Il modo in cui la percezione umana tende a cambiare, dopo un determinato avvenimento, fa quasi paura. Un attimo prima sei lì, intento a sentirti il più forte del mondo, dopo aver sconfitto per la prima volta un avversario che, prima di allora, era irraggiungibile come la vetta di un monte.
Ma basta sempre veramente poco: una piccola spinta, e cadi giù dalla montagna.
Ed ora Kazuha, che ancora non si era del tutto distaccato dalla febbricitante sensazione di vittoria e autorealizzazione di prima, sentiva tutte le sue certezze e le sue speranze che andavano ad infrangersi al suolo, come una lastra di ghiaccio che cade dal bordo di un tetto.
La polvere, innalzatasi dopo la caduta del soffitto, andò pian piano ad adagiarsi sulle tegole e sulle macerie, mostrando in tutto il suo magnifico e terrificante splendore ciò che era piovuto dal cielo: un umanoide che doveva sfiorare i tre metri d’altezza, dalla pelle bianca come la neve appena caduta d’inverno. Fatta eccezione per una gonna rossa come il sangue strappata sugli orli, legata alla vita da una spessissima corda di vimini nera, era completamente nudo, mettendo in bella mostra un fisico scolpito dalla muscolatura perfetta e spessa. Braccia e bambe erano larghe come tronchi d’albero. I pugni artigliati di nero erano stretti lungo i fianchi e i piedi erano incastrati dentro ad un paio di sandali di legno.
L’essere teneva la testa bassa, i lunghi capelli d’ebano che calavano in avanti come una cascata di tenebre. Dal centro della nuca spuntavano un paio di corna ramate da cervo, e dai lati della nuca sporgevano due pallide orecchie appuntite.
“Aaaaaaaah…” due spessi filamenti di condensa si allinearono ai lati della testa del mostro. Poi, quest’ultima si alzò verso i due sterminatori, tornati in piedi dopo l’ultima caduta, facendoli irrigidire.
Il volto non aveva lineamenti. Non c’erano né naso né occhi, ma solo una disumanamente larga bocca che partiva ed arrivava da un lato all’altro della faccia, priva di labbra, a mostrare una chiostra di terrificanti denti così affilati da ricordare dei pugnali.
Un paio di spuntoni ricurvi partivano dal mento.
Il mostro grugnì, per poi rizzarsi del tutto ed apparire ancora più alto.
Il suo ‘sguardo’ invisibile non si staccò dai due spadaccini nemmeno per un secondo.
Kazuha era convinto di aver provato paura, almeno una volta nella propria vita.
Quando il maestro o Kokomi si arrabbiavano sul serio, quando temeva che un suo compagno non sarebbe tornato da una missione. Quando, quella sera, si era trovato da solo innanzi al casolare abbandonato del vecchio Demone.
Ma adesso… adesso non era nemmeno più convinto che quella stupida sensazione di prima fosse paura.
Innanzi ad una Luna Crescente, uno dei Generali più forti e temibili dell’Esercito dell’Imperatrice, in grado di annientare con facilità un intero plotone di Ammazza Demoni, il suo corpo rifiutava di persino di muoversi. Anche il sudore pareva quasi troppo impaurito per uscire. Voltò lo sguardo verso Sara, è comprese che se lui in quel momento stava così male, quell’altra doveva essere sul punto d’impazzire.
Era risaputo che i Demoni più deboli reagiscono in modo totalmente sottomesso innanzi a qualcosa di estremamente più pericoloso, e ciò lo vedeva anche in lei: le vene pulsavano sotto la sua pelle, premendo contro di essa con vigore, gli occhi erano neri e le pupille erano piccolissime. Le dita, sbiancate, erano strette attorno all’elsa nera della spada.
Ogni cellula del suo corpo sembrava gridarle di scappare immediatamente da lì.
Kazuha tornò a guardare il colosso, che ancora non aveva mosso un dito.
Si limitava a stare fermo, con il petto muscoloso che si muoveva appena nel respiro.
“EHI, BELL’IMBUSTO!”
La voce di Konaki fece sussultare i due cacciatori, che si voltarono verso la testa che, per qualche intercessione divina, era riuscita a non rimanere seppellita sotto le macerie del tetto. La Luna Crescente si voltò verso di essa a sua volta.
Ogni suo movimento era lento ed elegante, perfettamente misurato.
“Ce ne hai messo di tempo per arrivare! Questi due microbi hanno avuto tutto il tempo per decapitarmi, nel caso non lo avessi notato!” continuò la testa, rivolgendosi al suo superiore come ci si rivolge ad un servo “l’Imperatrice sentirà tutto quello che ho da dire! Non ho mandato una richiesta di protezione perché volevo che voi maledetti faceste i vostri porci comodi.” Digrignò i denti insanguinati “scommetto che tu sei la ruota più debole del carro, non è vero? Sicuramente l’Imperatrice ti punirà non appena saprà come sono stato ridotto.”
L’essere non rispose.
Si limitò a guardare dall’alto verso il basso Konaki senza reagire.
“Che diavolo stai aspettando!? Quelle corna ti hanno per caso perforato il cervello? Vieni subito a guarirmi!”
La Luna Crescente voltò appena lo sguardo verso Kazuha e Sara.
Che interpretarono quel gesto quasi come un segno di rammarico e vergogna.
Poi si rivolse al testone e avanzò verso di lui.
“Bene. Vedo che non sei così idiota come credevo” mormorò ghignante il vecchio, mentre quell’altro gli prendeva la testa con due mani dalle tempie, alzandola da terra e liberandola dalle travi che la bloccavano dentro al pavimento “avanti, datti una mossa: voglio prendermi la rivincita su questi due insetti e voglio farlo con tutta la calma del mondo.”
Il Demone pallido fece un po’ di pressione ai lati della testa.
“Co-”
Ciò che rimaneva di Konaki esplose come un cocomero, schiacciato dalla presa possente del nuovo arrivato. Sangue, pezzi di carne e cervello imbrattarono le macerie ed il corpo immacolato della creatura. Innanzi a quel gesto, Kazuha strinse i denti e sgranò gli occhi, mettendo subito mano alla katana.
Sara la estrasse del tutto, sempre più scossa dai tremori.
“L’Imperatrice non dona protezione ai deboli” mormorò la voce profonda della Luna Crescente “sono venuto qui per reclamare le cellule e il sangue che, per uno come te, erano stati ovviamente sprecati.”
In uno spettacolo raccapricciante e disgustoso, i Cacciatori videro come il corpo del Demone assorbisse i resti del suo simile, quelli che si erano appiccicati a lui. Mentre le venature percorrevano tutto il corpo pallido dell’essere sotto la pelle, dal pezzo di cervella più grosso alla più esigua goccia di sangue, tutto svanì nel nulla, assorbito come l’acqua da un panno morbido.
Il resto di Konaki si sgretolò come un castello di sabbia.
“Immagino dovrei ringraziarvi per avermi alleggerito il lavoro, Ammazza Demoni” il nuovo arrivato guardò da dietro una spalla i due giovani. Nell’esatto centro della schiena, cominciò a pulsare una strana e lunga montagnetta di venature “Il mio nome è Kowa. Gradirei conoscere quello di questi giovani e valorosi guerrieri” la schiena del Demone si tagliò appena, nella parte più alta, vicino al collo, rivelando uno strano cilindro sanguinolento e carnoso, simile ad una lunga elsa di spada “a cui sto per prendere la vita.”
Kowa afferrò il cilindro di sangue, tirando con tutta la sua forza e squarciando la propria schiena in un esibizione esplosiva di sangue scarlatto. Liberò una gigantesca odachi dalla lama di un grigio brillante, ricoperta da strane escrescenze venose simili a radici di carne sulla parte piatta.
Si voltò verso i due cacciatori, la schiena che si era già rigenerata in un batter d’occhio, per poi sbattere la lama di lato e sollevare un paio di assi e qualche nuvola di polvere. Esattamente al centro del petto, Kazuha vide con ribrezzo l’enorme occhio, grande come la sua testa, che lo stava fissando con ardore, incastonato in una cornea rossa come il sangue, presentando una retina blu come l’oceano. La pupilla non era presente.
Si vedeva solo una dicitura in kainji bianca che recitava ‘Luna Crescente: Numero 6’, quasi fosse stata una specie di medaglia.
“KAZUHA!” esclamò Sara, piegando le gambe “Devi andartene immediatamente! Non riusciremo a-”
Kowa era già alle spalle della demone, con la propria arma tesa di lato, in orizzontale, come se avesse appena concluso un attacco. Entrambe le mani salde sull’elsa.
Il fianco sinistro della donna esplose in una deflagrazione di scarlatto. Sara vomitò un grumo di sangue e sgranò gli occhi in una flebile esclamazione. Ebbe dunque giusto il tempo per voltarsi ed essere colpita esattamente nel centro della pancia dal sandalo del nemico. Il suo corpo emise uno scricchiolio terribile e si piegò in avanti, per poi essere spedito come un dardo contro al muro di legno alle sue spalle, dove si schiantò con violenza.
“SARA!”
Ma Kazuha non ebbe nemmeno il tempo di preoccuparsi per l’amica.
“Non osare distrarti, spadaccino” Kowa si trovava già davanti a lui, l’odachi – che manovrava come fosse stata una semplice katana – già sopra alla testa, pronta per vibrare un terribile fendente dall’alto verso il basso “sono io il tuo avversario, in questo momento.”
Il giovane sgranò gli occhi.
Non fosse stato per i riflessi allenati, anche grazie alle durissime sessioni con il suo maestro, sarebbe sicuramente già morto. L’enorme lama calò su di lui con tutto il suo peso, ma Kazuha fu abbastanza rapido a estrarre la propria arma e porla ad un millimetro dalla fronte, bloccando l’attacco.
Il contraccolpo, tuttavia, lo sentì tutto sulle ginocchia, che scricchiolarono.
Sotto di lui, il pavimento di legno s’incrinò di poco ed una spessa onda d’urto di polvere e piccoli detriti si sprigionò da intorno ai loro corpi.
“Uhm… non male” la Luna Crescente parve quasi assumere un leggero sorriso “ma non mi hai ancora detto il tuo nome.”
Liberò la propria spada, per poi ripartire subito all’attacco.
Kazuha, dopo i primi colpi, perse il conto delle volte in cui incrociò la lama con il nemico, tutte le volte in cui l’acciaio batteva contro il suo simile e spediva verso il cielo scintille brillanti, sprigionando nell’aria un rumore stridulo e raschiante. La Luna Crescente muoveva lo spadone come fosse stato più leggero di un manico di scopa e lo incalzava con fendenti sempre perfetti e sempre millimetrici.
Il Cacciatore non riusciva nemmeno a reagire. Stare sulla difensiva era l’unico modo che aveva per impedire all’arma del nemico di tagliarlo.
Il Demone affrontato prima non valeva nemmeno un unghia, rispetto a questo nuovo avversario.
Nemmeno sapeva come riuscisse comunque a tenergli testa, ma aveva il vago sospetto che quel mostro si stesse semplicemente trattenendo.
Questo pensiero riaccese in lui il fuoco di poco prima.
Strinse i denti, afferrò saldamente la katana con due mani e, dopo aver parato l’ennesimo attacco, menò un colpo verso l’alto, partendo così dal basso dal creare un solco al suolo con la punta della spada. Il colpo venne intercettato senza problemi. Il Demone bloccò la spada dell’avversario, incrociando la propria con la sua. Tuttavia, in fondo agli occhi del giovane balenò una luce vittoriosa.
Era solo il primo attacco che riusciva a portare a compimento, ma sapeva ne sarebbero arrivati altri!
“Mmmmh…” Kowa digrignò i denti in un’espressione compiaciuta.
Scattarono entrambi all’indietro, per poi ritornare a fronteggiarsi.
Questa volta con molta più furia e vigore rispetto a prima.
La Luna Crescente aveva evidentemente aumentato velocità e forza nei suoi colpi, non di molto, ma Kazuha percepiva la differenza rispetto a prima. Ed in qualche maniera che non riusciva assolutamente a comprendere, era in grado di schivare, deviare ed a contrattaccare senza problemi.
Gli attacchi del nemico… non lo stavano raggiungendo!
“Kahedara Kazuha” disse il ragazzo, menando un fendente avvolto dall’energia verde con la spada mentre ghignava “il nome dello sterminatore che si prenderà la tua testa!”
Partì in avanti.
La punta della sua spada si schiantò sul piatto di quella del nemico, in un rumore assordante seguito da una deflagrazione di scintille. Un’esplosione di vento ed energia verde spedì Kowa all’indietro, che strisciò sui sandali creando una cresta di polvere svolazzante a poca distanza dal suolo.
Il cacciatore abbassò la spada, senza staccare gli occhi di dosso dall’avversario.
Per qualche strana ragione, si sentiva molto più esausto di prima.
“Uhm… molto bene, Kahedara Kazuha” Kowa sollevò l’odachi, per poi scrollarla vigorosamente verso destra. Qualche goccia di sangue piovve sul pavimento “sei un abile spadaccino, lo devo ammettere. Sei riuscito a parare un quarto dei miei attacchi.”
C-come…?
Il corpo di Kazuha venne solcato, in un attimo, da una miriade di piccole esplosioni scarlatte.
Più di una cinquantina, che non risparmiarono nessuna parte del corpo. Braccia, gambe, petto… addirittura un lungo taglio apparve sulla sua guancia. Il ragazzo crollò in ginocchio, poggiando la punta della katana al suolo per non rovinare del tutto.
Quando…?
Percepì qualcosa di enorme davanti a se, ed alzò lo sguardo.
La Luna Crescente si trovava davanti a lui, impietosa. L’occhio gigante lo scrutava malevolo.
E nuovamente, il ragazzo percepì tutta la differenza che lo separava da quel maledetto mostro.
Ricominciò a tremare.
“Mi rincresce, giovane spadaccino” sollevò l’odachi sopra la testa “non sei destinato a prenderti la testa di questo Demone.”
Kowa bloccò il fendente all’improvviso, tuttavia.
Voltò appena lo sguardo verso sinistra.
Le sue gambe si piegarono innaturalmente all’indietro, come fossero state fatte di gomma, la parte superiore del suo corpo perfettamente in orizzontale, bloccata a mezz’aria. Sopra di essa, passò un’ondata di energia oscura sotto forma di stormo di corvi, a pochissimi millimetri.
Quando tornò eretto, il Demone dovette parare un fendente da sinistra di katana nera.
Sara masticò una bestemmia tra i denti, poi si allontanò, rapidissima, per poi scattare nuovamente verso l’avversario a passi rapidi, incalzandolo con una serie di attacchi rapidissimi che vennero tutti deviati.
“KAZUHA!” esclamò l’Hashira, parando un poderosissimo affondo che la fece strisciare coi piedi al suolo “E’ troppo tardi ormai! Adesso non è il momento di esitare… dammi una mano!”
Osservando la compagna che, nonostante l’immane difficoltà, continuava a rispondere con vigore agli attacchi del nemico, il ragazzo si riscosse.
H-ha ragione…
digrignò i denti, per poi saldare la presa sulla katana.
Lui… sicuramente anche lui era terrorizzato dalla morte, quando l’aveva sentita così vicina al collo.
Anche Kazuha l’aveva percepita.
Come una falce fatta di ghiaccio che, partendo dalle spalle, gli sfiorava il pomo d’Adamo.
Ma questo… questo non gli ha decisamente impedito di continuare a combattere! NE SONO CERTO!
Quella falce s’infranse del tutto, e Kazuha si alzò da terra, denti digrignati e sguardo feroce.
Energia verde e foglie spettrali vorticavano attorno ai suoi piedi.
Se mi stai guardando in questo momento… ti renderò orgoglioso!
Sordo al dolore ed al suo corpo che gli gridava di smettere di combattere, scattò in avanti lasciandosi dietro una scia di energia verde.
Quindi balzò verso il nemico con un urlo di guerra, piegando le braccia fin dietro la schiena, con la spada che puntava verso il basso per caricare un potentissimo fendente. Kowa parò l’ennesimo attacco da sinistra dell’altra Demone, mettendo la spada in verticale, poi il suo occhio si puntò verso il ragazzo, che aveva già tracciato una traiettoria con l’arma verso il suo collo.
Collo che gli bastò piegare appena.
La katana di energia verde del giovane incontrò la saldissima resistenza di una di quelle corna ramate, dove il suo percorso si bloccò all’improvviso.
“M-maledizio-” lo spadaccino non riuscì a terminare la frase.
La Luna crescente fece scattare la testa verso l’alto, spingendo con il corno l’arma di Kazuha e costringendolo a volteggiare all’indietro in un giro della morte involontario. Dopodiché, le sue costole furono incrinate dal brutale colpo di pomolo dell’Odachi del Demone.
Venne spedito fuori dal casato, giù dalla scalinata di pietra.
Il tempo di osservare il suo operato, poi Kowa si voltò verso la seconda avversaria.
Avversaria che si era allontanata, e che adesso lo puntava con un dardo fatto di energia rossa.
Dardo che partì verso di lui, friggendo con le sue scariche sfrigolanti l’aria che fendeva. La Luna Crescente lo schivò con facilità inarcando appena il corpo di lato. L’Hashira digrignò i denti, ma subito caricò un nuovo proiettile e sparò nuovamente. Fece lo stesso ancora, ed ancora.
Il Demone assottigliò lo sguardo dell’unico occhio, partendo alla sua volta e muovendosi a zig zag sulle assi di legno, che si spezzarono ad ogni passo. Schivò con uno scatto di lato la prima freccia di energia, la seconda la deviò con un poderoso fendente, spedendola ad esplodere verso l’estremità più a destra del casolare. La terza la evitò con una possente capriola in avanti. Al suo atterraggio, le assi s’innalzarono verso l’alto come le onde di un mare in tempesta.
Quindi ripartì all’attacco, troppo vicino perché Sara potesse caricare un nuovo dardo e provare a colpirlo.
“DANNAZIONE!” la donna fece schioccare le labbra e, poco prima che la katana del nemico la ghermisse, puntò l’arco di sangue verso il basso. Vi fu un’esplosione di energia rossa e fumo.
Kowa si schermò l’occhio centrale con una mano. La pupilla a forma di ideogrammi puntò verso tutte le direzioni. Per poi puntare verso sinistra, dove Sara, con le sue due paia di enormi ali da corvo, piombava verso di lui con la katana tesa dietro la schiena. Gli occhi che brillavano in mezzo alle ombre del viso come quelli di un angelo della morte.
“Molto bene.” la Luna Crescente annuì appena “Davvero molto bene.”
Schivò all’ultimo secondo la katana nera, per poi afferrare la lama con una mano nuda ed una presa saldissima. Sara si ritrovò bloccata a mezz’aria, sconvolta.
Provò a sbattere le ali più che poteva ma, nonostante una copiosa quantità di sangue uscisse dalla mano del nemico, quello non accennò a mollare la presa.
E tutto quel sangue, non fu nulla in confronto a quello che venne versato dopo.
Sara sgranò gli occhi e vomitò un grumo scarlatto, ritrovandosi a sollevarsi verso l’alto spinta dalla gigantesca spada dell’avversario. La cui lama grigia e carnosa era appena entrata al centro della sua pancia, generando una fontana di sangue dietro la schiena.
Perse la presa sulla propria arma.
“La tua abilità è lodevole. C’era da aspettarselo da un mio simile” Kowa buttò la spada verso sinistra, facendola sparire in mezzo alle ombre. Poi sollevò la testa e puntò l’occhio verso l’alto, dove il corpo dell’Hashira si dimenava debolmente e perdeva un ingente quantità di sangue “non insulterò la tua volontà domandandoti di tornare assieme a me, tu che sei stata in grado di ribellarti alla nostra Immortale Imperatrice. Tuttavia… uhm?”
La Demone aveva smesso di dimenarsi.
E ora, con un ghigno folle, puntava il Demone con il suo dardo scarlatto, pronto per essere sparato a bruciapelo.
“Sacrificare così tanto… per un attacco simile?”
Sara lasciò andare il filo.
“Davvero una guerriera di tutto rispetto…”
Una colonna di energia rossa proruppe, avvolgendo i corpi dei due Demoni ed illuminando tutta la foresta di una lieve luce vermiglia. Kazuha, arrancando e usando la propria spada come appiglio, arrivò appena in tempo per vedere la luce che andava scemando. Sgranò gli occhi, davanti a quel terribile spettacolo che aveva davanti: l’arco di sangue di Sara si sgretolò e la donna non poté far altro che osservare come il nemico sotto di lei, una volta afferrato e bloccato il dardo di energia con una mano, se lo rigirava davanti al volto come un oggetto di valore.
“… ma non basterà per uno come me, Kujou Sara” Strinse la presa, e il dardo s’infranse in piccole scintille rossastre come un debole fuoco artificiale “La tua abilità in battaglia rende onore a quella che fu la tua famiglia. Riferirò a tuo padre che sei morta con onore.”
La donna digrignò i denti, sputando un grumo di sangue verso destra “Puoi dire a mio padre che, se oggi sopravvivrò, la sua testa sarà la prossima a cadere…”
Poco prima che Kowa potesse rispondere, il suo occhio si puntò verso il fianco sinistro, dove la katana di Kazuha stava per divorare gli ultimi pochi centimetri. Rapido, il mostro scrollò l’odachi verso il basso, facendo rimbalzare Sara al suolo un paio di volte. Quindi si voltò di scatto e vibrò un fendente obliquo dall’alto verso il basso, schiantandosi contro la lama dell’avversario in una deflagrazione di scintille.
“Ragazzo…” l’ideogramma si puntò sullo spadaccino “Tu-”
“QUARTO KATA!”
Energia verde e foglie spettrali avvolsero il corpo dello spadaccino.
“Vortex”
Kowa venne travolto da un turbine di energia verde, a cui non riuscì ad opporsi. Sfondò il pavimento di legno con le proprie gambe, per poi sbattere con la schiena contro al muro e sfondare anche quello. Il Demone precipitò giù dal promontorio, mentre il vortice di energia verde creato dalla spada del ragazzo andava a schiantarsi sulla foresta, sbalzando verso l’alto qualche albero morto assieme ad un’esplosione.
Kazuha abbassò la lama, respirando affannosamente.
Poi sgranò gli occhi e si voltò verso destra, dove Sara ansimava addolorata con una grossa pozza di sangue che si stava allargando sotto il suo corpo. Gettò a terra la spada, correndo verso di lei ed inciampando su se stesso un paio di volte. Sordo al dolore ed alle lacrime che pungevano gli occhi, raggiunse l’Hashira, cingendola con le braccia e sollevandola appena da terra.
“S-Sara! Sara, ti prego!” le mise una mano sporca di sangue sulla guancia. La donna respirava affannosamente ed aveva la fronte imperlata di sudore. Il sangue non accennava a smettere di uscire “S-sono qui! Per favore, parlami!”
“P-perché…” la donna mormorò, debolmente, alzando la mano e stringendo quella del compagno.
“V-va tutto bene! T-troveremo un modo per-”
“P-perché…” tossì un grumo di sangue “… perché hai abbandonato spada?”
“C-cosa?”
Kazuha sbatté le palpebre, interdetto.
Come poteva pensare ad una cosa così frivola, in un momento simile?
“I-idiota…” strinse la presa, puntando lo sguardo severo in quello preoccupato e piangente del ragazzo “S-sono un Demone! N-non morirò per una ferita simile!”
Il ragazzo sbatté le palpebre, interdetto.
Abbassò lo sguardo, notando che il grosso foro in mezzo al suo copro stava già cominciando a ricostruirsi.
“… Oh…”
“La donna ha ragione.”
Sentì un brivido, Kazuha.
“Durante uno scontro…” la gigantesca mole di Kowa incombeva su di lui, alle sue spalle. L’occhio brillava di tutti i suoi colori in mezzo alle tenebre ed una candida condensa usciva dai lati della bocca irta di denti aguzzi “… non dovresti mai abbandonare la tua arma.”
Accadde tutto troppo velocemente.
Si voltò, nell’esatto momento in cui la Luna Crescente sollevava l’odachi per abbatterla su di lui.
Con tutte le sue forze, Sara si alzò e diede una poderosa spinta al ragazzo, che cadde all’indietro rotolando per qualche metro.
Quindi, la Demone sbatté rapida le ali, schivando di poco il fendente dall’alto che spezzò le assi al suolo, abbattendosi contro di esso.
L’essere però non aveva ancora finito il suo repertorio.
Voltò di scatto il collo verso la donna, assieme all’occhio.
Si posizionò per fronteggiarla e, dopo aver afferrato l’arma a bimane, menò un colpo da destra verso sinistra. Sara sgranò gli occhi e digrignò i denti, chiudendosi in un bozzolo formato dalle proprie ali. Le piume si tesero come coltelli, indurendosi come fossero state fatte di roccia. Il taglio della katana gigante s’abbatté contro di esse, scalfendole appena. Il corpo della Demone venne spedito verso le tenebre.
