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Autore: NicoJack    06/02/2023    0 recensioni
Ispirato ovviamente a Shrek, ma con personaggi di 1000 altri fandom, con Jack Frost nella parte di Shrek, Elsa nella parte di Fiona e Ciuchino nella parte di Duffy Duck.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Frost
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 13: Capire cosa fare
Il tempo dei giochi ormai era finito e dopo tutto quel movimento Elsa e Daffy si riscoprirono improvvisamente affamati, prima che il papero potesse rimproverare lo spirito per i panini lanciati ai lupi Elsa suggerì che Jack andasse a prendere del cibo per tutti loro volando mentre lei e Daffy lo avrebbero aspettato li (tanto per arrivare a Weselton mancava poco).
L'idea piacque a Jack che chiese ai due cosa volessero, Daffy rispose pronto che desiderava delle cialde (ovviamente), mentre Elsa non sapeva cosa scegliere, al che Jack suggerì lui alla principessa cosa avrebbero mangiato lui e lei: gelato.
Elsa disse che non conosceva il cibo di cui Jack stava parlando, al che sia Jack e Daffy si chiesero quante altre cose belle si era persa stando rinchiusa tutto quel tempo in quella torre, ma lo spirito si mise a elencarle i gusti possibili del gelato in modo che lei potesse scegliere uno di questi, ed Elsa non appena senti che esisteva il gusto cioccolato scelse quello (con grande entusiasmo).
Jack si fece trasportare dal vento fino a un continente diverso da quello del (futuro) regno di Weselton e arrivo in una piccola cittadina abbastanza ben messa, alla ricerca di qualche cialda per Daffy e una gelateria per i gelati per lui ed Elsa.
Lo spirito prese le cialde da una calda e rosea pasticceria, entro in essa seguito da forti e implacabili venti, che misero a soqquadro il posto, facendo volare o cadere in giro qualsiasi cosa non pesasse più di cinque chili e facendo volare i copricapi di tutti i presenti all’interno di quel luogo.
Usando il caos da lui stesso creato come vantaggio, grazie alla sua agilità Jack supero qualsiasi tavolino, isoletta e persona che gli si parasse davanti a lui e con grazia felina arrivo al suo obiettivo cioè due cialde semifredde, che stavano per essere vendute, che Jack si mise senza troppi complimenti dentro il tascone del suo maglione, per poi tornarsene all’uscita.
Niente poterono fare i garzoni della pasticceria, che rientrati dal retrobottega videro l’intera pasticceria in subbuglio, con i clienti che rincorrevano i loro copricapi o cercavano di raccogliere da terra le loro borse e/o i loro acquisti, molti dei loro beni che cadevano a terra completamente rovinati e un ladro vestito con un maglione blu e armato di bastone che rubava due cialde, quindi provarono ad acciuffare il manigoldo.
Jack però era trenta volte più agile e veloce di tutti i presenti messi insieme e mentre i garzoni tentavano di fare i primi passi verso di lui, Jack era già uscito dalla porta d’entrata e riprese immediatamente il volo con i venti che si era trascinato indietro (e facendo capire ai presenti qual era l’identità del ladro di cialde.)
Ora gli mancava solo il gelato suo e di Elsa, lo spirito trovo in meno di dieci secondi la gelateria in quella piccola cittadina e fece la stessa cosa che aveva fatto poco prima in pasticceria e cioè entro dentro a tutta forza e facendo entrare il vento con se.
Il posto era sicuramente più spoglio della pasticceria e quindi il vento causo danni minimi all’interno, ma fece andare in confusione per abbastanza tempo il povero gelataio, in modo che Jack, saltato dietro il bancone e rubasse ciò che voleva.
Con movimenti delle mani così veloci da essere quasi impercettibili da un occhio poco allenato, Jack afferro due coppette di cartone, poi afferro il porzionatore del gelato e con esso riempi entrambe le coppette ognuna con il suo gusto: una col cioccolato (per Elsa) e una col fiordilatte (per Jack), per poi scappare con un balzo fuori dalla struttura prima che il gelataio potesse afferrarlo.
