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Autore: A_Typing_Heart    28/01/2023    0 recensioni
Due morti accidentali identiche. Dubbi, sospetti e insabbiamenti. Una chiesa che cela gelosamente i suoi segreti e i suoi tesori. E una richiesta silenziosa che Mikaela, sopravvissuto a una pericolosa setta, non può lasciare inascoltata.
* segue Il Vampiro di West End *
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Crowley Eusford, Ferid Bathory, Krul Tepes, Mikaela Hyakuya, Yūichirō Hyakuya
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La spada di Dio'
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Mika riemerse da dietro il suo commentario biblico solo quando fu certo che Ferid si fosse rivestito e lo seguì con gli occhi mentre tornava a sedersi sul suo letto. Se i segnali non lo ingannavano – e lo facevano molto di rado – diventava più nervoso a ogni minuto che lo avvicinava all’ora del suo appuntamento.

«Non devi uscire con Crowley, perché sei così nervoso?»

«Non sarei nervoso se dovessi uscire con lui, sarei felice» replicò Ferid cercando di ridare una forma ai suoi capelli appena asciugati.

«Quando sei arrivato da noi eri sempre sulle spine con lui… ci tenevi a fargli una bella impressione e stavi rigido come uno che è appena sceso dalla bicicletta dopo tre ore» gli ricordò con un ghigno. «Mi viene da ridere a ripensarci. Come quella volta che è tornato a casa e sei andato in paranoia perché non gli avevi fatto trovare la cena, come se Crowley fosse quel genere di uomo.»

«A mia discolpa, anche Crowley si comportava in modo strano con me» protestò Ferid, piccato. «Si era presentato come un tipo territoriale, uno attaccato alle sue abitudini e che vuol fare le cose a modo suo, invece è un cagnolone: dove gli metti il tappeto lui si sdraia senza un fiato.»

«Letteralmente?» domandò Mika incuriosito, chiudendo il libro.

«Non saprei. Non ha tappeti in casa sua.»

Ferid si fece pensieroso e fissò il soffitto, assorto.

«La prima volta che è venuto da me appena entrato ha notato il tappeto iraniano nel mio salotto. Ricordo che mi ha sorpreso che si intendesse di tappeti, dopo aver visto com’è minimale casa sua.»

«L’avrà imparato da sua madre. Ha lavorato anni nell’antiquariato.»

Ferid si rigirò la spazzola tra le dita, come se tentasse un trucco da prestigiatore.

«Non me ne ha mai parlato… in realtà non parla mai di sua madre.»

«Non si parlano da qualche anno. Lei non ha preso bene che lui uscisse con degli uomini. A quanto ne so sono tutti e due molto credenti, i suoi.»

Una fugace ombra passò nello sguardo di Ferid e Mika sapeva perfettamente come interpretarla. Sapeva già che il suo amico credeva di aver rovinato la vita perfetta che Crowley avrebbe potuto avere con una moglie e dei figli, irrompendo nella sua esistenza come una malattia incurabile.

Sospirando Mika si alzò dal letto e andò a sedersi sul suo, gli prese la spazzola dalle mani e passò le dita nei suoi capelli. Senza il libero accesso alle sue molte bottiglie e boccette di diavolerie non erano così lisci e fluidi come tutti erano abituati a vederli, ma erano ancora luccicanti: gli ricordarono i fili d’argento che adornavano l’albero di Natale dell’orfanotrofio Hyakuya.

Quando diede il primo colpo di spazzola su una ciocca Ferid lo guardò stupefatto.

«Che stai facendo?»

«Se continui a cianciare e guardare in aria non finirai mai di pettinarti» tagliò corto Mika.

Ferid fece un gesto per farsi ridare la spazzola, ma Mika fece finta di non averlo visto e proseguì i suoi tentativi lisciare quella chioma argentata. Non si era mai accorto di quanto fossero sottili, ma ognuno scintillava nella luce della celletta. Non era così sorpreso che Crowley li trovasse ipnotici e alle volte si perdesse a fissarli quando Ferid era seduto davanti a lui o di schiena a fare qualcosa in cucina.

«Non mi hai detto dove ti hanno messo oggi.»

«Ah» fece Ferid, decisamente poco entusiasta. «Oggi sono stato alle pulizie della casa grande. È stato molto tedioso e faticoso.»

«E domani?»

«Dovrei essere nel campo grande, quindi ancora peggio… oh, che risate si farebbe Crowley a vedere un cittadino chic come me brandire una stupida zappetta intorno a piante di pomodori.»

Mika rise senza riuscire a trattenersi.

«Non sono pomodori, Pepper. Sono fagioli.»

«Ehh? Davvero?!»

«Non sei capace di riconoscere una pianta di pomodori? Sai, quei grossi frutti tondi e rossi, mentre i fagioli…»

«Ah, smettila» sbottò lui. «Finché non cresce qualcosa sembrano tutte uguali quelle stupide piante!»

Mika si mordicchiò il labbro per impedirsi di replicare e al tempo stesso di ridere. Le campane rintoccarono le dieci in punto.

«Coprifuoco» annunciò con tono molto meno ilare. «È quasi ora.»

«Sì.»

Nel minuto seguente sentirono qualcuno andare su e giù per il corridoio per usare il bagno un’ultima volta, diverse cellette chiudere le porte col chiavistello, e infine il clic che accompagnava lo spegnimento delle luci tra una celletta e l’altra. Mika si mise con più premura a sistemare i capelli di Ferid: era ora che uscisse.

«Ahi… che stai facendo?»

«Scusa. Sopporta un momento, ci metto poco.»