Kowa si riassestò, tornando eretto.
Per poi voltarsi di scatto e parare un fendente di energia verde.
Kazuha si allontanò subito, per poi ripartire ed incalzare il nemico con una nuova serie di terribili attacchi. Quello parò ogni cosa, senza troppi problemi.
Fino a quando non percepì una sensazione di gelo attaccata al collo.
Sollevò il braccio libero, bloccando nuovamente la katana nera di Sara a mezz’aria, facendole masticare un’imprecazione. Tuttavia, il tempo di voltare appena l’occhio verso di lei, e percepì un fastidioso bruciore sul fianco destro.
Gli ideogrammi si fecero piccoli, puntando verso il secondo nemico.
Kazuha, approfittando della lievissima distrazione, era partito all’attacco ed aveva infilzato la katana fino all’elsa nel fianco dell’essere, inzuppando il proprio Hakama e la propria faccia di sangue. Sara diede un colpo di reni e di ali e liberò la propria katana dalla mano del Demone. Atterrò al suolo e, dopo aver fatto sparire le ali dietro la schiena, partì all’attacco.
Kazuha liberò la propria katana a sua volta, spruzzando sangue verso il basso.
Balzò verso l’alto con una piroetta e, a denti stretti e occhi sgranati, menò un fendente verso il collo del Demone. Tutto questo, nel frattempo che la spada nera di Sara stava per recidergli una gamba.
“Mai avrei immaginato che affrontare due guerrieri così forti…”
Kowa tese le braccia ai lati del proprio corpo.
“… sarebbe stato tanto stimolante!”
La katana di Kazuha venne bloccata dalla lama dell’odachi.
Quella di Sara da una falange di spuntoni e corna ramate, identiche a quelle che spuntavano dalla nuca del Demone, apparse all’improvviso sul braccio sinistro della Luna Crescente come una specie di corazza.
Sollevò di scatto le braccia verso l’alto e i due spadaccini vennero allontanati dal corpo dell’essere.
“Kazuha Kahedara; Sara Kujou…” Kowa si scrocchiò il collo rumorosamente. Poi piegò le gambe ed assunse una posizione di battaglia: il braccio corazzato davanti al volto, quello armato di odachi piegato appena all’indietro. La punta della spada puntata in avanti “… non mi deludete.”
Scattò verso di loro, lasciandosi dietro una scia di polvere.
Gli Sterminatori di Demoni fecero lo stesso.
Lo scontro fu devastante, creando una potentissima onda d’urto che fece volare tegole, detriti, polvere e assi di legno in giro per tutto l’ambiente.
Poi, i tre combattenti si gettarono in una micidiale e mostruosa esibizione di schivate, fendenti, parate ed affondi, senza che ci fosse alcuna esclusione di colpi, con le scintille che esplodevano come fuochi d’artificio attorno ai loro corpi. Sara e Kazuha, in perfetta sincronia, menavano colpi rabbiosi e privi di qualsiasi pietà, tentando di ferire anche solo di striscio l’avversario, roteando attorno a lui come belve feroci. Di contro, il nemico si limitava a girare su se stesso. La ferita al fianco si era già rimarginata e le sue risposte rabbiose ai colpi dei due Ammazza Demoni non tradivano la minima fatica. Deviava e parava, prima con la spada, poi con l’agglomerato di spuntoni attorno al braccio.
E nel mentre che questi titani si scambiavano le serie di attacchi più violente che quel cielo notturno avesse mai visto, solchi larghi quanto braccia adulte e lunghi come serpi deturpavano l’ambiente. Il casolare di legno venne colpito da contraccolpi e da fendenti andati a vuoto in più punti, distruggendosi sempre di più, nella polvere e nei detriti.
Arrivando al punto in cui, di ciò che era prima, non erano rimasti altro che un paio di mura, che stavano in piedi solo per miracolo.
Con un possente urlo di guerra, i cacciatori balzarono verso Kowa, uno da destra, l’altra da sinistra. L’occhio centrale del Demone scattò prima verso l’uno poi verso l’altra. Sollevò le braccia, deviando i loro colpi e spedendoli al suolo dopo avergli fatto fare un giro della morte.
Ma una volta atterrati sui detriti, i due giovani erano già tornati in piedi, pronti ad attaccare di nuovo.
Ancora più furiosi rispetto a prima.
Incredibile…
Kowa, intento a continuare a schivare e parare quegli attacchi, si ritrovò a pensare.
Dunque al mondo…
Schivò un ulteriore doppio attacco, eseguendo un passetto all’indietro e lasciando che i due combattenti incrociassero le spade tra loro.
Non notò tuttavia i due che si scambiavano un intenso sguardo d’intesa.
Rapidi, e prima che il nemico potesse reagire, i due spadaccini scattarono all’unisono verso di lui con un affondo.
Troppo veloci per essere intercettati.
… esistono ancora guerrieri abbastanza forti…
“PRIMO KATA!”
“QUARTO KATA!”
… da opporsi a noi?
A destra venne lacerato da una tempesta di energia verde e ululante.
A sinistra, da uno stormo di corvi fatti di oscurità.
Kowa barcollò all’indietro. Il sangue che spuntava dalla bocca come una cascata.
Due enormi ferite, ai lati della vita muscolosa, gocciolanti di sangue, si stavano rimarginando.
Troppo lentamente.
“KAZU!” Sara si voltò di scatto verso il compagno, serissima “è allo stremo! Non avremo altre occasioni come questa!”
Il giovane annuì, per poi voltarsi verso il nemico.
Scattarono l’una verso destra, l’altro verso sinistra.
Balzarono al suolo e poi, all’unisono, eseguirono una piroetta, planando a mezz’aria verso il nemico.
La katana col taglio puntato in direzione del suo collo.
E mentre la sconfitta sopraggiungeva, la bocca sanguinante del Demone si piegò in un sorriso.
“Mi dispiace… davvero.” La corazza di corna venne riassorbita dalla pelle del braccio della Luna Crescente.
Braccio che venne sollevato verso il proprio petto.
L’occhio si chiuse, comparendo a sua volta in mezzo ai pettorali.
“Sarebbe davvero irrispettoso…”
Gli artigli perforarono la carne, vicino al cuore.
“…non usare tutto il mio potere per due prodigi come voi.”
Tirò con tutte le sue forze, generando cinque lunghe e sanguinanti solchi sul proprio corpo.
Poi sollevò il braccio in avanti. Aprì la mano, facendo cadere qualche goccia di sangue verso il suolo.
E tutto, mentre le katane dei due sterminatori erano sempre più vicine al suo collo.
Il tempo rallentò.
“…Arte del Sangue Demoniaco…”
Sussurrò a fior di labbra, l’essere.
Poi sollevò l’odachi, per poi farla piovere verso il basso.
Sfiorando appena con la punta della spada la cima di una minuscola goccia del suo stesso sangue, in procinto di abbattersi al suolo.
“Terraformazione.”
La punta della katana toccò la goccia.
La goccia toccò lievemente il suolo, avvolta da qualche scarica di energia sfrigolante.
Poi… tutto fu polvere.
Quando riaprì finalmente gli occhi, le orecchie fischiavano come l’inferno e la vista era appannata. Sara tossicchiò un paio di volte, cercando di far forza sulle mani e sulle braccia tremanti, per potersi tirare su da terra, debolmente. Non ricordava nemmeno cosa fosse successo, poco fa. Quando la Luna Crescente aveva calato verso il basso la punta della katana, tutto ciò che le era chiaro era solo il potentissimo flash di luce, seguito subito dopo dallo stesso dolore che si percepisce quando un pezzo di montagna ti cade addosso.
Respirando a fatica, la donna si guardò attorno, cercando di rimettere a fuoco la scena.
Quando ci riuscì, sentì il cuore colare a picco: non c’era più niente.
Niente.
Il promontorio, il casolare abbandonato, lo spiazzale in mezzo alle piante… era tutto scomparso. Come se un gigantesco meteorite fosse piovuto dal nero cielo notturno, spazzando via ogni cosa si trovasse sotto di se. La Demone, in quel preciso istante, si trovava esattamente al centro di un enorme cratere. Lo smarrimento la fece sedere sulle proprie gambe, senza farla smettere di respirare affannosamente e tremare. Si guardò attorno, concitata, portandosi una mano al braccio ricoperto di tagli ed abrasioni.
Del suo abito da Hashira era rimasta solo la canotta nera, strappata in più punti.
Il sangue le colava dal naso e dalla bocca in lievi rivoletti.
Ebbe un sussulto “Kazu…!”
Voltò lo sguardo.
E quando lo vide, sentì il proprio cuore che si bloccava e le lacrime cominciare a pungerle gli occhi: il ragazzo era coricato, a terra. La schiena nuda presentava una brutale serie di ferite, i capelli erano sciolti e sporchi, come una pallida cascata morente.
“K-Kazu-” fece per sporgersi in avanti, preoccupata, ma cadde di faccia.
Riuscì comunque a sollevare la testa, stringendo i denti.
Per poi sospirare di sollievo non appena, con un lieve tremore, il ragazzino cominciò a riprendersi.
Pareva dolorante, infinitamente di più rispetto a lei, e tremava come una foglia.
Ma se non altro, era vivo.
La donna allora si risollevò da terra, dolorante. Voltò lo sguardo verso sinistra, in basso, dove incontrò l’elsa della sua katana. Nell’accingersi a raccoglierla, però, non poté fare a meno di pensare a ciò che era successo poco prima: Kowa… che fine aveva fatto? Non lo vedeva da nessuna parte. Sembrava così intenzionato a proseguire quello scontro, quel maledetto pazzo…
All’ultimo aveva deciso di battere in ritirata?
O forse, quell’ultima tecnica era una specie di attacco suicida?
Aveva intenzione di morire e portarseli nella tomba.
Fottuti cani dell’Imperatrice…
Voltò lo sguardo verso destra.
Kowa, completamente integro, era già lì al suo fianco.
L’odachi alzata fin dietro la schiena, pronta per colpire con tutta la brutalità di cui era capace.
Sara, percependo ogni singola cellula del suo corpo che s’irrigidiva, non poté far nulla per reagire.
L’arma gigante calò.
Il metallo contro al metallo esplose in un suono assordante.
“Uhm…” l’occhio centrale di Kowa, riapparso in mezzo ai pettorali, parve affilarsi “… nonostante il mio ultimo attacco… riesci ancora a muoverti in questo modo?”
Kahedara Kazuha era scattato rapidissimo, frapponendosi tra la spada e Sara, che adesso guardava il corpo contratto per lo sforzo del compagno mentre, con la propria katana, bloccava l’arma gigante dell’avversario. Il giovane stringeva i denti, rabbioso, lanciando sguardi infuocati con gli occhi di rubino verso al proprio nemico.
“Non avevo visto male, allora” il Demone allontanò l’odachi, permettendo al giovane spadaccino di fare un rapido passo indietro per riorganizzarsi, e quindi ripartire all’attacco “Sei veramente un vero guerriero.”
Il sangue cadde a terra.
Kowa colpì qualche goccia con la propria arma, spingendola al suolo.
Esattamente come prima, il terreno esplose in polvere, crepe e detriti, creando un lungo solco che partiva dal fianco sinistro del Demone fino ad andare verso destra. Kazuha venne sbalzato all’indietro, rotolando a terra con un lamento di dolore.
“KAZU!” Sara si rialzò in piedi, katana nella mano, poi si voltò verso l’avversario.
“Traditrice” Kowa aveva sollevato l’odachi sopra la propria testa, tenendo l’elsa a bimane “occhi su di me. Non distrarti.”
Notando le gocce di sangue che venivano tagliate dalla lama, la ragazza sgranò gli occhi, gettandosi verso destra con una rapida capriola, evitando l’impatto per pochissimo. Un lungo solco, che raggiunse il limitare del gigantesco cratere nella foresta, si creò per lungo dove poco prima si trovava la Demone.
Solco che esplose in una cresta di polvere, pezzi di roccia e radici.
La donna sentì le proprie ossa tremare: era finita.
Adesso la Luna Crescente aveva smesso di giocare con loro: non c’erano più speranze di vittoria.
Voltò lo sguardo verso il nemico, tornato a rivolgere le proprie attenzioni su di lei.
Poi si girò verso Kazuha, intento a rialzarsi tremante usando la katana come sostegno.
Indurì lo sguardo, tornando rapidissima in piedi.
Intercettò la katana del Demone, che s’abbatté sul taglio della propria in un clangore metallico ed un trionfo di scintille. Attorno a loro la terra esplose in un’onda d’urto.
No… non mi lascerò sopraffare dallo sconforto!
Kowa e Sara si staccarono l’uno dall’altra, per poi ripartire all’attacco dopo una piroetta all’indietro.
Come Hashira dei Corvi… NON PERMETTERO’ AD UN MIO SOTTOPOSTO DI MORIRE!
Seguì un brutale scambio di fendenti, di una violenza tale fece tremare la terra. Kowa e Sara non badarono a spese, mirando ogni attacco perfettamente, in modo che questo potesse ferire o menomare l’avversario. Più volte l’arma rompeva la guardia dell’altro, ferendo il corpo in scarlatti schizzi di sangue e creando lunghi tagli che, in poco tempo, si rigeneravano lasciando spazio a nuove ferite. I colpi del nemico che l’Hashira non riusciva ad intercettare, tuttavia, sfioravano il suolo, attivando l’Arte Sanguigna della Luna Crescente e facendolo esplodere. Le onde d’urto, così vicine, contorcevano le viscere della donna, sbattendogliele tra loro all’interno del corpo. Cominciò a sentirsi debole, sbrattando un goccio di sangue dalla bocca.
Fino a quando, dopo un poderoso fendente calante, Kowa non la mise in ginocchio.
Sara riuscì a pararlo ponendo la spada sopra di se, digrignando selvaggiamente i denti.
Ma lo scontro le fece spezzare le braccia, facendola cadere a terra.
La donna chiuse gli occhi e tossì un misto di saliva e sangue, per poi rialzare lo sguardo e vedere il Demone che già era pronto per vibrare il suo colpo finale su di lei.
“TERZO KATA!”
Kowa bloccò la spada, voltandosi lentamente indietro.
Kazuha stava correndo verso di lui, denti stretti, katana tesa dietro le proprie gambe avvolta dall’energia verde. Energia verde che, con le sue foglie spettrali, stava avvolgendo anche tutto il suo corpo.
La Luna Crescente parve ghignare in quella bocca priva di labbra voltandosi del tutto.
Arrivato a pochi metri di distanza dal nemico, il giovane balzò verso di lui con una capovolta.
“Kamaitachi”
Kowa parò lo spadaccino.
O meglio… ciò che lo spadaccino era appena diventato: un gigantesco cerchio di energia verde, roteante e brillante come la lama di una sega circolare.
Il corpo del ragazzo rimbalzò sulla spada del nemico, per poi ripartire all’attacco, saltando un po’ da tutte le parti come una palla impazzita, lasciando solchi stretti al suolo.
E sul corpo del Demone.
La rapidità con cui quei fendenti verdi arrivavano a raggiungere la scorza del Demone era quasi impossibile da intercettare, o deviare. Presto, il suo corpo fu una piccola fontana di zampilli rossi. Nonostante il dolore, però, l’essere non smise di ghignare. O di combattere.
Dopo il tredicesimo attacco, Kowa sollevò il braccio libero dalla katana, spalancò la mano e la gettò verso il cerchio di energia verde. Chiuse le dita attorno alla katana dello spadaccino.
Quello, ritornato ‘umano’ a causa di quel blocco, sgranò gli occhi, per poi essere tirato verso il proprio nemico ed essere scagliato verso il cielo.
Kazuha roteò su se stesso un paio di volte, a mezz’aria.
Ma tornò padrone del proprio corpo quasi subito, sguardo duro rivolto verso il basso, puntando sul nemico, che a sua volta sollevava il kainji verso di lui.
“SECONDO KATA!”
Kazuha si portò la katana verso la propria destra, fin dietro la schiena.
Quella venne avvolta dall’energia verde e, poco dopo, il suo proprietario menò un fendente a vuoto.
Dall’arma avvolta di energia verde, si sprigionò un gigantesco arco orizzontale, brillante come una falce fatta di smeraldo e con le foglie spettrali che volteggiavano attorno come calabroni. Kowa sgranò l’occhio, poi tirò dietro la propria schiena l’odachi e menò un fendente in avanti. L’arco di energia s’infranse contro la potenza di quel fendente, e le sue due estremità esplosero al suolo, sollevando un paio di geyser di detriti. Due lunghi tagli verticali solcarono i fianchi del Demone, bagnando di sangue il suolo, mentre Kazuha tornava a terra, sulle gambe tremanti, la katana nascosta nel fodero e lo sguardo puntato verso l’avversario, serissimo.
L’essere ricambiò lo sguardo.
Ne seguì un intenso minuto di silenzio.
“… Beh?” fece Kazuha, estraendo la katana, suonando quasi offeso “Non so come chiamarlo, questo kata. Ci sono problemi?”
Kowa sbuffò sommessamente, per poi rimettersi in guardia, pronto per caricare l’avversario.
Ma la sua carica dovette comunque aspettare, perché alle sue spalle Sara era balzata da terra e, come una trottola, era piovuta sul nemico con un ruggito di guerra. Il Demone si voltò di scatto, menò un fendente verso lei deviando la katana e le sferrò un poderosissimo calcio sul petto. La donna cadde al suolo, ma invece di sbatterci contro fece una rapida capriola all’indietro, rimettendosi subito in guardia. Nemmeno il tempo di poterle dare le dovute attenzioni, che già l’altro spadaccino era ripartito all’attacco.
Kowa dovette nuovamente tenere furiosamente testa ai due spadaccini i quali, nonostante le ferite sanguinanti, il dolore e la debolezza, sembravano ancora più infervorati rispetto a prima.
Molte volte, le katana dei due giovani rompevano l’impenetrabile difesa del nemico, riempiendo il suo corpo di tagli.
Ad un certo punto la Luna Crescente, stufa di subire in questo modo, emise un potentissimo ruggito, che ricordava il grido di più belve feroci messe assieme, talmente tonante che per poco le orecchie dei due ragazzi non presero a sanguinare. Poi sollevò la katana, la fece piovere verso il basso, sopra ad una goccia del proprio sangue.
Nuovamente, la terra attorno a lui esplose in polvere e detriti, sbalzando all’indietro i due ragazzi. Quelli rotolarono al suolo per qualche metro, per poi fermare la loro corsa e, rapidissimi, rialzarsi in piedi. Intanto, la polvere che si era innalzata dopo l’ultimo impatto intorno al corpo del Demone, si stava riassestando al suolo. Tutte le ferite che gli erano state provocate si stavano rigenerando.
Molto lentamente.
“Maledetto bastardo…” Sara digrignò i denti acuminati, le vene che pulsavano sotto pelle “… non ha davvero intenzione di crepare...”
“A onor del vero, penso sia anche colpa nostra” Kazuha, tra un respiro e l’altro, si concesse un sorriso “si sta divertendo come un cazzo di moccioso, lo stronzo…”
Poi, puntò la katana in avanti, verso il nemico che, nel rimettersi in guardia, pareva respirare affannosamente “le sue ferite si rigenerano sempre più lentamente. I nostri attacchi vanno sempre più a segno!” si umettò le labbra. Al gusto di sangue. Poi fece qualche passo in avanti, sorridente “manca poco, Kujou Sara! Manca veramente poco!”
Dal canto suo Kowa, benché non lo stesse dando a vedere, stava andando in brodo di giuggiole.
Mai, nella sua eterna vita da essere maledetto dall’Imperatrice, aveva considerato l’ipotesi d’affrontare due avversari tanto potenti. C’era anche da contare un altro aspetto, però… non dubitava della potenza della rampolla della famiglia Kujou, ma… come poteva un umano così giovane essere in grado di simili abilità? Inoltre, ogni suo attacco, le sue posizioni… gli ricordavano qualcuno.
Ma chi?
Chi è il tuo maestro, giovane Kazuha?
Poi lo vide, quel ragazzo: vide le gambe appena piegate sulle ginocchia, quella destra davanti alla sinistra, le spalle strette lungo al corpo, le mani in avanti, chiuse attorno all’elsa della katana, puntata esattamente davanti a lui.
Uno sguardo serissimo, ma fiero e infuocato come il sole che non avrebbe mai potuto vedere.
“Tu…”
Kazuha partì all’attacco per primo, annientando ogni singolo dubbio del Demone.
“Sei…” abbassò l’arma, puntandolo con il dito artigliato “… il giovane pupillo di cui quell’uomo mi ha parlato, non è vero?”
E come un giocattolo a molla, il ragazzo bloccò la sua corsa.
“… cosa?” Kazuha sollevò lo sguardo.
Sembrava improvvisamente diventato più pallido rispetto a prima.
Sara guardò la scena, scrutando prima il suo compagno poi il Demone, che ancora lo indicava.
Non capì subito.
Poi però, quando il sospetto prese ad insinuarsi in lei, impallidì a sua volta.
“K-Kazu…” mormorò la donna, guardandolo allarmata.
“E’ dal primo momento che ti ho visto combattere che ho cominciato ad avere qualche sospetto…” sulle fauci di Kowa parve delinearsi un terribile ghigno “anche se forse, avrei dovuto capirlo immediatamente. Dopo averti visto utilizzare la sua stessa tecnica.”
Lo spadaccino, lentamente, abbassò la katana. Gli occhi rossi erano sgranati, fissi in un punto che nemmeno guardava. Sara, alle sue spalle, s’agitò ulteriormente.
“N-non ascoltarlo!”
“I-il maestro…” Kazuha la ignorò, alzando lentamente lo sguardo verso la Luna Crescente “… come fai a conoscerlo?”
“Lo conosco perché è stato uno dei guerrieri più coraggiosi, meravigliosi e potenti che io abbia mai affrontato. La sua tecnica era una danza di morte che, ancora adesso, fa rabbrividire le mie cellule ogni volta che ci penso” puntò il kainji sul giovane e l’espressione sulla sua bocca parve distendersi diventando quasi… rammaricata “lo riesco a rivedere, in te.”
“NON HAI RISPOSTO ALLA MIA DOMANDA” Kazuha strinse l’elsa della katana, digrignando i denti. Gli occhi si erano già fatti lucidi.
Poi ricevette la risposta.
Quella che aveva paura di ricevere più di ogni altra cosa.
“E’ stato un vero peccato, quando è morto” mormorò Kowa, come se si sentisse genuinamente in colpa “ho dovuto consumare il suo corpo. Diventare mio nutrimento, per un uomo tanto forte, è decisamente più onorevole che marcire nella terra, divorato dai vermi.”
Kazuha ritornò a quel momento preciso.
Quando i corvi avevano annunciato il nome del suo maestro.
Quando la consapevolezza che non sarebbe mai più tornato gli aveva attanagliato le viscere.
E, nello stesso preciso istante, gli tornò il ricordo di quel mese, passato in mezzo alle montagne più impervie e nelle foreste più fitte. Ad affinare la lama, sterminando ogni singola creatura che gli si parasse davanti con la brutalità di un macellaio.
Strinse l’elsa della spada. Il respiro si stava facendo sempre più irregolare.
“K-Kazu… ti prego…” Sara, che non aveva perso un momento del discorso, aveva già una maschera di lacrime in volto.
Aveva ragione. Non poteva lasciarsi sopraffare dalle emozioni.
S-se si fosse lasciato divorare dalla rabbia, gettandosi in battaglia in quel modo…
Sollevò lo sguardo, incontrando il nemico.
Rivide l’immagine del maestro, sorridente, appoggiato alla corteccia del suo albero preferito, intento a sorseggiare il sakè, che lo invitava ad accomodarsi assieme a lui.
Poi quella scena s’infranse, sostituita da Kowa che, come una belva feroce, strappava gli arti di quell’uomo. La testa dagli occhi vitrei tra le sue fauci insanguinate.
“NO!” Sara tentò un ultimo disperato approccio, ma era troppo tardi.
Kazuha era già scattato.
“MOSTROOOO!!” gridò con tutte le sue forze, la katana rivolta dietro la schiena e le lacrime che gli rigavano il viso.
Lo scontro tra le due lame fu così brutale e potente da generare una nuova onda d’urto di polvere ed energia. Sara, che aveva cercato di partire al seguito del compagno per fermarlo, venne sbalzata dallo scontro, rotolando al suolo per qualche metro.
Coricata a terra di faccia, si sollevò sui gomiti, tremante e tossicchiante.
Con il viso rigato dal pianto, alzò la testa.
Kazuha non era assolutamente in sé. Denti così stretti tra loro che sembravano pronti per essere incrinati, un’espressione talmente rabbiosa che le fece quasi paura. Nei suoi colpi non c’era più eleganza, tecnica, o quant’altro.
Solo un bruciante e terribile odio.
