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Autore: Mercurionos    07/02/2023    0 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 31 – Alba e Cenere, Parte 3 – Anno 2, 1/3 Frimaio
 
Quella sera, una volta rientrato anche Vegeta, i sei inviati del N.I.S.B.A. si riunirono nella sala di comando del centro per ragionare sul da farsi e per aggiornarsi su quanto fosse successo quel giorno.
 
Frida mise mano a un grosso teleschermo affisso alla parete e richiamò una mappa della zona.
“Allora – esordì – ricapitoliamo cosa è successo oggi.” Simulò tranquillità e pacatezza, ma non riuscì a nascondere l’acuto scricchiolio dei denti stretti a serraglio.
“Noi dovevamo atterrare qui – e cerchiò sulla mappa il centro di comando numero 1, bene o male 850 chilometri a sud-ovest, rispetto a dove erano precipitate le loro navette – ma come abbiamo potuto constatare, qualcuno ha avuto la brillante idea di far esplodere la luna del pianeta proprio mentre stavamo entrando nell’atmosfera. E ora siamo qui – e disegnò un altro grosso cerchio, connesso al precedente da una bella freccia – al centro numero 3.”
 
“Hanno già capito chi sia stato?” chiese Radish a tal proposito.
Frida ringhiò, ma ritrovò subito la compostezza: “No, ovviamente. Però sanno che il colpo è partito dalla città capitale, che è qui – la segnò sulla mappa con altri bei cerchi, rossi e spessi – ed è dove si sono rintanate le forze ribelli principali.”
“Non erano terminate le ostilità?”
“No, Radish – il tono di Vegeta fu palesemente sbeffeggiante – Se ci hanno mandato a ‘eliminare le celle ribelli sul pianeta responsabili della rivoluzione’.”
“Appunto, Vegeta – Pump gli fece una linguaccia – non ci hanno chiesto di riconquistare l’intero pianeta, solo di trovare dei ribelli.”
 
Patty poggiò le mani dietro la nuca: “Allora non capisco. La ribellione è finita, ma c’è in orbita una nave da guerra, qualcuno ha sparato alla luna e mandano noi a far fuori i ribelli. Quindi ci sono o no? E che fanno ‘sti ribelli se non si ribellano più?”
Frida fu più che felice di poter rispondere alla sua domanda: “Ecco, qui entra in gioco quello che mi hanno… ehm, volontariamente confessato i soldati nel cortile, questo pomeriggio.”
D’istinto, Pump e Radish si misero ad annuire compiaciuti, ricordando il violento spettacolo loro offerto (assieme al gelato) qualche ora prima.
 
Frida proseguì con la spiegazione: “All’inizio della rivolta, i ribelli hanno preso controllo del centro numero 2, qua in alto – e apparvero nuovi cerchi sulla mappa, con tanto di frecce e istogrammi campati per aria – che fungeva da centrale di comunicazione imperiale. E, a causa di questo, ancora adesso è praticamente impossibile comunicare da questo pianeta verso il resto dell’Impero, nemmeno con l’ammiraglia in orbita. Qualche giorno dopo la prima rivolta, è stato mandato un contingente da un sistema vicino, ma oramai la capitale era già stata conquistata e la ribellione si era conclusa. Non sanno bene come, ma più o meno mezzo pianeta ha inaugurato delle rivolte nello stesso momento, e in un paio di giorni i soldati sono stati scacciati dalle città.”
 
“Balle. Non è possibile.” Sbuffò Vegeta da un angolo della stanza.
Frida lo riprese: “Fammi finire, Vegeta. I soldati di stanza qui sono per la maggior parte civili reclutati negli ultimi dieci anni. Quando sono scoppiate le rivolte, molti soldati hanno ben pensato di non schierarsi, e hanno disertato. Dopotutto, siamo nell’orlo esterno, e questo sistema ha ben poco da offrire: nessuno manderebbe una legione a far nulla su questo pianeta, e di certo non per riarruolare qualche recluta insignificante che non ha alcun interesse a difendere l’Impero.”
 