Era passato del tempo dall’ultima volta che aveva fatto la treccia ai capelli di Crowley – per un paio di settimane se n’era occupato quando si era infortunato la spalla a seguito di un incidente stradale in servizio – ma ricordava come fare e i capelli di Ferid erano più facili da gestire, più corti e leggeri. In un minuto gli aveva fatto una morbida treccia di una spanna.

«Temo non potrai puntare sul fascino dei tuoi capelli sciolti stasera, ma avrai qualche altro asso nella manica o da qualche altra parte, giusto?»

«Niente che si noti con questi stracci da novizi» commentò sconsolato Ferid.

«Troverai il modo di farteli togliere, allora.»

«Ah, non istigarmi! Mi sento colpevole a non farmi venire in mente un altro piano!»

Mika scrollò le spalle. Non poteva dire di non comprendere come si sentiva, ma se la loro missione doveva arrivare da qualche parte lui doveva almeno mettere a tacere gli scrupoli di Ferid quando si fossero manifestati. Non potevano concederseli.

«Ti sei fatto portare a letto da quello. Meriti di sentirti colpevole.»

«Un giorno ti racconterò la storia. Ci sarà da ridere, giuro.»

«Non voglio sentirla.»

«Ma smettila, tu sei un pervertito. Vuoi ascoltare tutte le storie erotiche che sono disposti a raccontarti» ribatté Ferid, e si avventurò dentro la cassapanca alla ricerca di qualcosa. «Ah, non che ci sia qualcosa di male, ma devi far pace con quel lato della tua natura.»

«Non è delle tue scappatelle che non voglio sentire, ma di quello. Quell’uomo mi disturba a un livello profondo, dico sul serio.»

Ferid aveva trovato quello che cercava – un piccolo barattolo dal tappo dorato – quando si sedette sul mobile sospirando.

«Se solo lo lasciassi fare per dieci minuti vedresti cosa può farti a livello profondo, mio caro.»

Mika si sentiva fin troppo vulnerabile alle tentazioni in quel posto così restrittivo e lontano dal suo compagno così puntualmente affidabile in quel senso; non aveva proprio intenzione di farsi entrare in testa strani tarli, quindi fissò il barattolo che Ferid aveva appena aperto.

«Che è quella roba?» chiese, poi lo vide spalmarselo sulle labbra con la punta del dito. «Un balsamo?»

«Mh-mh… uno speciale… costa un sacco di soldi, ma li vale tutti» esitò mentre ne metteva un velo sul labbro superiore, poi tese un sorrisetto. «Quando lo metto Crowley non riesce a non guardarmi e mi fissa finché non me lo toglie tutto~»

Il sopracciglio sinistro di Mika fece un sussulto involontario.

«Finché non te lo toglie…?»

«Non vorrai che ti spieghi come, vero?»

«Certo che lo voglio. A forza di parlare di Dio tutto il giorno finirò per dimenticarmi che avevo una vita sessuale prima di finire qui dentro.»

Ferid rise, richiuse il barattolino e si alzò per rimetterlo tra i suoi abiti.

«Rimandiamola, è una cronaca che merita tutto il tempo necessario per raccontarla e apprezzarla… e io non ne ho…»

Mika annuì.

«Devi avviarti.»

Ferid tese un sorriso, con labbra illuminate da un lieve riflesso caldo. Socchiuse la porta per ascoltare il silenzio in corridoio e poi scivolò fuori come un’ombra.

Mika si alzò dal letto e si accostò al battente finché non udì un lieve rumore metallico che immaginò fosse la maniglia della porta del seminterrato, poi spinse piano la porta della celletta e la richiuse senza farle fare rumore.

Ora è tutto nelle sue mani… quello che succederà questa sera sposterà l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, a nostro favore o contro…

Ciondolò fino al letto e vi si raggomitolò sopra, affondando la faccia nel cuscino alla ricerca di buio e assenza di stimoli, in modo da poter ragionare il più obiettivamente possibile sulle mosse successive per ognuno degli scenari che poteva immaginare.

 

***

 

È strano, ma… sembra di essere tornato ragazzino.

Il buio tipico delle zone di campagna, il cielo stellato, un’uscita di soppiatto in piena notte per incontrare qualcuno di nascosto: era davvero come tornare ai tempi in cui usciva dalla villa per raggiungere Bobby dietro la scuderia. Il ricordo era dolce e amaro al tempo stesso.

La figura ferma all’incrocio delle strade la riconobbe anche da lontano, con quell’abito blu intenso illuminato da uno dei lampioni del viale alberato. Accelerò il passo e lo raggiunse mentre la campana rintoccava le dieci e un quarto.

«Ah, eccoti qui… puntualissimo.»

«Sì… ma è sicuro che posso stare fuori a quest’ora?» domandò Ferid, controllando sospettoso le zone più buie intorno ai campi. «Come novizio dovrei essere in camera mia alle dieci…»

«È vero, ma come novizio hai moltissimi impegni durante il giorno, e anch’io… a quest’ora invece nessuno ci interromperà. Non stai certo violando la buona condotta se passeggi con il tuo padre spirituale, no?»

Nereus raccolse qualcosa da terra, un metro circa dietro le sue gambe, e Ferid vide che era una lanterna elettrica. Ne ricordava una simile usata da Crowley per accompagnarlo al cimitero monumentale nel North End.

«Sai, è questo il problema di fondo di molti ordini cristiani… mantengono un atteggiamento molto severo, quasi militare nel disciplinare i loro fedeli… vestigia del tempo in cui la chiesa di Roma era una potenza politica, che controllava il modo di vivere della popolazione facendo leva sulla paura del demonio e dell’inferno. Non è un modo corretto.»

