La piscina
Nella
cittadina di Littlerose tutti possedevano un animale domestico, e
tutti erano molto affezionati ai propri animali. Tra questi, la signora
Emmett,
una gattofila professionista, da settimane era in ansia per la
scomparsa di una
dei suoi gatti. Da giorni, la povera donna appendeva
volantini per
tutto il paese cercando disperatamente la sua Sissi, e più
volte si era recata
al distretto di polizia accusando a mali toni Manfred Doeil per il
rapimento
della sua povera gatta; ovviamente senza nessuna prova a suo favore, ma
solo un
odio ben radicato fra vicini. Circa una settimana fa però un
altro gatto era
sparito da un’abitazione: una giovane famiglia trasferitasi a
Littlerose solo
da alcuni anni aveva deciso di avverare il desiderio dei figlioletti
regalandogli
un tenero gattino dal pelo rossastro, che con il tempo aveva imparato
ad
esplorare i giardini dei vicini. Nonostante la sua natura curiosa, era
da un
paio di giorni che micino non tornava più a casa, fatto
alquanto strano visto
le sue abitudini. I bambini da subito spaventati per la sparizione del
loro
compagno di giochi si prodigavano, dopo la scuola,
nell’appendere biglietti in
giro per il paese, e più volte avevano chiesto ai loro
vicini se per caso
avessero notato negli scorsi giorni il felino. Nessuno però
diede buone notizie.
Fu
per puro caso che Bob Stances decise di disfarsi del telone della
sua piscina interrata. Purtroppo, durante l’estate a causa di
una penuria di
acqua potabile, non era stato possibile per la sua famiglia usare la
piscina come
facevano ogni anno, dunque lui e sua moglie avevano deciso di non
aprirla
nemmeno, ma di lasciarla coperta nella speranza di limitare la
sporcizia. Fu
proprio nella sua piscina che ritrovò i cadaveri dei due
gatti scomparsi: il
cadavere di Sissi stava già marcendo, mentre il gatto rosso
era ancora intatto.
Charlie
Wilson era ancora mezzo addormentato quando ricevette la
telefonata della Signora Emmett; la povera donna in lacrime urlava
qualcosa a
proposito di una certa Sissi. Charlie, che come già detto
non era ancora del
tutto attivo, ci mise un attimo a capire che il cadavere trovato in una
piscina
non era quello di una giovane donna, ma di un gatto. Tirando un sospiro
di
sollievo, cercò di tranquillizzare la signora, spiegandole
che non poteva fare
molto per lei. Purtroppo per lui era al telefono con Sandra Emmett, una
donna
difficile da mettere a tacere, soprattutto quando si parlava dei suoi
amati
gatti. La donna vedendo che non riusciva a convincere il giovane
Charlie ad
intervenire, chiese di poter parlare con il Comandante Kant. Dopo aver
passato
la chiamata al suo capo, Charlie tornò a concentrarsi sul
suo caffè, scuotendo
la testa. La sua pace però durò molto poco, visto
che neanche cinque minuti
dopo, il comandante uscì dal suo ufficio sbattendo la porta.
“Charlie!
Alza il culo da quella sedia e vai a casa di Sandra Emmett.
Bisogna chiarire questa faccenda del gatto morto”
esclamò puntando gli occhi
sul suo giovane collaboratore.
“Capitano…con
tutto il rispetto, non mi sembra un compito che dovremmo
svolgere noi del distretto di polizia. Insomma, è solo un
gatto morto!
Probabilmente si voleva fare una nuotata ed è caduto in
piscina. Ecco, caso
chiuso”.
“Non
me ne frega un cazzo di quello che pensi tu. Il comandante qui
sono io, e se ti dico che devi andare ad indagare su gatto morto, un
ratto
investito o uno shippo di lucine natalizie, tu alzi il culo e vai a
fare il tuo
lavoro!”
Charlie
sbuffò roteando gli occhi. Non aveva nessuna voglia di
lavorare, e men che meno di ascoltare le farneticazioni di una vecchia
gattofila,
ma il capo era il capo, e lui doveva solo eseguire.
“Eh
va bene…Ma al mio ritorno mi aspetto di trovare ancora
almeno tre
ciambelle in sala relax…” disse finalmente
alzandosi e afferrando la giacca in
pelle marrone appoggiata sullo schienale della sua sedia.
Il
Comandante Kant sbuffò.
