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Autore: smile_tears    27/01/2023    0 recensioni
Rimasero in silenzio per un po’, finché Changbin non trovò il coraggio di porre una domanda di cui però Jennifer conosceva già la risposta. «E Felix e Jake? Resteranno anche loro?»
Christopher dovette cogliere dal tono di voce che il più piccolo sperasse in una risposta positiva e, grato che si stesse preoccupando così tanto per lui, si fece scappare un piccolo sorriso. «Lixie ha l’aereo per Sidney dopodomani e tra un paio di giorni i genitori e il fratello maggiore di Jakey verranno qui e festeggeranno con il resto della loro famiglia. Quindi no, sarò da solo.»
L’atmosfera all’interno dello studio si era fatta alquanto triste e il maggiore vedendo i suoi tre dongsaeng con lo sguardo cupo fisso sul pavimento si sentì in colpa per aver rovinato loro l’umore, ma prima che potesse scusarsi o fare qualche battutina su come per lui non fosse un problema e tornare quindi a far finta di niente, Jennifer lo interruppe con un’improvvisa proposta che sorprese tutti, lei per prima. «Vieni a passare le feste da noi.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bang Chan, Changbin, Han, Lee Know, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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An oddinary Christmas
 


Era una fredda serata di dicembre. A causa delle frequenti nevicate degli ultimi giorni le strade di Seoul erano ricoperte da un soffice manto di neve bianca che, con i vari addobbi e luminarie, aiutava a conferire alla città quell’aria tipica delle festività natalizie. Gran parte degli abitanti erano ormai nella propria casa a ripararsi dal freddo pungente dopo una stancante giornata di lavoro o dopo le ultime corse alla ricerca dei regali di Natale per amici e parenti, ma in un piccolo studio proprietà di una delle università locali, quattro giovani ragazzi erano ancora intenti a portare al termine uno dei loro progetti. Il minore dei quattro, Jisung, era seduto sul piccolo e scomodo divanetto verde petrolio posto contro una delle pareti della stanza, intento a rileggere e modificare il testo che aveva scritto di getto nel corso delle ultime ore. Soddisfatto del risultato finale sorrise leggermente tra sé e sé, chiudendo il quadernetto che aveva usato per stendere le parole della canzone, premurandosi però di lasciare la penna all’interno delle pagine logore, così da non ritrovarsi a doverle sfogliare tutte quando avrebbe avuto nuovamente bisogno di leggerlo. Portò il suo sguardo sugli altri tre presenti e il suo sorriso si spense appena. Aveva notato dall’inizio di quel pomeriggio insieme che gli altri, specialmente i due più grandi, sembravano particolarmente giù di corda e poco concentrati, ma solitamente non lasciavano che il loro cattivo umore condizionasse il lavoro, quindi qualunque cosa fosse successa doveva essere importante. Sospirò appena, indeciso sul dal farsi. Era consapevole che probabilmente volessero portare a termine il lavoro il prima possibile, soprattutto con le vacanze di Natale e la conseguente chiusura dei locali universitari alle porte, ma sapeva per esperienza personale che continuare a lavorare in quel modo non avrebbe portato a niente e anzi si sarebbe rivelato controproducente. Fu per questo che, seppur a malincuore, decise di rompere il silenzio tombale che aleggiava nella stanza, nella speranza che una piccola pausa avrebbe migliorato la situazione e che, magari, avrebbe potuto convincerli a tornare a casa e riprendere il giorno seguente. «Allora, che programmi avete per Natale?»
Sentendo la voce di Jisung, Jennifer sobbalzò leggermente. Portò lo sguardo sul computer davanti a sé, rendendosi conto che la musica doveva essersi interrotta svariati minuti prima e che lei, completamente persa nei suoi pensieri, non se ne era minimamente accorta. Probabilmente le prove con Minho l’avevano resa più esausta di quanto pensasse, normalmente non sarebbe mai stata così distratta. Chissà cosa le era passato per la mente quando aveva deciso di pendere una doppia laurea. Sospirò rassegnata per poi togliersi le cuffie dalle orecchie: continuare in quello stato era inutile e probabilmente il minore, sempre attento all’umore delle persone a cui teneva, doveva averlo capito prima di lei e per questo le aveva offerto una perfetta scappatoia per fermarsi e rilassarsi un momento. Si voltò in modo da non dargli più le spalle e nel farlo il suo sguardo cadde su Changbin, intento a strofinarsi gli occhi visibilmente rossi e gonfi a causa della stanchezza e fu pervasa da una sensazione di tristezza. Erano due giorni che quel ragazzo lavorava fino alle prime luci del mattino, dormendo sì e no tre ore a notte, e per quanto comprendesse fin troppo bene il suo bisogno di completare il progetto il prima possibile non poteva rimetterci la salute. Forse, nonostante fosse una cosa che odiava fare, questa volta avrebbe dovuto usare la sua autorità come seconda più grande per convincerlo a tornare a casa e farsi una dormita decente. Non fece neanche in tempo a formulare una frase di senso compiuto che il silenzio venutosi nuovamente a creare fu interrotto proprio dal minore, che decise di rispondere alla domanda di Jisung rimasta senza risposta per forse troppo a lungo. «Io tornerò a casa dalla mia famiglia. Anche se non ha voluto dirmi cos’ha architettato, mia sorella ha detto di volermi tutto per sé il giorno della Vigilia. Poi mi tratterrò direttamente lì fino alla fine dell’anno dato che dovremmo organizzare una cena con tutti i nostri parenti. Tu, Jisungie?»
Il minore gli sorrise, lasciando che un piccolo barlume di felicità facesse capolino nei suoi occhi preoccupati. «Stessa cosa. Non so quali siano di preciso i piani di mia madre ma tra una cosa e l’altra avrò a malapena un attimo libero fino ai primi giorni del nuovo anno. Noona, hyung?»