“E poi? Cos’è successo?” Radish volle sapere come andava avanti la storia.
“Poco altro. È arrivata una nave da guerra, quella che è in orbita ancora adesso, con una delegazione imperiale. A quanto sembra i ribelli non avevano intenzione di riconquistare il pianeta, ma soltanto di instaurare un governo non imperiale. Giustamente, la delegazione non voleva saperne, quindi sono ricominciati gli scontri qua e là per il pianeta, e sono giunti a una situazione di stallo.”
 
SBAM!
Saltarono tutti sulle proprie sedie, spaventati dal botto. Vegeta aveva martellato un pugno sul tavolo: “Quindi siamo qui a fare da pacieri?!”
“Più o meno. Dobbiamo eliminare i restanti sostenitori degli scontri e fare in modo che le trattative possano concludersi.”
“E da quando in qua l’Impero di Freezer ‘conclude trattative’ con dei ribelli?” chiese Patty sarcastica.
Pump fu pronta a risponderle: “Da quando a nessuno interessa un pianeta come questo. Hai visto in giro, no? Non c’è molto.”
“Però – concluse Frida – questo è un pianeta dell’Impero, e così deve restare. Se vogliono un governo più locale, ben venga, ma non fuori dall’Impero. Noi eliminiamo i ribelli, poi quelli del comando militare faranno il loro dovere. Direi che è poco lavoro per portare la pace su un pianeta.”
Stranamente, furono tutti d’accordo, e persino Vegeta non ebbe nulla da ridire, nonostante la crescente frequenza di rantoli rabbiosi e sbuffi sferzanti.
 
“E gli scouter?”
Si voltarono tutti verso Radish, che aveva ripreso un argomento quanto più importante, ma a cui nessuno aveva ancora accennato, quella sera. Gli occhi di Frida si illuminarono, così guardò uno dopo l’altro i volti dei suoi compagni: nessuno indossava più il proprio scouter.
“Quindi è successo anche a voi?” chiese la ragazza agli altri.
“Poco prima di arrivare qui – spiegò Pump – ho tentato di contattarvi, ma lo scouter mi è praticamente esploso sull’orecchio.”
Anche Patty rammentò quanto era successo quel giorno: “È vero! Quando sei arrivata non lo avevi più… e anche tu, Frida.”
Frida annuì: “Da quello che mi hanno detto i comandanti del centro, il giorno in cui hanno fatto a pezzi la rete di comunicazione, i ribelli hanno fatto in modo di disattivare tutti gli scouter sulla faccia del pianeta.”
 
Vegeta balzò in piedi: “Che idiozia. Nessuno su questo granello di sabbia può avere le conoscenze per farlo. Deve esser stata una tempesta solare, o qualcosa del genere.”
“Vegeta ha ragione – commentò Radish – ma non può essere un caso se tutti i nostri scouter, tra l’altro del nuovo modello, sono andati in fumo nello stesso momento.”
“Cosa pensate sia stato?” chiese Pump.
Frida aveva già formulato un’ipotesi: “Se i ribelli hanno preso possesso del centro di comando numero 2 e abbattuto la rete… Potrebbero aver creato un segnale, o un dispositivo, che costringe gli scouter ad autodistruggersi. Almeno entro un certo raggio. Abbiamo tutti studiato la struttura interna dei rilevatori, con il professor Malaka, sappiamo come disattivarli.”
 
“Ah, giusto.” Frida stava per concludere la riunione, quando le tornò in mente un particolare soltanto menzionato dal rapporto della missione: “Poco prima dei primi scontri, nei giorni della presa del centro numero 2… Un’altra accademia aveva inviato delle squadre in missione sul pianeta.”
“Come? Dal N.I.S.B.A., qui?” fece Pump, stupita. Non ricordava di aver letto nulla del genere sul rapporto consegnatogli da Sorbet.
“Sì, due mesi fa. Non ricordo se venissero dal N.I.S.B.A. 2 o dal N.I.S.B.A. 3, fatto sta che non siamo i primi cadetti a investigare su questa ribellione.”
Patty si sporse dalla propria sedia: “E cosa hanno scoperto quelli là?”
“Nulla. Non hanno fatto ritorno dalla loro missione.”
 