Jack prese il volo mettendo i piedi sopra il suo bastone e lasciando che il vento lo riportasse da Elsa e Daffy, mentre con le mani libere teneva le due coppette in modo che non cadessero.
Comunque, era stato in quella cittadina per così poco tempo, che lo spirito dubitava seriamente che in essa sarebbe caduta la neve.
Per andare e tornare Jack ci mise solo cinque minuti (e dovette ammettere che dopo giorni di lunghe e stancanti camminate ritornare a volare era veramente liberatorio), quando riscese sulla collina con il vecchio mulino a vento, sia Daffy che Elsa lo guardavano stupiti, quasi non credendo che ci avesse messo così poco tempo.
Poi Jack diede a Daffy le cialde che gli aveva promesso, ma i dolciumi stando per troppo tempo nella tasca di Jack e quindi troppo a stretto contatto con lo spirito del ghiaccio e del gelo, si erano abbastanza congelati, ma prima che Jack potesse scusarsi con il papero, esso disse che le avrebbe scongelate con un fuocherello che si sarebbe acceso (ormai diventato esperto).
E mentre Daffy andava ad accendersi il fuoco per riscaldarsi la cena, Jack e Elsa afferrarono ognuno la propria coppetta e a quel punto Jack si rese conto che aveva dimenticato i cucchiaini, al che con grande imbarazzo della principessa dovettero mangiare portandosi il gelato alla bocca.
I due si sedettero ai piedi di un albero, premendoci le schiene contro e portandosi le loro coppette alla bocca, Elsa non appena assaggio il gelato al cioccolato se ne innamoro completamente e comincio a mangiarlo il più rapidamente e disordinatamente possibile, con grande divertimento di Jack.
La principessa sentendo Jack ridere del suo modo di mangiare, indispettita si mise a guardare male lo spirito, che si mise a ridere ancora di più vedendola con le labbra imbronciate sporche di cioccolata, al che la principessa sempre più indispettita, sfrutto la distrazione di Jack per acchiappare un pezzo di gelato al fiordilatte di Jack e se lo mangio lei: insomma la principessa fece un dispetto infantile allo spirito del gelo.
Jack accorgendosi di ciò che lei gli aveva fatto, la guardo facendo finta di essere ferito, ma Elsa per non essere da meno, mise su un sorriso a trentadue denti come per sbeffeggiarlo, al che Jack (quasi fiero di lei) le sorrise a sua volta e i due finirono in pace i loro gelati.
Poi Jack per passare il tempo, comincio a raccontare alcune delle sue avventure più arcane: come quando alcuni secoli prima si fermo in alcune isole del nord e li incontro una strana dea di nome Artio che proteggeva la fauna selvatica specialmente gli orsi e gli uomini che la pregavano diventavano Warger (cioè persone che riuscivano a trasferire la loro coscienza dentro gli animali).
Poi racconto di certi esseri in oriente chiamate Yuki-Onna, che erano delle donne che morte nel freddo tornavano sottoforma di spiriti del ghiaccio e nonostante dovessero spaventare i poveri viaggiatori nelle bufere di neve, metà di loro finiva per sposarseli perché li seguivano sottoforma di donna umana (alla domanda di Elsa su cosa mangiassero Jack non oso darle la risposta).
Poi però Jack nel pensare all’oriente, fece ritornare alla luce un brutto ricordo, di almeno quattrocento anni prima e che era una delle cose di cui Jack si vergognava di più, ancora dopo tanto tempo.
Stava portando una bufera di neve, in una fredda giornata invernale orientale, senza badare troppo alle conseguenze, finché non arrivando a una piccola casetta non vide una giovane donna sdraiata su un futon (i loro letti), imbottita di coperte per tenersi al caldo, ed era palesemente alle ultime fasi della gravidanza.
Il giovane marito di questa donna tentava di tenerla al caldo, di aiutarla a partorire la loro creatura e di farle calare la febbre, perché a quanto pare da quello che dicevano era come se la donna fosse molto sensibile al freddo e vista la violenta bufera provocata da Jack, era come se perdesse vitalità ogni secondo.