“Sarai
fortunato se ne troverai ancora una”.
Charlie
rise, e afferrando il suo distintivo, si incamminò verso la
porta.
Sandra
Emmett era una vecchia signora di circa ottant’anni, che
aveva
vissuto a Littlerose per tutta la vita; aveva lavorato come maestra
presso le
scuole elementari del paese, ed era stata molto odiata dai ragazzi che
erano
passati per le sue classi a causa della sua rigidità e
severità. Se in pochi
avevano avuto l’onore di vedere la Signora Emmett sorridere
da giovane, ora che
si era ancora più inacidita con il passare degli anni, era
diventato
praticamente un’utopia. Tuttavia, tutti coloro che erano
stati suoi coetanei
concordavano su una cosa: Sandra Emmett da giovane era una gran bella
ragazza. Negli
anni della sua giovinezza portava lunghissimi capelli neri ricci,
mentre gli
occhi scuri, la carnagione bianca e il fisico sottile le conferivano un
aspetto
cadaverico che in qualche modo era però magnetico agli occhi
degli altri. Era
sicuramente una donna particolare, con cui difficilmente si poteva
interagire a
causa del suo brutto carattere. Nessuno capiva infatti come fosse
possibile che
avesse deciso di avvicinarsi all’insegnamento, visto la sua
difficoltà nel
rapportarsi con dei bambini, però ci era riuscita, e per
anni aveva lavorato
presso la scuola elementare. Odiata profondamente dai ragazzi, ma
apprezzata in
certi casi dai genitori: i suoi ragazzi erano quelli che venivano
preparati
meglio al termine del ciclo scolastico.
Charlie
aveva sentito molti racconti sulla bellezza magnetica di Sandra
Emmett, ma non riusciva proprio a capacitarsene. Appena aveva
parcheggiato il
furgone rosso su cui era stato incollato un enorme adesivo con il
simbolo della
polizia (incollato anche male) la porta di casa Emmett si era
spalancata, e
Sandra si era precipitato verso di lui. Quella che ora si trovava
davanti non
era la fascinosa donna di cui aveva tanto sentito parlare, ma una
vecchietta
dai lunghi capelli bianchi acconciati con mollette gattose, e con
spiritati
occhi scuri che sbraitava a proposito della sua povera gatta ammazzata.
Ah
quanto rimpiangeva la sua vita in città!
“Brutto
imbecille mi sta ascoltando?” esclamò con rabbia
Sandra vedendo
che il giovane non aveva compreso nemmeno una parola.
Charlie
interruppe il viaggio nei suoi ricordi.
“Salve
Signora Emmett. Come vede sono venuto fin qui dal distretto, ora
per favore potrebbe calmarsi ed evitare di colpirmi con il suo
bastone?” disse
Charlie con calma, ma facendo un grosso errore: abituato a parlare con
persone
anziane un po’ rimbambite, aveva usato un tono un
po’ troppo infantile; ma la
vecchia che si trovava davanti non era come gli altri anziani, la sua
mente era
molto lucida e in quel momento molto attiva.
“Come
osa lei usare quel tono con me? Non sono una rincretinita io! Con
il mio bastone le distruggo quel vecchio catorcio se non mi
ascolta!”
“Stia
calma Signora Emmett! Sono qui per aiutarla: ora mi dica cosa
è
successo, per favore” disse Charlie cercando di quietare
quella vecchia
impazzita. Furente per il modo con cui quel giovane idiota la stava
trattando
Sandra era veramente tentata di prendere a bastonate la sua auto,
così da impartirgli
un po’ di educazione; tuttavia, il pensiero della sua Sissi
brutalmente
annegata la fece desistere.
“Sissi
la mia amata gatta è stata uccisa!”
esclamò con gli occhi lucidi
per il dispiacere.
Charlie
scosse lentamente la testa, e cercando di evitare di prendersela
con la donna che evidentemente aveva un po’ troppa fantasia e
un problema di
attaccamento morboso con il suo gatto, cercò di spiegarle.
“Signora
Emmett, mi dispiace molto per la sua perdita, ma deve capire
che è molto molto improbabile che qualcuno abbia
volontariamente ucciso il suo
gatto”.
“Le
dico che è stata uccisa! È stato quel bastardo di
Manfred Doeil, mi
odia e quindi da vigliacco qual è se le presa con la mia
Sissi”.