Alzarono tutti lo sguardo verso Frida. Di certo non si erano aspettati una simile notizia.
“Nel rapporto non c’era scritto altro su di loro. – continuò con schiettezza la ragazza – Sono stati inviati a indagare sulla ribellione, ma non sono tornati.”
“Immagino che dobbiamo cercarli, allora.” Dedusse Radish.
Frida si voltò, dando le spalle agli altri: “Non c’era scritto nulla a riguardo.”
“Immagino non faccia male cercare dei dispersi. – disse Sabrina – Di sicuro troveremo qualcosa sulle due squadre sparite.”
Anche Pump avanzò un’ipotesi: “Magari è successo qualcosa a quel centro di comando.”
 
Passò un attimo di pensieroso silenzio, di mute considerazioni e non altrettanto silenti ringhi da parte di Vegeta. “Quindi cominciamo da lì? Da quest’altro centro?” propose Sabrina. Frida annuì, e tracciò l’ennesimo cerchio rosso sulla mappa, che ormai sembrava un enorme piatto di tagliatelle vermiglie.
E così, dopo una notte di meritato riposo, partirono alla volta del secondo centro di comando, nel lontano Nord-Ovest. Presero con sé il proprio equipaggiamento e, una dopo l’altro, scattarono verso il cielo… verso sud.
 
“Ehm, Frida?” la chiamò Radish mentre sfrecciavano sopra il mare di nuvole.
“Sì? Dimmi.”
“Non dovremmo andare…”
Lei rise tranquilla: “Sì, ma più tardi. Prima dobbiamo fare rapporto al colonnello Zola. Dovevamo vederci con lui, ieri, però…”
“…è esplosa la luna.”
“Esattamente.”
E così volarono rapidi oltre le nubi, superarono un massiccio gruppo montuoso, e giunsero nelle vaste pianure verdi delle regioni meridionali, punteggiate di laghi e stagni e carezzate da una brezza dal profumo di fiori. La tanto scarsa presenza di centri abitati, più concentrati vicino alla capitale, aveva lasciato le immense distese d’erba intoccate e vergini, tanto da donare ai dintorni l’aspetto di un pianeta completamente disabitato, anzi mai raggiunto dagli umani.
 
Giunsero al centro di comando verso mezzogiorno, quando il sole era già alto e la luna smezzata si era rintanata dietro l’orizzonte. L’edificio era una vera e propria cittadella fortificata, con mura alte e spesse e una decina di torri lungo il proprio perimetro, con tanto di artiglieria e contraerea. Sorgeva in uno splendido angolo del pianeta, circondato da sterminati prati cosparsi di cardi solitari e cespugli di lavanda. Quando i sei impeccabili cadetti del N.I.S.B.A. atterrarono all’improvviso nel cortile centrale della fortezza, i soldati lì stanziati trasalirono dallo spavento, e nessuno si curò di accogliere gli ospiti.
 
“Ehi, tu.” Ringhiò Vegeta al primo fante che gli capitò a tiro.
Quello nemmeno rispose, si raddrizzò tutto in preda a tremiti senza fine, e attese gli ordini del minuto stempiatello.
“Vai a chiamare il comandante di questo centro.” Non si curò di presentarsi, convinto che né il principe dei saiyan, né le uniformi dell’accademia imperiale necessitassero di alcuna introduzione.
 
Le numerose occhiate e i nasi che facevano capolino da dietro gli angoli e le balaustre facevano onore ai sei cadetti; tuttavia, la silenziosa attesa mutò presto in una muta situazione di disagio. Braccia conserte e sguardi sempre più duri, i saiyan cominciarono a innervosirsi. Vegeta era sul punto di fare un passo in avanti, verso il più prossimo malcapitato, sollevarlo per il colletto e rotolarlo in aria come una frombola, comandando l’attenzione dei presenti, ma a Frida fu sufficiente alzare due dita: il suo sguardo, ancora più glaciale di quello del principe, mozzò il respiro dei soldati.
 