E per aggiungere danno al danno, da ciò che stava dicendo il marito alla moglie, Jack scopri che la bufera impediva alla levatrice di raggiungerli per aiutare la futura madre a partorire, al che nello scoprire Jack cerco di fermare la tempesta da lui stessa creata.
Però quando Jack riuscì a far smettere completamente di nevicare e torno indietro alla casa per vedere se era riuscito ad aiutare, vide che non era servito a niente: la madre era morta per dare la vita alla figlia.
Mentre il marito piangeva e urlava sopra il cadavere della moglie, che a quanto pare si chiamava Nagisa, Jack si allontanò prendendo il volo e con la tristezza e il senso di colpa che gli attanagliavano il cuore.
L’anno dopo se ne stette lontano dal luogo dove era accaduto tutto quel macello, ma due anni dopo la nascita di quella povera creatura Jack torno a portare neve e gelo anche in quella zona, ma sempre per poco tempo e li potte vedere come il padre Tomoya, si era distanziato completamente dalla figlia Ushio buttandosi nel lavoro e nell’alcool lasciandola crescere dai nonni materni.
Jack odiava questo fatto, sua moglie era morta, ma la cosa non li dava il diritto di ignorare sua figlia, nonostante il dolore che provava nel rivedere in lei la compagnia morta e ogni volta che arrivava l’inverno (in quei tre anni di neve leggera) Jack si metteva sopra a un ramo pieno di neve e quando lo vedeva passare sotto di esso, li faceva cadere la neve addosso.
Però nel dirigersi in oriente, cinque anni dopo la tragica morte di quella donna, Jack incontro una fanciulla dei venti che gli racconto la storia di un uomo che dalla descrizione sembrava proprio Tomoya, che negli ultimi tempi stava tentando di recuperare il rapporto perso per anni con la figlia.
Nel sentire quella buona notizia, Jack voleva andare subito da loro, per poter donarli un bell’ inverno pieno di neve (contenuta) e di giochi invernali (in fondo cosa c’era di meglio di un padre e una figlia che costruivano un pupazzo di neve insieme?).
Non lo avesse mai fatto.
Mentre gli altri bambini giocavano coperti di pesanti vestiti con la neve portata da Jack Frost, la piccola Ushio si indeboliva ogni giorno sempre di più come la madre e nel giorno più freddo era chiaro che la bambina non ce l’avrebbe fatta.
Quel giorno Jack osservava quella scena dalla finestra, mentre cercava di alzare il più possibile la temperatura in modo da aiutare la piccolina, che continuava a dire al padre che voleva andare al campo dei girasoli, cosa alla quale lui rispondeva giustamente, che c’era la neve, che faceva troppo freddo e che ci sarebbero andati la prossima volta.
Alla fine, Tomoya capi ciò che la figlia stava cercando di dirli: che una prossima volta non ci sarebbe stata e che lei avrebbe voluto passare gli ultimi momenti con suo padre in un bel posto (solo anni dopo Jack venne a sapere che quel luogo era molto importante per loro due), quindi Tomoya vesti se stesso e sua figlia in modo pesante e si diressero verso il campo di girasoli.
Però lungo la strada nella foresta per il campo, la bambina non ce la fece più e alla fine con tutte le forze mancate al suo piccolo corpicino, la piccola spiro tra le braccia di suo padre, credendo che ormai fossero arrivati al campo e confermando al padre con un fil di voce e per l’ultima volta che li voleva bene.
Jack aveva osservato il padre urlare il nome della figlia, tentando di svegliarla inutilmente, per poi cominciare a chiamare il nome della moglie chiedendole di aiutare la figlia, ma fu tutto inutile, il padre stette li inginocchiato in mezzo alla neve e stringendo il cadavere della figlia, finché dopo un ora di gelo anche il suo cuore cedette.
“I cinque anni di eterna estate” così le persone chiamarono i cinque anni successivi, in cui da nessuna parte sulla terra, a parte il polo sud, non cadde il benché minimo fiocco di neve, perché Jack se ne stette per cinque anni in un auto esilio, in cui lo spirito dell’inverno voleva solo morire (fu cosi che imparo che non poteva morire di fame).