La ragazza stava per gli rispondergli, ma le sue parole le ricordarono che effettivamente c’era una quarta persona con loro in quella stanza e che fino a quel momento non aveva dato cenno di aver sentito anche solo una parola della loro conversazione. Il minore dovette realizzare la stessa cosa e dopo essersi scambiati un’occhiata d’intesa si voltarono entrambi verso il ragazzo che occupava il posto alla destra di lei. Era seduto con la schiena protesa in avanti, tanto che sembrava volesse diventare tutt’uno con lo schermo del computer; aveva i gomiti sulla scrivania, usando le mani chiuse a pugno come supporto per la testa e le cuffie erano ancora ben calate sulle sue orecchie. Agli occhi di chiunque sarebbe parso talmente concentrato su quello che stava facendo al punto di dimenticarsi completamente del mondo circostante, ma Jennifer aveva lavorato con lui talmente tante volte da rendersi conto che stava solo fingendo. Un’abitudine dell’altro che lei non sapeva decidere se fosse adorabile o snervante era che non riuscisse a stare fermo un secondo quando ascoltava la musica. Che fosse muovere la testa o il piede a ritmo, la cosa certa era che per lui fosse impossibile restare immobile, era più forte di lui. E data sua posizione incredibilmente rigida e statica era evidente che dalle cuffie non provenisse alcun suono in quel determinato momento e che il maggiore avesse solo deciso di ignorarli. Quella consapevolezza le fece aggrottare leggermente le sopracciglia, sorpresa da quel comportamento inusuale, ma invece di farsi turbare decise di prendere in mano la situazione: se lui aveva volutamente ignorato loro tre, lei avrebbe volutamente ignorato la sua decisione di starsene in disparte. Allungò la gamba destra in modo che il suo piede toccasse leggermente il polpaccio dell’altro ragazzo e cominciò a pungolarlo un paio di volte per richiamare la sua attenzione. «Chris.»
All’inizio fece finta di niente, ma quando si rese conto che la ragazza non si sarebbe arresa sospirò appena e si tolse le cuffie, per poi voltarsi e fronteggiare i suoi tre dongsaeng. Quando riuscì finalmente a vederlo bene in volto, Jennifer fu colta da un improvviso senso di tristezza. Che il maggiore soffrisse di insonnia e che le occhiaie fossero ormai parte di lui non era una novità, ma c’era un qualcosa, un’insolita traccia di malinconia nei suoi occhi, che rendeva la sua aria più cupa del solito. Si passò una mano tra i riccioli scuri che erano diventati piatti in alcuni punti a causa della pressione delle cuffie, per poi portare lo sguardo su Jisung, che per un istante parve congelarsi sul posto ritrovandosi all’improvviso al centro dell’attenzione. «Non ho nessun impegno per Natale. –Cominciò, lasciando intendere, volutamente o meno, che li stesse davvero ignorando.- La mia famiglia non può venire qui e io per vari motivi non posso tornare in Australia adesso, quindi probabilmente resterò nell’appartamento che condivido con Lixie e Jakey.»
A quelle parole ai tre fu fin troppo chiaro il motivo del malumore del maggiore, ma questo non implicava che sapessero come reagire e cosa dire per risollevargli il morale. Rimasero in silenzio per un po’, finché Changbin non trovò il coraggio di porre una domanda di cui però Jennifer conosceva già la risposta. «E Felix e Jake? Resteranno anche loro?»
Christopher dovette cogliere dal tono di voce che il più piccolo sperasse in una risposta positiva e, grato che si stesse preoccupando così tanto per lui, si fece scappare un piccolo sorriso. «Lixie ha l’aereo per Sidney dopodomani e tra un paio di giorni i genitori e il fratello maggiore di Jakey verranno qui e festeggeranno con il resto della loro famiglia. Quindi no, sarò da solo.»
L’atmosfera all’interno dello studio si era fatta alquanto triste e il maggiore vedendo i suoi tre dongsaeng con lo sguardo cupo fisso sul pavimento si sentì in colpa per aver rovinato loro l’umore, ma prima che potesse scusarsi o fare qualche battutina su come per lui non fosse un problema e tornare quindi a far finta di niente, Jennifer lo interruppe con un’improvvisa proposta che sorprese tutti, lei per prima. «Vieni a passare le feste da noi.»
L’attenzione di Chris si spostò sulla ragazza e prese a scrutarla con occhi curiosi, mettendola in soggezione tanto che le sue guance e le punte delle sue orecchie si tinsero di un rosso acceso; a quel punto decise di avere pietà di lei e spostò lo sguardo altrove, sorridendo intenerito da quell’inconsueta reazione. «Ti ringrazio davvero tanto per il pensiero, ma non voglio essere un peso, Jen. Tu e la tua famiglia avrete sicuramente da fare e la mia presenza sconvolgerebbe i vostri piani. Sono abituato a stare da solo, non sarà la fine del mondo.»
Sentendo ciò che aveva detto il maggiore Jennifer si rese conto di non aver mai risposto alla domanda di Jisung su quali fossero i suoi piani per Natale. Per una frazione di secondo il suo sguardo, fisso sul pavimento dello studio, si rabbuiò e lei si strinse leggermente nelle spalle, come a volersi fare più piccola di quanto già non fosse, fino a scomparire. Ma fu davvero un attimo, solo il tempo di realizzare che così avrebbe rattristato ulteriormente i due più piccoli; a quel punto riportò gli occhi su Chris, sorridendo come se niente fosse. Anni ad evitare di farsi vedere infelice dai suoi dongsaeng l’avevano resa una buona attrice. «Mi conosci da abbastanza tempo da sapere che se ti avessi considerato un peso non ti avrei mai chiesto di venire. Ad ogni modo, i nostri genitori si tratterranno a Seattle per stare con parte della famiglia di papà, quindi io e Jay siamo da soli. Anche Minho non può andare a casa quindi starà con noi e Sunghoonie ha già detto chiaramente che ogni volta che non avrà parenti a casa sgattaiolerà da noi. Quindi davvero, se ti va a noi farebbe solo piacere se ci fossi anche tu.»
Nonostante avesse parlato il più serenamente possibile, il ragazzo parve rendersi conto di aver detto qualcosa che non doveva e per un attimo lei riuscì a cogliere tristezza sul suo volto, ma fu subito sostituita da un sorriso colmo di gratitudine. «Va bene allora, sarò dei vostri molto volentieri.»
A quelle parole Jennifer parve illuminarsi di luce propria e sorrise per forse la prima volta nell’arco delle ultime ore, senza nascondere la gioia che provava nel sentire il maggiore accettare la sua proposta. Gioia che era evidente anche sui volti dei due più piccoli che avevano assistito a quello scambio di battute senza dire una parola, limitandosi a spostare lo sguardo tra i due più grandi come se stessero assistendo ad una partita di ping-pong. «Bene. –Cominciò la ragazza alzandosi dalla sedia e portando le braccia in alto per sgranchire il corpo ormai indolenzito.- Adesso che abbiamo trovato una soluzione a questo problema direi che è ora che torniamo tutti a casa a riposare.»
Non fece neanche in tempo a finire di parlare che Changbin e Chris cominciarono già a protestare, ma lei li stroncò sul nascere. «Non voglio sentire né “se”, né “ma”. Sabbiamo benissimo tutti e tre che l’unico a concludere qualcosa oggi è stato Jisungie; che noi stanchi e stressati come siamo continuiamo a stare qui a scervellarci di fronte ad un computer non serve a niente. Quindi adesso ce ne torniamo tutti a casa a riposare e domani mattina a mente fresca torneremo a finire il lavoro, okay?»