Nereus accese la lanterna e si avviò a passo tranquillo sul sentiero senza ghiaia che si allontanava dalle due case principali dell’ex piantagione. Ferid si gettò un’occhiata alle spalle prima di seguirlo. Camminarono a lungo nel più completo silenzio, ma Ferid cercò qualcosa di adatto per conversare: non poteva sprecare il tempo con lui, specie in una condizione così favorevole.

«Padre, posso parlarle di una cosa?»

«Puoi parlarmi di qualsiasi cosa tu voglia.»

«Ho… sentito qualcuno, oggi, parlare di me. Dire a un altro che non dovrei essere qui… che non dovrei stare con i credenti, perché vengo dall’inferno.»

«Sciocchezze» ribatté lui secco. «I demoni vengono dall’inferno, per chi ci crede, non certo i peccatori. Vengono da Dio, come tutti gli altri, perché di fondo siamo tutti peccatori. E qui a Bluefields ce n’è di ogni tipo, se potessi snocciolare tutti i peccati che ho sentito in confessione.»

«Per questo non ha paura di me?»

Nereus gli lanciò uno sguardo confuso.

«Che ragione avrei di aver paura?»

«Vengo da una setta di satanisti. Molti uomini di fede avrebbero paura di mettermi a contatto con il resto del loro gregge.»

«Ah… sì, immagino che molti lo penserebbero… ma così facendo ti negherebbero la salvezza, e non è qualcosa che penso un pastore debba fare. Io voglio salvarti, visto che tu desideri essere salvato.»

Nereus sussultò alla vista di qualcosa sul sentiero, ma si trattava solo di un grosso rospo e l’evitò, lasciando che quello saltellasse fino al fossato erboso che separava il campo dalla strada. Ferid ebbe qualche secondo di silenzio per riflettere sulla sua strategia.

«Quindi pensa che io debba essere salvato, comunque…»

«Sì, ma non dal diavolo. Il diavolo non esiste» puntualizzò lui. «Le persone con vite tragiche come la tua alle spalle sono fragili. Le loro convinzioni vacillano, non hanno autostima. Quando incappano in una difficoltà pensano di non essere capaci di superarla e che hanno sbagliato a provare a cambiare strada. Si voltano e tornano indietro, credendo di essere destinati a essere infelici, sfruttati, calpestati… ti salverò da questo, non importa quanto tempo ci vorrà.»

Neanche una parola su Dio, sulla provvidenza, sulla salvezza… è veramente un parroco?

«Padre, posso essere un poco inopportuno?»

«Correrò il rischio di scoprire cosa trovi inopportuno. Parla.»

«È veramente un prete?»

L’uomo si fermò in mezzo alla strada e si voltò a guardarlo. La lanterna illuminò un’espressione basita.

«In che senso, scusa?»

«Mi ha appena parlato di autostima, di traumi passati e di difficoltà. Neanche un vago “con l’aiuto di Dio”, o qualcosa del genere…»

Nereus tese gli angoli della bocca e scoppiò in una risata imbarazzata.

«Mi sono laicizzato troppo! Ho studiato un po’ da psicologo prima di andare al seminario, e poi al noviziato dell’Acqua. Credo sia importante ricostruire la personalità prima di darle una spiritualità, o si scambierebbe un tiranno con un altro… ma naturalmente Dio ha in mano tutto questo processo.»

«Come mai una scelta così drastica?»

«All’università incontrai… una persona» spiegò lui, sul vago. «Ebbi un rapporto difficile con lei, e alla fine non andò molto bene. Cercavo una nuova via e stavo aiutando in un campo spirituale per adolescenti quando ebbi un contatto coi Rinati dell’Acqua, in Michigan.»

Raddrizzò le spalle e sollevò il mento, rinfrancato dal ricordo di quel momento decisivo.

«Mi affascinò la loro visione e… beh, sono stato chiamato, possiamo dire. Non riuscivo a pensare a nient’altro che mi entusiasmasse come lo studio di questa religione e mi ci sono immerso del tutto, fino ai voti.»

«Un amore a prima vista, possiamo dire?»

«Sicuramente… beh, non c’è altro da dire. Quando padre Maim ha deciso di fondare una nuova comune ero entusiasta, mi sentivo pronto e mi sono proposto… ed eccomi qui.»

«Entusiasmo, mh? Come Mikael… forse lui è destinato davvero a qualcosa di importante. In fondo è il fratello migliore… di gran lunga migliore di quanto io potrei mai essere.»

Nereus fece scioccare le labbra e scosse la testa.

«No, no. Vedi, è da questo che voglio salvarti: non è detto che solo perché hai fatto più errori di qualcuno tu non possa recuperare. Anzi, le persone migliori di solito hanno nel loro passato grandi dolori e immensi sbagli dai quali hanno imparato lezioni che non possono mai dimenticare.»

Ah, com’è vero questo…

Aveva un prontuario nutrito di lezioni imparate e a ognuna poteva collegare delle cicatrici, alcune delle quali sulla pelle e non solo nella sua mente. Sollevò la mano e guardò il segno più chiaro sul palmo, il segno rimasto visibile della notte in cui un pigro, vile libraio era diventato la sola speranza di una bambina di non morire da sola in una foresta…

Samara è stata solo la prima lezione… ma una di quelle che non dimenticherò mai. Non avevo mai provato orgoglio per me stesso, prima di riuscire a salvarla… non avevo mai sentito di essere in grado di fare la differenza in positivo al di là degli scaffali di una libreria.