Però dopo cinque anni venne richiamato all’ordine da Madre Natura in persona e Jack torno a portare neve, ghiaccio e inverno in tutto il mondo.
Jack si accorse che aveva narrato la storia per tutto il tempo, quando Elsa li strinse la mano destra con entrambe le mani, Jack vide che lo guardava con apprensione e chiara tristezza in volto, al che il pastore del gelo strinse le mani della principessa per rassicurarla che stava bene (e per trovare la forza di trattenere le lacrime che minacciavano di bagnarli il volto).
Dopo qualche minuto passato in silenzio, ad osservare Daffy che accendeva un fuocherello per cucinarsi le cialde e per stemperare la tensione appena vissuta, Jack chiese alla principessa: “Allora piaciuto il gelato?”
Mentre Elsa prendeva dalla manica l’omaggio ricamato, per pulirsi la bocca dal cioccolato (usando la parte non sporca di fuliggine), rispose con un: “Si, molto buono e mi ha fatto venir voglia di provare gli altri gusti.”
Jack mentre si puliva la bocca con la manica chiese: “Davvero?”
Elsa giro la testa verso di lui e disse: “Si” ma nel girare il volto entro nella sua visuale il castello di Weselton, quasi a ricordarle a cosa stesse andando incontro, a quello che sarebbe stato il suo destino, a poche centinaia di metri da lei, al che la principessa presa un po' dallo sconforto disse: “però, credo proprio che tra poco mangerò in modo diverso.”
Jack nel vederla guardare il castello di Weselton con un volto cosi incupito, tento di farle tornare il sorriso sul viso dicendole: “Ehi, ti verro a fare visita e ti porterò tutto il gelato che vorrai, se il duca ti proibirà di mangiarlo.”
Elsa riporto lo sguardo verso Jack e rimettendo un sorriso sulla faccia per ciò che stava sentendo chiese: “Davvero?”
Ottenuto l’effetto desiderato Jack continuo il suo discorso: “Davvero, dopotutto sono Jack Frost, nessuno potrà fermarmi, basta soltanto che tu lasci aperta una finestra e io entrerò.”
Elsa rise della cosa e afferro la spalla destra di Jack con la mano sinistra per scuoterlo dolcemente e dicendo allo spirito: “Mi faresti un grande piacere, lo sai?”
Jack annui, per poi osservare meglio la principessa, che con i capelli rossicci completamente liberi da qualsiasi tipo di acconciatura e dimenati al vento grazie alla sua risata, sembrava veramente una visione celestiale e ancora più bella di come non lo fosse già.
Elsa dopo che smise di ridere, noto come Jack la stava osservando, al che credendo di essere ancora sporca di gelato al cioccolato chiese: “Ho qualcosa sulla faccia?”
Jack però scosse le mani e la testa dicendo: “No, no è solo che, stai benissimo con i capelli sciolti.”
A quel complimento Elsa arrosi cosi tanto, che la sua faccia sembrava essere diventata un pomodoro e per evitarsi ulteriore imbarazzo la principessa distolse lo sguardo dallo spirito, per celarli il volto.
Jack vedendola allontanarsi da lui, dopo il complimento che le aveva fatto, cerco la sua mano per chiederle cosa avesse fatto di sbagliato, ma quando la mano destra dello spirito incontro quella sinistra della principessa i due si guardarono negli occhi e rimasero cosi rapiti l’uno dall’altro che non riuscivano più a distogliere lo sguardo.
I loro volti sembravano avvicinarsi, con conseguenze molto intuibili e nonostante entrambi si stessero rimproverando mentalmente per ciò che stavano per fare, i loro volti non volevano proprio allontanarsi, finché non furono così vicini da….
Intanto Daffy era riuscito ad accendere un fuoco, a riscaldare le sue cialde e a mangiarsele, quindi sazio e soddisfatto si avvicino ai suoi due amici (non accorgendosi di quanto stranamente erano vicini i loro volti) e commento il bel panorama di quella sera nel cielo: “Guardate che bel tramonto, non è romantico?”
