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Autore: Quella Della Pasta    03/02/2023    0 recensioni
[Poirot]
Poirot scende dal treno. Japp lo va a prendere.
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Scritta per la Maritombola #13 di Lande di Fandom col prompt 20. “La vie en rose”, Édith Piaf.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Voi francesi non avete un modo tutto vostro, per chiamare i sognatori?»

«Quale, mon ami

«Insomma, Poirot, quello che parla di vedere la vita di un certo colore…»

«Ah, la vie en rose

«Quello. Sì.» Le orecchie dell’ispettore Japp avevano preso un discreto colorito arrossato, e il loro proprietario ringraziò mentalmente la sciarpa che s’era legato attorno alla testa e che le copriva. Nevicava, faceva un freddo bestiale che manco in trincea, ed era costretto ad aspettare con Poirot e le sue sigarette dal puzzo stucchevole, fermi su una banchina ghiacciata della stazione ferroviaria, che arrivasse la navetta che avrebbe riportato lui e monsieur a Londra. Al calduccio delle loro abitazioni, preferibilmente.

Japp, però, aveva notato che c’era qualcosa di strano. Aveva dato a Poirot del francese, e lui non l’aveva corretto. Poirot non se lo faceva scappare mai. Mai.

L’ispettore James Japp, con la neve che gli infradiciava i baffi – e lui ragionevolmente pensava che si sarebbe tramutata in ghiaccioli, da un istante all’altro, adornandogli il viso di un bel paio di denti da tricheco – si voltò a guardare il suo amico. Oltre che futuro compagno di viaggio per quella serata.

Da che l’avevano chiamato alla stazione di polizia, con una telefonata che col suo stridore metallico aveva infranto il silenzio di quel sabato sonnacchioso, era sicuro d’aspettarsi un caso di omicidio. Una rapina, tutt’al più. Non ricordava che Poirot sarebbe tornato così a breve dal suo ultimo viaggio di lavoro – anche se sarebbe stato strano, figurarselo con una ventiquattrore al polso, invece del suo set di valigie corredato di cervellino sempre pronto a risolvere le beghe sanguinose di questo o quel nobile d’Europa. Ma Japp ricordava benissimo che fosse partito per l’Egitto, questo sì. Impossibile scordarselo, non con la signorina Lemon che, seccata, rispondeva con un sospiro e la sua usuale cortesia a chiunque telefonasse al suo studio, e ricordava all’interlocutore che no, monsieur Poirot non è disponibile, tornerà dal Cairo a fine mese, grazie e arrivederci.

Japp non lo invidiava. Va bene, forse solo per lo stipendio da capogiro che si cuccava ad ogni caso risolto. Ma non avrebbe mai fatto cambio con quella vita perennemente da spiantato, sempre su un treno, a pensare sempre e solo ai fatti altrui senza mai concedersi una domenica sera per sonnecchiare davanti alla radio accesa, a dormire sull’ultima partita o sul programma musicale preferito di sua moglie.

Per cui, quando gli hanno passato miss Felicity Lemon alla cornetta, a tre giorni di distanza da quella serata, James Japp ne era rimasto sorpreso. Poirot vorrebbe che lo andasse a prendere alla stazione di Trieste. Ma non c’era Hastings, per quelle incombenze?, avrebbe voluto chiedere Japp alla Lemon. Ma il buon capitano era in America Latina, a badare a un ranch che gli avrebbe portato ancora più guai nei tempi a venire, e s’eran dovuti accontentare di lui. L’ispettore, d’altro canto, ancora non capiva perché.

Tre giorni di viaggio in cui avrebbe scialacquato il suo stipendio annuo soltanto per cambiare mezzi di trasporto. E sì che avevano promesso loro che il mondo si sarebbe rimpicciolito, a furia di ricoprirlo di binari per i treni e battelli a vapore per i fiumi. Ma Poirot aveva provveduto ad ogni spesa, finanche all’alloggio. E l’ispettore James Japp s’era dovuto occupare di persona soltanto delle spese in sala ristorante. Oltre che del suo scarno bagaglio, una valigia lisa in cui aveva buttato dentro un completo di riserva, oltre a sciarpa, guanti e cappello. A Trieste avrebbe gelato, gli avevano detto. Ma lui superava ogni anno l’inverno londinese senza niente più che un raffreddore da scrollarsi di dosso con un buon tè corretto, e non si era spaventato. Nonostante facesse effettivamente quel freddo del demonio.

A destinazione, l’avevano accolto con tutti gli onori. Il famoso ispettore Japp, di Scotland Yard! Medaglia al valore, e tutte quelle storie di cui aveva dovuto dar conferma a quegli agenti curiosi e dal pessimo inglese strascicato che la polizia locale gli aveva mandato al seguito. L’onore di Japp se n’era risentito un po’, di ascoltare la sua bella parlata venir straziata a quella maniera, ma quell’accoglienza che vedeva solitamente riservata al suo buon amico, ecco, non aveva potuto nascondere che lo aveva lusingato un po’. Un bel po’. E come per magia, un po’ di quel freddo s’era pure attenuato. E gli era tornata in mente quel detto, quelle quattro paroline in francese, che sua moglie aveva letto su una reclame appesa nello studio della modista e se n’era innamorata. Come di tutto quanto fosse francese, del resto. L’eleganza, e tante altre ciance di cui Japp non se ne curava. Ma si era comunque ripromesso di chiederne il significato a Poirot, una volta che l’avesse incontrato.

Credeva che il suo sguardo cupo, rivolto alla carrozza bloccata dal gelo sui binari – i suoi passeggeri erano stati sgombrati mezz’ora prima che arrivasse, gli avevano spiegato i suoi solerti accompagnatori – fosse dovuto soltanto a quel freddo bestiale e alla stanchezza per un così lungo viaggio. Japp non aveva ancora saputo niente, né dai giornali locali – che sarebbero giunti in stampa tra poche ore, pensò: tra gli alberi non la vedeva, ma era sicuro che sull’orizzonte sarebbe comparsa presto la strisciolina rosa dell’alba – né, tantomeno, dal suo amico. Che continuava a fissare il treno come se fosse reo di qualcosa di terribile. Di un omicidio, per esempio.

James si schiarì la voce. Gli pareva quasi che tutto quel gelo avesse reso di ghiaccio persino le sue corde vocali. O forse mi sto solo facendo suggestionare , si disse. Quella stazione era al limitare di una foresta che la tarda notte rendeva ancora più tetra, lui era stanco del viaggio e, dopotutto, faceva freddo. Come mai Japp l’aveva sentito prima. Né aveva ancora sentito da Hercule il motivo per cui lo aveva mandato a chiamare.

«Poirot…ora mi può spiegare, per favore, cosa diavolo è successo sull’Orient Express?»

 
   
 
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