Il
poliziotto sospirò gravemente. Tutti nel paese conoscevano
le
diatribe fra la Signora Emmett e il Signor Doeil: purtroppo le loro
case erano
pericolosamente vicine e ogni occasione era buona per stuzzicarsi.
Più volte lo
stesso Charlie era già dovuto intervenire per sedare dei
litigi; tuttavia, nonostante
l’odio reciproco e la bastardaggine di Manfred,
anch’essa molto conosciuta nel
paese, dubitava che l’uomo si fosse spinto fino a questo
punto.
“Mi
ascolti: so bene che fra lei e il Signor Doeil non scorre buon sangue,
ma non le sembra un po’ azzardato accusarlo di aver ucciso il
suo gatto? Non
vorrei essere scortese, ma non penso che Manfred fosse molto
interessato…”
disse Charlie cercando di far ragionare la donna.
“Forse
prima di parlare, dovrebbe fare il suo lavoro, caro il mio
agente, e vedere come è stata ridotta la mia povera
Sissi” esclamò con rabbia
Sandra maneggiando minacciosamente il bastone. Rendendosi conto che la
situazione non si sarebbe risolta in poco tempo come sperava,
l’uomo si decise
a dar corda alla vecchia nella speranza di convincerla ad abbandonare i
suoi
folli castelli in aria.
“E
va bene! Vediamo il cadavere allora” mormorò
Charlie aprendo lo
sportello e afferrando un paio di guanti in lattice.
Soddisfatta
del risultato ottenuto, la Signora Emmett si diresse verso
il giardino di Bob Stances, a pochi passi da casa sua. Giunti di fronte
alla
porta d’entrata, suonarono il campanello; l’attesa
durò solo un paio di
secondi.
La
porta venne aperta da un uomo di circa cinquant’anni, con
capelli
neri e un paio di occhiali quadrati. Di media altezza, e con un
po’ di pancia,
Bob Stances era il tipico impiegato d’ufficio occhialuto e
non molto atletico. Viveva
a Littlerose da quando i genitori anziani non più capaci di
vivere da soli si erano
trasferiti, ovviamente non volontariamente, in una casa di riposo e lui
aveva
ereditato la casa di famiglia, dove si era trasferito con la moglie e i
due
figli.
“Signora
Emmett, è un piacere rivederla, e mi lasci dire che mi
dispiace ancora molto per la sua perdita” esclamò
appena, aprendo la porta,
intravide lo sguardo spiritato della sua strana vicina.
“Si
si la ringrazio. Ora bando alle ciance, mi faccia vedere il corpo
della mia adorata Sissi” disse la donna scuotendo il suo
bastone di legno.
“Certo
certo, venga pure le apro il cancello del giardino. Oh salve
agente Wilson, è qui per il ritrovamento”
mormorò Bob, notando anche la
presenza del poliziotto.
“Purtroppo
si”.
“Non
ha idea di quanto siamo rimasti scioccati io e mia moglie quando
abbiamo levato il telone della piscina e…abbiamo visto quei
due poveri
corpicini galleggiare, davvero triste! Ovviamente abbiamo chiamato
subito i
proprietari. Ecco venite, da questa parte”
continuò Bob aprendo con una piccola
chiave il cancello che permetteva l’ingresso al giardino. La
piscina interrata
si trovava al centro esatto dell’area molto spaziosa, e una
siepe di
sempreverdi separava la piscina dalla zona barbecue della famiglia
Stances; il
telone che aveva coperto la piscina per tutta l’estate era
stato appoggiato
accanto ad essa, probabilmente per asciugare. Avvicinandosi alla
piscina,
Charlie non riuscì a trattenersi dal fare una faccia
schifata alla vista
dell’acqua verde maleodorante; tuttavia, nonostante la
situazione sgradevole
dell’acqua, guardandosi in giro, dovette ammettere a
sé stesso che Bob aveva
ereditato proprio un bel posticino: il giardino era veramente spazioso,
e
nonostante la grande piscina, restava ancora molto spazio verde
intorno.
“Ehi
bellimbusto, da questa parte!” lo richiamò
all’attenzione la
Signora Emmett, che appoggiandosi al suo bastone seguiva Bob.