Sia Jack che Elsa, vedendo che Daffy era cosi vicino a loro, ed era un miracolo che non gli avesse beccati in una posizione compromettente, sfruttarono la cosa per allontanare con uno scatto i volti l’uno dall’altro e cercare di fare finta che niente stava accadendo.
Però Elsa nel sentire Daffy dire la parola “tramonto”, guardo verso il cielo che era di sfumature rosse e arancioni, per poi guardare verso ovest proprio verso il castello di Weselton, dove il sole stava proprio per sparire all’orizzonte, per dare spazio alla notte e alle tenebre.
Elsa si maledisse mentalmente per non essersi accorta di un dettaglio così importante e così basilare, a sua difesa c’era da dire che Jack la stava continuando a distrarre tutto il tempo e pensare che stava per baciarlo “brutta idiota” si disse mentalmente Elsa.
La principessa sapeva che non sarebbero mai arrivati al castello in tempo, senza che la sua condizione venisse scoperta da Daffy e Jack (cosa che lei non avrebbe mai permesso), ma anche se fossero riusciti arrivare prima del tramonto a Weselton, poi l’avrebbero comunque scoperta gli abitanti, i soldati, i cavalieri e il suo futuro marito (quindi ancora peggio).
Per fortuna che Elsa aveva la soluzione temporanea dei suoi problemi proprio dietro di lei: il vecchio mulino a vento diroccato.
Da ciò che poteva vedere, la struttura si manteneva in piedi solo per miracolo, la neve entrava dai buchi nelle pareti di legno oramai mezze distrutte e di sicuro l’interno sarebbe stato pieno di cumuli di neve e detriti di legno della peggior specie, in parole povere un posto orribile in cui passare la notte, ma Elsa si sarebbe accontentata.
La principessa si avvicino al mulino, allontanandosi da Jack e Daffy, dicendo ai suoi due compagni di viaggio: “Adesso vorrei andare a dormire, visto che sta per scendere la notte.”
Jack stava per insistere che tanto mancavano pochi metri al castello del duca, ma Daffy gli impedì di parlare dicendo alla principessa: “Altolà, adesso so perché continui a cercare un rifugio ogni volta che il sole sta tramontando...”
Elsa che era alla porta di legno del mulino e stava per entrarci dentro, ma per la seconda volta in una giornata Daffy riusciva con poche parole a farle venire brividi lungo la spina dorsale, la principessa si giro verso il papero tentando (malamente) di nascondere la preoccupazione dal suo sguardo chiese: “Davvero?”
Daffy con un sorriso di chi la sapeva lunga rispose: “Certo: tu hai paura del buio.”
Elsa ringrazio mentalmente tutti gli dei esistenti che Daffy avesse sbagliato (anche se lei stava palesemente sopravalutando l’intelligenza della creatura) e sfrutto la cosa per dare una scusa al suo comportamento dicendo: “Si, certo. Ho veramente una terribile paura del buio, ed è meglio che io vada dentro..”
E mentre la principessa tornava verso la porta per sfuggire alla vista di qualsiasi persona, prima della completa calata del sole, Daffy fiero di aver indovinato quale fosse il problema (lui pensava) diceva: “Non ci pensare principessa, anche io avevo paura del buio, finché… Ehi un secondo io ho ancora del buio.”
Jack emise uno sbuffo per le buffonate del suo amico pennuto, ma senti il soave suono della voce della principessa che gli diede una dolce ultimo saluto: “Buonanotte Jack” e lo spirito alzando lo sguardo verso di lei la vide all’uscio dell’entrata del mulino, che li sorrideva dolcemente, quasi seducentemente e non potte che ricambiare: “Buonanotte, principessa.”
Quando la forma di Elsa si ritiro all’interno della struttura abbandonata, Jack senti come se le spalle fossero diventate più pesanti, perché aveva realizzato qualcosa di veramente spaventoso: si era innamorato di Elsa.
A quanto pare non era l’unico ad averlo capito, perché Daffy aveva osservato l’ultima interazione tra i due e vedendoci dei (chiarissimi) sottotesti romantici, disse come a voler prendere per i fondelli Jack: “Ah, ora capisco com’è la questione.”