Ferid strinse il pugno e si guardò intorno, nella zona più buia della tenuta, con sporadici punti luce lungo il sentiero e in lontananza dove vi erano edifici o capanni. Inspirò aria umida, ascoltò i grilli e il fruscio creato dal leggero vento, chiedendosi dove sarebbe stato, quel giorno di agosto, se Bobby non si fosse mai ammalato… o se, come Krul gli aveva strillato quella volta, fosse rimasto al negozio e avesse lasciato cercare Samara a qualcun altro.

«Stai sorridendo» gli fece notare Nereus, strappandolo ai suoi ricordi. «Hai trovato qualcosa di buono in quel periodo di cui pensi di doverti vergognare?»

«Uh… no, io…»

«Ha a che fare con quella cicatrice?»

Gli prese la mano con quella che era libera e gliela sollevò per vedere il segno nel palmo.

«Come te la sei fatta?»

«Io… mi sono forato la mano con un bastone, almeno credo.»

«Com’è accaduto?»

«Mi sono ferito cadendo… da un albero» aggiunse Ferid, decidendo di alterare la storia nel remoto caso che il ritrovamento di Samara avesse riscosso più interesse di quando credesse. «Stavo aiutando una bambina che non poteva muoversi.»

«Ma senti un po’. Che curioso passatempo per un satanista, far scendere bambini dagli alberi!»

«Ma non ho ancora detto che sotto l’albero c’erano cani da caccia affamati.»

Nereus rise di gusto.

«Sì, certo! Ti infastidisce tanto sembrare una brava persona? Devi smettere questa mascherata, con te stesso e gli altri.»

Lo dirò a Ismael la prossima volta che si lamenta di essere scambiato per un umano decente.

Incespicò in qualcosa che credeva essere una zolla di terra, ma mentre la guardava la zolla balzò via gracidando. Con un brivido di raccapriccio emise un verso simile a un guaito e si aggrappò d’istinto al gomito di Nereus. Lui soffocò quasi all’istante una risata e lo confortò senza parole con una pacca sul braccio che era più umiliante della sua ilarità.

«Siamo così lontani dalla casa grande che i rospi sono grossi come tigri! Arriveremo ovunque stiamo andando, prima che io inciampi in un orso?»

«Credevo che non me lo avresti mai chiesto» ribatté lui divertito, e indicò un punto. «Stiamo andando là, dove c’è quella luce di segnalazione gialla che lampeggia.»

«È parecchio lontano… che cosa c’è là?»

«C’è il borgo… o meglio, ci sarà… ma faccio prima a spiegartelo quando ci saremo. Porta ancora un poco di pazienza.»

Ferid annuì e gli lasciò il braccio, fingendo di non sentirsi ancora il cuore in gola per lo spavento.

«Non serve la pazienza quando passi del tempo in modo piacevole. Parlare con lei è molto… facile… sarà perché è anche un po’ psicologo, ma non è come parlare con gli altri preti che ho conosciuto.»

«Oh, grazie. Si capisce che i tuoi sono complimenti, quindi ne sono lieto… ahimè, non posso ricambiare perché sei l’unico satanista con cui abbia mai parlato, ma sei un esemplare molto gradevole. Quasi troppo. Se foste tutti così penserei di cambiare parrocchia.»

Ferid fece per spostarsi i capelli dietro l’orecchio com’era abituato a fare e si stranì di sentirli così legati: si era dimenticato della nuova acconciatura fatta da Mika. Nereus gli lanciò un’occhiata ed ebbe l’impressione che indugiasse sulla treccia, ma non commentò e tornò a guidare la spedizione verso la luce intermittente.

Camminarono in silenzio per almeno un quarto d’ora finché i profili non cominciarono a delinearsi nella luce della luna. Ferid strizzò gli occhi per cercare di vedere meglio.

«È… sono case?»

Nereus accelerò il passo sorridendo, come un bambino smanioso in vista dell’insegna della gelateria. Ferid dovette assumere una strana andatura da marcia per stargli dietro.

«Sono i cottage di Bluefields. Scheletri, per il momento… pare che l’ultimo proprietario della tenuta volesse costruirli per darli in affitto ai mezzadri. Non fece in tempo prima di finire in bancarotta quando dovette interrompere gli scavi nella sua miniera.»

«Quindi non ci alloggia nessuno?»

«No, abbiamo dato priorità alla ristrutturazione della casa grande e degli edifici intorno… ci sono ancora molti capanni e fienili che non abbiamo toccato, e ovviamente il borgo. Eccoci…»

Erano ormai arrivati: ai due lati di una strada ampia ma rovinata da una lunga incuria correva una fila di cottage su due piani, con piccole finestre ravvicinate e tetti spioventi nel pieno stile rurale americano. Erano scrostati e vecchi, ma Ferid poteva già immaginarli rimodernati, ridipinti nei colori vivaci delle cittadine dei sobborghi, con i gradini davanti all’ingresso, fiori sulle finestre e luci elettriche sopra la porta.

«Padre, è bellissimo qui…»

«Beh, non tanto ora… ma con uno sforzo di immaginazione si può vedere che idea ho per questo posto.»

«Credo proprio di vederla» fece lui, e lo guardò. «Per quale scopo vuole ristrutturarli?»

«Ecco… a Bluefields ospitiamo per lo più membri molto giovani, e anche se siamo qui da pochi anni contiamo di restarci e diventare più importanti… e presto, auspico, qualcuno dei nostri Rinati penserà a sposarsi. Vorrei riservare questi cottage per le coppie che vogliono sposarsi e mettere su famiglia qui, non possono vivere da sposati in una stanza dei dormitori.»

«Certo che no, non avrebbero intimità né spazio per i figli.»

«Infatti… quindi mi piacerebbe poter assegnare alle coppie questi cottage dopo il matrimonio. Purtroppo, per ora, non è ancora possibile.»