Sentendo che il suo tono non ammetteva repliche i due annuirono, per poi con un sospiro voltarsi e cominciare a salvare i vari file che avevano aperto in quelle ore. Soddisfatta, Jennifer portò lo sguardo su Jisung, che le sorrise a trentadue denti mostrandole un pollice all’insù. Ricambiò il sorriso e dopo avergli fatto un occhiolino tornò anche lei a prestare attenzione al proprio computer, chiudendo tutto il prima possibile. Aveva seriamente bisogno di fare una doccia e dormire dieci ore filate se il giorno seguente voleva finire il progetto e sopravvivere alle ore di prove che attendevano lei e Minho. Un brivido le percorse la schiena a quel pensiero e prese a sistemare ancora più velocemente, prima che l’ansia le facesse riaccendere tutta l’apparecchiatura e lavorare fino alle prime luci dell’alba. Sospirò. Una cosa alla volta, Jen, una cosa alla volta.
 
 
La mattina del 25 dicembre si dimostrò meno caotica di quanto si sarebbe immaginata. Il giorno precedente Jay e Jennifer erano stati raggiunti da Minho e Sunghoon sin dal primo pomeriggio e insieme, tra mille dispetti e risate, avevano cominciato a preparare il necessario per quella sera, che non era poi granché. Verso sera arrivò anche Chris e tutti e cinque insieme si sistemarono sul divano del soggiorno cominciando una maratona di film di Natale che fu interrotta a metà del secondo, quando in maniera incomprensibile una pausa toilette si trasformò in un karaoke improvvisato delle canzoni dei Buzz, con Minho e Sunghoon come protagonisti principali. Quando l’entusiasmo parve essersi calmato decisero di terminare la visione del film dato che mancava ancora tempo a Natale. Allo scoccare della mezzanotte decisero di scambiarsi i piccoli pensieri che si erano fatti per l’occasione, per poi continuare la maratona, finendo per addormentarsi sul divano senza neanche accorgersene. Quando Jennifer si era svegliata quella mattina erano già le undici passate e per questo si aspettava il caos al risveglio dei ragazzi, dato che erano in ritardo sulla tabella di marcia per preparare il pranzo, ma non dovendo dare conto a nessuno se non a loro stessi decisero di prendersela con calma. L’unica eccezione fu Sunghoon, che una volta resosi conto dell’ora si alzò per andarsene in fretta e furia, infilandosi le scarpe alla bene e meglio e senza neanche togliersi il pigiama. Fortuna che abitasse nella casa accanto.
Dopo l’uscita di scena dell’uragano Hoonie, i restanti quattro andarono a lavarsi e prepararsi prima di cominciare a cucinare. Pochi giorni prima avevano concordato sull’ adottare un vestiario tipico di tre quarti dei film natalizi, ovvero quegli orribili maglioni di lana con le renne dal naso rosso ricamate in bella vista e che dopo mezz’ora cominciavano a dare prurito ovunque. C’era voluto un po’ per convincere Jay; lo studente di moda che c’era in lui aveva avuto i brividi al solo pensiero di indossare un indumento del genere, ma alla fine si era arreso davanti all’insistenza dei più grandi. Quando si ritrovarono tutti in cucina non poterono fare a meno di ridere per quanto fossero ridicoli, ma sicuramente ne era valsa la pena data l’allegria che aveva portato in casa.
«Allora, cosa posso fare?»
A parlare fu Chris, che essendo arrivato tardi la sera precedente non aveva idea di cosa avessero deciso di preparare. Jennifer e Minho, che nel mentre si erano già messi all’opera, si scambiarono uno sguardo cercando di fare mente locale e vedere se effettivamente ci fosse un compito da poter assegnare al maggiore. «Non molto in realtà. –Cominciò la ragazza.- Molte cose le abbiamo già preparate ieri e vanno solo riscaldate più tardi. Minho si sta occupando di preparare i pajeon e io e Jay il japchae, quindi davvero non resta un granché da fare. Potresti dare una mano un po’ a tutti e tre e cominciare a lavare i piatti man mano che li accumuliamo, se ti va. Dopo bisogna andare nel giardino sul retro a preparare il samgyeopsal, quindi potrai dare una mano a mio fratello.»
Christopher sorrise a quelle parole, intenerito da come lei sembrasse quasi dispiaciuta nel dovergli dire che al momento non poteva essere molto utile, per poi avvicinarsi al più piccolo dei quattro e spostare ciò che sapeva non servisse più, in modo da fargli un po’ di spazio per cucinare comodamente. Cominciarono a lavorare a ritmo serrato gli uni accanto agli altri, circondati da un silenzio confortevole interrotto solo ogni tanto dal battibeccare di Jennifer e Minho o il leggero canticchiare del maggiore. Formavano davvero un’ottima squadra.
«Ora che ci penso. –Cominciò Minho.- Per bere come ti sei organizzata?»
A quelle parole il più grande lo guardò con aria incredula, per poi tornare a cucinare scuotendo la testa in maniera rassegnata, ma con un sorriso affettuoso stampato sulle labbra; la sua migliore amica, invece, lo fissò con un sopracciglio inarcato, per poi sorridergli in modo quasi derisorio. «Berremo solo io e te, quindi non ho preso nient’altro oltre a quello che avevo già in casa. Ci sono sicuramente il makgeolli e il soju; poi credo ci siano anche un paio di bottiglie di birra avanzate dall’ultima volta che tu e Hyunjinnie siete venuti qui a cena. Credo che per due persone basti e avanzi, non credi?»
Il ragazzo sembrò soppesare le sue parole per un attimo, per poi annuire. «Come mai solo noi due, però? So che il vecchio lupo alle mie spalle non gradisce gli alcolici, ma Jay? E Sunghoonie, anche, dato che sappiamo entrambi che oggi pomeriggio sarà di nuovo qui?»
Jennifer scoppiò a ridere di fronte alla faccia esterrefatta e offesa del maggiore davanti a quell’insulto neanche tanto velato, per poi cercare di fare finta di niente, con scarsi risultati, quando quest’ultimo le lanciò un’occhiata oltraggiata. «Jay non beve chissà quanto e di solito preferisce il vino, mentre Hoonie meno beve meglio è. La nostra università è chiusa per andare incontro ai numerosi studenti provenienti dall’estero e consentire loro di passare le feste con le loro famiglie, ma il resto degli abitanti di Seoul non ha vacanze. Hoonie ha gli allenamenti domani sera.»
Jay, già a conoscenza degli impegni del suo migliore amico, non fece una piega, mentre gli altri due si voltarono verso di lei con aria sorpresa. «Davvero? –Cominciò Chris.- Credevo che almeno domani gli avrebbero dato tregua.»
La ragazza ridacchiò appena per la scelta di parole, per poi sorridere con aria quasi malinconica. «È già tanto che gli abbiano concesso ieri e oggi, considerando che tra poco più tre settimane ha una gara.»