Jack cerco di difendersi dicendo: “Non so di cosa stai parlando” mentre si allontanava dal mulino, guardandosi i piedi e pensando a tutto ciò che li passava per la mente, in particolare ad Elsa.
Daffy però voleva continuare a parlare della cosa dicendo: “Bello, ho visto voi due per tutta la giornata continuare a lanciarvi sguardi languidi. A fare il gioco del leone e la leonessa, lo stallone e la giumenta, il papero e la papera.”
All’ultimo paragone Jack storse un po' il naso e leggermente indispettito che Daffy paragonasse lui e Elsa a degli animali in calore, comincio a prendere in giro il caso della “strana” compagna di Daffy: “Si, nel tuo caso però sarebbe un papero e una dragonessa.”
A quella battuta Daffy fece una risata sarcastica, per far capire all’amico che non l’aveva trovata divertente, per poi dire: “Beh in fondo tu ed Elsa sareste una bella coppia. E lei si merita sicuramente di meglio del duca di Weselton.”
Jack a quel punto giro lo sguardo verso Daffy, come se avesse detto lui la battuta poco divertente e chiese in modo sarcastico: “E il meglio per lei sarei io?”
Daffy, come se non vedesse il problema chiese: “Perché no?”
Jack alla domanda di Daffy non riuscì a trovare risposta e si limito a balbettare: “I-iooo non non… lei è… non che io…”
Venne interrotto da Daffy, che vedendo il suo amico ridotto a balbettare come un bambino di pochi anni alla presa con le sue prime parole e nonostante il divertimento che provava nel vederlo in quelle condizioni, il papero gli disse: “Jack, non si capisce niente di quello che dici. Prendi un bel respiro e poi parla.”
Jack fece come aveva detto il suo amico pennuto e dopo un profondo respiro per calmare i suoi nervi disse: “Lei… lei è una principessa e io sono…”
Lo spirito non riusciva a concludere la frase, quindi la concluse Daffy per lui, che aveva intuito la risposta: “Jack Frost.”
Jack ringhio il suo stesso nome, come se li facesse schifo solo sentirlo e a pensarci bene in questi ultimi giorni Jack stava provando emozioni negative più del necessario, quindi era arrivato il momento per lui di allontanarsi da tutti e rimanere da solo con i suoi pensieri.
Daffy vedendo Jack allontanarsi gli chiese: “E adesso dove vai?”
Jack si fermo di scatto e rispose con un onesto ringhio: “A pensare, ecco dove vado” per poi riprendere a camminare verso la direzione della cittadina di Weselton e verso il sole che stava tramontando.
Daffy lo lascio andare, non volendo discutere con Jack e vedendo che doveva sbollire un bel po' di rabbia repressa; quindi, il nero papero torno al suo fuocherello per riscaldarsi le membra, in vista di una fredda notte da trascorrere all’aperto.
Jack arrivato a pochi metri dal campo di girasoli, appoggio il bastone contro un albero vicino, che non si congelo al contatto con l’oggetto magico, perché esso non era più collegato a Jack, la fonte del suo potere e quindi in quel momento era solo un comune bastone in legno di salice.
Questa volta quando Jack lascio il suo bastone, si senti quasi indifeso e non potte che chiedersi cosa fosse cambiato dall’attacco dei banditi? Perché anche li aveva lasciato il suo bastone, ma non si era sentito affatto indifeso (anzi tutt’altro). Forse era perché all’epoca non era pieno di dubbi come in quel momento? O era perché aveva lasciato il bastone a Elsa?
“Elsa. La causa di tutto è sempre Elsa” si disse Jack, mentre si sedeva a pochi passi dall’albero su cui aveva appoggiato il bastone e mettendosi a fissare il castello di Weselton.
Perché doveva innamorarsi non solo di una principessa, ma anche di quella che avrebbe dovuto consegnare a Weselton per la proprietà del suo polo? Perché adesso esitava nel compiere ciò che si era prefissato di fare? Perché continuava a pensare a quella sua bellissima risata?
Jack si fece queste e altre mille domande per ben tre ore, senza rendersi conto che ormai il sole era completamente tramontato e la luna piena regnava incontrastata sul cielo.
   
 
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