Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    25/01/2023    2 recensioni
Shin aveva paura del futuro, su questo Suzunagi aveva avuto ragione, l’avrebbe sempre avuta, perché l’esperienza aveva insegnato a tutti loro che era fin troppo facile smarrirsi e che le yoroi, prima o poi, avrebbero ancora potuto richiedere i loro servigi e metterli ancora a rischio di vita.
Ma su una cosa Suzunagi si era sbagliata: il termine vigliaccheria, con Shin, non aveva nulla a che vedere.
Shin era coraggio, era dedizione, era generosità.
Shin era anche fiducia in ciò che è giusto e non si sarebbe mai tirato indietro di fronte a nulla.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Sage Date, White Blaze
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Fanfic scritta per il writober indetto da Fanwriter.it.
Lista: Pumpnight
Prompt: 31. Paura
Titolo: Non ci perderemo più
Fandom: Yoroiden Samurai Troopers
Personaggi: Seiji Date, Shin Mouri
Rating: verde
Genere: angst, introspettivo, hurt/comfort, romantico, slice of life
Warning: Spoiler se non avete visto il terzo oav
 

 
NON CI PERDEREMO PIÙ

 
Erano vivi, erano tutti insieme, ma gli ultimi eventi avevano lasciato strascichi, ulteriori cicatrici nei loro cuori messi a dura prova, per l’ennesima volta.
Ciascuno di loro, chi in un modo, chi nell’altro, non aveva ancora debellato i propri fantasmi e chissà se ci sarebbero mai riusciti.
Seiji cercava di mantenersi saldo, di osservare i nakama uno per uno e controllare che riuscissero, tutti, a mostrarsi abbastanza forti.
La forza la trovavano nella decisione dalla quale non sarebbero mai più retrocessi e di cui lui, a costo di andare contro la sua famiglia e le tradizioni nelle quali era stato cresciuto da sempre, non si sarebbe mai pentito.
“Voglio restare con loro” fu il suo primo pensiero quando aprì gli occhi quella mattina. “Loro sono la mia certezza e il centro del mio universo”.
Si tirò su, diede un’occhiata a Touma ancora profondamente addormentato al suo fianco e gli sorrise, lasciando una carezza sulla fronte che sollevò il ciuffo corvino.
Non voleva svegliarlo, ma sapeva che ci sarebbe voluto ben altro: poteva concedersi una coccola e lui avrebbe continuato a dormire senza turbamenti.
Almeno così sperava…
Un sonno profondo, senza incubi.
Sembrava rilassato, sereno, per una volta.
“Riposa…” sussurrò, con un’ultima carezza, per poi alzarsi in piedi.
Attraversò in silenzio il corridoio.
La porta dietro la quale si trovava la stanza degli altri nakama era chiusa: con ogni probabilità, almeno due di loro erano ancora immersi nel sonno.
Era tuttavia certo che uno di loro fosse sveglio, come ogni mattina, incapace di restare a riposare troppo a lungo se c’erano altre persone di cui prendersi cura e da riempire delle proprie attenzioni.
Alcuni leggeri rumori dal basso glielo confermarono: Shin era in piedi e stava preparando la colazione per tutti.
Un nuovo sorriso comparve sulle labbra di Seiji, accompagnato da un piccolo scuotersi del capo:
“Pesciolino testone e sempre troppo attento a tutto…”.
E a tutti…
Sempre quel dannato timore di non essere abbastanza, di non fare abbastanza.
La porta della cucina era aperta e, quando giunse nel soggiorno, Seiji poté vedere la schiena di Shin, che armeggiava intorno ai fornelli, Byakuen accoccolato ai suoi piedi protettivo, mentre un profumo invitante si diffondeva nell’aria.
“Pancakes” pensò Seiji. “Touma e Shu saranno felici”.
Ricordò che, la sera prima, Touma aveva proprio nominato quel cibo particolare, nel mezzo di un discorso molto più ampio.