Odio e tristezza, culminanti in una versione del giovane spadaccino che… non avrebbe mai voluto vedere in vita sua. La lama verde si lasciava dietro scie fluorescenti che brillavano nella notte come un faro, sbattendo sull’odachi creando esplosioni di scintille che salivano verso il cielo. Indubbiamente, tutto quel terribile furore stava mettendo alle strette il suo avversario… ma per quanto sarebbe durato? Le ferite sul corpo dell’umano pompavano sangue al suolo, bagnandolo di scarlatto.
Ed anche se impercettibili, si vedevano alcuni tremori.
Non poteva vincere, così facendo.
“Ragazzo…” Kowa menò un fendente dall’alto, che il giovane parò rabbiosamente, bloccando la katana sopra la propria testa “… cosa succede? Dov’è finita tutta quella boria? Tutta quella grinta…?” non sembrava lo schernisse. Era solo, sinceramente, deluso “… valeva così tanto per te, quell’uomo?”
“Silenzio…” sibilò Kazuha, liberando la propria katana, eseguendo un paio di capriole all’indietro e, una volta fermo, menando un paio di fendenti in avanti scagliando contro alla Luna Crescente degli archi d’energia.
Il Demone, svogliatamente, si limitò a far scattare la katana in avanti un paio di volte, dividendo gli archi come fossero fatti di burro “questa furia, nella battaglia… non è il tipo che piace a me” la Luna Crescente sembrò quasi infastidita “… supera questo rancore! Questo odio! Non potrai mai sconfiggermi così” prese l’odachi a bimane “cosa direbbe di te il tuo maestro, in questo momento?”
“Ho detto…” il respiro di Kazuha cominciava a farsi sempre più affannato, come quello di una belva feroce “… DI FARE SILENZIO!!”
Le lacrime si staccarono dal suo viso, mentre il vento d’energia verde avvolgeva il suo corpo in un turbine di foglie spettrali. Sara osservò la scena, portandosi una mano al petto “Kazu…”
“NON OSARE NOMINARLO MAI PIU’! NON NE HAI IL DIRITTO, DEMONE!” partì all’attacco, lasciandosi dietro una scia d’energia e tendendo più che poteva la katana dietro la propria schiena.
Dal canto suo, la Luna Crescente abbassò appena la propria spada, puntando con la testa la mano disarmata, che strinse con vigore. Quindi sospirò rassegnato, tornando in guardia, pronto per ricevere l’avversario “avevo… enormi aspettative per te, giovane Kazuha…”
Sara osservò come il compagno balzava verso il Demone, katana così tesa e pareva essere pronta a sfuggirgli dalle mani. E vide il suo avversario, Kowa, che faceva roteare la propria, la strisciava a terra assieme a qualche goccia di sangue, per poi menare in avanti un fendente dal basso.
“KOWAAAAA!!!” ruggì lo spadaccino, schiumante di rabbia e sangue.
A distanziare le lame delle due armi, non più di pochi millimetri.
La Demone si coprì gli occhi col braccio: l’impatto generò un altissimo geyser di detriti. Energia verde e polvere scura si mischiarono tra loro in un rumore così assordante che per poco le cime delle montagne nei dintorni non s’incrinarono a loro volta.
Poi, quando tornò il silenzio, la polvere cominciò ad adagiarsi al suolo.
Sara si portò un dito alla bocca, mordendolo con forza fino a farlo sanguinare.
Kazuha si trovava alle spalle del Demone con il taglio della lama che puntava verso il basso. A modo suo, la Luna Crescente ce l’aveva rivolta verso il cielo. Non poteva vedere del tutto l’espressione del giovane, tranne che la linea dura sulla bocca. Lo sguardo era celato dalle ombre.
Fu Kowa il primo a muoversi “Mi dispiace, giovane Kazuha” scrollò l’odachi di lato, pulendola dal sangue “non avrei mai voluto che finisse così. Per quello che è durato, tuttavia, sei stato un grandioso spadaccino. Te lo concedo.”
Con orrore, l’Hashira dei Corvi osservò il ragazzo che alzava la testa verso l’alto, mentre un’esplosione di lacrime scarlatte fuoriusciva da una profondissima ferita che attraversava tutto il suo corpo. Lo vide inginocchiarsi a terra, mentre il suo corpo crollava in avanti.
Non un lamento, o un singulto.
Le lacrime presero ad uscire copiose.
Era tornata da una nuova missione. Un Demone di altissimo livello, un altro suo simile, era caduto sotto i colpi della sua spada e dei suoi dardi. Doveva ammettere a se stessa, non senza una buona dose di sadismo, che i volti dalle espressioni tradite e furiose che vedeva su quelli che un tempo erano i suoi alleati non avrebbero mai smesso di appagarla. La faceva sorridere il pensiero che, un giorno, presto, anche i maledetti che l’avevano condannata a quella non-vita l’avrebbero guardata in quel modo, mentre incombeva su di loro con la katana insanguinata ed un sorriso di scherno.
Sorrideva, quando andava a caccia, anche perché era l’unico vero momento in cui poteva concedersi di essere, quantomeno, un po’ gioiosa. Tra i membri della famiglia Kujou non era trattata esattamente con riguardo… ma nemmeno ora, che era entrata a far parte, per colpa di quella psicopatica, del Corpo Speciale. La ‘Leader’ l’aveva accettata tra i ranghi dei suoi Cacciatori più forti quasi senza battere ciglio, e la cosa non faceva altro che confonderla.
Soprattutto perché… non si era mai sentita così sola, prima di allora.
Gli altri Hashira – a parte Beidou, anche se non comprendeva se quel tipo di attenzione fosse positiva o solo una spina conficcata in un unghia – la ignoravano. Gli altri Sterminatori, per quanto fosse palese la ritenessero una guerriera di tutto rispetto e, comunque, una preziosa alleata, lanciavano verso di lei sguardi impauriti e spaventati. O allungavano il passo appena incrociavano la sua strada nel quartier generale.
Non poteva dire di disprezzare questa solitudine. Sempre meglio dei soprusi verbali o fisici perpetrati dal ‘fratello maggiore’, quando ancora si trovava ai servigi dell’Imperatrice.
Chissà perché, però, la solitudine aveva cominciato a gravare di più sulle sue spalle.
Il cameratismo, le amicizie, gli amori… ne vedeva diversi, all’interno di quell’ambiente.
E vedeva i giovani guerrieri piangere per i propri cari, quando i loro nomi venivano annunciati dai corvi.
“Se fossi io a morire… qualcuno piangerebbe per me?”
Era per questo che andava sempre in missione, contro Demoni sempre più potenti.
Se continuava a vincere, a migliorarsi, non sarebbe mai morta.
E nessuno non l’avrebbe mai ‘non-pianta’.
“Uhm… q-quindi… ti piace tirare con l’arco…?”
Il ragazzino dai capelli bianchi, con una mano dietro la schiena ed una dietro la nuca, si era rivolto a lei all’improvviso, il viso contratto in un sorrisetto nervoso, gli occhi rivolti al suolo ed un lieve rossore sulle guance. Sara lo aveva guardato, dopo aver quasi mancato il bersaglio di paglia con uno dei suoi dardi sanguigni ed aver quasi sfondato un muro.
Quel ragazzo, Kahedara Kazuha, era in fin dei conti molto simile a lei: persino la sua, di famiglia, era letteralmente la più disfunzionale e disgustosa che potesse immaginare.
‘Come puoi abbandonare il sangue del tuo sangue in balia dei Demoni?’
Se lo era chiesta, più volte, quando l’Hashira delle Tempeste lo aveva presentato ai suoi compagni, arruffandogli i capelli davanti a tutti. Era così timido, minuto, con la testa incassata nelle spalle, le braccia lungo i fianchi e l’espressione di chi voleva essere da tutt’altra parte meno che sotto l’attenzione dei guerrieri più potenti del Giappone.
Lo aveva, nel profondo, trovato piuttosto adorabile.
Ma anche spaventosamente fragile ed impaurito.
E gli insegnamenti della sua maledetta famiglia gli avevano inculcato nel cervello che, i deboli, dovevano essere disprezzati.
Ora eccolo lì, ad approcciare la spaventosissima Hashira dei Corvi, l’unico Demone che faceva parte del Corpo Speciale. Con timidezza… ma senza la stessa paura che vedeva negli occhi degli altri spadaccini che ‘osavano’ posare lo sguardo su di lei.
“OH! Oh… scusami. N-non era mia intenzione distrarti durante un allenamento!”
A giudicare dall’espressione del ragazzo, il cui viso ora era diventato letteralmente paonazzo, più dei suoi stessi occhi, Sara lo doveva aver guardato in modo alquanto minaccioso.
Non che fosse quella la sua intenzione, in realtà.
“T-ti lascio al tuo allenamento.” Disse il ragazzo, sbrigativo. Già le rivolgeva la schiena “P-parleremo dopo!”
E corse via.
Sara lo guardò, sconvolta. E rimase con lo sguardo fisso dove il ragazzo aveva svoltato, svanendo dalla sua vista, ancora per qualche momento.
“Dopo… uh?”
Sbagliò due volte a centrare il bersaglio, quella sera.
Avevano litigato, di nuovo.
E come sempre, alla fine del loro litigio, le mani erano scattate sull’elsa della katana.
Quel maledetto moccioso… cosa ci trovava in lei di così interessante?
Perché non la lasciava in pace, come tutti?
Soprattutto… perché diavolo adesso si sentiva così male?
I loro litigi erano, ormai, diventati quasi una routine: gli Hashira e gli altri spadaccini, ne era quasi certa, avevano anche cominciato a fare qualche scommessa, di nascosto, sul come e chi avrebbe cominciato la discussione, quella volta rispetto all’altra. Fortunatamente, prima che questi battibecchi senza motivo raggiungessero conseguenze estreme, l’Hashira della Tempesta era sempre pronto a mettersi in mezzo interrompendo qualsiasi probabile esplosione di violenza sul nascere.
Quella volta, però… non ricordava nemmeno più cosa gli aveva detto.
Non ricordava nemmeno più perché era iniziata la discussione.
Ma poco prima che potesse prendere la sua strada, aveva lanciato uno sguardo suggente verso Kazuha. Scoprendo il suo volto, contratto in un’espressione rabbiosa, piangente.
Avrebbe sentito meno male se l’avessero presa a pugni sullo stomaco.
“Dannazione… è lui che ha cominciato! P-perché diavolo non vuole lasciarmi in pace!?”
Mentre i sensi di colpa le stavano mangiando le viscere, tuttavia, si scoprì sollevata: magari adesso non avrebbe più tentato di approcciarla.
Giusto?
Sbagliato.
Dopo qualche giorno, rieccolo lì, alla carica.
E poi ancora, ed ancora.
Dopo ogni stupido litigio, dove volavano anche parole infuocate che avrebbero fatto venire i capelli bianchi persino a Beidou, Kazuha era sempre lì. A tenderle la mano.
E lei… proprio non riusciva a capire perché.
E non riusciva a capire perché lei non la prendesse, quella mano.
Dopo tutto quel tempo si era resa conto di quanto quel piccolo, fastidioso ed insistente moccioso… riempisse le sue giornate. Per qualche strana ragione, inoltre, l’audacia del giovane spadaccino sembrava aver spinto anche altri giovani apprendisti ad approcciarsi a lei.
Benché Kazuha fosse, in assoluto, quello con cui proprio non riusciva ad intavolare un discorso, senza passare agli insulti od ai rimproveri.
“Sono… sono davvero una stupida…”
Avrebbe… così tanto voluto far capire a quel ragazzo quanto gli fosse grata.
Ma ogni volta che apriva bocca, uscivano fuori parole cattive, che non voleva dire.
Forse le sue cellule demoniache stavano impazzendo.
Forse era già da ricovero.
Si scoprì sorridente, pensando le stesse parole che quell’altro gli aveva detto durante uno dei loro inutili battibecchi.
“Forse… forse hai ragione.”
La prossima volta che si fossero parlati, glielo avrebbe detto.
Lo avrebbe ringraziato.
Gli avrebbe detto che voleva… che le sarebbe stramaledettamene piaciuto essere sua amica.
Era una Demone.
Aveva tutto il tempo del mondo, dopotutto.
“KAZUHAAAAAAA!!!” gridò disperata, mentre il corpo cadeva esangue senza emettere un suono.
Immobile. Probabilmente gelido.
“no… no… no…” si artigliò la testa, quasi per strapparsi i capelli dalla nuca “d-dovevamo… dovevamo ancora litigare tante di quelle volte… no… no…NO!”
Gridò, le lacrime che esplosero negli occhi dalla sclera nera.
Si sollevò da terra, tendendo il braccio di lato e creando l’arco di sangue solidificato, puntandolo in avanti e caricando il colpo, l’espressione contratta dal dolore e dalla rabbia.
Verso Kazuha, che l’aveva abbandonata.
Verso se stessa, che non era riuscita a tenerlo stretto.
Verso quel maledetto Demone, che glielo aveva portato via.
“Sono di pessimo umore, Kujou Sara.” Kowa si trovava già davanti a lei. Le dita della sua colossale mano erano attorno a quella che reggeva l’arco acuminato dell’Hashira “finiamo immediatamente questa farsa.”
La Luna Crescente strinse con tutte le sue forze.
I cristalli scarlatti entrarono nella carne della mano della donna, sfondandola.
Sara gridò nuovamente, alzando lo sguardo al cielo.
Ma quel grido venne subito interrotto: Kowa sollevò l’altro braccio, tese le dita della mano e la schiaffò sulla bocca dell’avversaria, che sussultò appena. Quindi la creatura sollevò la ragazza da terra, di diversi metri, con le gambe penzolanti. Per poi sbatterla al suolo con violenza.
Dal punto in cui la testa aveva cozzato con il terreno si formò una gigantesca ragnatela di crepe.
Intontita, Sara aprì gli occhi, incontrando lo sguardo del nemico, mentre l’arco di sangue si sgretolava al suo fianco.
La Luna Crescente, intanto, aveva già sollevato l’Odachi, la punta rivolta verso il basso. Teneva entrambe le mani sull’elsa.
Sara gli rivolse uno sguardo carico d’astio, mentre digrignava i denti affilati.
“Finiamola qui.” calò l’arma.
La terra tremò all’impattò
E Kowa sgranò l’unico occhio in mezzo ai pettorali, quando vide la punta della sua fidatissima arma bloccata dalle fauci rabbiose della Demone sotto di lui. Le vene guizzavano sul volto della donna. Due grosse, spesse e spaventose corna fatte di pelle ed ossa stavano facendo capolino dalla sua fronte.
Accadde tutto estremamente velocemente: Sara deviò la lama con la propria bocca, spingendola di lato. Poi, poco prima che la Luna Crescente potesse reagire, quella era scattata verso di lui.
Ad affondare i denti nell’incavo tra spalla e collo.
Il Demone ringhiò di dolore e le afferrò le spalle, facendo tutto ciò che era in suo potere per staccarsela di dosso. Ci riuscì a spese di un grosso pezzo di carne pallida e sanguinante che l’avversaria si portò via, quando si staccò di lui. Con il sangue che schizzava dalla ferita come una fontana, Kowa ruggì e scagliò l’Hashira lontana diversi metri. Quella rimbalzò a terra un paio di volte. Alla terza, atterrò su quattro zampe, il pezzo di carne ancora tra le fauci.
Lo sputò a terra, puntando gli occhi irrimediabilmente mutati verso l’avversario.
Kowa, mentre raccoglieva la spada e la ferita si rigenerava, osservò la rampolla della famiglia Kujou: non c’era più nulla di umano in lei. Gli occhi brillavano nella penombra come quelli di un lupo, pronto a ghermire la preda. Le corna sfondavano la sua fronte, ricurve, che puntavano verso l’alto. Le fauci erano gigantesche, come quelle di un coccodrillo e, dietro la schiena, spuntavano due paia di enormi ali dalle piume nere.
Non lo stava perdendo di vista, nemmeno per un secondo, camminando a quattro zampe in cerchio come una belva affamata, attorno alla preda a cui sta per spezzare il collo.
Kowa sbuffò, spazientito “Ero qui per affrontare guerrieri formidabili, ed invece…”
Sollevò il braccio sinistro verso l’alto, che si riempì di corna e di spuntoni.
Con un ruggito, Sara lo caricò, correndo sulle mani irte di artigli affilati.
“…mi ritrovo a dover sopprimere solo due cani rabbiosi.”
Fece piovere il braccio disarmato verso il suolo, conficcando gli spuntoni in terra.
Davanti a lui, un’enorme foresta di quelle stesse corna e spuntoni bianchi, emersi dal sottosuolo, crebbe in un microsecondo, impalando come un brutale trofeo di caccia il corpo della Demone.
[…]
Quando riaprì gli occhi, Kazuha si ritrovò davanti uno dei più meravigliosi cieli azzurri che avesse mai visto in vita sua. La luce gli era cosi intensa che dovette, per forza, portarsi davanti al volto una mano. Il terreno su cui era coricato era morbido, soffice come un… tappeto d’erba?
Si tirò su a sedere, guardandosi attorno, sempre più allarmato: si trovava in uno spazio estremamente ampio, così tanto che la vista si perdeva in chilometri e chilometri di verdi fili d’erba e fiori colorati.
Man mano che si rialzava da terra, il ragazzo si agitò sempre di più.
Nel frattempo, alla sua mente tornarono i momenti che aveva appena passato: la battaglia nel casolare, lo scontro con Kowa, la sua rabbia esplosiva che per poco non lo aveva…
Ucciso?
Sgranò gli occhi e si portò una mano al petto, scoprendo la divisa da Sterminatore di Demoni totalmente intatta. Non provava dolore, non provava stanchezza.
Ma all’improvviso provò paura.
Prese a respirare sempre più affannosamente, diventando pian piano consapevole di quale fosse il luogo in cui si trovava, in quel preciso istante.
“S-sono morto…?” balbettò ad alta voce, rivolto a se stesso ed a nessuno in particolare.
“Se parti già così male, allora sì, mio caro Kazu!”
Il suo respiro s’interruppe.
Il suo corpo venne avvolto da un fremito.
Con occhi sgranati, voltò lentamente lo sguardo.
Sguardo che, pochi secondi dopo, si riempì di lacrime.
Il suo adorato maestro era lì, a pochi passi di distanza, acquattato accanto ad un albero comparso dal nulla. Molto simile a quello dove lo trovava seduto a bere. Anche in quel preciso istante era intento a versarsi del sakè nel ciotolino rosso che adorava. Dopo aver bevuto, gli aveva rivolto quello sguardo carico di dolcezza che gli mancava così tanto.
Se ne rese conto però solo in quel momento, con le lacrime che uscivano senza più alcun freno e con i denti serrati sulle labbra. Per impedirsi di gridare di gioia, o di tristezza. O di qualsiasi emozione di cui non era nemmeno convinto di conoscere l’identità.
Non sapeva cosa lo turbasse di più: la certezza che fosse, effettivamente, morto.
O il fatto che adesso, l’uomo che era convinto non avrebbe mai più rivisto, era proprio davanti a lui, a sorridergli.
Padre; mentore; migliore amico.
Si alzarono tutti e tre assieme al suo sorridente maestro, che continuava a guardarlo, a braccia incrociate, senza perdere quel ghigno divertito ma dolce allo stesso tempo “… non mi saluti?”
In un attimo, il ragazzino aveva affondato il proprio viso nell’hakama marrone del suo adorato maestro, scoppiando in un pianto fragoroso. Aveva cinto con forza disperata il suo corpo, artigliando con le dita il tessuto dell’abito. Poi lo aveva insultato, sgridandolo e chiedendogli perché lo avesse abbandonato in quel modo, vomitandogli contro parole dure, ma che ovviamente non pensava sul serio, assieme a qualche debole pugno che non avrebbe ferito nemmeno le formiche.
Dal canto suo, l’Hashira delle Tempeste lasciò che si sfogasse contro di lui, occhi chiusi e sorriso comprensivo, dandogli qualche pacca amorevole sulla schiena.
Andò avanti ancora per qualche minuto, poi finalmente il ragazzo parve calmarsi.
Si allontanò, ancora con le spalle che sussultavano appena. Le lacrime continuavano a scendere.
Kazuha abbassò la testa, quasi imbarazzato del modo in cui si era appena comportato di fronte all’uomo che ammirava più di ogni altra cosa al mondo.
L’Hashira, dal canto suo, si limitò a incrociare le braccia al petto, inarcando appena un sopracciglio “Accidenti, moccioso… sei un vero straccio.”
“… fanculo…” Kazuha alzò appena lo sguardo, pulendosi il naso su una manica “… non voglio nemmeno sentirmelo dire. Non da te.” Sorrise appena “Chissà com’eri ridotto tu quando sei stato fatto fuori…”
L’uomo emise una breve risata “Me la sono cercata, te lo concedo!”
Era così surreale.
Ma bellissimo.
Era convinto che la morte sarebbe stata maledettamente triste e solitaria. Invece sentiva dentro di sé un’infinita pace… una calma placida. Non capiva: era la presenza del maestro o solo il fatto di stare accettando un momento tanto importante con una tale facilità?
“M-maestro…” Kazuha abbassò lo sguardo, stringendo i pugni “M-mi… mi dispiace. Non sono riuscito a vendicarla. A diventare il nuovo Hashira… sono un vero fallime-”
Il taglio della mano dell’uomo s’abbatté sulla nuca del ragazzo, facendogli piuttosto male.
Ma in Paradiso non doveva essere impossibile sentire dolore!?
“Non dire stupidaggini, ragazzino!” lo redarguì l’Hashira, guardandolo trucemente “Non potresti mai deludermi. Hai dato il massimo più ‘massimo’ che mi sarei aspettato in vita. Sei diventato, in così poco tempo, un ottimo spadaccino. Ed un grande uomo…” tornò a sorridere, arruffandogli i capelli “non potrei sentirmi più orgoglioso di così, temo.”
Kazuha, con ancora qualche lacrima adagiata ai lati degli occhi, alzò lo sguardo, sorridendo timidamente.
“Coraggio, adesso…” il maestro gli voltò la schiena “direi che non è il caso di trattenerci ulteriormente qua. Andiamo, mi racconterai come stanno gli altri una volta arrivati a destinazione.”
“Destinazione…?” mormorò Kazuha, avviandosi assieme al maestro “… dove?”
“Ah… se te lo dicessi, non sarebbe una sorpresa, non trovi?” il maestro si voltò appena verso di lui, facendogli l’occhiolino.
Kazuha sorrise, avanzando ulteriormente verso il maestro.
Il suo amato maestro, che aveva appena ritrovato.
In pace con se stesso, e con il mondo.
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Si fermò, sguardo basso, occhi chiusi ed espressione seria.
“Kazu?” mormorò l’uomo, che si era voltato verso di lui, con un’espressione interrogativa.
“M-maestro… i-io…” il ragazzo strinse i denti e i pugni, sentendo nuovamente le lacrime pungere “… mi dispiace. Vorrei… vorrei così tanto venire con voi. Raggiungere qualunque sia questo posto di cui parla… ma… ma…”
L’Hashira si trovava già davanti a lui, a costringerlo amorevolmente a guardarlo con una mano sotto al mento. Il sorriso triste, ma comprensivo che gli regalò, fece vacillare Kazuha ulteriormente.
“Se devo essere sincero, mio caro Kazu” gli asciugò le lacrime con un dito “quando ti ho visto, ero contento… ma più che altro ero triste. Perché non avrei mai voluto vedere il mio amato allievo raggiungere questo luogo così presto.” Mostrò i denti in un sorriso smagliante “ora però… sono tornato felice. Questo tuo rifiuto mi ha fatto comprendere che dentro di te il fuoco che bruciava quando ci siamo incontrati la prima volta, non si è ancora spento.” Gli arruffò i capelli “hai esattamente la stessa poca voglia di morire che avevi in quel momento… proprio ora.”
Per qualche ragione, quelle parole annientarono totalmente la tristezza e la malinconia che stava stringendo l’anima del ragazzo. Kazuha chiuse gli occhi, versando le poche ultime lacrime, ed alzò lo sguardo “Maestro… io devo tornare. Non posso lasciare Sara e gli altri. Io… devo continuare a combattere contro l’Imperatrice. Per riprenderci la nostra amata terra.” Si portò una mano al petto “… e devo portare in alto il nome dell’Hashira delle Tempeste, mettendo in pratica tutti i suoi insegnamenti.”
“Oh andiamo…” il maestro si asciugò una lacrimuccia ribelle “Così mi fai commuovere, brutto idiota.”
Kazuha ghignò. Era contento di non essere l’unico frignone in quel purgatorio.
Poi, d’un tratto… cominciò a sentire caldo.
Dietro la propria schiena.
Come se un intero focolare si fosse appena acceso a pochi centimetri dalle sue spalle.
Si voltò.
Sgranò gli occhi: una gigantesca palla arancione, simile ad un enorme occhio, attorniato da lingue di fuoco fiammeggianti che parevano tentacoli, si trovava a pochissimi centimetri di distanza da lui. Sentì le gambe tremare.
