quella del russo.

 

Questi, da parte sua, decise di uscire, lasciandoli soli.

 

Un momento dopo, anche la Fenice si ritrovò avvolta dall’affettuoso abbraccio del piccolo Andromeda, improvviso e inaspettato; il naso solleticato dai ciuffi chiari, un cucciolo rannicchiato contro il suo torace.

 

“Mi piace stare così, lo sai?” disse il bruno improvvisamente, “lo so, è un comportamento da bambini ma, mi fa sentire protetto… è così che si ci dovrebbe sentire in una famiglia, vero, niisan?”, gli sorrise lui, affossando il visetto nel suo petto.

 

Il maggiore non rispose.

 

“Ma, adesso siamo noi una famiglia, non posso fare a meno di pensarci… Abbiamo rischiato tutto, sempre assieme.. Perché adesso odiarsi, buttando al vento tutto il tempo passato assieme?”.

 

Phoenix non rispose, si limitò a ricambiare la stretta.

 

 “Siamo diversi, ma siamo pur sempre fratelli, ed è questo che conta veramente… Dovrebbe regnare tra noi solo affetto e amore..” sussurrò, la voce lieve come una carezza.

 

“Scusami…”

 

La voce calma e profonda seguì subito dopo le ultime parole del minore, “Come al solito, hai ragione tu, Shun… anche se sono passati anni, non ho ancora imparato, vero?” un burbero sorriso si dipinse sul viso abbronzato di Ikki, “Non devi scusarti… Non è necessario… io desidero solo vedervi felici e sereni, assieme… questo è tutto quello che desidero io…” ammise il ragazzo, abbracciandolo più forte.

 

Quando si staccarono, sembrò come se l’aria pesante che regnava quasi ovunque si fosse improvvisamente alleggerita; fuori stava ormai albeggiando.

 

Con sorpresa, Andromeda si accorse che aveva smesso di piovere.

 

Con una mossa elegante, il ragazzo scese dal letto, indossando le pantofole calde e soffici e aprì la porta; fuori, poggiato contro la parete, in attesa, stava Hyoga.

 

Con un dolce sorriso, Shun gli tese la sinistra e lo fece entrare; con semplicità, egli fece congiungere le mani dei fratelli: “So che avete litigato, ma ormai, tutto dovrebbe essere passato, no?” chiese il ragazzo, commosso a sua volta.

 

I due si guardarono per qualche istante, non un’espressione traspariva dai loro visi, ma era facile leggere nelle loro anime.

 

E quello che il dolce quattordicenne lesse, lo riempì di gioia.

 

Con autentico affetto, il ragazzino li strinse forte a sé.

 

No, non può piovere per sempre, il Sole prima o poi torna a splendere.

 

CREDITS:

La canzone utilizzata è di proprietà di Jane Siberry, parte dell'OST del movie "THE CROW".

Da questa, io non guadagno alcunchè.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: SHUN DI ANDROMEDA