Nereus guardò le case più vicine alla sua destra e sospirò con aria afflitta, ma non diede alcuna spiegazione.

«Perché non potete?» l’incalzò Ferid.

«La comunità di Bluefields non ha molto denaro. Siamo a malapena autosufficienti, si può dire» gli rivelò lui con una certa amarezza. «I fondi per la prima ristrutturazione sono arrivati da padre Maim, ma qui non c’è l’affluenza di San Francisco o di Nashville, e quindi…»

Nereus non lo guardava, tutto preso a controllare una porta qui o strappare un rampicante secco là, ma Ferid stava sorridendo: non si aspettava di scoprire così facilmente un punto debole da colpire.

«Come mai mi hai portato a vedere il borgo, Padre? Lo mostri a tutti quanti?»

«No, viste le condizioni in cui versa… no, il borgo era solo di strada per il posto in cui volevo portarti» fece Nereus, e tornò a sorridergli. «È qua dietro, ci metteremo un minuto. Seguimi.»

Il pastore svoltò a destra dietro il cottage successivo, dove un viottolo scendeva in un dislivello di qualche metro e lì, in fondo, scorreva un fiume con argini artificiali coperti di rametti e foglie. Alla luce della luna si vedeva l’acqua scorrere pigramente, con il riflesso della notte increspato dalla corrente. Al di là del torrente qualche lucina dorata appariva e scompariva: Ferid non aveva mai visto le lucciole in America, prima.

«Non è un posto incantevole?»

«È bellissimo… ci sono le lucciole! Ormai pensavo fossero un mito come gli unicorni…»

«Non qui nel West Virginia!»

«Peccato non avere una fetta di torta e del tè, è un ottimo posto per un picnic.»

Nereus scoppiò a ridere mentre posava la lanterna accesa e Ferid lo sentì distintamente dire “satanista” nel suo borbottio divertito. Con suo sommo stupore subito dopo il pastore si sbottonò la giacca, la sfilò e aprì la cintura.

«Che sta facendo?»

«Non ti spaventare, per carità. Non sono un maniaco» lo rassicurò lui. «Non lo sai ancora perché sei al primo livello. Normalmente iniziamo queste pratiche al livello tre, ma te l’ho già detto… devo farti vedere come viviamo la nostra fede, piuttosto che darti dispense da leggere. Ora te lo mostro.»

«Cosa intendi per pratiche?» domandò Ferid, con un accenno di nervosismo del tutto sincero.

«Via, non sarà peggio dei Sabba o altri incontri che già conosci, no?» fece lui con un brio che aumentava la sua tensione. «Non c’è motivo di essere nervosi, ci sono io con te. Ti fidi di me, vero?»

In realtà partiva dal presupposto che non poteva fidarsi di nessuno che non fosse Mika, ma annuì lo stesso.

«Spogliati, allora… guarda, ci sono questi ciocchi di alberi tagliati che usiamo apposta per appoggiare i vestiti. Questo è il tratto del fiume che usiamo per le meditazioni e i riti purificatori per quelli del terzo grado di preparazione e per i Rinati.»

«Io… non è…» esordì lui, con uno sguardo alle acque nere che riflettevano il cielo. «Quanto… quanto è profonda?»

«Sarai perfettamente al sicuro se stai in piedi, non aver paura… sarò vicino a te tutto il tempo, non ti succederà niente.»

Nereus si tolse anche gli ultimi abiti che aveva addosso e Ferid gli voltò le spalle istintivamente mentre si sbottonava la camicia. Alzò gli occhi al cielo, anche se vide solo stelle e qualche ramo d’albero.

Perdonami, Crowley, non dipende da me!

Un tonfo e gli schizzi d’acqua che seguirono gli dissero che Nereus si era buttato in acqua di peso. Valutando che una volta in acqua non avrebbe visto gran parte del suo corpo nudo azzardò un’occhiata nella sua direzione e in effetti quando riemerse gli vedeva metà della schiena.

«Accipicchia, è un po’ più freddina di quanto pensassi! Meglio se non mi imiti!»

«Non ci pensavo neanche lontanamente, tuffarsi dove non si vede un accidenti è da cretini… uh… beh…»

Nereus, lungi dal risentirsi, scoppiò a ridere.

«È verissimo, sì… ma conosco questo tratto del fiume molto bene… officiamo i nostri riti qui durante tutto il periodo caldo, e qualche volta durante l’inverno.»

«Ora è estate» gli fece notare mentre si sedeva per togliere le scarpe. «Ma noi siamo sempre in chiesa…»

«Sì, ma tu e Mikael non siete arrivati al livello tre.»

Ferid non poteva dire di essere un ingenuo con il suo passato: aveva conosciuto intimamente fin troppi uomini – molti dei quali erano ormai volti sfocati ai quali non associava nomi o forse non li conosceva neppure – ma si sentiva a disagio, esposto, lì da solo con un uomo quasi sconosciuto a spogliarsi sulla riva di un fiume.

«Credevo che i cristiani si preoccupassero di cose come la pudicizia, Padre.»

«Si preoccupano fin troppo di molte sciocchezze, a quanto ne so.»

Nereus si avvicinò all’argine di cemento che creava una specie di basso muretto e allungò la mano verso di lui.

«Ti ho portato qui per mostrarti proprio le differenze… normalmente insegniamo prima le similitudini e poi le differenze tra noi e la chiesa cattolica che già conoscono, ma con te credo sia meglio fare l’opposto.»

«E quante differenze ci sono, esattamente?»

«Parecchie» replicò lui con l’aria di non volersi svelare. «Noi abbiamo un approccio molto più concreto… per noi Dio non è separato da noi, né inconoscibile. Con il giusto percorso si può sperimentare la sua presenza in ogni attimo, proprio vicino a noi… dentro di noi.»