Shin si era ricordato di quel desiderio.
Seiji sorrise ancora e scosse di nuovo il capo: quella dedizione spontanea era commovente e sentì il bisogno estremo di abbracciare il ragazzo di spalle, che ancora non si era accorto di lui.
Byakuen, invece, lo aveva notato e sollevò il muso, osservandolo con espressione complice: Seiji sapeva che leggeva i suoi pensieri e che pensavano esattamente la medesima cosa.
I piedi nudi e silenziosi attraversarono la cucina e, quando si trovò a sfiorare Shin, appoggiò il mento sulla sua spalla.
“Profumino delizioso” sussurrò. “Ci vizi proprio”.
Intravvide il sorriso che si formò sul suo profilo, poi Shin voltò appena il capo e gli posò un lieve bacio sulle labbra, facendolo arrossire.
Arrossirono entrambi a dire il vero, gioendo di quel contatto ritrovato.
“Mi siete mancati così tanto che ora mi sento realizzato solo in questo modo. Ho sognato di viziarvi per tutti questi mesi in cui siamo stati distanti”.
Il cuore di Seiji si strinse, sia al ricordo di quel periodo terribile, sia per l’inflessione triste che percepì nelle parole di Shin.
Sospirò e fece scivolare una carezza dalla spalla fino al fianco, infondendo in essa tutto l’affetto e la tenerezza che provava nei confronti di quel ragazzo troppo sensibile e insicuro:
“Lasciati viziare un po’ anche tu, però”.
Shin tolse i pancakes dal fuoco, poi rimase fermo, con il suo sorriso dolce, lo sguardo basso:
“Mi sento già viziato solo per il fatto di avervi tutti qui”.
“E poi non dovremmo chiamarti mammina” ridacchiò Seiji e concluse con un nuovo bacio sulla punta del naso, che generò l’ennesima esplosione di rossore in entrambi.
Tuttavia, nell’espressione di Shin c’era qualcosa che non richiamava la serenità e Seiji ormai percepiva il cuore di tutti i nakama, capiva tutto e sentiva che Shin, nonostante la soddisfazione che provava, non era felice.
La malinconia era sua padrona e una certa inquietudine che incupiva la trasparenza dei suoi occhi di mare.
Gli portò entrambe le mani sul volto e lo costrinse, con una gentile forzatura, a guardarlo:
“Shin… va tutto bene?”.
Il samurai dell’acqua sbatté le palpebre con un lieve moto di sorpresa: di solito era lui quello empatico, che interiorizzava ogni stato d’animo di chi lo circondava.
Ma era anche consapevole che a Seiji non avrebbe più potuto nascondere nulla.
Quindi posò le proprie mani su quelle di Seiji, abbassò un poco il viso come se volesse donare a se stesso la carezza delle dita gentili e chiuse gli occhi:
“Vorrei poter dire che sì… va tutto bene. Vorrei solo dire che sono felice, vorrei solo saper godere di tutto questo…”.
Seiji ascoltò ognuna di quelle parole, sempre più basse, sempre più incrinate.
“Vorrei non rovinare tutto a me stesso e soprattutto non rischiare di rovinarlo a voi…”.
“Shin…”.
Le dita di Shin si chiusero su quelle di Seiji e le portò in basso, senza lasciarle, ricercando il suo sguardo:
“Vorrei ordinare a me stesso di smetterla”.
Seiji avrebbe voluto interromperlo, ma Shin scosse il capo e lo prevenne ancora:
“Il fatto è che me lo ordino, non faccio altro che ordinarmi tutte queste cose, ma… non riesco ad obbedirmi!”.
Le dita di Seiji si districarono da quelle del nakama, ma solo per posarsi sulle sue spalle e stringere, intensificando la propria presenza:
“Che cosa c’è, Shin? Dimmelo”.
In un certo senso credeva di indovinarlo, ma voleva che fosse Shin a esprimere a voce tutto ciò che sentiva, perché potesse sfogarsi, liberarsi delle nubi che aveva dentro o quanto meno condividerle.