“Oi, che c’è ragazzo?” domandò il maestro, dietro di lui “Non torni indietro…?”
Kazuha, tremante, si voltò verso il maestro, puntando il pollice verso la palla di fuoco “N-non lo sto vedendo solo io, vero?”
L’Hashira delle Tempeste sorrise “Beh… sembra che non potrai essere l’Hashira delle Tempeste. Non più, almeno.”
Il ragazzo sbatté le palpebre, interdetto “N-non capisco…”
“Uhm… pare proprio che un altro Dio abbia poggiato gli occhi su di te, mio caro Kazuha” ridacchiò “un vero peccato, davvero. Ma non sono così egoista” fece un finto sospiro rassegnato “se così tanta gente apprezza la tua grinta… forse è il caso di condividerti anche con gli altri.”
Le fiamme della palla di fuoco parvero farsi più intense.
“Eddai!” esclamò l’uomo, alzando le braccia al cielo “Si scherza…”
“Continuo a non capire” Kazuha si voltò verso la palla di fuoco “Dio… questo è… un Dio?”
“Ohoh, mio caro…” il maestro gli arruffò i capelli “Ci sono molte cose che, una persona con così tanta voglia di vivere ancora non può, e non potrà MAI essere in grado di comprendere… ma te lo posso garantire: se attraverserai quella palla di fuoco, avrai tutto di guadagnato!”
“Aspe-” Kazuha si girò, sconvolto “VUOLE CHE LA ATTRAVERSI!?”
“Rilassati… di che hai paura? Di morire?” rise “Vorrei ricordarti che ci sei già passato. Peggio di così non potrà andare.”
Con rinnovato coraggio, allora – anche se, in tutta onestà, continuava a sentirsi abbastanza terrorizzato – Kazuha si avviò verso quella gigantesca palla di fuoco. I tentacoli di fiamma partirono verso di lui, facendolo sussultare. Ma invece di rimanere ustionato… percepì semplicemente un piacevole calore, in tutto il corpo. Le fiamme lo avvolsero.
“Arrivederci, mio caro Kazuha…” il corpo del maestro cominciò a vacillare, come l’immagine evanescente riflessa su di uno specchio d’acqua “… e non tornare quaggiù tanto presto, mi raccomando.”
E si trasformò in foglie a stella, sospinte da un vento invisibile.
[…]
Una, due, tre.
Gocce di sangue denso colavano giù dal corpo impalato di Sara.
Gli spuntoni penetravano nelle braccia, nelle gambe, nelle ali, bloccando la Demone in una posizione scomoda e maledettamente dolorosa. Intorno alla superfice di quelle cortecce di ossa bianche e durissime colava il sangue, come linfa da un albero tagliato.
Kazuha…
E nonostante ciò non le importava del male, della debolezza o del fatto che sarebbe morta da lì a breve. Ciò che più le stringeva il petto, era il fatto di non essere riuscita a proteggerlo.
Aveva detto… aveva detto che non gli sarebbe successo nulla.
Glielo aveva promesso.
Se la meritava quella fine indegna.
La giusta fine per una maledetta e schifosa Demone, che non riusciva nemmeno a dare la propria protezione alle persone che amava.
Suo fratello, forse, aveva ragione: non valeva nulla.
“Sara Kujou” alzò appena lo sguardo velato dalle lacrime, incontrando l’occhio centrale della Luna Crescente. Si trovava a pochi centimetri di distanza e la guardava dall’alto al basso con la sua testa priva di occhi “per rispetto verso di te e verso la tua famiglia, non ho intenzione di protrarre ulteriormente la tua sofferenza. Non merita, una guerriera del tuo calibro, una morte tanto dolorosa.”
Il Demone s’inginocchiò davanti a lei, ponendole una mano su di una guancia in una carezza inaspettatamente placida “Non marcirai alla luce del sole… ma assorbirò il tuo corpo. La tua forza sarà nutrimento per una delle Lune Crescenti. In questo modo, potrai tornare a servire la tua Signora senza dover più soffrire.”
La donna sputò un grumo di sangue e saliva sul fianco della bocca dell’essere.
E si concesse un lieve ed insanguinato sorriso, in mezzo alle lacrime “Vai all’inferno, Demone. F-fai come cazzo ti pare.”
“… molto bene” Kowa, con tono deluso, fece scattare gli artigli.
Sara lì sentì penetrare sotto la pelle.
Ma per lei… quello era ciò che faceva meno male.
Kazuha… mio caro Kazuha…
Sentendo le forze che venivano lentamente assorbite, chiuse gli occhi, lasciando le lacrime scorrere libere.
Perdonami… ma non credo potremmo litigare mai più, tu ed io.
Non penso di meritarmi il luogo dove andrai, adesso…
Un bagliore verde. Ogni singolo corno che sporgeva dal terreno e che bloccava Sara venne reciso.
“Come…?”
Un secondo bagliore e la mano che stava assorbendo Sara venne recisa a sua volta dal resto del braccio.
Kowa si portò davanti all’occhio sgranato il moncone che sbrattava sangue senza fine.
Sotto di lui Kazuha, con lo sguardo rivolto verso il basso e la schiena piegata, stava già caricando un nuovo fendente dal basso verso l’alto, estraendo al propria katana dall’elsa. Rapidissimo, il Demone afferrò l’odachi e la frappose tra se e la lama del nemico, che già era scattata verso di lui. Lo scontro generò una possente esplosione di polvere ed energia, sbalzando il Demone all’indietro, a sbattere la schiena al suolo.
Rialzandosi, la Luna Crescente si trovò d’innanzi una scena che lo fece rabbrividire per l’eccitazione “G-giovane Kazuha…”
Il ragazzino, tornato in piedi con la lunga ferita subita poco fa inspiegabilmente cauterizzata, stringeva tra le braccia il debole corpo dell’Hashira dei Corvi, intento a scostarle i capelli dal viso. Gli spuntoni, come la mano mozzata, si erano sgretolati.
“K-Kazu…s-sei vivo...?” la Demone sbatté le palpebre, debolmente “… o siamo morti entrambi?”
Quell’altro, di contro, rise dolcemente “perdonami... ho dato davvero pessimo spettacolo di me, vero?”
“Puoi scommetterci che lo hai fatto… razza di idiota” con un sorriso debole e le lacrime che erano tornate a sgorgare allegre, Sara diede un debole pugno al petto del ragazzo “h-hai idea di quanto io mi sia…”
Tornò a singhiozzare.
“Scusami, davvero. Non accadrà mai più, Sara” poi il suo sguardo divenne gelido “Te lo posso garantire.”
Si alzò da terra, poggiando delicatamente la compagna al suolo. Quindi, stringendo saldamente la katana, voltò le spalle alla Demone che, lentamente, poggiò le mani a terra per sollevarsi appena. Guardò la schiena del compagno, ricoperta di ferite ed abrasioni.
Per un momento, non vide quella di un ragazzino.
Ma quella di un uomo.
Il cuore mancò un battito.
“Giovane Kazuha… così, il mio ultimo attacco non era abbastanza per sconfiggerti…” la Luna Crescente afferrò l’odachi con la mano sana, puntandola in avanti “lo sapevo… SAPEVO che ciò che ho visto prima non poteva essere tutto ciò che avevi da offrire! E mi sembra di percepire che, in qualche modo… in quel lasso di tempo che eri privo di sensi tu sia diventato più forte. Non è vero?”
Questo anche l’Hashira lo aveva percepito.
Non sapeva come, non sapeva quando, ma era vero: quel Kazuha, benché rimanesse quello che aveva imparato a conoscere e ad amare, era completamente diverso da quello di prima.
L’energia smeraldina prese a circolare attorno al corpo del giovane.
Questa volta, però… parve assumere tonalità diverse.
Tendenti all’arancione.
“Luna Crescente…” Kazuha sollevò la testa verso il nemico, serissimo .Ma ogni singola traccia di rabbia ed odio erano svanite dal suo volto e dalla sua voce. Solo una cieca determinazione “… Kowa.”
I lunghi capelli bianchi presero a sventolare verso sinistra.
Sara sgranò gli occhi.
“K-Kazu… la tua schiena…”
Le fiamme avvolsero la schiena del ragazzo, per poi estinguersi all’improvviso, lasciando spazio al rosso e brillante tatuaggio di un sole stilizzato: un cerchio rosso, attorniato da tanti piccoli triangoli appuntiti. Lo stesso accadde ad una delle frange svolazzanti del ragazzo, che bruciò per un secondo, per poi diventare rossa come il cielo durante il tramonto.
L’energia verde che circolava attorno a lui, pian piano, smise di essere solo energia.
Tramutandosi in fuoco puro, incandescente.
E lo stesso accadde a quella che avvolgeva la sua arma: una torcia infuocata, la cui unica esistenza serviva per annientare il male. Lo spadaccino piegò le gambe e si mise in posizione, puntando la katana in avanti. Le fiamme avvolsero il suo corpo come un’armatura “Ti prometto che non mi abbandonerò mai più a scenate come quella di prima. Sei pronto?”
“Kazu…” Sara si portò le mani alla bocca, commossa.
“Giovane Kazuha…” persino l’occhio centrale della Luna Crescente prese a lacrimare “… dunque sei tu… se tu colui che libererà questo mondo dalla Maledizione dell’Imperatrice? Che permetterà finalmente… a noi Lune di riposare per l’eternità?”
Per tutta risposta, il ragazzo sorrise.
Fece al nemico l’occhiolino “Non saprei. Perché non lo scopriamo assieme?”
Partì all’assalto, menando un brutale fendente dal basso verso l’alto, che incontrò la lama dell’odachi del nemico. Quello rispose al colpo, rabbioso ma sorridente allo stesso tempo. I due contendenti si allontanarono l’uno dall’altro, per poi riscagliarsi l’uno contro l’altro con ancora più fervore, violenza e grinta rispetto a prima.
I colpi venivano deviati, schivati, parati e ad ogni confronto la terra attorno ai due esplodeva in un tripudio di fiamme, polvere e detriti. Una danza brutale di fiamme e sangue, che faceva brillare il cielo notturno come un’esibizione di fuochi artificiali.
I due avversari ruggivano l’uno contro l’altro come belve feroci, in urla così mostruosamente potenti da far tremare la terra e la volta celeste. Ad ogni scambio di colpi, le fiamme divenivano più intense e la terra saltava in aria a causa degli attacchi accompagnati dall’Arte Sanguigna del Demone.
A quello che doveva essere il centesimo scambio di colpi rapidissimi tra i due avversari, le due lame cozzarono tra loro facendo detonare una piccola esplosione di fuoco e fumo, costringendo i due guerrieri ad allontanarsi l’uno dall’altro.
Kazuha, con fiato corto, si rimise subito in posizione.
“ANDIAMO, RAGAZZINO!” Kowa partì all’attacco, sollevando l’odachi sopra la testa con una sola mano “Non vorrai farmi credere di esserti già stancato, vero?”
Kazuha ghignò come una iena, piegandosi in avanti e ritirando la katana.
Salvo poi estrarla rapidissimo e sbatterla sulla lama dell’avversario, generando una nuova esplosione ad allontanando la Luna Crescente “Ma ti pare che potrei essere stanco quando il fuoco mi brucia dentro così intensamente, DEMONE!?”
In tutta onestà, si sentiva esausto: la benedizione del Dio del Sole aveva rinvigorito le sue forze e rigenerato la ferita mortale. Ma le altre continuavano a sanguinare e la stanchezza lo stava sopraffacendo. Probabilmente, se lo scontro fosse continuato ulteriormente, neanche quella benedizione sarebbe bastata per vincere.
Doveva terminare quella battaglia il prima possibile!
“Allora forza, adesso…” Kowa partì all’attacco “Dammi tutto te ste-”
Un dardo di energia rossa attraversò il suo fianco, facendolo esplodere in una ferita sanguinante. Il Demone abbassò lo sguardo, osservando la ferita che ancora sanguinava. Puntò il kainji verso Sara, tornata in piedi, le ali dietro la schiena e l’arco già pronto per far partire un secondo dardo.
“Kujou Sara…” Kowa sorrise sghembo, deviando il secondo dardo con un colpo di spada “… ti sentivi tenuta in disparte?”
Quella non rispose, si limitò a sbattere le ali per poi schivare una scia di terra esplosiva causata dalla Terraformazione del nemico, che per poco non la centrò in pieno. Sara cominciò, dunque, a girare attorno alla Luna Crescente, bersagliandolo sempre più brutalmente di dardi d’energia rossa che, più di una volta, lo ferirono di striscio. Allo stesso tempo, Kazuha lo incalzava con i suoi rabbiosi fendenti, che esplodevano in una danza infuocata ogni volta che si scontravano con la sua lama.
Kowa scoppiò in una fragorosa risata.
Era questo che si provava, quando si percepiva la falce della morte attorno al proprio collo?
Era una sensazione troppo bella per essere vera!
“Di… più…” Kowa, che ora aveva il proprio corpo esattamente in mezzo ad un fendente ed a un nuovo dardo di energia, buttò il proprio sangue a terra e sollevò la katana verso l’alto. La punta della lama rivolta verso il suolo “VOGLIO ANCORA DI PIU’!”
Esattamente come era successo quando aveva fatto esplodere il casolare, il terreno venne avvolto da piccole scariche di energia rossa. Poi il suolo parve contrarsi su se stesso, per poi esplodere in un fragore assordante e sollevare enormi pezzi di roccia e di polvere tutt’intorno, sollevandosi verso l’alto come un’onda nera e grigia. Kazuha e Sara furono nascosti dalla polvere.
Nel frattempo, Kowa spuntò a mezz’aria dopo un poderoso balzo, sopra all’enorme geyser e con alle spalle l’intensa luce lunare, con alcuni filamenti di polvere nera che gli avvolgevano le braccia come dei sottili veli.
Scrutò verso il basso, incuriosito.
“Ora dove sono finiti…”
La risposta apparve poco sopra di lui: dopo aver squarciato il nuvolone di polvere scura, Sara riapparve con le ali spiegate. Tra le braccia, reggeva il suo compagno, intento a squadrare con fervore la Luna Crescente.
“EHY, KOWA!”
L’essere si voltò verso di lui, accennando un lieve sorriso.
Sara lasciò andare il compagno e quello, dopo aver eseguito una capriola a mezz’aria, piovve verso di lui, tendendo la spada per bene dietro al propria schiena, con le fiamme che si facevano sempre più intense attorno alla lama.
“Ragazzino…” Kowa tese a sua volta la propria arma dietro la schiena, stringendo l’elsa fino a far pulsare le vene lungo il polso “Vieni a prenderti la testa di questo Demone!”
Poco prima che le due lame s’incontrassero tra loro, tuttavia, un bagliore rosso fece esplodere la spalla della Luna Crescente. Quella sgranò l’occhio, voltando lo sguardo verso il braccio armato che, adesso, stava precipitando verso il suolo. Puntò dunque l’Hashira, il cui arco fatto di sangue si stava sgretolando dopo aver scagliato l’ultimo dardo.
Sara Kujou… hai abbandonato le tue origini per una causa vincente. Che tu sia benedetta!
La katana infuocata di Kazuha incontrò il collo della Luna Crescente.
O quantomeno, quello sarebbe dovuto succedere.
Kowa, però, sforzandosi più che poteva, era riuscito a rigenerare la mano che era stata mozzata all’inizio dello scontro con Kazuha. E adesso, quella stessa mano si era chiusa attorno alla katana infuocata dell’avversario. Avversario che gridò con tutta la forza che aveva nei polmoni: le fiamme che lo avvolgevano, intense e il fuoco che bruciava la carne del nemico.
Entrambi presero a precipitare verso il basso.
Le fiamme avvolsero i loro corpi, tramutandoli in una vera e propria meteora.
“DANZA DEL DIO DEL SOLE!”
Gridò Kazuha, mentre il tatuaggio dietro la sua schiena diventava incandescente e lo stesso lo diventava la frangia rossa in mezzo ai capelli bianchi.
Kowa sgranò l’occhio!
Hashira della Tempesta… lo vedi ora?
Smite.
Arrivarono a pochissimi centimetri di distanza dal suolo.
Questo ragazzo… è il tuo giovane allievo.
Hai creato il più grande spadaccino che la storia potrà mai ricordare!
Come la nuca della Luna Crescente sfiorò il terreno, la lama recise le dita della sua mano e penetrò nel collo.
Ci fu poi un’intensa, brillante e furiosa esplosione di fiamme ed energia, che sbalzò ulteriormente verso l’alto Sara, ancora intenta a volteggiare in mezzo alla notte.
Poi, fu silenzio assoluto.
[…]
Kazuha riaprì gli occhi.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato. A sto giro, però, ovviamente non si trovava nell’Aldilà, visto che davanti agli occhi aveva ancora quel cielo notturno ed oscuro, con il gigantesco satellite lunare velato d’azzurro che lo scrutava dall’alto.
Strinse i denti tra loro ed emise un lamento dolorante, mentre si rialzava con tutte le ossa che scricchiolavano gioiosamente. Si passò una mano dietro la nuca, senza ancora riuscire a credere di essere sopravvissuto ad una caduta da quell’altezza.
Ricevere la benedizione di Dio ha i suoi vantaggi.
“R-ragazzo…”
… porca di quella miseria.
Si aspettava di voltarsi e di rivedere la Luna Crescente ancora in piedi, pronta a colpirlo.
Quando si girò, invece, trovò la sua testa mozzata, con il sangue che colava dal collo reciso. A non troppa distanza, il corpo principale tutto anchilosato e ricoperto da grosse ustioni, si stava lentamente sgretolando, sospinto dall’aria.
Sospirò sollevato, tornando a rivolgere le sue attenzioni alla testa parlante.
“I-io ti ringrazio… mi hai liberato dalla prigionia di questa non-morte… regalandomi uno dei migliori combattimenti che io abbia mai potuto chiedere.”
Kazuha lo guardò, serio.
“Il tuo maestro… sicuramente sarà orgoglioso di te. Gli hai dimostrato tutto il tuo valore…” sorrise raggiante, mostrando l’affilata dentatura insanguinata “… lo hai mostrato a me. Per il tempo che è stato, nonostante la sua brevità, sono stato felice di aver potuto vedere la tua enorme crescita.”
Kazuha chiuse gli occhi e contò fino a dieci.
Poi sospirò, tornando a guardare il suo avversario “… non ho intenzione di perdonarti per ciò che hai fatto. Hai ucciso il mio maestro… ma dubito che sia stato la tua unica vittima” sbatté le palpebre “ma… sei stato un guerriero veramente formidabile, Kowa. Degno di essere nominato Luna Crescente.”
Il Demone sorrise, mentre la testa cominciava a sgretolarsi a sua volta “giovane Kazuha… la tua gentilezza è la chiave verso il futuro. Hai ottenuto la benedizione di un Dio anche per questo. Usa questa tua nuova forza per proteggere coloro che ami. E per annientare ogni tuo nemico.”
Lo spadaccino sorrise “non serve che sia una testa parlante a dirmelo…”
La Luna Crescente rise “Il mio unico rimpianto… sarà non poter essere testimone della tua ulteriore crescita. Addio, giovane spadaccino. Diventa ancora più forte… e nemmeno la maledetta Imperatrice potrà sconfiggerti.”
E finalmente si sgretolò del tutto, soffiato via dal vento come una semplice montagnetta di cenere.
Kazuha si lasciò andare sui gomiti, sospirando di sollievo, rivolto verso la luna.
Che cazzo di serata…
E non era ancora finita.
“KAZUHA!” sentì gridare e subito si voltò verso la provenienza della voce.
Sara sbatté un paio di volte le ali, planando al suolo, per poi atterrare a pochi metri di distanza da lui e cominciare a correre, denti stretti e lacrime che le rigavano il volto.
Il giovane sorrise, per poi alzarsi tremolante.
Cosa che servì a ben poco, visto che in pochi secondi era già stato placcato dalla donna che le era saltata al collo con le braccia, facendoli finire entrambi a terra sollevando qualche nuvoletta di polvere.
“C-ce l’abbiamo fatta, Kazu… ce l’abbiamo fatta…” mugugnò la ragazza, inzuppando la spalla del compagno di lacrime e stritolandolo con le braccia.
Compagno che, a quel contatto, stava facendo di tutto per mantenere una parvenza di autocontrollo.
Non sapeva se era a causa dell’enorme sollievo provato o se era per la paura di non poter riuscire mai più a provarlo, ma quell’abbraccio gli fece più bene di quanto volesse ammettere.
“B-beh, avevi dubbi per caso?” mormorò Kazuha, cercando di puntare sull’ironia per evitare di pensare al rossore che aveva preso la sua faccia.
Si alzarono a sedere e, finalmente, Sara si separò da lui.
Erano quasi alti uguali da seduti, e ne fu abbastanza grato.
Poi quell’altra scoppiò a piangere nuovamente, portandosi i pugni agli occhi, facendolo sussultare.
“SONO UN FALLIMENTO” gridò disperata l’Hashira, mentre Kazuha alzava le braccia verso di lei senza sapere esattamente come consolarla “I-io dovrei essere una tua superiore… avrei dovuto proteggerti e… e… guardati ora… pieno di ferite… sono così…”
Lo spadaccino le afferrò i polsi, spingendoli verso il basso con delicatezza, poi le asciugò le lacrime con le dita. Sara, con gli occhi rossi dal pianto, lo guardò scoprendolo sorridente “Beh… non si può vincere senza qualche ferita no? Inoltre, se non ci fossi stata tu… sarebbe stata davvero la fine.” Strinse le palpebre e mostrò la dentatura candida “mi hai davvero protetto, Sara! Ti devo la vita!”
La donna non rispose.
Lo guardò per qualche secondo.
Poi agì d’impulso, quasi come fossero state le sue stesse cellule a gridare tutte all’unisono di agire in quel modo: si gettò sulle sue labbra con le proprie, con il bacio più passionale e dolce di cui poteva essere capace dopo essere stata impalata.
Kazuha, dal canto suo, era rigido come un pezzo di ghiaccio.
Questo, nonostante il cervello gli si stesse letteralmente sciogliendo nella calotta cranica e il cuore stesse andando più in fiamme della sua spada, poco fa.
Quando si staccò da lui, Sara tornò a guardarlo. Ed incontrando il suo sguardo stralunato si sentì sporca come uno straccio usato, pensando di aver fatto la cosa peggiore che avrebbe potuto fare in quel momento “S-scusami! Scusami… n-non intendevo… n-non…”
Fu il turno di Kazuha quello di zittirla.
Il bacio però, questa volta, fu molto più lungo. Ben presto, le braccia di entrambi furono avvolte intorno al corpo del proprio compagno. Rimasero lì per un sacco di tempo.
Tempo che entrambi avrebbero voluto durasse ancora di più.
Quando finalmente – e purtroppo – le labbra dei due giovani si separarono, aprirono gli occhi lentamente, guardandosi solo come si guarda la cosa più bella del mondo.
Sghignazzarono appena, poggiando tra loro le proprie fronti e intrecciando le dita delle mani con quelle del partner.
“S-siamo veramente due idioti…” mormorò Sara, ancora con la voce incrinata dal pianto.
“No dai, così sei troppo negativa!” esclamò Kazuha, tornando a ridere “Abbiamo solo dovuto rischiare di morirci di merda per poter riuscire ad essere un po’ più onesti con i nostri sentimenti. La considero una vittoria!”
“Scemo…” la donna massaggiò dolcemente il dorso della mano del compagno con un dito.
Stava per tornare a baciarlo, ma all’improvviso il ragazzo allontanò la testa, sorridente e con le palpebre serrate “A tal proposito, credo sia proprio il caso di dirlo!”
Sara lo guardò, inarcando un sopracciglio “Dire co-”
Prima che potesse finire la frase, il ragazzo sbrattò una bella cascata di sangue dalla bocca socchiusa, facendole sgranare gli occhi “… è meglio se chiamiamo un cerusico. Le ferite stanno cominciando a farsi sentire e sto per morire. Di nuovo. Aiuto.”
Sara sbatté le palpebre un paio di volte.
Poi tutta la magia di poco prima s’infranse, facendola tornare furiosa “MA PORCA DI QUELLA PUTTANA! Ma che diavolo ti salta in mente di metterci così tanto a dirmelo!?”
Poco prima che potesse cadere in avanti, Kazuha venne afferrato dall’Hashira che, senza smettere di ricordargli quanto fosse uno stupido imprudente, se lo caricò tra le braccia come fosse una principessa, avviandosi verso ciò che rimaneva della foresta.
Kazuha la lasciò fare, rendendosi conto che, ehi: essere portato in giro in quel modo sembrava molto più piacevole di quanto potesse sembrare.
Ok… forse la strada per diventare il nuovo Hashira di… qualunque cosa fosse ciò che era adesso, sarebbe stata ancora mostruosamente lunga.
Ma era indubbiamente diventato più forte e, soprattutto, il suo rapporto con la ‘Bella Principessa Demoniaca’ era migliorato esponenzialmente.