L’aria nella casa si era fatta leggermente cupa, ma tutto tornò alla normalità grazie alle parole di Minho. «A volte mi dimentico che siamo amici di una quasi celebrità. Lo hanno soprannominato il principe del ghiaccio, giusto? Quando torna proverò a chiamarlo così, voglio proprio vedere come reagisce.»
I restanti tre scoppiarono a ridere nonostante non avesse detto niente di così divertente, perché solo immaginare il volto imbarazzato del più piccolo, con le mani strette a pugno mentre borbottava “ hyung” strascinando la vocale, fu abbastanza per riempire il  loro cuore di gioia. «Fatti sentire e il tuo dongsaeng preferito non ti rivolgerà più la parola. E ora muovi il culo e vai fuori a vedere in che condizioni è il fuoco, così possiamo cominciare a cuocere anche il samgyeopsal.»
L’altro cercò di ribattere, ma inutilmente, perché fu trascinato fuori in giardino da Jay. I due più grandi si guardano scuotendo la testa, rassegnati, per poi tornare a cucinare in silenzio.
La tranquillità non duro molto, perché all’improvviso sentirono suonare il campanello. Jennifer si assicurò che Christopher potesse tenere tutto sotto controllo e andò ad aprire, trovandosi davanti Sunghoon. Al contrario di quando era uscito poco prima non indossava più il pigiama, ma un pantalone nero e un maglione a collo alto delle stesso colore, mentre le scarpe erano infilate propriamente e i capelli neri gli ricadevano ordinatamente sulla fronte. «Hoonie, che ci fai qui? Sei andato via poco più di ora fa.»
Il ragazzo le sorrise, mettendo in mostra i suoi canini pronunciati e l’adorabile fossetta sulla guancia destra, per poi sollevare le braccia e mostrarle le due buste che stringeva tra le mani. «Mia madre mi ha chiesto di portarvi questi. Ci sono kimchi, tteokbokki e anche una torta con panna e fragole.»
Jennifer prese ciò che l’altro le stava porgendo e sorrise grata. «Grazie mille, non doveva darsi tanto da fare anche per noi. Non so davvero come sdebitarmi. Dille che appena posso vengo da voi per ringraziarla di persona.»
Il più piccolo cominciò a ridacchiare, per poi portare una mano sulla testa di lei per scompigliarle i capelli, facendole emettere un lamento di protesta. «Non farti troppi problemi. In più sapeva che lo avresti detto e mi ha chiesto di riferirti che se vuoi ripagare il favore allora dovete venire da noi per Capodanno.»
La ragazza scosse la testa, incredula; gli occhi ricolmi di riconoscenza. Conosceva quella donna da dodici anni, dal primo giorno che aveva messo piede in Corea, eppure ancora non riusciva a credere a quanto altruista fosse. «Puoi dirle che verremo da voi allora e, davvero, grazie.»
Sunghoon annuì e con la promessa che si sarebbero rivisti qualche ora dopo corse via, mentre Jennifer tornò in cucina per vedere come andavano le cose e avvisare i ragazzi che si ritrovavano con talmente tanto cibo che sarebbe stato sufficiente per mangiare anche il giorno successivo.
 
Da lì in poi le cose proseguirono tranquille. Una volta finito di cucinare si misero a tavola e presero a mangiare parlando del più e del meno, facendosi complimenti a vicenda per la buona riuscita dei piatti. Quando ebbero finito cominciarono a sparecchiare e, dopo aver convinto Minho e Jennifer a riposare un attimo, Chris e Jay lavarono i piatti e riordinarono la cucina. Inoltre come avevano immaginato molte cose erano avanzate, quindi le sistemarono negli appositi contenitori in modo da poterle consumare il giorno seguente. Non appena il gruppo fu nuovamente riunito in soggiorno, si misero seduti in cerchio sul pavimento e cominciarono a giocare a carte. Poco dopo furono raggiunti da Sunghoon, che aveva abbandonato il maglione nero a collo alto per uno in pieno stile natalizio come gli altri ragazzi, e decisero di giocare prima ad Halli Galli e poi a Jenga. Quando decisero di averne abbastanza si spostarono sul divano, dando inizio ad una nuova maratona di film di Natale, ma anche a quel giro non durarono più di due film. La soglia d’attenzione di tutti era notevolmente calata e qualche sbadiglio poteva essere sentito di tanto in tanto. Fu quando Minho, ormai decisamente brillo, decise di ringraziare Chris per avergli passato un bicchiere d’acqua con un “ti voglio bene hyung” e un enorme sorriso stampato in volto che capirono fosse decisamente giunta l’ora di andare a dormire. Dopo essersi cambiati, lavati e dati la buonanotte si sistemarono ognuno nel posto concordato già la sera precedente: Sunghoon avrebbe condiviso il letto con Jay; Minho, su sua insistenza, avrebbe dormito su un materasso messo a terra in camera di Jay; Chris avrebbe occupato la camera degli ospiti e Jennifer sarebbe stata in camera sua.
Erano passate ormai diverse ore da quando il gruppo di amici si era separato. I ragazzi si erano addormentati senza molte difficoltà, probabilmente più stanchi di quanto pensassero; il loro leggero russare l’unico suono che riempiva la casa altrimenti silenziosa. La stessa cosa non si poteva dire di Jennifer. Nonostante fosse sfinita aveva passato le ultime ore a rigirarsi senza sosta nel letto perché non riusciva a prendere sonno. Non era una novità per lei che soffriva di insonnia da anni, ma quella sera in particolare la cosa le stava dando incredibilmente fastidio. Nonostante non dovesse andare in università aveva comunque pensato di svegliarsi abbastanza presto e magari provare a lavorare sulla canzone che aveva cominciato a scrivere settimane prima; o magari anche starsene seduta sul divano a leggere un libro, cosa che non faceva da un po’. Sostanzialmente non aveva dei piani veri e propri, ma la cosa che sapeva per certo era che nel pomeriggio le due pesti di nome Jungwon e Riki si sarebbero presentate come sempre a casa loro, in modo da studiare insieme e chiedere aiuto se c’era qualcosa che non li convinceva. E per quanto li adorasse alla follia sapeva che non sarebbe riuscita a reggere alla loro iperattività con solo due ore di sonno, specialmente senza Jake a darle una mano. Cercò come sempre di ripetersi che doveva affrontare le cose una volta e che avrebbe pensato a come risolvere la situazione il giorno seguente, tranquillizzandosi un po’, ma il suo sonno continuava ad essere disturbato dalla seconda cosa che la stava mandando fuori di testa quella notte: il suo stomaco che non la smetteva un secondo di brontolare. Era sempre stata il tipo di persona che non riesce a mangiare molto tutto in una volta, preferendo quindi porzioni più piccole e aumentare di conseguenza il numero di pasti giornalieri. Questo poteva rivelarsi però un problema nelle giornate di festa. Infatti i ragazzi si erano riempiti all’ora di pranzo e non avevano avuto il coraggio di toccare nient’altro giunta l’ora di cena, quindi Jennifer, tra la sua pigrizia e il non voler interrompere il divertimento, si era semplicemente accodata restando a digiuno. E probabilmente se fosse riuscita ad addormentarsi quando avrebbe dovuto non ne avrebbe risentito chissà quanto, ma a quel punto la situazione si era fatta davvero insostenibile.