“Comandante!” la voce dell’algida ragazza penetrò carni e mura in egual modo, scuotendole nel profondo. Un suono duro e rabbioso che a Pump ricordò certe infantili sfuriate di Vegeta, sebbene, in questo caso, lei stessa fosse stata turbata dall’inattesa sfuriata di Frida.
Qualcosa si mosse al piano superiore del forte: i soldati affacciati dal balcone centrale si defilarono in tutta fretta, lasciando spazio alla figura del comandante. Un volto rettiliano, con denti aguzzi e occhi affilati, squadrò i sei del N.I.S.B.A. Radish riconobbe il cranio oblungo della razza a cui apparteneva anche il professor Appule. L’uomo li scrutò con disprezzo, esibendosi in una smorfia esagerata, poi scavalcò il balcone con un rapido balzo.
 
“Siete arrivati. In ritardo.” Sibilò l’uomo con un nauseante sorrisetto.
Frida salutò il superiore, seppur con reticenza, con un cenno del capo: “Colonnello Zola… Immagino lei abbia visto cos’è successo, ieri.”
L’altro rispose solo con una smorfia di sufficienza.
“Siamo venuti in rinforzo…”
“Noi non abbiamo bisogno di rinforzi. – la interruppe il soldato – Come ho già detto al comando di zona, non abbiamo bisogno di aiuto. Ce la sbrigheremo da soli per sedare la ribellione.”
“Colonnello, i nostri ordini sono di dare supporto alla riconquista del pianeta.”
“Il pianeta non ha bisogno di essere riconquistato!” tuonò il colonnello, avvicinandosi al gruppetto.
 
Vegeta non ne poté più di assistere alla tediosa scaramuccia, e pensò bene di metterci del suo: “Non mi sembra – disse acido – che la capitale sia in buone mani, al momento.”
L’uomo lo aggredì con lo sguardo, ma, tra gli occhi tetri di Vegeta e quelli glaciali di Frida, trovò pane per i suoi denti. Comunque, trovò la forza di ribattere a parole: “La città capitale è prossima alla capitolazione. È sotto assedio da ormai un mese e le forze ribelli sono sempre più deboli.”
“I suoi sottoposti mi hanno detto ben altro, colonnello. Mi hanno raccontato dei cannoni che vi hanno sottratto da sotto il naso, e delle mura impenetrabili della capitale.” Replicò Frida. Vegeta osò aggiungere, a denti stretti: “E di quel piccolo attacco che ha fatto esplodere la luna.”
“Come ho detto, non abbiamo bisogno di alcun tipo di rinforzi, né ho richiesto alcun aiuto dal comando.”
“Oh, lo credo bene – lo schernì la ragazza, in un raro momento di ilarità – La vostra rete di comunicazione è ancora fuori uso, vero? E questo… ormai da un mese.” Frida stava palesemente imitando il serrato ringhio del comandante, il che divertì non poco i suoi compagni.
L’uomo non rispose e corrugò fronte e labbra in un’espressione torva e indispettita, quasi volesse far esplodere i suoi ospiti con lo sguardo.
 
In quel momento, gli ampi portoni di acciaio del casermone si spalancarono e nel grande cortile centrale entrarono una motoretta a reazione imperiale, coperta di bruciature e graffi orrendi, e il suo agitatissimo pilota. I soldati fecero spazio al nuovo arrivato, anche i sei del N.I.S.B.A. si scansarono dalla sua irrequieta traiettoria, poiché balzò subito giù dallo speeder e corse tutto agitato verso il comandante Zola.
“Colonnello! – Gridò col fiato mozzato – Colonnello, è la capitale! Le forze ribelli sono sempre più forti, hanno respinto gli assediatori con i cannoni! Non vogliono saperne di capitolare, abbiamo bisogno di rinforzi! Abbiamo bisogno di aiuto!”
Tutti fecero silenzio, ma mai quanto il respiro dell’imbarazzato ufficiale. Con la coda dell’occhio vide i suoi sottoposti indietreggiare, abbassare il capo e rifuggire il suo sguardo. Vide anche la giovane smorfiosa dell’accademia abbozzare un risolino all’angolo delle labbra, e i meno eleganti saiyan dai capelli neri contorcersi in divertitissime sghignazzate, tenendosi saldi la pancia tra una risata e l’altra..
 