Tutto sommato, per essere stata la sua prima missione, non era andata poi così male.
Ma basta sempre veramente poco: una piccola spinta, e cadi giù dalla montagna.
Ed ora Kazuha, che ancora non si era del tutto distaccato dalla febbricitante sensazione di vittoria e autorealizzazione di prima, sentiva tutte le sue certezze e le sue speranze che andavano ad infrangersi al suolo, come una lastra di ghiaccio che cade dal bordo di un tetto.
La polvere, innalzatasi dopo la caduta del soffitto, andò pian piano ad adagiarsi sulle tegole e sulle macerie, mostrando in tutto il suo magnifico e terrificante splendore ciò che era piovuto dal cielo: un umanoide che doveva sfiorare i tre metri d’altezza, dalla pelle bianca come la neve appena caduta d’inverno. Fatta eccezione per una gonna rossa come il sangue strappata sugli orli, legata alla vita da una spessissima corda di vimini nera, era completamente nudo, mettendo in bella mostra un fisico scolpito dalla muscolatura perfetta e spessa. Braccia e bambe erano larghe come tronchi d’albero. I pugni artigliati di nero erano stretti lungo i fianchi e i piedi erano incastrati dentro ad un paio di sandali di legno.
L’essere teneva la testa bassa, i lunghi capelli d’ebano che calavano in avanti come una cascata di tenebre. Dal centro della nuca spuntavano un paio di corna ramate da cervo, e dai lati della nuca sporgevano due pallide orecchie appuntite.
“Aaaaaaaah…” due spessi filamenti di condensa si allinearono ai lati della testa del mostro. Poi, quest’ultima si alzò verso i due sterminatori, tornati in piedi dopo l’ultima caduta, facendoli irrigidire.
Il volto non aveva lineamenti. Non c’erano né naso né occhi, ma solo una disumanamente larga bocca che partiva ed arrivava da un lato all’altro della faccia, priva di labbra, a mostrare una chiostra di terrificanti denti così affilati da ricordare dei pugnali.
Un paio di spuntoni ricurvi partivano dal mento.
Il mostro grugnì, per poi rizzarsi del tutto ed apparire ancora più alto.
Il suo ‘sguardo’ invisibile non si staccò dai due spadaccini nemmeno per un secondo.
Kazuha era convinto di aver provato paura, almeno una volta nella propria vita.
Quando il maestro o Kokomi si arrabbiavano sul serio, quando temeva che un suo compagno non sarebbe tornato da una missione. Quando, quella sera, si era trovato da solo innanzi al casolare abbandonato del vecchio Demone.
Ma adesso… adesso non era nemmeno più convinto che quella stupida sensazione di prima fosse paura.
Innanzi ad una Luna Crescente, uno dei Generali più forti e temibili dell’Esercito dell’Imperatrice, in grado di annientare con facilità un intero plotone di Ammazza Demoni, il suo corpo rifiutava di persino di muoversi. Anche il sudore pareva quasi troppo impaurito per uscire. Voltò lo sguardo verso Sara, è comprese che se lui in quel momento stava così male, quell’altra doveva essere sul punto d’impazzire.
Era risaputo che i Demoni più deboli reagiscono in modo totalmente sottomesso innanzi a qualcosa di estremamente più pericoloso, e ciò lo vedeva anche in lei: le vene pulsavano sotto la sua pelle, premendo contro di essa con vigore, gli occhi erano neri e le pupille erano piccolissime. Le dita, sbiancate, erano strette attorno all’elsa nera della spada.
Ogni cellula del suo corpo sembrava gridarle di scappare immediatamente da lì.
Kazuha tornò a guardare il colosso, che ancora non aveva mosso un dito.
Si limitava a stare fermo, con il petto muscoloso che si muoveva appena nel respiro.
“EHI, BELL’IMBUSTO!”
La voce di Konaki fece sussultare i due cacciatori, che si voltarono verso la testa che, per qualche intercessione divina, era riuscita a non rimanere seppellita sotto le macerie del tetto. La Luna Crescente si voltò verso di essa a sua volta.
Ogni suo movimento era lento ed elegante, perfettamente misurato.
“Ce ne hai messo di tempo per arrivare! Questi due microbi hanno avuto tutto il tempo per decapitarmi, nel caso non lo avessi notato!” continuò la testa, rivolgendosi al suo superiore come ci si rivolge ad un servo “l’Imperatrice sentirà tutto quello che ho da dire! Non ho mandato una richiesta di protezione perché volevo che voi maledetti faceste i vostri porci comodi.” Digrignò i denti insanguinati “scommetto che tu sei la ruota più debole del carro, non è vero? Sicuramente l’Imperatrice ti punirà non appena saprà come sono stato ridotto.”
L’essere non rispose.
Si limitò a guardare dall’alto verso il basso Konaki senza reagire.
“Che diavolo stai aspettando!? Quelle corna ti hanno per caso perforato il cervello? Vieni subito a guarirmi!”
La Luna Crescente voltò appena lo sguardo verso Kazuha e Sara.
Che interpretarono quel gesto quasi come un segno di rammarico e vergogna.
Poi si rivolse al testone e avanzò verso di lui.
“Bene. Vedo che non sei così idiota come credevo” mormorò ghignante il vecchio, mentre quell’altro gli prendeva la testa con due mani dalle tempie, alzandola da terra e liberandola dalle travi che la bloccavano dentro al pavimento “avanti, datti una mossa: voglio prendermi la rivincita su questi due insetti e voglio farlo con tutta la calma del mondo.”
Il Demone pallido fece un po’ di pressione ai lati della testa.
“Co-”
Ciò che rimaneva di Konaki esplose come un cocomero, schiacciato dalla presa possente del nuovo arrivato. Sangue, pezzi di carne e cervello imbrattarono le macerie ed il corpo immacolato della creatura. Innanzi a quel gesto, Kazuha strinse i denti e sgranò gli occhi, mettendo subito mano alla katana.
Sara la estrasse del tutto, sempre più scossa dai tremori.
“L’Imperatrice non dona protezione ai deboli” mormorò la voce profonda della Luna Crescente “sono venuto qui per reclamare le cellule e il sangue che, per uno come te, erano stati ovviamente sprecati.”
In uno spettacolo raccapricciante e disgustoso, i Cacciatori videro come il corpo del Demone assorbisse i resti del suo simile, quelli che si erano appiccicati a lui. Mentre le venature percorrevano tutto il corpo pallido dell’essere sotto la pelle, dal pezzo di cervella più grosso alla più esigua goccia di sangue, tutto svanì nel nulla, assorbito come l’acqua da un panno morbido.
Il resto di Konaki si sgretolò come un castello di sabbia.
“Immagino dovrei ringraziarvi per avermi alleggerito il lavoro, Ammazza Demoni” il nuovo arrivato guardò da dietro una spalla i due giovani. Nell’esatto centro della schiena, cominciò a pulsare una strana e lunga montagnetta di venature “Il mio nome è Kowa. Gradirei conoscere quello di questi giovani e valorosi guerrieri” la schiena del Demone si tagliò appena, nella parte più alta, vicino al collo, rivelando uno strano cilindro sanguinolento e carnoso, simile ad una lunga elsa di spada “a cui sto per prendere la vita.”
Kowa afferrò il cilindro di sangue, tirando con tutta la sua forza e squarciando la propria schiena in un esibizione esplosiva di sangue scarlatto. Liberò una gigantesca odachi dalla lama di un grigio brillante, ricoperta da strane escrescenze venose simili a radici di carne sulla parte piatta.
Si voltò verso i due cacciatori, la schiena che si era già rigenerata in un batter d’occhio, per poi sbattere la lama di lato e sollevare un paio di assi e qualche nuvola di polvere. Esattamente al centro del petto, Kazuha vide con ribrezzo l’enorme occhio, grande come la sua testa, che lo stava fissando con ardore, incastonato in una cornea rossa come il sangue, presentando una retina blu come l’oceano. La pupilla non era presente.
Si vedeva solo una dicitura in kainji bianca che recitava ‘Luna Crescente: Numero 6’, quasi fosse stata una specie di medaglia.
“KAZUHA!” esclamò Sara, piegando le gambe “Devi andartene immediatamente! Non riusciremo a-”
Kowa era già alle spalle della demone, con la propria arma tesa di lato, in orizzontale, come se avesse appena concluso un attacco. Entrambe le mani salde sull’elsa.
Il fianco sinistro della donna esplose in una deflagrazione di scarlatto. Sara vomitò un grumo di sangue e sgranò gli occhi in una flebile esclamazione. Ebbe dunque giusto il tempo per voltarsi ed essere colpita esattamente nel centro della pancia dal sandalo del nemico. Il suo corpo emise uno scricchiolio terribile e si piegò in avanti, per poi essere spedito come un dardo contro al muro di legno alle sue spalle, dove si schiantò con violenza.
“SARA!”
Ma Kazuha non ebbe nemmeno il tempo di preoccuparsi per l’amica.
“Non osare distrarti, spadaccino” Kowa si trovava già davanti a lui, l’odachi – che manovrava come fosse stata una semplice katana – già sopra alla testa, pronta per vibrare un terribile fendente dall’alto verso il basso “sono io il tuo avversario, in questo momento.”
Il giovane sgranò gli occhi.
Non fosse stato per i riflessi allenati, anche grazie alle durissime sessioni con il suo maestro, sarebbe sicuramente già morto. L’enorme lama calò su di lui con tutto il suo peso, ma Kazuha fu abbastanza rapido a estrarre la propria arma e porla ad un millimetro dalla fronte, bloccando l’attacco.
Il contraccolpo, tuttavia, lo sentì tutto sulle ginocchia, che scricchiolarono.
Sotto di lui, il pavimento di legno s’incrinò di poco ed una spessa onda d’urto di polvere e piccoli detriti si sprigionò da intorno ai loro corpi.
“Uhm… non male” la Luna Crescente parve quasi assumere un leggero sorriso “ma non mi hai ancora detto il tuo nome.”
Liberò la propria spada, per poi ripartire subito all’attacco.
Kazuha, dopo i primi colpi, perse il conto delle volte in cui incrociò la lama con il nemico, tutte le volte in cui l’acciaio batteva contro il suo simile e spediva verso il cielo scintille brillanti, sprigionando nell’aria un rumore stridulo e raschiante. La Luna Crescente muoveva lo spadone come fosse stato più leggero di un manico di scopa e lo incalzava con fendenti sempre perfetti e sempre millimetrici.
Il Cacciatore non riusciva nemmeno a reagire. Stare sulla difensiva era l’unico modo che aveva per impedire all’arma del nemico di tagliarlo.
Il Demone affrontato prima non valeva nemmeno un unghia, rispetto a questo nuovo avversario.
Nemmeno sapeva come riuscisse comunque a tenergli testa, ma aveva il vago sospetto che quel mostro si stesse semplicemente trattenendo.
Questo pensiero riaccese in lui il fuoco di poco prima.
Strinse i denti, afferrò saldamente la katana con due mani e, dopo aver parato l’ennesimo attacco, menò un colpo verso l’alto, partendo così dal basso dal creare un solco al suolo con la punta della spada. Il colpo venne intercettato senza problemi. Il Demone bloccò la spada dell’avversario, incrociando la propria con la sua. Tuttavia, in fondo agli occhi del giovane balenò una luce vittoriosa.
Era solo il primo attacco che riusciva a portare a compimento, ma sapeva ne sarebbero arrivati altri!
“Mmmmh…” Kowa digrignò i denti in un’espressione compiaciuta.
Scattarono entrambi all’indietro, per poi ritornare a fronteggiarsi.
Questa volta con molta più furia e vigore rispetto a prima.
La Luna Crescente aveva evidentemente aumentato velocità e forza nei suoi colpi, non di molto, ma Kazuha percepiva la differenza rispetto a prima. Ed in qualche maniera che non riusciva assolutamente a comprendere, era in grado di schivare, deviare ed a contrattaccare senza problemi.
Gli attacchi del nemico… non lo stavano raggiungendo!
“Kahedara Kazuha” disse il ragazzo, menando un fendente avvolto dall’energia verde con la spada mentre ghignava “il nome dello sterminatore che si prenderà la tua testa!”
Partì in avanti.
La punta della sua spada si schiantò sul piatto di quella del nemico, in un rumore assordante seguito da una deflagrazione di scintille. Un’esplosione di vento ed energia verde spedì Kowa all’indietro, che strisciò sui sandali creando una cresta di polvere svolazzante a poca distanza dal suolo.
Il cacciatore abbassò la spada, senza staccare gli occhi di dosso dall’avversario.
Per qualche strana ragione, si sentiva molto più esausto di prima.
“Uhm… molto bene, Kahedara Kazuha” Kowa sollevò l’odachi, per poi scrollarla vigorosamente verso destra. Qualche goccia di sangue piovve sul pavimento “sei un abile spadaccino, lo devo ammettere. Sei riuscito a parare un quarto dei miei attacchi.”
C-come…?
Il corpo di Kazuha venne solcato, in un attimo, da una miriade di piccole esplosioni scarlatte.
Più di una cinquantina, che non risparmiarono nessuna parte del corpo. Braccia, gambe, petto… addirittura un lungo taglio apparve sulla sua guancia. Il ragazzo crollò in ginocchio, poggiando la punta della katana al suolo per non rovinare del tutto.
Quando…?
Percepì qualcosa di enorme davanti a se, ed alzò lo sguardo.
La Luna Crescente si trovava davanti a lui, impietosa. L’occhio gigante lo scrutava malevolo.
E nuovamente, il ragazzo percepì tutta la differenza che lo separava da quel maledetto mostro.
Ricominciò a tremare.
“Mi rincresce, giovane spadaccino” sollevò l’odachi sopra la testa “non sei destinato a prenderti la testa di questo Demone.”
Kowa bloccò il fendente all’improvviso, tuttavia.
Voltò appena lo sguardo verso sinistra.
Le sue gambe si piegarono innaturalmente all’indietro, come fossero state fatte di gomma, la parte superiore del suo corpo perfettamente in orizzontale, bloccata a mezz’aria. Sopra di essa, passò un’ondata di energia oscura sotto forma di stormo di corvi, a pochissimi millimetri.
Quando tornò eretto, il Demone dovette parare un fendente da sinistra di katana nera.
Sara masticò una bestemmia tra i denti, poi si allontanò, rapidissima, per poi scattare nuovamente verso l’avversario a passi rapidi, incalzandolo con una serie di attacchi rapidissimi che vennero tutti deviati.
“KAZUHA!” esclamò l’Hashira, parando un poderosissimo affondo che la fece strisciare coi piedi al suolo “E’ troppo tardi ormai! Adesso non è il momento di esitare… dammi una mano!”
Osservando la compagna che, nonostante l’immane difficoltà, continuava a rispondere con vigore agli attacchi del nemico, il ragazzo si riscosse.
H-ha ragione…
digrignò i denti, per poi saldare la presa sulla katana.
Lui… sicuramente anche lui era terrorizzato dalla morte, quando l’aveva sentita così vicina al collo.
Anche Kazuha l’aveva percepita.
Come una falce fatta di ghiaccio che, partendo dalle spalle, gli sfiorava il pomo d’Adamo.
Ma questo… questo non gli ha decisamente impedito di continuare a combattere! NE SONO CERTO!
Quella falce s’infranse del tutto, e Kazuha si alzò da terra, denti digrignati e sguardo feroce.
Energia verde e foglie spettrali vorticavano attorno ai suoi piedi.
Se mi stai guardando in questo momento… ti renderò orgoglioso!
Sordo al dolore ed al suo corpo che gli gridava di smettere di combattere, scattò in avanti lasciandosi dietro una scia di energia verde.
Quindi balzò verso il nemico con un urlo di guerra, piegando le braccia fin dietro la schiena, con la spada che puntava verso il basso per caricare un potentissimo fendente. Kowa parò l’ennesimo attacco da sinistra dell’altra Demone, mettendo la spada in verticale, poi il suo occhio si puntò verso il ragazzo, che aveva già tracciato una traiettoria con l’arma verso il suo collo.
Collo che gli bastò piegare appena.
La katana di energia verde del giovane incontrò la saldissima resistenza di una di quelle corna ramate, dove il suo percorso si bloccò all’improvviso.
“M-maledizio-” lo spadaccino non riuscì a terminare la frase.
La Luna crescente fece scattare la testa verso l’alto, spingendo con il corno l’arma di Kazuha e costringendolo a volteggiare all’indietro in un giro della morte involontario. Dopodiché, le sue costole furono incrinate dal brutale colpo di pomolo dell’Odachi del Demone.
Venne spedito fuori dal casato, giù dalla scalinata di pietra.
Il tempo di osservare il suo operato, poi Kowa si voltò verso la seconda avversaria.
Avversaria che si era allontanata, e che adesso lo puntava con un dardo fatto di energia rossa.
Dardo che partì verso di lui, friggendo con le sue scariche sfrigolanti l’aria che fendeva. La Luna Crescente lo schivò con facilità inarcando appena il corpo di lato. L’Hashira digrignò i denti, ma subito caricò un nuovo proiettile e sparò nuovamente. Fece lo stesso ancora, ed ancora.
Il Demone assottigliò lo sguardo dell’unico occhio, partendo alla sua volta e muovendosi a zig zag sulle assi di legno, che si spezzarono ad ogni passo. Schivò con uno scatto di lato la prima freccia di energia, la seconda la deviò con un poderoso fendente, spedendola ad esplodere verso l’estremità più a destra del casolare. La terza la evitò con una possente capriola in avanti. Al suo atterraggio, le assi s’innalzarono verso l’alto come le onde di un mare in tempesta.
Quindi ripartì all’attacco, troppo vicino perché Sara potesse caricare un nuovo dardo e provare a colpirlo.
“DANNAZIONE!” la donna fece schioccare le labbra e, poco prima che la katana del nemico la ghermisse, puntò l’arco di sangue verso il basso. Vi fu un’esplosione di energia rossa e fumo.
Kowa si schermò l’occhio centrale con una mano. La pupilla a forma di ideogrammi puntò verso tutte le direzioni. Per poi puntare verso sinistra, dove Sara, con le sue due paia di enormi ali da corvo, piombava verso di lui con la katana tesa dietro la schiena. Gli occhi che brillavano in mezzo alle ombre del viso come quelli di un angelo della morte.
“Molto bene.” la Luna Crescente annuì appena “Davvero molto bene.”
Schivò all’ultimo secondo la katana nera, per poi afferrare la lama con una mano nuda ed una presa saldissima. Sara si ritrovò bloccata a mezz’aria, sconvolta.
Provò a sbattere le ali più che poteva ma, nonostante una copiosa quantità di sangue uscisse dalla mano del nemico, quello non accennò a mollare la presa.
E tutto quel sangue, non fu nulla in confronto a quello che venne versato dopo.
Sara sgranò gli occhi e vomitò un grumo scarlatto, ritrovandosi a sollevarsi verso l’alto spinta dalla gigantesca spada dell’avversario. La cui lama grigia e carnosa era appena entrata al centro della sua pancia, generando una fontana di sangue dietro la schiena.
Perse la presa sulla propria arma.
“La tua abilità è lodevole. C’era da aspettarselo da un mio simile” Kowa buttò la spada verso sinistra, facendola sparire in mezzo alle ombre. Poi sollevò la testa e puntò l’occhio verso l’alto, dove il corpo dell’Hashira si dimenava debolmente e perdeva un ingente quantità di sangue “non insulterò la tua volontà domandandoti di tornare assieme a me, tu che sei stata in grado di ribellarti alla nostra Immortale Imperatrice. Tuttavia… uhm?”
La Demone aveva smesso di dimenarsi.
E ora, con un ghigno folle, puntava il Demone con il suo dardo scarlatto, pronto per essere sparato a bruciapelo.
“Sacrificare così tanto… per un attacco simile?”
Sara lasciò andare il filo.
“Davvero una guerriera di tutto rispetto…”
Una colonna di energia rossa proruppe, avvolgendo i corpi dei due Demoni ed illuminando tutta la foresta di una lieve luce vermiglia. Kazuha, arrancando e usando la propria spada come appiglio, arrivò appena in tempo per vedere la luce che andava scemando. Sgranò gli occhi, davanti a quel terribile spettacolo che aveva davanti: l’arco di sangue di Sara si sgretolò e la donna non poté far altro che osservare come il nemico sotto di lei, una volta afferrato e bloccato il dardo di energia con una mano, se lo rigirava davanti al volto come un oggetto di valore.
“… ma non basterà per uno come me, Kujou Sara” Strinse la presa, e il dardo s’infranse in piccole scintille rossastre come un debole fuoco artificiale “La tua abilità in battaglia rende onore a quella che fu la tua famiglia. Riferirò a tuo padre che sei morta con onore.”
La donna digrignò i denti, sputando un grumo di sangue verso destra “Puoi dire a mio padre che, se oggi sopravvivrò, la sua testa sarà la prossima a cadere…”
Poco prima che Kowa potesse rispondere, il suo occhio si puntò verso il fianco sinistro, dove la katana di Kazuha stava per divorare gli ultimi pochi centimetri. Rapido, il mostro scrollò l’odachi verso il basso, facendo rimbalzare Sara al suolo un paio di volte. Quindi si voltò di scatto e vibrò un fendente obliquo dall’alto verso il basso, schiantandosi contro la lama dell’avversario in una deflagrazione di scintille.
“Ragazzo…” l’ideogramma si puntò sullo spadaccino “Tu-”
“QUARTO KATA!”
Energia verde e foglie spettrali avvolsero il corpo dello spadaccino.
“Vortex”
Kowa venne travolto da un turbine di energia verde, a cui non riuscì ad opporsi. Sfondò il pavimento di legno con le proprie gambe, per poi sbattere con la schiena contro al muro e sfondare anche quello. Il Demone precipitò giù dal promontorio, mentre il vortice di energia verde creato dalla spada del ragazzo andava a schiantarsi sulla foresta, sbalzando verso l’alto qualche albero morto assieme ad un’esplosione.
Kazuha abbassò la lama, respirando affannosamente.
Poi sgranò gli occhi e si voltò verso destra, dove Sara ansimava addolorata con una grossa pozza di sangue che si stava allargando sotto il suo corpo. Gettò a terra la spada, correndo verso di lei ed inciampando su se stesso un paio di volte. Sordo al dolore ed alle lacrime che pungevano gli occhi, raggiunse l’Hashira, cingendola con le braccia e sollevandola appena da terra.
“S-Sara! Sara, ti prego!” le mise una mano sporca di sangue sulla guancia. La donna respirava affannosamente ed aveva la fronte imperlata di sudore. Il sangue non accennava a smettere di uscire “S-sono qui! Per favore, parlami!”
“P-perché…” la donna mormorò, debolmente, alzando la mano e stringendo quella del compagno.
“V-va tutto bene! T-troveremo un modo per-”
“P-perché…” tossì un grumo di sangue “… perché hai abbandonato spada?”
“C-cosa?”
Kazuha sbatté le palpebre, interdetto.
Come poteva pensare ad una cosa così frivola, in un momento simile?
“I-idiota…” strinse la presa, puntando lo sguardo severo in quello preoccupato e piangente del ragazzo “S-sono un Demone! N-non morirò per una ferita simile!”
Il ragazzo sbatté le palpebre, interdetto.
Abbassò lo sguardo, notando che il grosso foro in mezzo al suo copro stava già cominciando a ricostruirsi.
“… Oh…”
“La donna ha ragione.”
Sentì un brivido, Kazuha.
“Durante uno scontro…” la gigantesca mole di Kowa incombeva su di lui, alle sue spalle. L’occhio brillava di tutti i suoi colori in mezzo alle tenebre ed una candida condensa usciva dai lati della bocca irta di denti aguzzi “… non dovresti mai abbandonare la tua arma.”
Accadde tutto troppo velocemente.
Si voltò, nell’esatto momento in cui la Luna Crescente sollevava l’odachi per abbatterla su di lui.
Con tutte le sue forze, Sara si alzò e diede una poderosa spinta al ragazzo, che cadde all’indietro rotolando per qualche metro.
Quindi, la Demone sbatté rapida le ali, schivando di poco il fendente dall’alto che spezzò le assi al suolo, abbattendosi contro di esso.
L’essere però non aveva ancora finito il suo repertorio.
Voltò di scatto il collo verso la donna, assieme all’occhio.
Si posizionò per fronteggiarla e, dopo aver afferrato l’arma a bimane, menò un colpo da destra verso sinistra. Sara sgranò gli occhi e digrignò i denti, chiudendosi in un bozzolo formato dalle proprie ali. Le piume si tesero come coltelli, indurendosi come fossero state fatte di roccia. Il taglio della katana gigante s’abbatté contro di esse, scalfendole appena. Il corpo della Demone venne spedito verso le tenebre.
Kowa si riassestò, tornando eretto.
Per poi voltarsi di scatto e parare un fendente di energia verde.