Dopo averci pensato a lungo prese una decisione e sbuffando si tolse le lenzuola di dosso, mettendosi a sedere. Un brivido di freddo le percorse l’intera schiena e si apprestò ad infilarsi un paio di calzini; dopo aver recuperato la coperta poggiata sulla sedia davanti alla scrivania ed essersela avvolta intorno alle spalle si avviò verso la cucina senza neanche indossare le ciabatte, in modo da fare il meno rumore possibile e non rischiare di svegliare gli altri. Percorse il tragitto lentamente e al buio, sperando di non inciampare da nessuna parte o, peggio ancora, cadere dalle scale. Accese la luce solo una volta giunta in cucina e, una volta che i suoi occhi si furono abituati a non essere più circondati dall’oscurità assoluta, si diresse verso il mobile dove teneva le scorte d’emergenza per quando i ragazzi si fermavano a cena senza preavviso.  Salì su una sedia, altrimenti data la bassa statura non sarebbe riuscita ad arrivarci, e prese una confezione di riso istantaneo; dopo aver alzato leggermente la copertura lo mise in microonde e impostò la temperatura e il timer. Non volendo restare lì ad aspettare e sapendo di avere tempo a disposizione, uscì dalla cucina e si avviò sul retro, dove c’era quello che era lo studio del padre ma che nel giro di un paio di giorni sarebbe diventato l’atelier di Jay. Raggiunse il balcone che si affacciava sul giardino e sedutasi sul pavimento a gambe incrociate si mise a guardare la neve che cadeva senza sosta da ore. Questa semplice azione ebbe un’incredibile potere calmante su lei, allontanando la frustrazione e l’ansia che avevano preso possesso della sua mente da quando si era separata dagli altri. Finalmente in grado di pensare lucidamente, rifletté sulle due giornate appena trascorse e, inconsapevolmente, un lieve sorriso si dipinse sulle sue labbra. Sicuramente non era così che aveva immaginato di trascorrere il Natale, ma per quanto fosse dispiaciuta di non poter essere con i suoi genitori era felice così. Ultimamente, chi per un motivo, chi per un altro, tutti loro avevano delle giornate stressanti e poco felici, quindi poter passare del tempo insieme a ridere e scherzare, liberi da ogni preoccupazione, era una delle cose migliori che potesse accadere. Inevitabilmente, i suoi pensieri finirono per concentrarsi su colui che era il più grande tra loro cinque. Nonostante si conoscessero da ormai sei anni, Jennifer ancora non riusciva a capacitarsi dell’importanza che la presenza del maggiore aveva acquisito nella sua vita. Quando Minho li aveva presentati lei si aspettava di restare una figura marginale nella vita di Chris, ma non aveva idea di come con il passare degli anni avrebbero stretto un rapporto basato su stima e affetto reciproco e che lui sarebbe diventato per lei un porto sicuro dove rifugiarsi nei momenti di bisogno.
 
Quel giorno il club di danza della scuola non avrebbe potuto provare a causa dell’assenza dell’insegnante, motivo per cui al suono dell’ultima campanella un Minho diciottenne afferrò per un braccio la sua migliore amica, nonché compagna di banco, e corse fuori senza curarsi del personale scolastico che li rimproverava a suon di “Lee, Park! Non si corre nei corridoi!”. «Yah, Min! Dove stai andando con così tanta fretta? Non ci sono le prove oggi!»
L’altro non prestò minimamente attenzione alle sue proteste e continuò a correre, fermandosi solo quando si trovarono all’esterno, davanti al cancello d’entrata. A quel punto si voltò verso la più grande, trovandola china con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato e la divisa tutta in disordine e, anche se non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, una sensazione di tenerezza gli pervase il petto. Sorrise appena e portò una mano ad aggiustarle i lunghi capelli neri scompigliati a causa del vento, vedendo le sue guance colorarsi di rosso davanti a quel gesto inaspettato. «Sei sempre un tale disastro, Jen. Lo so che non ci sono le prove, ma proprio per questo volevo approfittarne per presentarti Chan hyung, gli ho chiesto di passare una volta finito i corsi.»
Jennifer a quelle parole arrossì ancora di più e, offesa, schiaffeggiò via la sua mano. «Se non mi avessi trascinata di corsa per i corridoi non sarei in queste condizioni, grazie tante. E continuo a non capire tutta questa fretta, non credo gli sarebbe costato molto aspettare due  minuti se anche si fosse trovato già qui.»
Minho stava già preparando una delle sue risposte irriverenti che l’avrebbero infastidita ancora di più, quando la sua attenzione fu catturata da una figura che stava arrivando dalla strada alle spalle di lei e cominciò a sbracciarsi per attirarne l’attenzione. «Channie hyung!»
Pochi istanti dopo apparve uno dei ragazzi più belli che Jennifer avesse mai visto. Era alto più o meno quanto Minho; da sotto il cappellino di lana che indossava sbucavano dei corti riccioli ribelli color castano scuro e gli occhi, piccoli e marroni, erano così gentili ed espressivi che sentì il cuore perdere un battito; come se non fosse abbastanza aveva un enorme sorriso che andava da un orecchio all’altro, mettendo in mostra la dentatura perfetta, contornato da un adorabile paio di fossette che lo rendevano incredibilmente adorabile.
La ragazza deglutì nervosamente, sperando che l’altro non si fosse accorto dell’insistenza con cui lo aveva fissato, per poi allungare timidamente una mano tra i loro corpi. «Io sono Jennifer, piacere di conoscerti. Minnie mi ha parlato molto di te.»
L’altro ragazzo –Chan, le suggerì la sua mente- inclinò leggermente la testa verso sinistra, mettendo in mostra l’orecchino pendente che fino a quel momento non aveva notato e , se possibile, sorrise ancora di più, per poi portare la mano destra a stringere la sua ancora in attesa. «Christopher, piacere mio. Stessa cosa. Non vedevo l’ora di poterti finalmente incontrare anche solo per dare un volto alla ragazza di cui Minho mi parla continuamente.»