Nereus non aggiunse altro e restava lì, a mano tesa, come se invece di una sorta di bagno rituale dentro una comunità religiosa fossero a bordo piscina a una festa universitaria. Indugiare non sarebbe servito a nulla e Ferid sapeva che sarebbe potuto arrivare il momento di dover fare qualcosa che davvero non voleva, quindi tirò giù i pantaloni e la biancheria in un solo gesto, li lasciò sul ciocco che un tempo fu un albero di papaya e prese la mano di Nereus per scavalcare l’argine. L’acqua era decisamente fredda, nonostante il mese di agosto.

«Fai attenzione vicino all’argine… si accumulano un po’ di residui e si scivola. Appoggia bene i piedi.»

«Quali piedi?» domandò Ferid, che era già infreddolito.

«Ti devi abituare, passerà tra poco… l’aria è ancora calda.»

«P-perché l’acqua è così fredda, allora? Sembra che sia appena uscita da un ghiacciaio!»

«Perché viene da sottoterra» replicò Nereus, indicando un punto lontano. «Emerge in quella zona laggiù, ma fino ad allora scorre per due chilometri sotto la roccia della montagna. Per questo è fredda.»

Ferid si sentiva orrendamente: la pelle fino all’ombelico urlava per il contatto con acqua fin troppo fredda per i suoi gusti, avvertiva sotto i piedi qualcosa – rametti, foglie o altro – che gli metteva angoscia e ogni passo che l’allontanava dall’argine consegnava parecchi centimetri del suo corpo all’acqua scura. Dire che l’esperienza non gli piaceva era oltre l’eufemismo.

«Che… che cosa venite a fare in questo…»

“Pozzo terrificante” era l’espressione che gli balenava in mente e non riuscendo a trovare parole meno scortesi non concluse la frase. Nereus gli stava accanto e sorrideva; l’acqua fredda non era un problema per lui.

«Preghiere, meditazioni… purificazioni a seguito delle confessioni. Nel terzo grado lo facciamo due volte l’anno.»

«Non sembra il cristianesimo che conosco…»

«Perché non lo è, Connor… questa sera farò una purificazione anche a te. Di sicuro Vann non potrebbe rimproverarmi se scoprisse da dove sei arrivato.»

Parole come purificazione e meditazione le aveva sentite di certo più spesso da Krul che da Gilbert e altri preti che aveva incontrato e ciò rafforzò la sua idea che quella corrente cristiana fosse molto più mistica di quanto non volesse sembrare dal loro libro promozionale.

Nereus alzò la mano e con il pollice bagnato segnò la croce sulla fronte di Ferid.

«Ora devi solo fare come ti dico… cerca di non fare domande, è importante che ti sforzi di non perdere la concentrazione.»

Si stava abituando alla temperatura dell’acqua, abbastanza per poter ragionare meglio. Nereus gli strinse delicatamente il polso.

«Osservo questo rito io stesso e lo officio per molti membri. Non farei niente che possa metterti in pericolo, quindi fidati di me e segui le istruzioni.»

Ferid strinse le dita sulle sue per un attimo.

«Guidami.»

Si alzò un vento caldo più insistente, che smosse le fronde della foresta intorno e degli alberi della tenuta, con un tempismo da brividi. Nereus gli impose un certo ritmo lento di respiro, gli fece chiudere gli occhi e si mise alle sue spalle continuando a dargli il ritmo di inspirazione ed espirazione come un metronomo. Fu però quando gli disse di immergersi fino al collo che iniziò a preoccuparsi; quell’acqua scura e sconosciuta non lo invogliava ad abbandonarvisi.

«Fidati di me» sussurrò la voce di Nereus. «Sono proprio qui. Ti tengo su la testa, tu scendi e lasciati galleggiare.»

Non era neanche del tutto certo di poter galleggiare: da quando era un bambino non aveva memoria di essersi mai immerso in una quantità di acqua superiore a quella che poteva stare in una vasca da bagno. C’era un fiume vicino alla villa ma non ci era mai stato, né si era mai azzardato ad andare sulla spiaggia a New Oakheart. Che ricordasse non si era mai nemmeno messo il costume da bagno per avvicinarsi alla piscina della Saint Matthew dove provavano a dare agli studenti una speranza di borsa di studio sportiva.

Si immerse fino al collo e sentì le mani di Nereus sostenergli la testa e il collo, quindi con un sospiro e molto spavento bloccato dentro il petto obbedì al suo comando e si lasciò andare. Sentì i suoi piedi sollevarsi verso la superficie e quando respirò di nuovo anche il suo torace emerse dall’acqua fredda. Quantomeno galleggiava.

«Bravissimo… è una bella sensazione, vero? Senza peso e senza che qualcosa ti leghi… è questa la sensazione di un’anima ripulita dal peccato.»

Era una bella sensazione, nonostante avesse ancora paura di sprofondare all’improvviso e annaspare, ma il pensiero che lo colpì fu quanto riuscisse a essere avvolgente la sua voce e quanto fossero suadenti i suoi modi. Assomigliava più a un corteggiamento che alla guida di una meditazione.

«Ora procederò, Connor… quello che farò è spingerti leggermente sotto il pelo dell’acqua» gli spiegò con un tono molto calmo, quasi sussurrando. «Abbasserò la tua testa e dovrai trattenere il fiato per una ventina di secondi, e con l’altra mano ti spingerò giù dall’addome. Dovrai restare rilassato come sei ora, perché se ti irrigidisci affonderai e il panico ti toglierà l’ossigeno… mi hai capito?»