Kazuha si allontanò subito, per poi ripartire ed incalzare il nemico con una nuova serie di terribili attacchi. Quello parò ogni cosa, senza troppi problemi.
Fino a quando non percepì una sensazione di gelo attaccata al collo.
Sollevò il braccio libero, bloccando nuovamente la katana nera di Sara a mezz’aria, facendole masticare un’imprecazione. Tuttavia, il tempo di voltare appena l’occhio verso di lei, e percepì un fastidioso bruciore sul fianco destro.
Gli ideogrammi si fecero piccoli, puntando verso il secondo nemico.
Kazuha, approfittando della lievissima distrazione, era partito all’attacco ed aveva infilzato la katana fino all’elsa nel fianco dell’essere, inzuppando il proprio Hakama e la propria faccia di sangue. Sara diede un colpo di reni e di ali e liberò la propria katana dalla mano del Demone. Atterrò al suolo e, dopo aver fatto sparire le ali dietro la schiena, partì all’attacco.
Kazuha liberò la propria katana a sua volta, spruzzando sangue verso il basso.
Balzò verso l’alto con una piroetta e, a denti stretti e occhi sgranati, menò un fendente verso il collo del Demone. Tutto questo, nel frattempo che la spada nera di Sara stava per recidergli una gamba.
“Mai avrei immaginato che affrontare due guerrieri così forti…”
Kowa tese le braccia ai lati del proprio corpo.
“… sarebbe stato tanto stimolante!”
La katana di Kazuha venne bloccata dalla lama dell’odachi.
Quella di Sara da una falange di spuntoni e corna ramate, identiche a quelle che spuntavano dalla nuca del Demone, apparse all’improvviso sul braccio sinistro della Luna Crescente come una specie di corazza.
Sollevò di scatto le braccia verso l’alto e i due spadaccini vennero allontanati dal corpo dell’essere.
“Kazuha Kahedara; Sara Kujou…” Kowa si scrocchiò il collo rumorosamente. Poi piegò le gambe ed assunse una posizione di battaglia: il braccio corazzato davanti al volto, quello armato di odachi piegato appena all’indietro. La punta della spada puntata in avanti “… non mi deludete.”
Scattò verso di loro, lasciandosi dietro una scia di polvere.
Gli Sterminatori di Demoni fecero lo stesso.
Lo scontro fu devastante, creando una potentissima onda d’urto che fece volare tegole, detriti, polvere e assi di legno in giro per tutto l’ambiente.
Poi, i tre combattenti si gettarono in una micidiale e mostruosa esibizione di schivate, fendenti, parate ed affondi, senza che ci fosse alcuna esclusione di colpi, con le scintille che esplodevano come fuochi d’artificio attorno ai loro corpi. Sara e Kazuha, in perfetta sincronia, menavano colpi rabbiosi e privi di qualsiasi pietà, tentando di ferire anche solo di striscio l’avversario, roteando attorno a lui come belve feroci. Di contro, il nemico si limitava a girare su se stesso. La ferita al fianco si era già rimarginata e le sue risposte rabbiose ai colpi dei due Ammazza Demoni non tradivano la minima fatica. Deviava e parava, prima con la spada, poi con l’agglomerato di spuntoni attorno al braccio.
E nel mentre che questi titani si scambiavano le serie di attacchi più violente che quel cielo notturno avesse mai visto, solchi larghi quanto braccia adulte e lunghi come serpi deturpavano l’ambiente. Il casolare di legno venne colpito da contraccolpi e da fendenti andati a vuoto in più punti, distruggendosi sempre di più, nella polvere e nei detriti.
Arrivando al punto in cui, di ciò che era prima, non erano rimasti altro che un paio di mura, che stavano in piedi solo per miracolo.
Con un possente urlo di guerra, i cacciatori balzarono verso Kowa, uno da destra, l’altra da sinistra. L’occhio centrale del Demone scattò prima verso l’uno poi verso l’altra. Sollevò le braccia, deviando i loro colpi e spedendoli al suolo dopo avergli fatto fare un giro della morte.
Ma una volta atterrati sui detriti, i due giovani erano già tornati in piedi, pronti ad attaccare di nuovo.
Ancora più furiosi rispetto a prima.
Incredibile…
Kowa, intento a continuare a schivare e parare quegli attacchi, si ritrovò a pensare.
Dunque al mondo…
Schivò un ulteriore doppio attacco, eseguendo un passetto all’indietro e lasciando che i due combattenti incrociassero le spade tra loro.
Non notò tuttavia i due che si scambiavano un intenso sguardo d’intesa.
Rapidi, e prima che il nemico potesse reagire, i due spadaccini scattarono all’unisono verso di lui con un affondo.
Troppo veloci per essere intercettati.
… esistono ancora guerrieri abbastanza forti…
“PRIMO KATA!”
“QUARTO KATA!”
… da opporsi a noi?
A destra venne lacerato da una tempesta di energia verde e ululante.
A sinistra, da uno stormo di corvi fatti di oscurità.
Kowa barcollò all’indietro. Il sangue che spuntava dalla bocca come una cascata.
Due enormi ferite, ai lati della vita muscolosa, gocciolanti di sangue, si stavano rimarginando.
Troppo lentamente.
“KAZU!” Sara si voltò di scatto verso il compagno, serissima “è allo stremo! Non avremo altre occasioni come questa!”
Il giovane annuì, per poi voltarsi verso il nemico.
Scattarono l’una verso destra, l’altro verso sinistra.
Balzarono al suolo e poi, all’unisono, eseguirono una piroetta, planando a mezz’aria verso il nemico.
La katana col taglio puntato in direzione del suo collo.
E mentre la sconfitta sopraggiungeva, la bocca sanguinante del Demone si piegò in un sorriso.
“Mi dispiace… davvero.” La corazza di corna venne riassorbita dalla pelle del braccio della Luna Crescente.
Braccio che venne sollevato verso il proprio petto.
L’occhio si chiuse, comparendo a sua volta in mezzo ai pettorali.
“Sarebbe davvero irrispettoso…”
Gli artigli perforarono la carne, vicino al cuore.
“…non usare tutto il mio potere per due prodigi come voi.”
Tirò con tutte le sue forze, generando cinque lunghe e sanguinanti solchi sul proprio corpo.
Poi sollevò il braccio in avanti. Aprì la mano, facendo cadere qualche goccia di sangue verso il suolo.
E tutto, mentre le katane dei due sterminatori erano sempre più vicine al suo collo.
Il tempo rallentò.
“…Arte del Sangue Demoniaco…”
Sussurrò a fior di labbra, l’essere.
Poi sollevò l’odachi, per poi farla piovere verso il basso.
Sfiorando appena con la punta della spada la cima di una minuscola goccia del suo stesso sangue, in procinto di abbattersi al suolo.
“Terraformazione.”
La punta della katana toccò la goccia.
La goccia toccò lievemente il suolo, avvolta da qualche scarica di energia sfrigolante.
Poi… tutto fu polvere.
Quando riaprì finalmente gli occhi, le orecchie fischiavano come l’inferno e la vista era appannata. Sara tossicchiò un paio di volte, cercando di far forza sulle mani e sulle braccia tremanti, per potersi tirare su da terra, debolmente. Non ricordava nemmeno cosa fosse successo, poco fa. Quando la Luna Crescente aveva calato verso il basso la punta della katana, tutto ciò che le era chiaro era solo il potentissimo flash di luce, seguito subito dopo dallo stesso dolore che si percepisce quando un pezzo di montagna ti cade addosso.
Respirando a fatica, la donna si guardò attorno, cercando di rimettere a fuoco la scena.
Quando ci riuscì, sentì il cuore colare a picco: non c’era più niente.
Niente.
Il promontorio, il casolare abbandonato, lo spiazzale in mezzo alle piante… era tutto scomparso. Come se un gigantesco meteorite fosse piovuto dal nero cielo notturno, spazzando via ogni cosa si trovasse sotto di se. La Demone, in quel preciso istante, si trovava esattamente al centro di un enorme cratere. Lo smarrimento la fece sedere sulle proprie gambe, senza farla smettere di respirare affannosamente e tremare. Si guardò attorno, concitata, portandosi una mano al braccio ricoperto di tagli ed abrasioni.
Del suo abito da Hashira era rimasta solo la canotta nera, strappata in più punti.
Il sangue le colava dal naso e dalla bocca in lievi rivoletti.
Ebbe un sussulto “Kazu…!”
Voltò lo sguardo.
E quando lo vide, sentì il proprio cuore che si bloccava e le lacrime cominciare a pungerle gli occhi: il ragazzo era coricato, a terra. La schiena nuda presentava una brutale serie di ferite, i capelli erano sciolti e sporchi, come una pallida cascata morente.
“K-Kazu-” fece per sporgersi in avanti, preoccupata, ma cadde di faccia.
Riuscì comunque a sollevare la testa, stringendo i denti.
Per poi sospirare di sollievo non appena, con un lieve tremore, il ragazzino cominciò a riprendersi.
Pareva dolorante, infinitamente di più rispetto a lei, e tremava come una foglia.
Ma se non altro, era vivo.
La donna allora si risollevò da terra, dolorante. Voltò lo sguardo verso sinistra, in basso, dove incontrò l’elsa della sua katana. Nell’accingersi a raccoglierla, però, non poté fare a meno di pensare a ciò che era successo poco prima: Kowa… che fine aveva fatto? Non lo vedeva da nessuna parte. Sembrava così intenzionato a proseguire quello scontro, quel maledetto pazzo…
All’ultimo aveva deciso di battere in ritirata?
O forse, quell’ultima tecnica era una specie di attacco suicida?
Aveva intenzione di morire e portarseli nella tomba.
Fottuti cani dell’Imperatrice…
Voltò lo sguardo verso destra.
Kowa, completamente integro, era già lì al suo fianco.
L’odachi alzata fin dietro la schiena, pronta per colpire con tutta la brutalità di cui era capace.
Sara, percependo ogni singola cellula del suo corpo che s’irrigidiva, non poté far nulla per reagire.
L’arma gigante calò.
Il metallo contro al metallo esplose in un suono assordante.
“Uhm…” l’occhio centrale di Kowa, riapparso in mezzo ai pettorali, parve affilarsi “… nonostante il mio ultimo attacco… riesci ancora a muoverti in questo modo?”
Kahedara Kazuha era scattato rapidissimo, frapponendosi tra la spada e Sara, che adesso guardava il corpo contratto per lo sforzo del compagno mentre, con la propria katana, bloccava l’arma gigante dell’avversario. Il giovane stringeva i denti, rabbioso, lanciando sguardi infuocati con gli occhi di rubino verso al proprio nemico.
“Non avevo visto male, allora” il Demone allontanò l’odachi, permettendo al giovane spadaccino di fare un rapido passo indietro per riorganizzarsi, e quindi ripartire all’attacco “Sei veramente un vero guerriero.”
Il sangue cadde a terra.
Kowa colpì qualche goccia con la propria arma, spingendola al suolo.
Esattamente come prima, il terreno esplose in polvere, crepe e detriti, creando un lungo solco che partiva dal fianco sinistro del Demone fino ad andare verso destra. Kazuha venne sbalzato all’indietro, rotolando a terra con un lamento di dolore.
“KAZU!” Sara si rialzò in piedi, katana nella mano, poi si voltò verso l’avversario.
“Traditrice” Kowa aveva sollevato l’odachi sopra la propria testa, tenendo l’elsa a bimane “occhi su di me. Non distrarti.”
Notando le gocce di sangue che venivano tagliate dalla lama, la ragazza sgranò gli occhi, gettandosi verso destra con una rapida capriola, evitando l’impatto per pochissimo. Un lungo solco, che raggiunse il limitare del gigantesco cratere nella foresta, si creò per lungo dove poco prima si trovava la Demone.
Solco che esplose in una cresta di polvere, pezzi di roccia e radici.
La donna sentì le proprie ossa tremare: era finita.
Adesso la Luna Crescente aveva smesso di giocare con loro: non c’erano più speranze di vittoria.
Voltò lo sguardo verso il nemico, tornato a rivolgere le proprie attenzioni su di lei.
Poi si girò verso Kazuha, intento a rialzarsi tremante usando la katana come sostegno.
Indurì lo sguardo, tornando rapidissima in piedi.
Intercettò la katana del Demone, che s’abbatté sul taglio della propria in un clangore metallico ed un trionfo di scintille. Attorno a loro la terra esplose in un’onda d’urto.
No… non mi lascerò sopraffare dallo sconforto!
Kowa e Sara si staccarono l’uno dall’altra, per poi ripartire all’attacco dopo una piroetta all’indietro.
Come Hashira dei Corvi… NON PERMETTERO’ AD UN MIO SOTTOPOSTO DI MORIRE!
Seguì un brutale scambio di fendenti, di una violenza tale fece tremare la terra. Kowa e Sara non badarono a spese, mirando ogni attacco perfettamente, in modo che questo potesse ferire o menomare l’avversario. Più volte l’arma rompeva la guardia dell’altro, ferendo il corpo in scarlatti schizzi di sangue e creando lunghi tagli che, in poco tempo, si rigeneravano lasciando spazio a nuove ferite. I colpi del nemico che l’Hashira non riusciva ad intercettare, tuttavia, sfioravano il suolo, attivando l’Arte Sanguigna della Luna Crescente e facendolo esplodere. Le onde d’urto, così vicine, contorcevano le viscere della donna, sbattendogliele tra loro all’interno del corpo. Cominciò a sentirsi debole, sbrattando un goccio di sangue dalla bocca.
Fino a quando, dopo un poderoso fendente calante, Kowa non la mise in ginocchio.
Sara riuscì a pararlo ponendo la spada sopra di se, digrignando selvaggiamente i denti.
Ma lo scontro le fece spezzare le braccia, facendola cadere a terra.
La donna chiuse gli occhi e tossì un misto di saliva e sangue, per poi rialzare lo sguardo e vedere il Demone che già era pronto per vibrare il suo colpo finale su di lei.
“TERZO KATA!”
Kowa bloccò la spada, voltandosi lentamente indietro.
Kazuha stava correndo verso di lui, denti stretti, katana tesa dietro le proprie gambe avvolta dall’energia verde. Energia verde che, con le sue foglie spettrali, stava avvolgendo anche tutto il suo corpo.
La Luna Crescente parve ghignare in quella bocca priva di labbra voltandosi del tutto.
Arrivato a pochi metri di distanza dal nemico, il giovane balzò verso di lui con una capovolta.
“Kamaitachi”
Kowa parò lo spadaccino.
O meglio… ciò che lo spadaccino era appena diventato: un gigantesco cerchio di energia verde, roteante e brillante come la lama di una sega circolare.
Il corpo del ragazzo rimbalzò sulla spada del nemico, per poi ripartire all’attacco, saltando un po’ da tutte le parti come una palla impazzita, lasciando solchi stretti al suolo.
E sul corpo del Demone.
La rapidità con cui quei fendenti verdi arrivavano a raggiungere la scorza del Demone era quasi impossibile da intercettare, o deviare. Presto, il suo corpo fu una piccola fontana di zampilli rossi. Nonostante il dolore, però, l’essere non smise di ghignare. O di combattere.
Dopo il tredicesimo attacco, Kowa sollevò il braccio libero dalla katana, spalancò la mano e la gettò verso il cerchio di energia verde. Chiuse le dita attorno alla katana dello spadaccino.
Quello, ritornato ‘umano’ a causa di quel blocco, sgranò gli occhi, per poi essere tirato verso il proprio nemico ed essere scagliato verso il cielo.
Kazuha roteò su se stesso un paio di volte, a mezz’aria.
Ma tornò padrone del proprio corpo quasi subito, sguardo duro rivolto verso il basso, puntando sul nemico, che a sua volta sollevava il kainji verso di lui.
“SECONDO KATA!”
Kazuha si portò la katana verso la propria destra, fin dietro la schiena.
Quella venne avvolta dall’energia verde e, poco dopo, il suo proprietario menò un fendente a vuoto.
Dall’arma avvolta di energia verde, si sprigionò un gigantesco arco orizzontale, brillante come una falce fatta di smeraldo e con le foglie spettrali che volteggiavano attorno come calabroni. Kowa sgranò l’occhio, poi tirò dietro la propria schiena l’odachi e menò un fendente in avanti. L’arco di energia s’infranse contro la potenza di quel fendente, e le sue due estremità esplosero al suolo, sollevando un paio di geyser di detriti. Due lunghi tagli verticali solcarono i fianchi del Demone, bagnando di sangue il suolo, mentre Kazuha tornava a terra, sulle gambe tremanti, la katana nascosta nel fodero e lo sguardo puntato verso l’avversario, serissimo.
L’essere ricambiò lo sguardo.
Ne seguì un intenso minuto di silenzio.
“… Beh?” fece Kazuha, estraendo la katana, suonando quasi offeso “Non so come chiamarlo, questo kata. Ci sono problemi?”
Kowa sbuffò sommessamente, per poi rimettersi in guardia, pronto per caricare l’avversario.
Ma la sua carica dovette comunque aspettare, perché alle sue spalle Sara era balzata da terra e, come una trottola, era piovuta sul nemico con un ruggito di guerra. Il Demone si voltò di scatto, menò un fendente verso lei deviando la katana e le sferrò un poderosissimo calcio sul petto. La donna cadde al suolo, ma invece di sbatterci contro fece una rapida capriola all’indietro, rimettendosi subito in guardia. Nemmeno il tempo di poterle dare le dovute attenzioni, che già l’altro spadaccino era ripartito all’attacco.
Kowa dovette nuovamente tenere furiosamente testa ai due spadaccini i quali, nonostante le ferite sanguinanti, il dolore e la debolezza, sembravano ancora più infervorati rispetto a prima.
Molte volte, le katana dei due giovani rompevano l’impenetrabile difesa del nemico, riempiendo il suo corpo di tagli.
Ad un certo punto la Luna Crescente, stufa di subire in questo modo, emise un potentissimo ruggito, che ricordava il grido di più belve feroci messe assieme, talmente tonante che per poco le orecchie dei due ragazzi non presero a sanguinare. Poi sollevò la katana, la fece piovere verso il basso, sopra ad una goccia del proprio sangue.
Nuovamente, la terra attorno a lui esplose in polvere e detriti, sbalzando all’indietro i due ragazzi. Quelli rotolarono al suolo per qualche metro, per poi fermare la loro corsa e, rapidissimi, rialzarsi in piedi. Intanto, la polvere che si era innalzata dopo l’ultimo impatto intorno al corpo del Demone, si stava riassestando al suolo. Tutte le ferite che gli erano state provocate si stavano rigenerando.
Molto lentamente.
“Maledetto bastardo…” Sara digrignò i denti acuminati, le vene che pulsavano sotto pelle “… non ha davvero intenzione di crepare...”
“A onor del vero, penso sia anche colpa nostra” Kazuha, tra un respiro e l’altro, si concesse un sorriso “si sta divertendo come un cazzo di moccioso, lo stronzo…”
Poi, puntò la katana in avanti, verso il nemico che, nel rimettersi in guardia, pareva respirare affannosamente “le sue ferite si rigenerano sempre più lentamente. I nostri attacchi vanno sempre più a segno!” si umettò le labbra. Al gusto di sangue. Poi fece qualche passo in avanti, sorridente “manca poco, Kujou Sara! Manca veramente poco!”
Dal canto suo Kowa, benché non lo stesse dando a vedere, stava andando in brodo di giuggiole.
Mai, nella sua eterna vita da essere maledetto dall’Imperatrice, aveva considerato l’ipotesi d’affrontare due avversari tanto potenti. C’era anche da contare un altro aspetto, però… non dubitava della potenza della rampolla della famiglia Kujou, ma… come poteva un umano così giovane essere in grado di simili abilità? Inoltre, ogni suo attacco, le sue posizioni… gli ricordavano qualcuno.
Ma chi?
Chi è il tuo maestro, giovane Kazuha?
Poi lo vide, quel ragazzo: vide le gambe appena piegate sulle ginocchia, quella destra davanti alla sinistra, le spalle strette lungo al corpo, le mani in avanti, chiuse attorno all’elsa della katana, puntata esattamente davanti a lui.
Uno sguardo serissimo, ma fiero e infuocato come il sole che non avrebbe mai potuto vedere.
“Tu…”
Kazuha partì all’attacco per primo, annientando ogni singolo dubbio del Demone.
“Sei…” abbassò l’arma, puntandolo con il dito artigliato “… il giovane pupillo di cui quell’uomo mi ha parlato, non è vero?”
E come un giocattolo a molla, il ragazzo bloccò la sua corsa.
“… cosa?” Kazuha sollevò lo sguardo.
Sembrava improvvisamente diventato più pallido rispetto a prima.
Sara guardò la scena, scrutando prima il suo compagno poi il Demone, che ancora lo indicava.
Non capì subito.
Poi però, quando il sospetto prese ad insinuarsi in lei, impallidì a sua volta.
“K-Kazu…” mormorò la donna, guardandolo allarmata.
“E’ dal primo momento che ti ho visto combattere che ho cominciato ad avere qualche sospetto…” sulle fauci di Kowa parve delinearsi un terribile ghigno “anche se forse, avrei dovuto capirlo immediatamente. Dopo averti visto utilizzare la sua stessa tecnica.”
Lo spadaccino, lentamente, abbassò la katana. Gli occhi rossi erano sgranati, fissi in un punto che nemmeno guardava. Sara, alle sue spalle, s’agitò ulteriormente.
“N-non ascoltarlo!”
“I-il maestro…” Kazuha la ignorò, alzando lentamente lo sguardo verso la Luna Crescente “… come fai a conoscerlo?”
“Lo conosco perché è stato uno dei guerrieri più coraggiosi, meravigliosi e potenti che io abbia mai affrontato. La sua tecnica era una danza di morte che, ancora adesso, fa rabbrividire le mie cellule ogni volta che ci penso” puntò il kainji sul giovane e l’espressione sulla sua bocca parve distendersi diventando quasi… rammaricata “lo riesco a rivedere, in te.”
“NON HAI RISPOSTO ALLA MIA DOMANDA” Kazuha strinse l’elsa della katana, digrignando i denti. Gli occhi si erano già fatti lucidi.
Poi ricevette la risposta.
Quella che aveva paura di ricevere più di ogni altra cosa.
“E’ stato un vero peccato, quando è morto” mormorò Kowa, come se si sentisse genuinamente in colpa “ho dovuto consumare il suo corpo. Diventare mio nutrimento, per un uomo tanto forte, è decisamente più onorevole che marcire nella terra, divorato dai vermi.”
Kazuha ritornò a quel momento preciso.
Quando i corvi avevano annunciato il nome del suo maestro.
Quando la consapevolezza che non sarebbe mai più tornato gli aveva attanagliato le viscere.
E, nello stesso preciso istante, gli tornò il ricordo di quel mese, passato in mezzo alle montagne più impervie e nelle foreste più fitte. Ad affinare la lama, sterminando ogni singola creatura che gli si parasse davanti con la brutalità di un macellaio.
Strinse l’elsa della spada. Il respiro si stava facendo sempre più irregolare.
“K-Kazu… ti prego…” Sara, che non aveva perso un momento del discorso, aveva già una maschera di lacrime in volto.
Aveva ragione. Non poteva lasciarsi sopraffare dalle emozioni.
S-se si fosse lasciato divorare dalla rabbia, gettandosi in battaglia in quel modo…
Sollevò lo sguardo, incontrando il nemico.
Rivide l’immagine del maestro, sorridente, appoggiato alla corteccia del suo albero preferito, intento a sorseggiare il sakè, che lo invitava ad accomodarsi assieme a lui.
Poi quella scena s’infranse, sostituita da Kowa che, come una belva feroce, strappava gli arti di quell’uomo. La testa dagli occhi vitrei tra le sue fauci insanguinate.
“NO!” Sara tentò un ultimo disperato approccio, ma era troppo tardi.
Kazuha era già scattato.
“MOSTROOOO!!” gridò con tutte le sue forze, la katana rivolta dietro la schiena e le lacrime che gli rigavano il viso.
Lo scontro tra le due lame fu così brutale e potente da generare una nuova onda d’urto di polvere ed energia. Sara, che aveva cercato di partire al seguito del compagno per fermarlo, venne sbalzata dallo scontro, rotolando al suolo per qualche metro.
Coricata a terra di faccia, si sollevò sui gomiti, tremante e tossicchiante.
Con il viso rigato dal pianto, alzò la testa.
Kazuha non era assolutamente in sé. Denti così stretti tra loro che sembravano pronti per essere incrinati, un’espressione talmente rabbiosa che le fece quasi paura. Nei suoi colpi non c’era più eleganza, tecnica, o quant’altro.
Solo un bruciante e terribile odio.
Odio e tristezza, culminanti in una versione del giovane spadaccino che… non avrebbe mai voluto vedere in vita sua. La lama verde si lasciava dietro scie fluorescenti che brillavano nella notte come un faro, sbattendo sull’odachi creando esplosioni di scintille che salivano verso il cielo. Indubbiamente, tutto quel terribile furore stava mettendo alle strette il suo avversario… ma per quanto sarebbe durato? Le ferite sul corpo dell’umano pompavano sangue al suolo, bagnandolo di scarlatto.