“Nessuno di noi dovrà più portare i propri fardelli da solo. Ricordi, Shin? Me lo avete insegnato voi… tu soprattutto”.
Sul viso di Shin si riformò quel sorriso così bello e malinconico, scosse il capo e sospirò:
“È che… mi sento così stupido…”.
Le mani di Seiji furono di nuovo sul suo volto e la sorpresa di quel gesto così colmo di trasporto lo portò a sgranare gli occhi.
“Niente di quello che proviamo è stupido se ci fa stare male e l’ultima cosa che tutti noi vogliamo è che tu stia male, Shin. E poi ricordalo…”.
Chinò il capo, per mettere a contatto le loro fronti:
“Nessun tuo sentimento può essere stupido… non saresti Shin”.
“Mi sopravvaluti” ridacchiò il fanciullo dell’acqua in palese imbarazzo.
Le mani di Seiji scivolarono lungo i fianchi e sospirò con tristezza:
“Sei tu che ti sottovaluti… come sempre…”.
Shin non rispose, il sorriso scomparve, la fronte scivolò via da quella di Seiji per nascondersi sulla sua spalla.
Seiji lo abbracciò, gli accarezzò la schiena.
“Che cosa c’è, Shin? Coraggio… sai che puoi dirmelo”.
Ci fu qualche istante di silenzio poi, come da un sogno lontano, come lo squittio indifeso di un topolino, giunse la risposta, appena udibile, soffocata dalla spalla sulla quale il viso era rifugiato:
“Ho paura…”.
Gli occhi di Seiji si chiusero, chinò il capo in avanti in un cenno che significava assenso, comprensione e conferma di quanto già sapeva. La sua mano continuò a tracciare ampi cerchi sulla schiena del nakama.
“Paura… del futuro…”.
Gli occhi di Seiji si aprirono su un ricordo, su parole che aveva odiato, pronunciate da una voce ferita, che non era stata in grado di cogliere, nell’immediato, la bellezza del cuore dei suoi nakama e li aveva attratti nelle sue trame, rapiti e imprigionati in una rete di inganni tessuta dai loro stessi incubi.
“Un vigliacco che ha paura del futuro…”.
Questo era per lei Shin.
Ma, come avevano fatto tutti loro, Shin l’aveva salvata dal rancore che affliggeva il suo spirito e deturpava le sue percezioni.
“Non è così…” mormorò Seiji, stringendo Shin a sé con maggior forza.
Paura del futuro…
Certo…
Chi di loro non l’aveva?
Avevano affrontato tante di quelle cose, avevano attraversato l’inferno, avevano rischiato di perdersi e rimanere separati per sempre.
Ma era stato proprio il loro coraggio a rimettere insieme i pezzi.
Il loro grande cuore, insieme al loro grande coraggio.
Shin aveva paura del futuro, su questo Suzunagi aveva avuto ragione, l’avrebbe sempre avuta, perché l’esperienza aveva insegnato a tutti loro che era fin troppo facile smarrirsi e che le yoroi, prima o poi, avrebbero ancora potuto richiedere i loro servigi e metterli ancora a rischio di vita.
Ma su una cosa Suzunagi si era sbagliata: il termine vigliaccheria, con Shin, non aveva nulla a che vedere.
Shin era coraggio, era dedizione, era generosità.
Shin era anche fiducia in ciò che è giusto e non si sarebbe mai tirato indietro di fronte a nulla.
E, qualora la sua fragilità lo avesse portato a nuovi crolli, al timore di non riuscire più a credere in se stesso, ci sarebbero stati loro a raccogliere i pezzi.
Accentuando ancor più la propria stretta, gli diede un bacio sull’orecchio e lo accompagnò con nuove parole lenitive:
“Le tue paure sono le nostre, ma noi siamo la tua forza, tu sei la nostra. Ce la faremo, Shin, siamo insieme e abbiamo la certezza che tra noi non ci perderemo più”.
 
 
 
 
 
 
   
 
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