«Sì.»

«Sarai sotto l’acqua per il tempo della preghiera, poi ti tirerò di nuovo fuori. Non c’è niente di cui aver paura.»

«Non ho paura.»

Non aveva il panico, ma affermare di non essere spaventato dalla prospettiva era ottimistico. Prese il respiro tentando di calmarsi; trattenere il fiato per venti o trenta secondi restando immobile non avrebbe dovuto essere un problema per un uomo sano.

«Prendi il respiro, Connor.»

Ferid prese un respiro profondo, poi sentì le mani di Nereus premere lievi sulla sua fronte e sul suo addome. L’acqua gli coprì il volto completamente e ovattò il suo udito. Aggrottò le sopracciglia tentando di restare più rilassato possibile e di dominare l’istinto di aggrapparsi all’uomo in piedi vicino a lui per tornare a respirare.

Sentiva la preghiera troppo smorzata per distinguerne le parole, ma almeno parve ambientarsi meglio nell’acqua. Si abituava velocemente alla sensazione della pressione e del freddo, poi cominciò a percepire la sua viscosità intorno alle dita, il movimento della corrente sulla pelle e persino la ruvidezza della sabbia che portava con sé da più a monte. Non sapeva più da quanto tempo era sotto, ma aprì gli occhi quando percepì che aveva una luce al di sopra di lui.

Aveva la sensazione di essere in un drive-in, da solo. Davanti a lui vedeva scorrere immagini di se stesso, del suo corpo: si vedeva pregare in ginocchio in una cappella con i vetri colorati, poi teneva uno zainetto stretto tra le braccia mentre correva sotto la pioggia seguendo la schiena di Bobby verso la strada che portava a Crawley.

Ah… che brutta idea fu quella…

La voce l’udì da lontano, come il borbottio di un altro avventore e non come un suo pensiero. Rivide se stesso al circolo Alcott, vide con quale espressione sognante guardava dalla parte di Morris Mackham che parlava con degli amici e provò pietà per la sua ingenuità.

Lo schermo sembrò scorrere avanti veloce. Rivide Krul, poi si vide mettere al collo di Crowley lo scudo di San Michele. Correva nella tempesta estiva con una bambina dalla gola squarciata tra le braccia. Una voce lo chiamava dal quadro di una chiesa. La pioggia scrosciava sul tetto di una palazzina di Satbury… mentre una voce parlava e lui ascoltava.

«Connor!»

Ferid aprì gli occhi e prese il fiato come fosse rimasto sott’acqua… poi tornò presente a se stesso, girò la testa osservando le ombre del borgo diroccato e l’acqua del fiume alla sua sinistra. Era seduto sulla riva, bagnato e con fili d’erba e foglie appiccicate addosso, i capelli non erano più intrecciati e Nereus, davanti a lui, era pallido.

«Connor, santo cielo… mi senti ora?»

«Io… c-che cos’è successo?»

«Non lo so, io… ti ho tenuto sotto mentre recitavo la preghiera, ma quando ti ho tirato su non aprivi gli occhi e non rispondevi più… non… capisco cosa sia successo, non ti ho visto fare le bolle, non hai… non hai espirato, quindi non puoi nemmeno aver respirato l’acqua… non hai buttato fuori niente…»

Ferid si toccò la bocca, scioccato dagli stralci di quella specie di sogno più che dalla notizia di essere rimasto senza fiato. Le parole che aveva sentito erano chiuse nel suo subconscio fin dalla sera in cui Crowley l’aveva riportato in casa?

«Stavo… non respiravo?»

«No, ma non capisco come sia stato possibile… soffri di qualche malattia che non hai dichiarato? Asma, o qualche problema respiratorio?»

«No… »

«Allergie?»

«Sono intollerante al lattosio. L’ho detto alla dottoressa, ma non vedo come possa aver causato… questo

Entrambi si trovarono a guardare il fiume, come fosse un tenero gattino che si era rivelato una bestia divoratrice di uomini. L’atmosfera pacifica di quell’angolo di campagna alla luce della luna era diventata inquietante, o almeno Ferid la percepiva così. Nereus non sembrava più tranquillo di lui.

«Io… rivestiti, andiamo via. Ti accompagno all’infermeria.»

Gli afferrò entrambe le mani per aiutarlo ad alzarsi e raccolse in fretta i suoi abiti. Ferid non aveva idea di che cosa gli fosse successo dentro quelle acque, perché non ricordava di essere stato a corto di ossigeno o di aver almeno tentato di lottare per tirare fuori la testa.

«Non… sarai nei guai a spiegare questo alla dottoressa?»

«A chi importa se Vann o qualcun altro se la prende? Non respiravi più, Connor, sembrava che la tua anima fosse scivolata via lungo il fiume!»

Scivolata via…

Ferid tornò a guardare l’acqua dove la luce tradiva il flusso del suo movimento, ignorando del tutto Nereus che tentava di togliergli di dosso quel campionario di flora locale che gli si era appiccicato sulla pelle bagnata. Forse aveva capito che cosa gli era appena successo, anche se pensare che fosse accaduto lo turbava molto di più dell’ipotesi di una malattia respiratoria.

«Probabilmente dovrai uscire da Bluefields… ovviamente è permesso a tutti per ragioni di salute, e qui non abbiamo nessun macchinario né un laboratorio per le analisi» stava proseguendo Nereus in un febbrile tentativo di riordinare le idee sul da farsi. «Sì, qui non possiamo fare niente per te, potrebbe essere un disturbo molto grave… Dio, se penso che potevo ammazzarti per questa stupidaggine, io—»

«Oh, non essere così melodrammatico, Nereus, sto bene… credo che sia successo esattamente quello che speravi.»