Ed anche se impercettibili, si vedevano alcuni tremori.
Non poteva vincere, così facendo.
“Ragazzo…” Kowa menò un fendente dall’alto, che il giovane parò rabbiosamente, bloccando la katana sopra la propria testa “… cosa succede? Dov’è finita tutta quella boria? Tutta quella grinta…?” non sembrava lo schernisse. Era solo, sinceramente, deluso “… valeva così tanto per te, quell’uomo?”
“Silenzio…” sibilò Kazuha, liberando la propria katana, eseguendo un paio di capriole all’indietro e, una volta fermo, menando un paio di fendenti in avanti scagliando contro alla Luna Crescente degli archi d’energia.
Il Demone, svogliatamente, si limitò a far scattare la katana in avanti un paio di volte, dividendo gli archi come fossero fatti di burro “questa furia, nella battaglia… non è il tipo che piace a me” la Luna Crescente sembrò quasi infastidita “… supera questo rancore! Questo odio! Non potrai mai sconfiggermi così” prese l’odachi a bimane “cosa direbbe di te il tuo maestro, in questo momento?”
“Ho detto…” il respiro di Kazuha cominciava a farsi sempre più affannato, come quello di una belva feroce “… DI FARE SILENZIO!!”
Le lacrime si staccarono dal suo viso, mentre il vento d’energia verde avvolgeva il suo corpo in un turbine di foglie spettrali. Sara osservò la scena, portandosi una mano al petto “Kazu…”
“NON OSARE NOMINARLO MAI PIU’! NON NE HAI IL DIRITTO, DEMONE!” partì all’attacco, lasciandosi dietro una scia d’energia e tendendo più che poteva la katana dietro la propria schiena.
Dal canto suo, la Luna Crescente abbassò appena la propria spada, puntando con la testa la mano disarmata, che strinse con vigore. Quindi sospirò rassegnato, tornando in guardia, pronto per ricevere l’avversario “avevo… enormi aspettative per te, giovane Kazuha…”
Sara osservò come il compagno balzava verso il Demone, katana così tesa e pareva essere pronta a sfuggirgli dalle mani. E vide il suo avversario, Kowa, che faceva roteare la propria, la strisciava a terra assieme a qualche goccia di sangue, per poi menare in avanti un fendente dal basso.
“KOWAAAAA!!!” ruggì lo spadaccino, schiumante di rabbia e sangue.
A distanziare le lame delle due armi, non più di pochi millimetri.
La Demone si coprì gli occhi col braccio: l’impatto generò un altissimo geyser di detriti. Energia verde e polvere scura si mischiarono tra loro in un rumore così assordante che per poco le cime delle montagne nei dintorni non s’incrinarono a loro volta.
Poi, quando tornò il silenzio, la polvere cominciò ad adagiarsi al suolo.
Sara si portò un dito alla bocca, mordendolo con forza fino a farlo sanguinare.
Kazuha si trovava alle spalle del Demone con il taglio della lama che puntava verso il basso. A modo suo, la Luna Crescente ce l’aveva rivolta verso il cielo. Non poteva vedere del tutto l’espressione del giovane, tranne che la linea dura sulla bocca. Lo sguardo era celato dalle ombre.
Fu Kowa il primo a muoversi “Mi dispiace, giovane Kazuha” scrollò l’odachi di lato, pulendola dal sangue “non avrei mai voluto che finisse così. Per quello che è durato, tuttavia, sei stato un grandioso spadaccino. Te lo concedo.”
Con orrore, l’Hashira dei Corvi osservò il ragazzo che alzava la testa verso l’alto, mentre un’esplosione di lacrime scarlatte fuoriusciva da una profondissima ferita che attraversava tutto il suo corpo. Lo vide inginocchiarsi a terra, mentre il suo corpo crollava in avanti.
Non un lamento, o un singulto.
Le lacrime presero ad uscire copiose.
Era tornata da una nuova missione. Un Demone di altissimo livello, un altro suo simile, era caduto sotto i colpi della sua spada e dei suoi dardi. Doveva ammettere a se stessa, non senza una buona dose di sadismo, che i volti dalle espressioni tradite e furiose che vedeva su quelli che un tempo erano i suoi alleati non avrebbero mai smesso di appagarla. La faceva sorridere il pensiero che, un giorno, presto, anche i maledetti che l’avevano condannata a quella non-vita l’avrebbero guardata in quel modo, mentre incombeva su di loro con la katana insanguinata ed un sorriso di scherno.
Sorrideva, quando andava a caccia, anche perché era l’unico vero momento in cui poteva concedersi di essere, quantomeno, un po’ gioiosa. Tra i membri della famiglia Kujou non era trattata esattamente con riguardo… ma nemmeno ora, che era entrata a far parte, per colpa di quella psicopatica, del Corpo Speciale. La ‘Leader’ l’aveva accettata tra i ranghi dei suoi Cacciatori più forti quasi senza battere ciglio, e la cosa non faceva altro che confonderla.
Soprattutto perché… non si era mai sentita così sola, prima di allora.
Gli altri Hashira – a parte Beidou, anche se non comprendeva se quel tipo di attenzione fosse positiva o solo una spina conficcata in un unghia – la ignoravano. Gli altri Sterminatori, per quanto fosse palese la ritenessero una guerriera di tutto rispetto e, comunque, una preziosa alleata, lanciavano verso di lei sguardi impauriti e spaventati. O allungavano il passo appena incrociavano la sua strada nel quartier generale.
Non poteva dire di disprezzare questa solitudine. Sempre meglio dei soprusi verbali o fisici perpetrati dal ‘fratello maggiore’, quando ancora si trovava ai servigi dell’Imperatrice.
Chissà perché, però, la solitudine aveva cominciato a gravare di più sulle sue spalle.
Il cameratismo, le amicizie, gli amori… ne vedeva diversi, all’interno di quell’ambiente.
E vedeva i giovani guerrieri piangere per i propri cari, quando i loro nomi venivano annunciati dai corvi.
“Se fossi io a morire… qualcuno piangerebbe per me?”
Era per questo che andava sempre in missione, contro Demoni sempre più potenti.
Se continuava a vincere, a migliorarsi, non sarebbe mai morta.
E nessuno non l’avrebbe mai ‘non-pianta’.
“Uhm… q-quindi… ti piace tirare con l’arco…?”
Il ragazzino dai capelli bianchi, con una mano dietro la schiena ed una dietro la nuca, si era rivolto a lei all’improvviso, il viso contratto in un sorrisetto nervoso, gli occhi rivolti al suolo ed un lieve rossore sulle guance. Sara lo aveva guardato, dopo aver quasi mancato il bersaglio di paglia con uno dei suoi dardi sanguigni ed aver quasi sfondato un muro.
Quel ragazzo, Kahedara Kazuha, era in fin dei conti molto simile a lei: persino la sua, di famiglia, era letteralmente la più disfunzionale e disgustosa che potesse immaginare.
‘Come puoi abbandonare il sangue del tuo sangue in balia dei Demoni?’
Se lo era chiesta, più volte, quando l’Hashira delle Tempeste lo aveva presentato ai suoi compagni, arruffandogli i capelli davanti a tutti. Era così timido, minuto, con la testa incassata nelle spalle, le braccia lungo i fianchi e l’espressione di chi voleva essere da tutt’altra parte meno che sotto l’attenzione dei guerrieri più potenti del Giappone.
Lo aveva, nel profondo, trovato piuttosto adorabile.
Ma anche spaventosamente fragile ed impaurito.
E gli insegnamenti della sua maledetta famiglia gli avevano inculcato nel cervello che, i deboli, dovevano essere disprezzati.
Ora eccolo lì, ad approcciare la spaventosissima Hashira dei Corvi, l’unico Demone che faceva parte del Corpo Speciale. Con timidezza… ma senza la stessa paura che vedeva negli occhi degli altri spadaccini che ‘osavano’ posare lo sguardo su di lei.
“OH! Oh… scusami. N-non era mia intenzione distrarti durante un allenamento!”
A giudicare dall’espressione del ragazzo, il cui viso ora era diventato letteralmente paonazzo, più dei suoi stessi occhi, Sara lo doveva aver guardato in modo alquanto minaccioso.
Non che fosse quella la sua intenzione, in realtà.
“T-ti lascio al tuo allenamento.” Disse il ragazzo, sbrigativo. Già le rivolgeva la schiena “P-parleremo dopo!”
E corse via.
Sara lo guardò, sconvolta. E rimase con lo sguardo fisso dove il ragazzo aveva svoltato, svanendo dalla sua vista, ancora per qualche momento.
“Dopo… uh?”
Sbagliò due volte a centrare il bersaglio, quella sera.
Avevano litigato, di nuovo.
E come sempre, alla fine del loro litigio, le mani erano scattate sull’elsa della katana.
Quel maledetto moccioso… cosa ci trovava in lei di così interessante?
Perché non la lasciava in pace, come tutti?
Soprattutto… perché diavolo adesso si sentiva così male?
I loro litigi erano, ormai, diventati quasi una routine: gli Hashira e gli altri spadaccini, ne era quasi certa, avevano anche cominciato a fare qualche scommessa, di nascosto, sul come e chi avrebbe cominciato la discussione, quella volta rispetto all’altra. Fortunatamente, prima che questi battibecchi senza motivo raggiungessero conseguenze estreme, l’Hashira della Tempesta era sempre pronto a mettersi in mezzo interrompendo qualsiasi probabile esplosione di violenza sul nascere.
Quella volta, però… non ricordava nemmeno più cosa gli aveva detto.
Non ricordava nemmeno più perché era iniziata la discussione.
Ma poco prima che potesse prendere la sua strada, aveva lanciato uno sguardo suggente verso Kazuha. Scoprendo il suo volto, contratto in un’espressione rabbiosa, piangente.
Avrebbe sentito meno male se l’avessero presa a pugni sullo stomaco.
“Dannazione… è lui che ha cominciato! P-perché diavolo non vuole lasciarmi in pace!?”
Mentre i sensi di colpa le stavano mangiando le viscere, tuttavia, si scoprì sollevata: magari adesso non avrebbe più tentato di approcciarla.
Giusto?
Sbagliato.
Dopo qualche giorno, rieccolo lì, alla carica.
E poi ancora, ed ancora.
Dopo ogni stupido litigio, dove volavano anche parole infuocate che avrebbero fatto venire i capelli bianchi persino a Beidou, Kazuha era sempre lì. A tenderle la mano.
E lei… proprio non riusciva a capire perché.
E non riusciva a capire perché lei non la prendesse, quella mano.
Dopo tutto quel tempo si era resa conto di quanto quel piccolo, fastidioso ed insistente moccioso… riempisse le sue giornate. Per qualche strana ragione, inoltre, l’audacia del giovane spadaccino sembrava aver spinto anche altri giovani apprendisti ad approcciarsi a lei.
Benché Kazuha fosse, in assoluto, quello con cui proprio non riusciva ad intavolare un discorso, senza passare agli insulti od ai rimproveri.
“Sono… sono davvero una stupida…”
Avrebbe… così tanto voluto far capire a quel ragazzo quanto gli fosse grata.
Ma ogni volta che apriva bocca, uscivano fuori parole cattive, che non voleva dire.
Forse le sue cellule demoniache stavano impazzendo.
Forse era già da ricovero.
Si scoprì sorridente, pensando le stesse parole che quell’altro gli aveva detto durante uno dei loro inutili battibecchi.
“Forse… forse hai ragione.”
La prossima volta che si fossero parlati, glielo avrebbe detto.
Lo avrebbe ringraziato.
Gli avrebbe detto che voleva… che le sarebbe stramaledettamene piaciuto essere sua amica.
Era una Demone.
Aveva tutto il tempo del mondo, dopotutto.
“KAZUHAAAAAAA!!!” gridò disperata, mentre il corpo cadeva esangue senza emettere un suono.
Immobile. Probabilmente gelido.
“no… no… no…” si artigliò la testa, quasi per strapparsi i capelli dalla nuca “d-dovevamo… dovevamo ancora litigare tante di quelle volte… no… no…NO!”
Gridò, le lacrime che esplosero negli occhi dalla sclera nera.
Si sollevò da terra, tendendo il braccio di lato e creando l’arco di sangue solidificato, puntandolo in avanti e caricando il colpo, l’espressione contratta dal dolore e dalla rabbia.
Verso Kazuha, che l’aveva abbandonata.
Verso se stessa, che non era riuscita a tenerlo stretto.
Verso quel maledetto Demone, che glielo aveva portato via.
“Sono di pessimo umore, Kujou Sara.” Kowa si trovava già davanti a lei. Le dita della sua colossale mano erano attorno a quella che reggeva l’arco acuminato dell’Hashira “finiamo immediatamente questa farsa.”
La Luna Crescente strinse con tutte le sue forze.
I cristalli scarlatti entrarono nella carne della mano della donna, sfondandola.
Sara gridò nuovamente, alzando lo sguardo al cielo.
Ma quel grido venne subito interrotto: Kowa sollevò l’altro braccio, tese le dita della mano e la schiaffò sulla bocca dell’avversaria, che sussultò appena. Quindi la creatura sollevò la ragazza da terra, di diversi metri, con le gambe penzolanti. Per poi sbatterla al suolo con violenza.
Dal punto in cui la testa aveva cozzato con il terreno si formò una gigantesca ragnatela di crepe.
Intontita, Sara aprì gli occhi, incontrando lo sguardo del nemico, mentre l’arco di sangue si sgretolava al suo fianco.
La Luna Crescente, intanto, aveva già sollevato l’Odachi, la punta rivolta verso il basso. Teneva entrambe le mani sull’elsa.
Sara gli rivolse uno sguardo carico d’astio, mentre digrignava i denti affilati.
“Finiamola qui.” calò l’arma.
La terra tremò all’impattò
E Kowa sgranò l’unico occhio in mezzo ai pettorali, quando vide la punta della sua fidatissima arma bloccata dalle fauci rabbiose della Demone sotto di lui. Le vene guizzavano sul volto della donna. Due grosse, spesse e spaventose corna fatte di pelle ed ossa stavano facendo capolino dalla sua fronte.
Accadde tutto estremamente velocemente: Sara deviò la lama con la propria bocca, spingendola di lato. Poi, poco prima che la Luna Crescente potesse reagire, quella era scattata verso di lui.
Ad affondare i denti nell’incavo tra spalla e collo.
Il Demone ringhiò di dolore e le afferrò le spalle, facendo tutto ciò che era in suo potere per staccarsela di dosso. Ci riuscì a spese di un grosso pezzo di carne pallida e sanguinante che l’avversaria si portò via, quando si staccò di lui. Con il sangue che schizzava dalla ferita come una fontana, Kowa ruggì e scagliò l’Hashira lontana diversi metri. Quella rimbalzò a terra un paio di volte. Alla terza, atterrò su quattro zampe, il pezzo di carne ancora tra le fauci.
Lo sputò a terra, puntando gli occhi irrimediabilmente mutati verso l’avversario.
Kowa, mentre raccoglieva la spada e la ferita si rigenerava, osservò la rampolla della famiglia Kujou: non c’era più nulla di umano in lei. Gli occhi brillavano nella penombra come quelli di un lupo, pronto a ghermire la preda. Le corna sfondavano la sua fronte, ricurve, che puntavano verso l’alto. Le fauci erano gigantesche, come quelle di un coccodrillo e, dietro la schiena, spuntavano due paia di enormi ali dalle piume nere.
Non lo stava perdendo di vista, nemmeno per un secondo, camminando a quattro zampe in cerchio come una belva affamata, attorno alla preda a cui sta per spezzare il collo.
Kowa sbuffò, spazientito “Ero qui per affrontare guerrieri formidabili, ed invece…”
Sollevò il braccio sinistro verso l’alto, che si riempì di corna e di spuntoni.
Con un ruggito, Sara lo caricò, correndo sulle mani irte di artigli affilati.
“…mi ritrovo a dover sopprimere solo due cani rabbiosi.”
Fece piovere il braccio disarmato verso il suolo, conficcando gli spuntoni in terra.
Davanti a lui, un’enorme foresta di quelle stesse corna e spuntoni bianchi, emersi dal sottosuolo, crebbe in un microsecondo, impalando come un brutale trofeo di caccia il corpo della Demone.
[…]
Quando riaprì gli occhi, Kazuha si ritrovò davanti uno dei più meravigliosi cieli azzurri che avesse mai visto in vita sua. La luce gli era cosi intensa che dovette, per forza, portarsi davanti al volto una mano. Il terreno su cui era coricato era morbido, soffice come un… tappeto d’erba?
Si tirò su a sedere, guardandosi attorno, sempre più allarmato: si trovava in uno spazio estremamente ampio, così tanto che la vista si perdeva in chilometri e chilometri di verdi fili d’erba e fiori colorati.
Man mano che si rialzava da terra, il ragazzo si agitò sempre di più.
Nel frattempo, alla sua mente tornarono i momenti che aveva appena passato: la battaglia nel casolare, lo scontro con Kowa, la sua rabbia esplosiva che per poco non lo aveva…
Ucciso?
Sgranò gli occhi e si portò una mano al petto, scoprendo la divisa da Sterminatore di Demoni totalmente intatta. Non provava dolore, non provava stanchezza.
Ma all’improvviso provò paura.
Prese a respirare sempre più affannosamente, diventando pian piano consapevole di quale fosse il luogo in cui si trovava, in quel preciso istante.
“S-sono morto…?” balbettò ad alta voce, rivolto a se stesso ed a nessuno in particolare.
“Se parti già così male, allora sì, mio caro Kazu!”
Il suo respiro s’interruppe.
Il suo corpo venne avvolto da un fremito.
Con occhi sgranati, voltò lentamente lo sguardo.
Sguardo che, pochi secondi dopo, si riempì di lacrime.
Il suo adorato maestro era lì, a pochi passi di distanza, acquattato accanto ad un albero comparso dal nulla. Molto simile a quello dove lo trovava seduto a bere. Anche in quel preciso istante era intento a versarsi del sakè nel ciotolino rosso che adorava. Dopo aver bevuto, gli aveva rivolto quello sguardo carico di dolcezza che gli mancava così tanto.
Se ne rese conto però solo in quel momento, con le lacrime che uscivano senza più alcun freno e con i denti serrati sulle labbra. Per impedirsi di gridare di gioia, o di tristezza. O di qualsiasi emozione di cui non era nemmeno convinto di conoscere l’identità.
Non sapeva cosa lo turbasse di più: la certezza che fosse, effettivamente, morto.
O il fatto che adesso, l’uomo che era convinto non avrebbe mai più rivisto, era proprio davanti a lui, a sorridergli.
Padre; mentore; migliore amico.
Si alzarono tutti e tre assieme al suo sorridente maestro, che continuava a guardarlo, a braccia incrociate, senza perdere quel ghigno divertito ma dolce allo stesso tempo “… non mi saluti?”
In un attimo, il ragazzino aveva affondato il proprio viso nell’hakama marrone del suo adorato maestro, scoppiando in un pianto fragoroso. Aveva cinto con forza disperata il suo corpo, artigliando con le dita il tessuto dell’abito. Poi lo aveva insultato, sgridandolo e chiedendogli perché lo avesse abbandonato in quel modo, vomitandogli contro parole dure, ma che ovviamente non pensava sul serio, assieme a qualche debole pugno che non avrebbe ferito nemmeno le formiche.
Dal canto suo, l’Hashira delle Tempeste lasciò che si sfogasse contro di lui, occhi chiusi e sorriso comprensivo, dandogli qualche pacca amorevole sulla schiena.
Andò avanti ancora per qualche minuto, poi finalmente il ragazzo parve calmarsi.
Si allontanò, ancora con le spalle che sussultavano appena. Le lacrime continuavano a scendere.
Kazuha abbassò la testa, quasi imbarazzato del modo in cui si era appena comportato di fronte all’uomo che ammirava più di ogni altra cosa al mondo.
L’Hashira, dal canto suo, si limitò a incrociare le braccia al petto, inarcando appena un sopracciglio “Accidenti, moccioso… sei un vero straccio.”
“… fanculo…” Kazuha alzò appena lo sguardo, pulendosi il naso su una manica “… non voglio nemmeno sentirmelo dire. Non da te.” Sorrise appena “Chissà com’eri ridotto tu quando sei stato fatto fuori…”
L’uomo emise una breve risata “Me la sono cercata, te lo concedo!”
Era così surreale.
Ma bellissimo.
Era convinto che la morte sarebbe stata maledettamente triste e solitaria. Invece sentiva dentro di sé un’infinita pace… una calma placida. Non capiva: era la presenza del maestro o solo il fatto di stare accettando un momento tanto importante con una tale facilità?
“M-maestro…” Kazuha abbassò lo sguardo, stringendo i pugni “M-mi… mi dispiace. Non sono riuscito a vendicarla. A diventare il nuovo Hashira… sono un vero fallime-”
Il taglio della mano dell’uomo s’abbatté sulla nuca del ragazzo, facendogli piuttosto male.
Ma in Paradiso non doveva essere impossibile sentire dolore!?
“Non dire stupidaggini, ragazzino!” lo redarguì l’Hashira, guardandolo trucemente “Non potresti mai deludermi. Hai dato il massimo più ‘massimo’ che mi sarei aspettato in vita. Sei diventato, in così poco tempo, un ottimo spadaccino. Ed un grande uomo…” tornò a sorridere, arruffandogli i capelli “non potrei sentirmi più orgoglioso di così, temo.”
Kazuha, con ancora qualche lacrima adagiata ai lati degli occhi, alzò lo sguardo, sorridendo timidamente.
“Coraggio, adesso…” il maestro gli voltò la schiena “direi che non è il caso di trattenerci ulteriormente qua. Andiamo, mi racconterai come stanno gli altri una volta arrivati a destinazione.”
“Destinazione…?” mormorò Kazuha, avviandosi assieme al maestro “… dove?”
“Ah… se te lo dicessi, non sarebbe una sorpresa, non trovi?” il maestro si voltò appena verso di lui, facendogli l’occhiolino.
Kazuha sorrise, avanzando ulteriormente verso il maestro.
Il suo amato maestro, che aveva appena ritrovato.
In pace con se stesso, e con il mondo.
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Si fermò, sguardo basso, occhi chiusi ed espressione seria.
“Kazu?” mormorò l’uomo, che si era voltato verso di lui, con un’espressione interrogativa.
“M-maestro… i-io…” il ragazzo strinse i denti e i pugni, sentendo nuovamente le lacrime pungere “… mi dispiace. Vorrei… vorrei così tanto venire con voi. Raggiungere qualunque sia questo posto di cui parla… ma… ma…”
L’Hashira si trovava già davanti a lui, a costringerlo amorevolmente a guardarlo con una mano sotto al mento. Il sorriso triste, ma comprensivo che gli regalò, fece vacillare Kazuha ulteriormente.
“Se devo essere sincero, mio caro Kazu” gli asciugò le lacrime con un dito “quando ti ho visto, ero contento… ma più che altro ero triste. Perché non avrei mai voluto vedere il mio amato allievo raggiungere questo luogo così presto.” Mostrò i denti in un sorriso smagliante “ora però… sono tornato felice. Questo tuo rifiuto mi ha fatto comprendere che dentro di te il fuoco che bruciava quando ci siamo incontrati la prima volta, non si è ancora spento.” Gli arruffò i capelli “hai esattamente la stessa poca voglia di morire che avevi in quel momento… proprio ora.”
Per qualche ragione, quelle parole annientarono totalmente la tristezza e la malinconia che stava stringendo l’anima del ragazzo. Kazuha chiuse gli occhi, versando le poche ultime lacrime, ed alzò lo sguardo “Maestro… io devo tornare. Non posso lasciare Sara e gli altri. Io… devo continuare a combattere contro l’Imperatrice. Per riprenderci la nostra amata terra.” Si portò una mano al petto “… e devo portare in alto il nome dell’Hashira delle Tempeste, mettendo in pratica tutti i suoi insegnamenti.”
“Oh andiamo…” il maestro si asciugò una lacrimuccia ribelle “Così mi fai commuovere, brutto idiota.”
Kazuha ghignò. Era contento di non essere l’unico frignone in quel purgatorio.
Poi, d’un tratto… cominciò a sentire caldo.
Dietro la propria schiena.
Come se un intero focolare si fosse appena acceso a pochi centimetri dalle sue spalle.
Si voltò.
Sgranò gli occhi: una gigantesca palla arancione, simile ad un enorme occhio, attorniato da lingue di fuoco fiammeggianti che parevano tentacoli, si trovava a pochissimi centimetri di distanza da lui. Sentì le gambe tremare.
“Oi, che c’è ragazzo?” domandò il maestro, dietro di lui “Non torni indietro…?”
