HOMOPHOBIA
PARTE 1
Shun percorreva a passo veloce la strada che lo separava dal
rassicurante chiarore di Kido Manor.
Il giovane sentiva il cuore battere forte, le gambe si muovevano il
più velocemente possibile, eppure il ragazzo sentiva i passi dei suoi
inseguitori sempre più vicini, ne sentiva le urla e gli schiamazzi, ne sentiva
le ingiurie gridate al suo indirizzo e aveva
paura.
Sentiva i loro respiri sul collo, e sentiva le viscere
attorcigliarsi su loro stesse.
Non riusciva a scorgerli, ma sapeva di averli alle spalle e non
poteva fermarsi, anche se la gamba gli infliggeva dolori lancinanti quasi
insopportabili.
La testa gli girava terribilmente, si sentiva
debole.
Come i cervi braccati dalle mute di cani durante le cacce in
autunno, quando le foglie cadono e il cielo è ormai coperto da nere nubi gonfie
di pioggia, così il giovane Saint si sentiva oramai privo di
forza.
Lui, che aveva combattuto al fianco della propria dea e dei propri
fratelli per proteggere i suoi simili, sarebbe caduto così, in un modo tanto
orrendo e vergognoso?
Una simile sensazione di terrore non lo aveva mai invaso in quel
modo.
Improvvisamente, si sent’ cadere in avanti e sbatté il volto
sull’asfalto bagnato, percepì in bocca il gusto ferroso del sangue e, subito
dopo, una presa ferrea sui polsi, talmente forte da strappargli un gemito di
dolore: “L’abbiamo preso!” urlò trionfante una voce di adolescente, cattiva nei
toni e colma di odio e risentimento, “Adesso non ci sfuggirà!” urlò, simile a
belva, una seconda voce, più dura e tagliente della
prima.
Mani ruvide e grandi gli strapparono la tracolla colma di libri ed
effetti personali, gettandola lontano, Shun sentì chiaramente il rumore di
qualcosa di pesante cadere in una delle pozzanghere vicine; egli, cercò di
divincolarsi: “FERMI!! SMETTETELA!!” gridò, colpendo istintivamente due degli
avversari con un semplice pugno e mandandoli a
tappeto.
Ci fu un momento di stupore, istante che il guerriero non si lasciò
sfuggire: rialzatosi in piedi come meglio poteva, cercò di scappare via, in
lontananza già scorgeva le calde lucerne che illuminavano il parco di
notte.
Ma qualcuno fu più veloce.
Una scarica elettrica di intensità notevole percorse il corpo
sottile del Saint, propagandosi in tutto il corpo a partire dalla schiena; il
povero giovane, paralizzato, cadde nuovamente nel fango con un tonfo sordo,
sangue mischiato a lacrime d’impotenza.
Mai si era sentito così umiliato, nemmeno in battaglia i suoi
avversari si erano comportati in modo tanto disumano; ma quelli che aveva
attorno, sembravano bestie, bestie feroci che cercavano di spartirsi i suoi
pezzi come se fosse un pasto succulento, un bocconcino tenero da
gustare.
Nuove voci si sovrastarono le une alle altre, simili a latrati di
lupi, ma ormai il giovane aveva perso ogni contatto con il reale, si sentiva
circondato da demoni, come se gli orrori vissuti nell’Hades fossero nuovamente
giunti a bussare alla sua mente, voleva solo che tutto fosse un incubo, uno
spaventevole incubo.
E poi svegliarsi, trovandosi nel proprio letto, e cercare la
protezione di Ikki-niisan, oppure di Hyoga, e lasciarsi cullare dal lento
respiro e dal piacevole calore che il Manor, ormai casa loro, gli
donava.
Ma quello non era un sogno.
Era la tremenda realtà.
“Allora, essere inferiore, come ci si sente a casa?” lo schernì una
voce tagliente come un bisturi, fredda, prima che una gragnola di colpi, calci e
pugni, si abbattesse sul suo corpo ormai stremato, “Attento, così lo ammazzi!”
lo rimbrottò un compagno, chinandosi poi su di lui, Shun ne poteva sentire il
respiro, simile all’alito mortifero degli Specter, ne avvertiva il sentore di
morte, la volontà di fare del male.
Altri calci si susseguirono ai primi, e poi ancora altri, e altri
ancora.
All’improvviso, i colpi si interruppero, e il giovane disteso a
terra udì chiaramente un rumore di passi in corsa dirigersi verso di loro,
parecchie persone a giudicare dal
clamore.
I suoi aguzzini si distrassero un momento, e lui ebbe appena la
forza di sollevare leggermente la testa.
“Cosa diavolo sta succedendo qui!?!” urlò una voce dura, colma di
rabbia e risentimento, due occhi scuri saettarono nel buio, notando subito la
figuretta distesa a terra, rannicchiata su sé stessa; “SHUN!!” urlarono le due
voci, era così bello sentirle.
“Cosa volete voi due??” urlò uno dei suoi aguzzini, facendo
scattare il coltello; la lama brillò minacciosa alla luce del lampione, ma il
teppista non ebbe nemmeno il tempo di attaccare, perché si ritrovò in un angolo
della strada, ridotto peggio di uno
straccio.
Un’aura minacciosa e fiammeggiante illuminò la zona, la vista
annebbiata di Shun scorse una Fenice e un Cigno danzare dinanzi a lui, come a
volerlo proteggere: “Voi, feccia umana… Come avete osato ridurre in questo modo
mio fratello?” ringhiò Ikki, lo sguardo colmo di rabbia e fiammeggiante
odio.
Un’esplosione squassò l’aria, un istante dopo i teppisti si
ritrovarono a terra, neppure si erano accorti di essere stati
colpiti.
Nell’aria, solo i loro deboli
gemiti.
Subito, i due guerrieri corsero al fianco del ragazzino, riverso a
terra, semiprivo di sensi: “Ehi, piccolo, mi senti?” sussurrò Hyoga,
sollevandolo delicatamente da terra, la testa sorretta dalla spalla del biondo
guerriero; Ikki si levò la maglia, asciugando il viso dell’adorato fratellino da
sangue secco e fango, permettendogli di respirare
liberamente.
Una mano sottile afferrò con forza quella del Cigno, un leggero
pigolio, simile a quello di un pulcino appena nato, lacerò il velo del silenzio
e della preoccupazione: “Ha… Ha….” cercò di articolare lui, boccheggiando come
un pesce privo di aria, la bocca completamente ostruita da saliva e sangue ma la
voce della Fenice lo fermò, “Non parlare, fratellino, adesso ti riportiamo a
casa…” gli sussurrò, accarezzandogli i capelli sporchi e
strappati.
Andromeda si sentì sollevare con cura, sentì la forte mano del
fratello maggiore avvolgere la sua di un calore magico e poi il tocco del vento
freddo di novembre sulla sua pelle.
Poi più nulla, a parte il calore che il corpo di Hyoga infondeva
alle sue membra infreddolite, e il contatto con la mano di
Ikki.
FINE PRIMA
PARTE