La sua occhiata lo fulminò.

«Come puoi pensare che io volessi questo?!»

«Che cosa fai quando devi lavare un vestito?»

«Un… che c’entra ora?»

«Che cosa fai?»

Non capiva dove volesse arrivare, ma almeno accettò di pensarci su, mentre infilava la camicia a Ferid come fosse un bambino piccolo.

«Penso che… beh, lo metto nella lavatrice, metto del sapone e…»

Ferid scosse la testa e finalmente si decise a rivestire la sua metà meno presentabile.

«Per prima cosa te lo togli. Questo fai quando indossi un abito che va lavato.»

«Beh, sì… ma questo che cosa…?»

Non ci fu bisogno di spiegarglielo, perché a occhi sbarrati guardò il fiume per parecchi secondi, abbastanza da consentire a Ferid di rendersi presentabile e infilarsi le scarpe.

«Credi che… non… non era mai accaduto da quando sono officiante di questi rituali» balbettò, sopraffatto da sorpresa e felicità. «La tua anima si è staccata per purificarsi e poi si è ricongiunta… è qualcosa di incredibile, non era mai accaduto a Bluefields!»

«Forse perché la mia era davvero sporca, che ne pensi?»

«È una possibilità, sì… oppure questa volta c’è qualcosa di differente… o…»

Nereus prese i suoi abiti, ma non li indossò. Fissò Ferid dritto negli occhi.

«O sei tu. Forse ho ragione quando dico che tu e tuo fratello avete qualcosa di speciale… dopotutto voi lo sentire parlare nella pioggia. Non è mai successo a nessuno che io abbia incontrato nelle comunità dell’Acqua.»

«O siamo due pazzi.»

«Certo quello che è successo ora non è stato normale… e se è come penso io inizieranno ad esserci dei segni chiari, da adesso in avanti.»

Ferid ridacchiò. La convinzione di Nereus la trovava piuttosto buffa, visto quanto sembrava un uomo razionale solo una mezz’ora prima.

«Oh, Padre, sembri un bambino eccitato che fa congetture sul sequel del suo film preferito!»

«Le mie sono ragionevoli ipotesi, e le manterrò vive finché un medico non mi dirà che ti si è chiusa la gola per un’allergia al polline nell’acqua o qualcosa del genere.»

«Parli come fossi convinto che nessun medico possa risponderti così…»

«Lo sono abbastanza, perché quando ti sei svegliato non hai neanche tossito» insistette lui, iniziando infine a rivestirsi dalla camicia. «Non è normale per delle vie respiratorie chiuse riprendere dal nulla a funzionare senza neanche un colpo di tosse.»

Non si intendeva di medicina, ma Ferid concordava e ciò rafforzò le sue conclusioni: gli era accaduto davvero qualcosa di innaturale e perciò voleva mettersi in contatto al più presto con qualcuno che sapesse che cosa rispondere a domande bizzarre.

Durante il ritorno dovette rassicurare Nereus almeno una dozzina di volte sul fatto che si sentisse bene, che non avesse la vista offuscata, giramenti di testa o altri malesseri di sorta. L’accompagnò fino all’ingresso della Casa Grande, perché i Padri avevano i loro alloggi privati nella dependance e gli era di strada, e gli raccomandò ancora una volta di comunicare subito qualsiasi problema al medico ignorando le conseguenze che avrebbero potuto derivarne per lui. Tuttavia Nereus era tornato a essere cupo e Ferid notò che non voleva guardarlo negli occhi.

«Padre… sto bene. Non devi angosciarti, è tutto a posto.»

«Poteva… accadere qualcosa di male… sono stato imprudente e non ho fatto altro che dirti che ti potevi fidare di me…»

Ferid sospirò e gli prese la mano con cui stringeva la croce.

«Se è stata una complicazione medica, sarebbe accaduta allo stesso modo anche quando fossi arrivato al terzo livello e avessi provato la purificazione la prima volta» gli fece notare pazientemente. «Se invece è stato qualcos’altro… era inevitabile, giusto? Era così che lui voleva che andasse. E non correvo davvero alcun rischio, perché tu eri con me… eri attento, e vigile. Non sarebbe successo nulla di terribile in qualsiasi caso.»

Nereus riuscì a sforzarsi di sorridere.

«Grazie… sei una persona troppo gentile per essere un satanista. Devi avermi mentito al riguardo.»

«E perché pensi che lo farei?»

«Per l’effetto che fai a me, lo diresti per sembrare più splendido quando ti comporti in modo gentile.»

Ferid trattenne a malapena una risata, ma non fece in tempo a rispondere prima che il campanile rintoccasse. Nereus gli lasciò la mano e fece un passo indietro, come se il campanile avesse lanciato loro un’occhiata in tralice, come un genitore severo che spia una coppia dalla finestra.

«Ti ho fatto fare tardi, dovrai di nuovo lavarti prima di dormire… se ti senti stanco ti autorizzo a saltare la messa della mattina, ma vieni lo stesso a lezione.»

«Sarò anche alla messa, Padre» gli garantì Ferid. «Buonanotte.»

«Buonanotte.»

Ferid si sbrigò a scendere nel seminterrato prima che qualcuno potesse vederlo fuori dal letto, ma si rilassò appena superata la porta e richiusa quasi senza rumore. Decise di darsi una ripulita veloce prima di tornare alla celletta e lì forse Mika l’aspettava sveglio per una cronaca dell’accaduto.

Procedette a tentoni nel corridoio buio e sorrise. Non era esattamente il resoconto sexy che lui avrebbe voluto sentire, ma di certo aveva qualcosa da raccontare.

   
 
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