Kazuha, tremante, si voltò verso il maestro, puntando il pollice verso la palla di fuoco “N-non lo sto vedendo solo io, vero?”
L’Hashira delle Tempeste sorrise “Beh… sembra che non potrai essere l’Hashira delle Tempeste. Non più, almeno.”
Il ragazzo sbatté le palpebre, interdetto “N-non capisco…”
“Uhm… pare proprio che un altro Dio abbia poggiato gli occhi su di te, mio caro Kazuha” ridacchiò “un vero peccato, davvero. Ma non sono così egoista” fece un finto sospiro rassegnato “se così tanta gente apprezza la tua grinta… forse è il caso di condividerti anche con gli altri.”
Le fiamme della palla di fuoco parvero farsi più intense.
“Eddai!” esclamò l’uomo, alzando le braccia al cielo “Si scherza…”
“Continuo a non capire” Kazuha si voltò verso la palla di fuoco “Dio… questo è… un Dio?”
“Ohoh, mio caro…” il maestro gli arruffò i capelli “Ci sono molte cose che, una persona con così tanta voglia di vivere ancora non può, e non potrà MAI essere in grado di comprendere… ma te lo posso garantire: se attraverserai quella palla di fuoco, avrai tutto di guadagnato!”
“Aspe-” Kazuha si girò, sconvolto “VUOLE CHE LA ATTRAVERSI!?”
“Rilassati… di che hai paura? Di morire?” rise “Vorrei ricordarti che ci sei già passato. Peggio di così non potrà andare.”
Con rinnovato coraggio, allora – anche se, in tutta onestà, continuava a sentirsi abbastanza terrorizzato – Kazuha si avviò verso quella gigantesca palla di fuoco. I tentacoli di fiamma partirono verso di lui, facendolo sussultare. Ma invece di rimanere ustionato… percepì semplicemente un piacevole calore, in tutto il corpo. Le fiamme lo avvolsero.
“Arrivederci, mio caro Kazuha…” il corpo del maestro cominciò a vacillare, come l’immagine evanescente riflessa su di uno specchio d’acqua “… e non tornare quaggiù tanto presto, mi raccomando.”
E si trasformò in foglie a stella, sospinte da un vento invisibile.
[…]
Una, due, tre.
Gocce di sangue denso colavano giù dal corpo impalato di Sara.
Gli spuntoni penetravano nelle braccia, nelle gambe, nelle ali, bloccando la Demone in una posizione scomoda e maledettamente dolorosa. Intorno alla superfice di quelle cortecce di ossa bianche e durissime colava il sangue, come linfa da un albero tagliato.
Kazuha…
E nonostante ciò non le importava del male, della debolezza o del fatto che sarebbe morta da lì a breve. Ciò che più le stringeva il petto, era il fatto di non essere riuscita a proteggerlo.
Aveva detto… aveva detto che non gli sarebbe successo nulla.
Glielo aveva promesso.
Se la meritava quella fine indegna.
La giusta fine per una maledetta e schifosa Demone, che non riusciva nemmeno a dare la propria protezione alle persone che amava.
Suo fratello, forse, aveva ragione: non valeva nulla.
“Sara Kujou” alzò appena lo sguardo velato dalle lacrime, incontrando l’occhio centrale della Luna Crescente. Si trovava a pochi centimetri di distanza e la guardava dall’alto al basso con la sua testa priva di occhi “per rispetto verso di te e verso la tua famiglia, non ho intenzione di protrarre ulteriormente la tua sofferenza. Non merita, una guerriera del tuo calibro, una morte tanto dolorosa.”
Il Demone s’inginocchiò davanti a lei, ponendole una mano su di una guancia in una carezza inaspettatamente placida “Non marcirai alla luce del sole… ma assorbirò il tuo corpo. La tua forza sarà nutrimento per una delle Lune Crescenti. In questo modo, potrai tornare a servire la tua Signora senza dover più soffrire.”
La donna sputò un grumo di sangue e saliva sul fianco della bocca dell’essere.
E si concesse un lieve ed insanguinato sorriso, in mezzo alle lacrime “Vai all’inferno, Demone. F-fai come cazzo ti pare.”
“… molto bene” Kowa, con tono deluso, fece scattare gli artigli.
Sara lì sentì penetrare sotto la pelle.
Ma per lei… quello era ciò che faceva meno male.
Kazuha… mio caro Kazuha…
Sentendo le forze che venivano lentamente assorbite, chiuse gli occhi, lasciando le lacrime scorrere libere.
Perdonami… ma non credo potremmo litigare mai più, tu ed io.
Non penso di meritarmi il luogo dove andrai, adesso…
Un bagliore verde. Ogni singolo corno che sporgeva dal terreno e che bloccava Sara venne reciso.
“Come…?”
Un secondo bagliore e la mano che stava assorbendo Sara venne recisa a sua volta dal resto del braccio.
Kowa si portò davanti all’occhio sgranato il moncone che sbrattava sangue senza fine.
Sotto di lui Kazuha, con lo sguardo rivolto verso il basso e la schiena piegata, stava già caricando un nuovo fendente dal basso verso l’alto, estraendo al propria katana dall’elsa. Rapidissimo, il Demone afferrò l’odachi e la frappose tra se e la lama del nemico, che già era scattata verso di lui. Lo scontro generò una possente esplosione di polvere ed energia, sbalzando il Demone all’indietro, a sbattere la schiena al suolo.
Rialzandosi, la Luna Crescente si trovò d’innanzi una scena che lo fece rabbrividire per l’eccitazione “G-giovane Kazuha…”
Il ragazzino, tornato in piedi con la lunga ferita subita poco fa inspiegabilmente cauterizzata, stringeva tra le braccia il debole corpo dell’Hashira dei Corvi, intento a scostarle i capelli dal viso. Gli spuntoni, come la mano mozzata, si erano sgretolati.
“K-Kazu…s-sei vivo...?” la Demone sbatté le palpebre, debolmente “… o siamo morti entrambi?”
Quell’altro, di contro, rise dolcemente “perdonami... ho dato davvero pessimo spettacolo di me, vero?”
“Puoi scommetterci che lo hai fatto… razza di idiota” con un sorriso debole e le lacrime che erano tornate a sgorgare allegre, Sara diede un debole pugno al petto del ragazzo “h-hai idea di quanto io mi sia…”
Tornò a singhiozzare.
“Scusami, davvero. Non accadrà mai più, Sara” poi il suo sguardo divenne gelido “Te lo posso garantire.”
Si alzò da terra, poggiando delicatamente la compagna al suolo. Quindi, stringendo saldamente la katana, voltò le spalle alla Demone che, lentamente, poggiò le mani a terra per sollevarsi appena. Guardò la schiena del compagno, ricoperta di ferite ed abrasioni.
Per un momento, non vide quella di un ragazzino.
Ma quella di un uomo.
Il cuore mancò un battito.
“Giovane Kazuha… così, il mio ultimo attacco non era abbastanza per sconfiggerti…” la Luna Crescente afferrò l’odachi con la mano sana, puntandola in avanti “lo sapevo… SAPEVO che ciò che ho visto prima non poteva essere tutto ciò che avevi da offrire! E mi sembra di percepire che, in qualche modo… in quel lasso di tempo che eri privo di sensi tu sia diventato più forte. Non è vero?”
Questo anche l’Hashira lo aveva percepito.
Non sapeva come, non sapeva quando, ma era vero: quel Kazuha, benché rimanesse quello che aveva imparato a conoscere e ad amare, era completamente diverso da quello di prima.
L’energia smeraldina prese a circolare attorno al corpo del giovane.
Questa volta, però… parve assumere tonalità diverse.
Tendenti all’arancione.
“Luna Crescente…” Kazuha sollevò la testa verso il nemico, serissimo .Ma ogni singola traccia di rabbia ed odio erano svanite dal suo volto e dalla sua voce. Solo una cieca determinazione “… Kowa.”
I lunghi capelli bianchi presero a sventolare verso sinistra.
Sara sgranò gli occhi.
“K-Kazu… la tua schiena…”
Le fiamme avvolsero la schiena del ragazzo, per poi estinguersi all’improvviso, lasciando spazio al rosso e brillante tatuaggio di un sole stilizzato: un cerchio rosso, attorniato da tanti piccoli triangoli appuntiti. Lo stesso accadde ad una delle frange svolazzanti del ragazzo, che bruciò per un secondo, per poi diventare rossa come il cielo durante il tramonto.
L’energia verde che circolava attorno a lui, pian piano, smise di essere solo energia.
Tramutandosi in fuoco puro, incandescente.
E lo stesso accadde a quella che avvolgeva la sua arma: una torcia infuocata, la cui unica esistenza serviva per annientare il male. Lo spadaccino piegò le gambe e si mise in posizione, puntando la katana in avanti. Le fiamme avvolsero il suo corpo come un’armatura “Ti prometto che non mi abbandonerò mai più a scenate come quella di prima. Sei pronto?”
“Kazu…” Sara si portò le mani alla bocca, commossa.
“Giovane Kazuha…” persino l’occhio centrale della Luna Crescente prese a lacrimare “… dunque sei tu… se tu colui che libererà questo mondo dalla Maledizione dell’Imperatrice? Che permetterà finalmente… a noi Lune di riposare per l’eternità?”
Per tutta risposta, il ragazzo sorrise.
Fece al nemico l’occhiolino “Non saprei. Perché non lo scopriamo assieme?”
Partì all’assalto, menando un brutale fendente dal basso verso l’alto, che incontrò la lama dell’odachi del nemico. Quello rispose al colpo, rabbioso ma sorridente allo stesso tempo. I due contendenti si allontanarono l’uno dall’altro, per poi riscagliarsi l’uno contro l’altro con ancora più fervore, violenza e grinta rispetto a prima.
I colpi venivano deviati, schivati, parati e ad ogni confronto la terra attorno ai due esplodeva in un tripudio di fiamme, polvere e detriti. Una danza brutale di fiamme e sangue, che faceva brillare il cielo notturno come un’esibizione di fuochi artificiali.
I due avversari ruggivano l’uno contro l’altro come belve feroci, in urla così mostruosamente potenti da far tremare la terra e la volta celeste. Ad ogni scambio di colpi, le fiamme divenivano più intense e la terra saltava in aria a causa degli attacchi accompagnati dall’Arte Sanguigna del Demone.
A quello che doveva essere il centesimo scambio di colpi rapidissimi tra i due avversari, le due lame cozzarono tra loro facendo detonare una piccola esplosione di fuoco e fumo, costringendo i due guerrieri ad allontanarsi l’uno dall’altro.
Kazuha, con fiato corto, si rimise subito in posizione.
“ANDIAMO, RAGAZZINO!” Kowa partì all’attacco, sollevando l’odachi sopra la testa con una sola mano “Non vorrai farmi credere di esserti già stancato, vero?”
Kazuha ghignò come una iena, piegandosi in avanti e ritirando la katana.
Salvo poi estrarla rapidissimo e sbatterla sulla lama dell’avversario, generando una nuova esplosione ad allontanando la Luna Crescente “Ma ti pare che potrei essere stanco quando il fuoco mi brucia dentro così intensamente, DEMONE!?”
In tutta onestà, si sentiva esausto: la benedizione del Dio del Sole aveva rinvigorito le sue forze e rigenerato la ferita mortale. Ma le altre continuavano a sanguinare e la stanchezza lo stava sopraffacendo. Probabilmente, se lo scontro fosse continuato ulteriormente, neanche quella benedizione sarebbe bastata per vincere.
Doveva terminare quella battaglia il prima possibile!
“Allora forza, adesso…” Kowa partì all’attacco “Dammi tutto te ste-”
Un dardo di energia rossa attraversò il suo fianco, facendolo esplodere in una ferita sanguinante. Il Demone abbassò lo sguardo, osservando la ferita che ancora sanguinava. Puntò il kainji verso Sara, tornata in piedi, le ali dietro la schiena e l’arco già pronto per far partire un secondo dardo.
“Kujou Sara…” Kowa sorrise sghembo, deviando il secondo dardo con un colpo di spada “… ti sentivi tenuta in disparte?”
Quella non rispose, si limitò a sbattere le ali per poi schivare una scia di terra esplosiva causata dalla Terraformazione del nemico, che per poco non la centrò in pieno. Sara cominciò, dunque, a girare attorno alla Luna Crescente, bersagliandolo sempre più brutalmente di dardi d’energia rossa che, più di una volta, lo ferirono di striscio. Allo stesso tempo, Kazuha lo incalzava con i suoi rabbiosi fendenti, che esplodevano in una danza infuocata ogni volta che si scontravano con la sua lama.
Kowa scoppiò in una fragorosa risata.
Era questo che si provava, quando si percepiva la falce della morte attorno al proprio collo?
Era una sensazione troppo bella per essere vera!
“Di… più…” Kowa, che ora aveva il proprio corpo esattamente in mezzo ad un fendente ed a un nuovo dardo di energia, buttò il proprio sangue a terra e sollevò la katana verso l’alto. La punta della lama rivolta verso il suolo “VOGLIO ANCORA DI PIU’!”
Esattamente come era successo quando aveva fatto esplodere il casolare, il terreno venne avvolto da piccole scariche di energia rossa. Poi il suolo parve contrarsi su se stesso, per poi esplodere in un fragore assordante e sollevare enormi pezzi di roccia e di polvere tutt’intorno, sollevandosi verso l’alto come un’onda nera e grigia. Kazuha e Sara furono nascosti dalla polvere.
Nel frattempo, Kowa spuntò a mezz’aria dopo un poderoso balzo, sopra all’enorme geyser e con alle spalle l’intensa luce lunare, con alcuni filamenti di polvere nera che gli avvolgevano le braccia come dei sottili veli.
Scrutò verso il basso, incuriosito.
“Ora dove sono finiti…”
La risposta apparve poco sopra di lui: dopo aver squarciato il nuvolone di polvere scura, Sara riapparve con le ali spiegate. Tra le braccia, reggeva il suo compagno, intento a squadrare con fervore la Luna Crescente.
“EHY, KOWA!”
L’essere si voltò verso di lui, accennando un lieve sorriso.
Sara lasciò andare il compagno e quello, dopo aver eseguito una capriola a mezz’aria, piovve verso di lui, tendendo la spada per bene dietro al propria schiena, con le fiamme che si facevano sempre più intense attorno alla lama.
“Ragazzino…” Kowa tese a sua volta la propria arma dietro la schiena, stringendo l’elsa fino a far pulsare le vene lungo il polso “Vieni a prenderti la testa di questo Demone!”
Poco prima che le due lame s’incontrassero tra loro, tuttavia, un bagliore rosso fece esplodere la spalla della Luna Crescente. Quella sgranò l’occhio, voltando lo sguardo verso il braccio armato che, adesso, stava precipitando verso il suolo. Puntò dunque l’Hashira, il cui arco fatto di sangue si stava sgretolando dopo aver scagliato l’ultimo dardo.
Sara Kujou… hai abbandonato le tue origini per una causa vincente. Che tu sia benedetta!
La katana infuocata di Kazuha incontrò il collo della Luna Crescente.
O quantomeno, quello sarebbe dovuto succedere.
Kowa, però, sforzandosi più che poteva, era riuscito a rigenerare la mano che era stata mozzata all’inizio dello scontro con Kazuha. E adesso, quella stessa mano si era chiusa attorno alla katana infuocata dell’avversario. Avversario che gridò con tutta la forza che aveva nei polmoni: le fiamme che lo avvolgevano, intense e il fuoco che bruciava la carne del nemico.
Entrambi presero a precipitare verso il basso.
Le fiamme avvolsero i loro corpi, tramutandoli in una vera e propria meteora.
“DANZA DEL DIO DEL SOLE!”
Gridò Kazuha, mentre il tatuaggio dietro la sua schiena diventava incandescente e lo stesso lo diventava la frangia rossa in mezzo ai capelli bianchi.
Kowa sgranò l’occhio!
Hashira della Tempesta… lo vedi ora?
Smite.
Arrivarono a pochissimi centimetri di distanza dal suolo.
Questo ragazzo… è il tuo giovane allievo.
Hai creato il più grande spadaccino che la storia potrà mai ricordare!
Come la nuca della Luna Crescente sfiorò il terreno, la lama recise le dita della sua mano e penetrò nel collo.
Ci fu poi un’intensa, brillante e furiosa esplosione di fiamme ed energia, che sbalzò ulteriormente verso l’alto Sara, ancora intenta a volteggiare in mezzo alla notte.
Poi, fu silenzio assoluto.
[…]
Kazuha riaprì gli occhi.
Non aveva idea di quanto tempo fosse passato. A sto giro, però, ovviamente non si trovava nell’Aldilà, visto che davanti agli occhi aveva ancora quel cielo notturno ed oscuro, con il gigantesco satellite lunare velato d’azzurro che lo scrutava dall’alto.
Strinse i denti tra loro ed emise un lamento dolorante, mentre si rialzava con tutte le ossa che scricchiolavano gioiosamente. Si passò una mano dietro la nuca, senza ancora riuscire a credere di essere sopravvissuto ad una caduta da quell’altezza.
Ricevere la benedizione di Dio ha i suoi vantaggi.
“R-ragazzo…”
… porca di quella miseria.
Si aspettava di voltarsi e di rivedere la Luna Crescente ancora in piedi, pronta a colpirlo.
Quando si girò, invece, trovò la sua testa mozzata, con il sangue che colava dal collo reciso. A non troppa distanza, il corpo principale tutto anchilosato e ricoperto da grosse ustioni, si stava lentamente sgretolando, sospinto dall’aria.
Sospirò sollevato, tornando a rivolgere le sue attenzioni alla testa parlante.
“I-io ti ringrazio… mi hai liberato dalla prigionia di questa non-morte… regalandomi uno dei migliori combattimenti che io abbia mai potuto chiedere.”
Kazuha lo guardò, serio.
“Il tuo maestro… sicuramente sarà orgoglioso di te. Gli hai dimostrato tutto il tuo valore…” sorrise raggiante, mostrando l’affilata dentatura insanguinata “… lo hai mostrato a me. Per il tempo che è stato, nonostante la sua brevità, sono stato felice di aver potuto vedere la tua enorme crescita.”
Kazuha chiuse gli occhi e contò fino a dieci.
Poi sospirò, tornando a guardare il suo avversario “… non ho intenzione di perdonarti per ciò che hai fatto. Hai ucciso il mio maestro… ma dubito che sia stato la tua unica vittima” sbatté le palpebre “ma… sei stato un guerriero veramente formidabile, Kowa. Degno di essere nominato Luna Crescente.”
Il Demone sorrise, mentre la testa cominciava a sgretolarsi a sua volta “giovane Kazuha… la tua gentilezza è la chiave verso il futuro. Hai ottenuto la benedizione di un Dio anche per questo. Usa questa tua nuova forza per proteggere coloro che ami. E per annientare ogni tuo nemico.”
Lo spadaccino sorrise “non serve che sia una testa parlante a dirmelo…”
La Luna Crescente rise “Il mio unico rimpianto… sarà non poter essere testimone della tua ulteriore crescita. Addio, giovane spadaccino. Diventa ancora più forte… e nemmeno la maledetta Imperatrice potrà sconfiggerti.”
E finalmente si sgretolò del tutto, soffiato via dal vento come una semplice montagnetta di cenere.
Kazuha si lasciò andare sui gomiti, sospirando di sollievo, rivolto verso la luna.
Che cazzo di serata…
E non era ancora finita.
“KAZUHA!” sentì gridare e subito si voltò verso la provenienza della voce.
Sara sbatté un paio di volte le ali, planando al suolo, per poi atterrare a pochi metri di distanza da lui e cominciare a correre, denti stretti e lacrime che le rigavano il volto.
Il giovane sorrise, per poi alzarsi tremolante.
Cosa che servì a ben poco, visto che in pochi secondi era già stato placcato dalla donna che le era saltata al collo con le braccia, facendoli finire entrambi a terra sollevando qualche nuvoletta di polvere.
“C-ce l’abbiamo fatta, Kazu… ce l’abbiamo fatta…” mugugnò la ragazza, inzuppando la spalla del compagno di lacrime e stritolandolo con le braccia.
Compagno che, a quel contatto, stava facendo di tutto per mantenere una parvenza di autocontrollo.
Non sapeva se era a causa dell’enorme sollievo provato o se era per la paura di non poter riuscire mai più a provarlo, ma quell’abbraccio gli fece più bene di quanto volesse ammettere.
“B-beh, avevi dubbi per caso?” mormorò Kazuha, cercando di puntare sull’ironia per evitare di pensare al rossore che aveva preso la sua faccia.
Si alzarono a sedere e, finalmente, Sara si separò da lui.
Erano quasi alti uguali da seduti, e ne fu abbastanza grato.
Poi quell’altra scoppiò a piangere nuovamente, portandosi i pugni agli occhi, facendolo sussultare.
“SONO UN FALLIMENTO” gridò disperata l’Hashira, mentre Kazuha alzava le braccia verso di lei senza sapere esattamente come consolarla “I-io dovrei essere una tua superiore… avrei dovuto proteggerti e… e… guardati ora… pieno di ferite… sono così…”
Lo spadaccino le afferrò i polsi, spingendoli verso il basso con delicatezza, poi le asciugò le lacrime con le dita. Sara, con gli occhi rossi dal pianto, lo guardò scoprendolo sorridente “Beh… non si può vincere senza qualche ferita no? Inoltre, se non ci fossi stata tu… sarebbe stata davvero la fine.” Strinse le palpebre e mostrò la dentatura candida “mi hai davvero protetto, Sara! Ti devo la vita!”
La donna non rispose.
Lo guardò per qualche secondo.
Poi agì d’impulso, quasi come fossero state le sue stesse cellule a gridare tutte all’unisono di agire in quel modo: si gettò sulle sue labbra con le proprie, con il bacio più passionale e dolce di cui poteva essere capace dopo essere stata impalata.
Kazuha, dal canto suo, era rigido come un pezzo di ghiaccio.
Questo, nonostante il cervello gli si stesse letteralmente sciogliendo nella calotta cranica e il cuore stesse andando più in fiamme della sua spada, poco fa.
Quando si staccò da lui, Sara tornò a guardarlo. Ed incontrando il suo sguardo stralunato si sentì sporca come uno straccio usato, pensando di aver fatto la cosa peggiore che avrebbe potuto fare in quel momento “S-scusami! Scusami… n-non intendevo… n-non…”
Fu il turno di Kazuha quello di zittirla.
Il bacio però, questa volta, fu molto più lungo. Ben presto, le braccia di entrambi furono avvolte intorno al corpo del proprio compagno. Rimasero lì per un sacco di tempo.
Tempo che entrambi avrebbero voluto durasse ancora di più.
Quando finalmente – e purtroppo – le labbra dei due giovani si separarono, aprirono gli occhi lentamente, guardandosi solo come si guarda la cosa più bella del mondo.
Sghignazzarono appena, poggiando tra loro le proprie fronti e intrecciando le dita delle mani con quelle del partner.
“S-siamo veramente due idioti…” mormorò Sara, ancora con la voce incrinata dal pianto.
“No dai, così sei troppo negativa!” esclamò Kazuha, tornando a ridere “Abbiamo solo dovuto rischiare di morirci di merda per poter riuscire ad essere un po’ più onesti con i nostri sentimenti. La considero una vittoria!”
“Scemo…” la donna massaggiò dolcemente il dorso della mano del compagno con un dito.
Stava per tornare a baciarlo, ma all’improvviso il ragazzo allontanò la testa, sorridente e con le palpebre serrate “A tal proposito, credo sia proprio il caso di dirlo!”
Sara lo guardò, inarcando un sopracciglio “Dire co-”
Prima che potesse finire la frase, il ragazzo sbrattò una bella cascata di sangue dalla bocca socchiusa, facendole sgranare gli occhi “… è meglio se chiamiamo un cerusico. Le ferite stanno cominciando a farsi sentire e sto per morire. Di nuovo. Aiuto.”
Sara sbatté le palpebre un paio di volte.
Poi tutta la magia di poco prima s’infranse, facendola tornare furiosa “MA PORCA DI QUELLA PUTTANA! Ma che diavolo ti salta in mente di metterci così tanto a dirmelo!?”
Poco prima che potesse cadere in avanti, Kazuha venne afferrato dall’Hashira che, senza smettere di ricordargli quanto fosse uno stupido imprudente, se lo caricò tra le braccia come fosse una principessa, avviandosi verso ciò che rimaneva della foresta.
Kazuha la lasciò fare, rendendosi conto che, ehi: essere portato in giro in quel modo sembrava molto più piacevole di quanto potesse sembrare.
Ok… forse la strada per diventare il nuovo Hashira di… qualunque cosa fosse ciò che era adesso, sarebbe stata ancora mostruosamente lunga.
Ma era indubbiamente diventato più forte e, soprattutto, il suo rapporto con la ‘Bella Principessa Demoniaca’ era migliorato esponenzialmente.
Tutto sommato, per essere stata la sua prima missione, non era andata poi così male.