“Cretino! – tuonò senza alzare la voce al messaggero – avresti dovuto dirmi queste cose via radio!”
Il soldato, ancora carico d’adrenalina, rispose senza trattenersi e tutti poterono sentire più che chiaramente le sue parole: “Signore! La rete di comunicazione è ancora fuori uso!”
Il comandante s’inalberò con un grosso nodo in gola, e questa volta fu sicuro di sentire sommessi risolini provenire anche dai suoi uomini. Portò una mano alla fronte. Era furioso, ma non aveva la più pallida idea di come comportarsi in una situazione per lui tanto imbarazzante: in dieci anni di servizio su quel posto dimenticato dall’Impero non gli era capitato nulla di simile, nemmeno quando era venuta in visita sua madre, ma quella è un’altra storia (che, seppur esilarante, non narrerò).
 
Frida fece un passo in avanti: “Colonnello. Ci occuperemo noi di fornire rinforzi al fronte.”
“Non è necessario!” gridò l’uomo, ma non venne ascoltato: Frida già si era rivolta ai suoi.
“Preparatevi per partire. Andiamo a nord, verso la centrale di comunicazione. Per poter riorganizzare la riconquista del pianeta, abbiamo bisogno di trasmettere le informazioni senza aspettare dei… fattorini.”
 
“Non c’è bisogno di perdere tempo. – sibilò Vegeta – Basta conquistare la capitale, e quella gentaglia non saprà più come continuare.”
Fu Pump, questa volta, ad ammonirlo: “Guarda che hanno fatto esplodere mezzo pianeta. Cosa vuoi fare? Gettarti da solo all’attacco?”
“Precisamente.” Rispose il principe, poi fece un balzo e schizzò via in volo, verso nord.
 
Lo sguardo tediato di Frida, diretto silenziosamente verso le nubi, i volti meravigliati e disgustati di Sabrina e Patty, gli occhi alzati all’empireo dei due saiyan, come anche la muta confusione dei soldati che avevano assistito alla partenza, tutto ciò venne premiato dal primaticcio ritorno di Vegeta. Piombò nel cortile sollevando un gran polverone, e quando questo fu calato a terra, tutti videro il ragazzo coperto di graffi e bruciature, con qualche fiammella ancora accesa tra i capelli corvini.
 
“Ti hanno fatto nero!” esclamò Radish, senza tanto pensare alle conseguenze delle proprie parole.
Vegeta lo guardò bieco: “N-non è ve… Sta’ zitto, Radish!”
Come prevedibile, l’unica accoglienza dedicata al glorioso principe dei saiyan furono rantoli e risolini. In ogni modo, Pump si rotolò in terra sghignazzando.
 
Frida tentò di ripristinare l’atmosfera seria di qualche istante prima: “Colonnello.”
“Che c’è adesso?” l’uomo appariva di minuto in minuto più frustrato.
“Avete perlomeno messo in piedi un canale di comunicazione con la flotta in orbita?”
Il soldato ringhiò, visibilmente offeso dalla domanda: “Stiamo lavorando ad un canale di comunicazione, come da protocollo. Ma non ce n’è alcun bisogno.”
“E funziona?” indagò Frida.
“Volevo accenderlo proprio quando siete arrivati voi.” Zola mimò una smorfia sprezzante, ma con così poca convinzione da apparire soltanto sul punto di starnutire.
“Allora si prepari a cedermi il comando delle truppe rimaste sul pianeta.”
“Che… CHE COSA?!?” rimosso ogni freno, l’uomo bianco-blu si avventò tremante di rabbia sulla ragazza, che rispose all’aggressione con uno sguardo saldo e glaciale: “Siamo in missione per conto dell’Imperatore. Se lei fosse stato più competente nel suo lavoro, ora non saremmo qui. Se ne faccia una ragione.”
Quell’altro ringhiò furioso, ma non ebbe più il coraggio di aprir bocca.
 
Note dell'autore:
Sono davvero stanco. Confuso, stanco, e demoralizzato. Spero che la situazione migliori.
   
 
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