La mente di Jennifer stava avendo difficoltà a processare le sue parole, presa a non farsi distrarre da piccoli dettagli insignificanti come la sua mano calda nonostante il freddo invernale o lo smalto nero sulle unghie leggermente rovinato sulle punte. Quando si fu ripresa si accorse della discrepanza tra il nome che aveva usato per presentarsi e quello con cui Minho l’aveva chiamato poco prima e assunse un’espressione confusa che non passò inosservata all’altro ragazzo. «Sono coreano-australiano, ho vissuto a Sidney fino all’anno scorso. Il mio nome completo è Bang Christopher Chan. Quindi sì, di solito lascio agli altri libertà di scelta su come chiamarmi. Min mi ha detto che sei australiana come me. Di dove sei di preciso?»
A quelle parole si voltò verso Minho, fulminandolo appena con lo sguardo, capendo finalmente il motivo per cui volesse a tutti i costi farli incontrare. «Io vivo qui da ormai sei anni, ma sono di Brisbane.»
Prima che la conversazione potesse proseguire o prima che Minho potesse insultarli per quelli che sembravano discorsi tra bambini dell’asilo, furono interrotti da un urlo. «Jen noona!»
Jennifer, sentitasi chiamare, si voltò immediatamente e vide due figure correre nella loro direzione, riconoscendole come suo fratello Jay e il suo migliore amico Sunghoon. «Ehi, piccole pesti. Siete in ritardo.»
«Dillo a Hoonie che invece di sbrigarsi continuava a ripetere “Jay-ah non correre!”»
Sembrava che Sunghoon stesse per ribattere, ma quando si accorse di una presenza a lui sconosciuta si ammutolì di colpo, nascondendosi per quanto possibile dietro la ragazza più grande. Questo attirò l’attenzione di Jay che, intraprendente come sempre, non perse un attimo nel presentare se stesso e l’amico. Minho, avendo pietà del suo dongsaeng preferito, si rivolse direttamente a lui con un sorriso affettuoso. «Niente allenamenti oggi, Hoonie?»
Il quasi quattordicenne si irrigidì appena nell’avere tutta l’attenzione su di sé e Jennifer, comprensiva come sempre, portò una mano a stringere quelle screpolate dal freddo del più piccolo, cercando di infondergli conforto. «Sì, ma alle sette di stasera. Volevo approfittarne per chiedere a noona di darmi una mano con i compiti di inglese e matematica, se non è un problema.»
La ragazza voltò la testa quanto bastava per incontrare i suoi occhi e sorridergli gentilmente. «Assolutamente nessun problema, ti aiuto volentieri.»
«Perfetto! –Esordì Minho.- Allora direi che possiamo avviarci tutti verso casa. Vieni anche tu con noi, hyung, dato che la direzione è la stessa?»
Al cenno d’assenso del maggiore, Minho prese letteralmente i due più piccoli sotto la sua ala e cominciò a camminare, lasciando Chris e Jennifer a seguirli, con quest’ultima che non poteva che sorridere intenerita nel vedere il trio discutere animatamente tra loro della giornata appena trascorsa. «Jennifer. –La voce di Chris la riportò alla realtà e spostò lo sguardo su di lui, per fargli capire che lo stesse ascoltando.- Volevo chiederti una cosa. Andando in giro con Minho mi è capitato più volte di sentir parlare dei “fratelli Lee”, riferito a voi due, e sono un attimo confuso.»
La ragazza scoppiò a ridere a quelle parole, per niente sorpresa che qualcuno che non li conoscesse da anni fosse perplesso davanti a quell’epiteto apparentemente senza senso. «È il soprannome che hanno affibbiato a me e Minho sin da quando ci siamo conosciuti. Pur battibeccando continuamente eravamo inseparabili e se qualcuno osava dare fastidio a uno di noi due l’altro era sempre pronto a difenderlo. A Minnie non piace che ne parli, ma da piccoli è capitato più di una volta che tornasse a casa con graffi e lividi dopo aver difeso me, e a volte anche Jay, dai bambini che mi prendevano in giro per non essere nata e cresciuta qui. Poi diciamo che l’essere nati con soli due giorni di differenza ha contribuito, infatti una variante di quel soprannome che stanno cominciando ad usare sempre più spesso è “gemelli Lee”. Non chiedermi per quale motivo abbiano scelto Lee piuttosto che Park perché non ne ho idea.»
Chris aprì e chiuse più volte la bocca, non sapendo bene cosa rispondere, ma alla fine si limitò ad annuire e cambiare discorso.
Presto giunsero davanti casa Park e furono costretti a separarsi, ma non prima di essersi promessi di rivedersi il prima possibile.
 
Quando si erano conosciuti quel giorno Jennifer si aspettava che il suo legame col maggiore non sarebbe mai andato oltre quello di due conoscenti che dovevano andare d’accordo perché avevano un amico in comune e che ogni tanto si perdevano a parlare di come sentissero la mancanza della loro terra natia. E ad essere onesti all’inizio questo non era tanto lontano dalla realtà, almeno fino ad un determinato giorno di quasi un anno dopo.
 
Era un giorno come un altro e Christopher, come quasi ogni pomeriggio, era in uno degli studi dell’università a lavorare su una nuova canzone. Stava riascoltando attentamente una parte che non lo convinceva, pensando se fosse necessario registrarla nuovamente o meno, quando con la coda dell’occhio vide lo schermo del suo cellulare illuminarsi. Normalmente non ci avrebbe dato peso, ma era la terza volta nel giro di cinque minuti che qualcuno provava a chiamarlo e sapeva che se uno dei ragazzi stava provando a contattarlo con così tanta insistenza doveva essere successo qualcosa. Si tolse le cuffie per poi poggiarle accanto alla tastiera e rispose. «Min, tutto bene?»
«Hyung! –La voce trafelata di Minho gli giunse alle orecchie, facendolo preoccupare.- Sei ancora nello studio, vero?»
«Sì, perché? È successo qualcosa? Hai bisogno che venga da te?»
Mentre parlava cominciò a chiudere tutta l’apparecchiatura che aveva usato e recuperare le chiavi della stanza, in modo da poter uscire di fretta in caso di bisogno, solo per bloccarsi all’improvviso sentendo la risposta del minore. «No, non è per me, è per Jennifer. Ci siamo separati dopo le prove perché lei ha detto di dover andare un attimo nello studio che usa di solito per riascoltare un pezzo e poi mandarlo ad Hongjoong. Poco fa ho finito di fare la doccia e ho visto che fuori diluvia, così ho chiamato Jay per sapere se lei fosse a casa ma mi ha detto che non è ancora tornata e in più lei non risponde al telefono. Jen ha il terrore dei temporali, hyung, e non si trovava ad affrontarne uno da sola da una vita e ho paura che si sia sentita male. So che forse sto esagerando, ma-»
«Non stai esagerando. –Lo interruppe il maggiore, che nel mentre aveva preso a correre verso lo studio di Jennifer.- Hai fatto bene a chiamarmi. Ora sto andando lì e ti prometto che appena ho la situazione sotto controllo ti faccio sapere come sta.»