“Eccoci…non
sapevamo come comportarci, dunque li abbiamo coperti con un
telo” sussurrò Bob, quasi in lacrime davanti a un
telo di plastica nero, che
copriva i due animali. Charlie non poté che lanciargli uno
sguardo di
disapprovazione, e di nuovo la sua mente tornò ai bei tempi
vissuti in città.
“Forza,
vediamo i due cadaveri” esclamò togliendo il telo.
Subito
un forte odore di marcio arrivò al naso di Charlie. Quello
che
doveva essere il corpo di Sissi aveva già iniziato il
processo di putrefazione,
ed emanava un odore davvero sgradevole. Il corpo, per quanto
già in decomposizione,
in apparenza non presentava nessuna ferita che potesse giustificarne la
morte. Il
corpo del secondo gatto invece era ancora intatto: anche lui come Sissi
non
sembrava presentare nessuna particolare ferita.
“Non
mi sembra che ci sia sangue o altro; quindi, presumo che siano
morti entrambi per annegamento” disse Charlie coprendo i due
mici con il telo.
“È
esattamente quello che abbiamo pensato noi quando gli abbiamo
ritrovati” mormorò subito Bob sfregandosi le mani.
“Ah
si? È allora perché nessuno ha sentito i loro
versi? La mia Sissi
era una combattente, sono sicura che se fosse caduta in piscina avrebbe
iniziato a miagolare a più non posso per farsi sentire da
me!” sbottò la
Signora Emmett.
“Come
le ho già spiegato” disse Bob “dallo
stato del corpo della sua
povera Sissi, dev’essere caduta in piscina almeno due
settimane fa, e noi in
quel periodo eravamo in vacanza”.
“Eh
l’altro gatto allora?”.
“Mi
dispiace Signora Emmett ma le ripeto che né io né
mia moglie
abbiamo sentito nulla in questi ultimi giorni”.
“Tutte
cazzate!” urlo Sandra.
“Qualcuno
qui ha ucciso la mia Sissi e io voglio sapere chi è
stato!”.
Charlie
si portò le dita alle tempie: sentiva l’arrivo di
un forte mal
di testa.
“Si
calmi Signora Emmett. Come vede i gatti non sono feriti, dunque
l’annegamento è l’unica soluzione.
Probabilmente nel tentativo di seguire una preda
o alla ricerca di un po’ di acqua si sono infilati sotto al
telone e cadendo in
piscina non sono più riusciti ad uscirne”.
“Le
dico che qualcuno ha ucciso il mio gatto! Sissi era una gatta
sveglia, e non si sarebbe mai intrufolata dentro ad una piscina. Doeil
l’avrà stordita
e poi annegata!”.
“Crede
veramente che qualcuno abbia il tempo di stordire il suo gatto e
poi annegarlo?” chiese Charlie trattenendo quasi una risata;
la situazione si
faceva più folle del previsto.
“Io
non lo credo, ne sono certa!”
Charlie
sospirò pesantemente.
“Mi
ascolti: le porgo le mie più sentite condoglianze per la sua
perdita, ma purtroppo non posso arrestare un suo vicino per una sua
folle
congettura”. Vedendo che la Signora Emmett stava per
intromettersi, l’anticipò.
“Dunque,
noi della polizia non possiamo fare nulla per lei. Veramente
nulla. Ora, se è interessata può far cremare il
suo gatto o fare qualsiasi rito
funerario che preferisce; io prenderò l’altro
gatto e lo riporterò alla
famiglia e la questione si chiude qui” disse Charlie con un
tono grave e
fissando dritto negli occhi la Signora Emmett, quasi sfidandola a
rispondere.
Sandra
capendo che nessuno le avrebbe dato retta, colpì con forza
il
terreno, e sbuffando mormorò che avrebbe portato a casa il
corpo del suo gatto,
e dopo aver ordinato a Bob di recapitargli il corpo nel pomeriggio, si
incamminò verso casa.
“Finalmente
è finita” sospirò Bob, togliendosi gli
occhiali da vista.
“È
un osso duro la vecchia” esclamò Charlie.
“Oh
si, un vero osso duro, pensi che ho avuto la fortuna di averla come
insegnante alle scuole elementari…sono stati veramente anni
d’inferno” disse
Bob scuotendo la testa con un sorriso amaro sulle labbra.
Charlie
fischiò.
“Una
vera sfortuna…”.
Poi
chiese a Bob un sacco di plastica in cui poteva infilare il gatto
che avrebbe riportato alla sua famiglia.