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Autore: Keeper of Memories    19/02/2023    0 recensioni
[RusLiet]
L'anno è il 1992 e pochi mesi sono passati dalla caduta dell'URSS. La casa di Russia è vuota, nessuno dei suoi subordinati è rimasto proprio come si aspettava. Eppure, qualcuno ha deciso di fargli visita.
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Questa fanfiction partecipa alla challenge "E' nato prima l'uovo o il titolino" del gruppo Facebook "Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom"
Genere: Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lituania/Toris Lorinaitis, Russia/Ivan Braginski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Febbraio 1992
 

«Cosa ci fai qui?»
Le parole di Ivan rimbombarono sulle pareti del soggiorno semi-vuoto. Non alzò lo sguardo, non ne aveva bisogno; aveva imparato a riconoscere i passi di tutti i suoi ormai ex-subordinati in passato.
Tolys si lasciò cadere al lato opposto del divano su cui Ivan sedeva, raggomitolato su sé stesso. Era uno dei pochi pezzi di arredamento in quella squallida abitazione, assieme a un tavolino graffiato e un tappeto sbiadito.
«Ti stavo cercando. Non è stato facile, i tuoi superiori si sono rifiutati di dirmelo.»
Ivan sorrise, un sorriso privo di gioia.
«Mi hanno detto di stare qui per un po’, almeno finché la situazione non si stabilizza.»
«Capisco. Ti ho portato questi, vengono da una serra.»
Questa volta Ivan si voltò, attirato da un fruscio sconosciuto. L’espressione di Tolys era seria, quasi corrucciata, eppure tra le braccia reggeva un mazzo di splendidi girasoli.
«Se non ti conoscessi, penserei quasi che tu voglia tornare a vivere con me» osservò Ivan, stringendo i fiori a sé.
«No. Sono uno stato indipendente, ora» disse Tolys, cercando di mascherare il panico che, per pochi istanti, si era impossessato di lui.
«Lo so, lo so. Stavo scherzando. Sei venuto a compatirmi allora?»
Tolys scosse il capo. «Ti ricordi che giorno è oggi?»
«Sii più specifico, ho vissuto a lungo.»
«Il giorno in cui ci siamo conosciuti, quasi otto secoli fa.»
Il sorriso di Ivan questa volta era genuino mentre stringeva a sé i girasoli. Lo sguardo perso tra le pareti grigiastre gli dava un’aria quasi fanciullesca. Tolys ne rimase quasi stupito.
«Ah, certo. Il tuo cane era proprio carino.»
«Te lo ricordi?»
«Si, certo. Ti dissi che sarei diventato un nazione potente e poi saremmo stati amici.»
Il candore di Ivan sparì istantaneamente, come un sogno all’arrivo dell’alba. Nascose il viso tra i girasoli, sperando che il suo inatteso ospite non lo notasse.
«Siamo… mai stati amici?» aggiunse, con un filo di voce.
«No.»
Il tono secco e deciso di Tolys fece sussultare Ivan, solo per lasciare posto alla solita, costante e familiare tristezza. Se lo aspettava, dopotutto. Si alzò, per posare i girasoli sul tavolino.
«Mi sarebbe piaciuto esserlo, al tempo.»
Ivan si bloccò. Tolys era in piedi accanto a lui, sicuro e fiero come mai lo era stato in sua presenza. Per un istante, i loro occhi si incrociarono.
«Le tue mani sono ridotte male, proprio come allora.»
Compiendo l’impensabile, Tolys si avvicinò ancora e raccolse la mano ferita di Ivan tra le sue. Ivan abbassò lo sguardo. Le sue mani erano sempre così, eppure solo in quel momento, solo mentre le sue ferite venivano così delicatamente accarezzate, sentì dolore.
Resosi conto del gesto che aveva appena fatto, Tolys lasciò la mano di Ivan e indietreggiò, terrorizzato. Il solito, finto sorriso tornò ad incrinare il volto di Ivan.
«Ci sono ferite che non si possono rimarginare. Ma questo lo sai già, dico bene?»
«Perché, Ivan? Se sapevi che ci stavi facendo del male, perché hai continuato? Perché non hai mai chiesto scusa a nessuno di noi?»
Tolys aveva alzato la voce, le mani strette a pugno tremavano incontrollabilmente.
«Cambierebbe qualcosa?»
«Come…?»
«Le ferite che ho lasciato a te, alle mie sorelle o agli altri Paesi Baltici si rimarginerebbero se vi chiedessi scusa? Vi dimentichereste di quello che ho fatto, di quello che avete visto?»
Ivan non sorrideva più, non vi era più nessuna espressione sul suo volto. A Tolys ricordò il volto di un bambino intagliato nel ghiaccio.
«La verità» proseguì Ivan «è che la morte e la sofferenza mi seguono da quando sono nato. Non c’è nulla che si possa fare. Anche gli splendidi girasoli che mi hai portato fra qualche giorno appassiranno. Quindi vattene, Tolys. Questa non è più la tua casa.»
Tolys rimase interdetto per alcuni istanti, incapace di distogliere lo sguardo dagli spenti occhi di ghiaccio di Ivan. Si voltò, diretto verso la porta, ma ancora una volta si fermò.
«Tornerò a trovarti. Il prossimo anno, in questo giorno.»
«Ti aspetterò, allora» disse Ivan e, seppure Tolys non potesse vederlo in volto, avrebbe giurato ci fosse della gioia in quelle parole.
   
 
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