Dopo averlo tranquillizzato chiuse la telefonata, affrettando ancora di più il passo, finché una volta giunto a destinazione spalancò la porta senza neanche bussare. La scena che gli si presentò davanti gli spezzò il cuore. Jennifer era seduta sul divanetto presente nella stanza, le ginocchia strette al petto e la testa tra di esse, mentre con le mani cercava di coprirsi le orecchie per cancellare quanti più suoni esterni possibili. Era talmente concentrata, o forse talmente fuori di sé, da non averlo sentito entrare. Si avvicinò piano a lei e delicatamente portò una mano ad accarezzarle i capelli, facendola ovviamente spaventare. «Chris, che ci fai qui?»
Realizzando chi aveva di fronte, la ragazza si alzò immediatamente da dov’era seduta e cominciò a muoversi in giro per la stanza, facendo finta di riordinare o di essere alla ricerca di qualcosa; qualunque cosa pur di dare l’impressione che andasse tutto bene. «Minho mi ha chiamato e mi ha detto della tua paura dei temporali. Era preoccupato perché non eri a casa e non rispondevi al cellulare, così sono venuto a controllare come stavi.»
A quelle parole Jennifer si bloccò per un istante e prese un profondo respiro, chiaramente poco contenta della decisione del suo migliore amico, per poi tornare a comportarsi come se niente fosse. «Non è niente di così serio, Chris, non c’era alcun bisogno di preoccuparsi.»
«Non cercare di negare l’evidenza. –La riprese gentilmente.- Stai tremando come una foglia e hai il fiato talmente corto che sembra tu abbia appena finito di correre la maratona di New York.»
Vedendo che la sua recita non aveva funzionato si arrese e si lasciò guidare dalla mano di Chris che delicatamente la condusse nuovamente verso il divano, dove si sedettero entrambi. «Non c’è niente di imbarazzante nell’avere paura dei temporali. Le fobie sono qualcosa di irrazionale. E nessuno dei ragazzi ti prenderebbe mai in giro per una cosa simile.»
«Non mi imbarazza. –Cominciò la ragazza, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.- O meglio, forse un po’ sì, ma non è questo il punto. Io sono la più grande, i ragazzi mi credono un punto di riferimento, come la persona da cui andare se hanno un problema. Come faccio ad assicurarmi la loro fiducia se poi mi dimostro fragile tanto quanto loro?»
Sentendole pronunciare quelle parole Chris le strinse forte una mano, fin troppo abituato a quel modo di pensare. « “Non importa che tu sia il più grande, hai anche tu il diritto di avere delle debolezze e di mostrarle o di avere dei momenti no. Non sei invincibile. E nessuno di noi perderebbe la stima che ha per te solo perché dimostri di essere umano come noi”. Queste sono le parole che Minho mi ha detto solo pochi mesi fa. Se c’è una persona che sa quanto sia difficile ammettere di avere dei problemi e farsi aiutare sono io, ma Min ha ragione: un po’ alla volta dobbiamo imparare a fare affidamento sugli altri o finiremo per crollare. Però adesso non sei più da sola, hai anche me su cui fare affidamento. Possiamo dividere tra noi il peso dei nostri problemi e occuparci insieme dei nostri adorabili e iperattivi dongsaeng.»
Jennifer ridacchiò appena per il modo a cui si era riferito ai più piccoli, per poi scoppiare in un pianto liberatorio una volta realizzato il peso di quelle parole che aveva bisogno di sentirsi dire da una vita. Christopher si limitò a stringerla forte tra le sue braccia mentre lei si liberava di anni di frustrazioni e paure, offrendole supporto proprio come le aveva appena promesso. «Andiamo, ti accompagno a casa.»
 
Gli avvenimenti di quel pomeriggio portarono a un cambiamento sostanziale nel rapporto tra Jennifer e Christopher. Seppure con qualche difficoltà, i due cominciarono a fare sempre più affidamento sull’altro nei momenti di bisogno. Il maggiore divenne l’unico, con l’eccezione a volte di Minho, a vedere il lato più vulnerabile della ragazza e ad essere sempre pronto a ricordarle quanto talentuosa fosse quando l’ansia per un’esibizione la portavano a dubitare di se stessa. E, allo stesso tempo, Jennifer divenne l’unica spalla su cui Chris si concedeva di piangere quando tutto diventava troppo anche per le sue spalle larghe e anche l’unica a cui il maggiore desse retta quando andava a recuperarlo in studio alle quattro per costringerlo a dormire anche solo un paio d’ore. Col passare degli anni la presenza di uno divenne imprescindibile da quella dell’altro, tanto che ormai era più corretto parlare di Jennifer-e-Christopher, come se fossero un’unica entità: Jennifer-e-Christopher e le loro  nottate a lavorare in studio, che spesso finivano con l’essere meno incontri di lavoro e più occasioni per parlare a ruota libera di tutto quello che passava loro per la mente; Jennifer-e-Christopher e le serate film e alcolici a casa Park in compagnia di Minho e Hyunjin, dove lei finiva quasi sempre per addormentarsi sul divano e lui per portarla in braccio fino alla sua camera, per poi lasciarle sul comodino uno dei suoi soliti post-it con la scritta “G’morning sleepyhead”, che sapeva l’avrebbero fatta arrossire fino alla punta dei capelli. La sottile linea che separava la loro semplice amicizia da qualcosa di più profondo si faceva sempre più labile e i due ne erano consapevoli, ma a loro stava bene così e non avevano paura. Sapevano che arrivato il momento giusto per fare quell’ultimo semplice ma decisivo passo lo avrebbero capito e sarebbero stati pronti a lasciarsi cadere.
 
Nel vortice di pensieri e ricordi in cui era andata a cacciarsi cominciò a farsi largo un incessante bip, bip, bip e le ci volle più di qualche istante per ricordarsi che la ragione per cui era lì in primo luogo era prepararsi qualcosa da mangiare e che il suono che continuava a sentire era il microonde. «Cazzo.»
Rendendosi conto che rischiava di svegliare tutta la casa si alzò di scatto dal pavimento, lasciando cadere la coperta ai suoi piedi, per poi cominciare a correre verso la cucina. Pochi istanti prima che giungesse sulla soglia della stanza l’insopportabile rumore cessò all’improvviso e il perché le fu chiaro quando una volta entrata vide Christopher poggiare il riso su di un sottopentola dimenticato sul tavolo poche ore prima. Non appena notò la sua presenza si voltò verso di lei sorridendole dolcemente. «Mi sembrava strano che avessi deciso di non cenare stasera.»
Jennifer, ormai rassegnata alla consapevolezza di aver disturbato il sonno del maggiore, sbuffò una risata e andò a sedersi. «Già e come puoi vedere non è stata una buona idea. Comunque mi dispiace averti svegliato, mi sono distratta.»
«Tranquilla. –La rassicurò l’altro con un sorriso.- Ero ancora sveglio, altrimenti non mi sarei accorto di niente.»
La ragazza ricambiò il sorriso, facendo poi cenno a Chris di sedersi di fronte a lei. «Ti va di farmi compagnia? Ci sono anche gli avanzi di oggi a pranzo se vuoi.»
Il ragazzo ci pensò su un secondo per poi annuire e andare a recuperare uno dei contenitori che lui e Jay avevano sistemato ore prima. Si ritrovarono così ad avere un improvvisato spuntino di mezzanotte, anche se la mezzanotte era passata ormai da un pezzo, godendosi la compagnia l’uno dell’altro, avvolti dal confortevole silenzio della casa.
Quando finì di mangiare sollevò lo sguardo per ammirare la figura rilassata del maggiore, sentendo il cuore riempirsi d’amore davanti alla domesticità di quella situazione. Andò a posare la ciotola e le bacchette nel lavandino, con l’intenzione di lavarli il mattino seguente, per poi mordersi il labbro inferiore, pensierosa. Sapeva che sarebbe stato meglio andare a dormire, il giorno seguente avevano degli impegni, ma sentiva di aver bisogno di passare ancora del tempo in compagnia dell’altro ragazzo. «Chris. –Lo richiamò.- Se non vuoi ancora andare a dormire ti va di venire con me?»
Inutile dire che l’altro accettò senza neanche pensarci e pochi istanti dopo si trovarono nel vecchio studio del signor Park. Jennifer si avvicinò al balcone e si sedette sul pavimento, per poi battere una mano accanto a sé in un chiaro invito che fu subito colto dal maggiore che non esitò a raggiungerla. La più piccola si strinse maggiormente a lui e coprì entrambi con la coperta che aveva dimenticato lì poco prima, per poi perdersi nuovamente ad ammirare la neve che ancora non aveva smesso di cadere. Senza neanche rendersene conto si ritrovò con la testa poggiata sulla spalla di Christopher e con il suo braccio sinistro intorno alla vita. Tra il calore della coperta e quello del corpo del maggiore premuto contro il suo, la ragazza si sentì talmente rilassata da essere sul punto di addormentarsi, se non fosse stato per l’improvvisa domanda che le fu rivolta dal ragazzo. «A cosa stavi pensando prima che ti ha distratta tanto da non sentire il microonde?»
Jennifer sorrise dolcemente. «Pensavo al fatto che fossi incredibilmente felice di aver potuto passare il Natale così con voi tre; che fossi infinitamente grata che tu avessi accettato il mio invito di unirti a noi e poi sono finita a pensare a quanto sono fortunata che tu sia entrato a far parte della mia vita anni fa.»
Il maggiore ridacchiò leggermente, per poi lasciarle un bacio tra i capelli. «Anch’io sono grato di aver accettato il tuo invito, non passavo una così bella giornata da molto tempo. E sono io quello fortunato che tu abbia accettato di entrare a far parte della mia vita fin troppo caotica e di aiutarmi a navigare al suo interno senza annegare.»
A quelle parole seguì il silenzio, finché Christopher non pose una domanda che le mozzò il respiro. «Formiamo una bella coppia, non trovi?»
Ah. Pensò. È giunto il momento.
Con quelle parole all’apparenza innocue Chris le stava dicendo che lui era pronto a cadere, adesso stava a lei decidere cosa fare. Senza alcuna indecisione, lasciò che le sue labbra si aprissero in un timido sorriso, per poi sussurrare la risposta che avrebbe cambiato le loro vite. «Sì, lo siamo.»
Eccomi, sono pronta a cadere con te.
Alzò leggermente la testa dalla sua spalla per poterlo guardare negli occhi, solo per rendersi conto che lui la stesse già fissando con uno sguardo ricolmo d’affetto.  Continuarono ad ammirarsi come se fosse la prima volta per minuti interi, finché, come spinti da una forza più grande di loro, cominciarono ad avvicinare i loro visi. La linea sottile a cui si erano disperatamente aggrappati in quegli ultimi anni andò affievolendosi col il diminuire dei centimetri che li separava, fino a spezzarsi del tutto quando le loro labbra si incontrarono in quel tanto desiderato primo bacio. Si erano fidati l’uno dell’altro e si erano lasciati cadere, ma non avevano paura, perché sapevano che quella decisione l’avevano presa insieme e insieme ne avrebbero affrontate le meravigliose conseguenze.
 
 
 
 
Hola!
Ciao a tutti. Ci tengo a cominciare queste note dicendo che mentre le sto scrivendo sono le quattro del mattino, quindi se non avranno senso sapete il perché.
Innanzitutto, non so con che coraggio sono qui dato che non mi faccio viva da più di due anni e mezzo. Mi scuso sentitamente, ma non è stato un bel periodo e non lo è tutt’ora. Dopo l’ultima os che ho pubblicato non ho più scritto una riga e penso che da questo disastro di storia lo si capisca. Questo per dire che questa os non segna il mio ritorno definitivo, anche se spero di cominciare a scrivere nuovamente perché mi manca da impazzire.
Passando alla storia. Sono sincera, non mi piace e credo che sia una delle cose peggiori che io abbia scritto negli ultimi tre anni; ma mi conosco e sapevo che se non avessi provato a buttarla giù non avrei trovato pace. Spero solo non sia davvero troppo terribile. Ovviamente commenti e consigli sono bene accetti, vi chiedo solo di esprimerli in modo gentile.
Poi che dire è la prima volta che scrivo di skz e enha e penso si veda, mi dispiace. Ho avuto più di un crollo mentale mentre scrivevo perché non sapevo come rendere realistici i loro caratteri, soprattutto quello di Minho, e infatti credo di aver fatto un pessimo lavoro e che abbiano finito con l’essere tutti OOC. Ma va bene, quel che fatto è fatto suppongo. Volevo solo aggiungere che ho riletto la prima metà della storia decine e decine di volte mentre scrivevo, mentre lo stesso non si può dire della seconda parte, quindi se trovate errori sapete perché. Non appena la mia mente si riprende e magari ad un orario diverso dalle quattro di mattina la rileggerò e apporterò eventuali modifiche necessarie, abbiate pazienza.
Prima che queste note diventino più lunghe della storia stessa la chiudo qui. Ancora grazie a chi ha letto, spero davvero la lettura non sia stata troppo male. Spero di rivedervi presto e per favore se non l’avete già fatto non dimenticatevi di me.
Miky.
  
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