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Autore: Gatto1967    28/02/2023    4 recensioni
Francesca č un’infermiera, sgarbata coi pazienti, intollerante con le sue conviventi, e non proprio precisa sul lavoro.
Da piccola era appassionata del nostro stesso cartone animato preferito, ovvero Candy Candy, ma lei, nonostante ci somigli un po’ decisamente non č Candy Candy.
C’č scritto anche sulla sua felpa preferita…
NB I personaggi di questa storia sono completamente di Fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone reali č da ritenersi puramente casuale
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Non sono Candy Candy



 



Francesca entrò nella seconda stanza del corridoio del suo reparto, quello di Neurologia di quel noto ospedale romano. In quella stanza due letti su tre erano occupati, il terzo, quello vicino alla finestra, era vuoto.



Proprio quella mattina la signora Mariotti era morta, era anziana e quando era stata ricoverata in reparto dieci giorni prima, si sapeva già che era condannata.



Infatti le uniche cure che le erano state somministrate erano quelle palliative.



Il giovane Oss del reparto, quel tale Marco arrivato pochi giorni prima, stava ritirando i vassoi della cena servita poc’anzi. Le due pazienti per quanto avanti negli anni erano autonome nel mangiare, un po’ meno in altre necessità, e a Francesca questo scocciava tanto.



-Infermiera.- disse la signora Boldrini alla sua destra - dovrei andare in bagno, potrebbe aiutarmi?-



Francesca sbuffò.



-Va beh, andiamo. Ma cerca di fartela bastare tutta la notte, eh?-



Il suo tono di voce era tutt’altro che amichevole e comprensivo, era chiaramente scocciata.



-E vedi di non pisciarmi sui piedi come hai fatto l’altro giorno!-



 



-Ma che stronza…- disse il Giovanne Oss a mezza bocca non appena l’infermiera e la signora Boldrini furono entrate nel bagno.



-È sempre così.- disse l’altra paziente della stanza, la signora Carletti, una donna sui cinquanta. -Quella ragazza è l’esatto modello dell’infermiera scortese e maleducata con i pazienti. 



Hai visto cosa c’è scritto su quella felpa che indossa?-



-“Non sono Candy Candy”?-



-Esatto, e credimi: non lo è.-



-Ma… chi è Candy Candy?-



La signora sorrise



-Già, tu sei troppo giovane per saperlo.- poi notò che la porta del bagno stava per aprirsi.



-Torna domani, te lo spiego meglio.- disse sottovoce



Marco uscì dalla stanza trascinando il carrello dei vassoi che doveva riportare giù alle cucine.



 



-Ti ho sentita sai? Hai detto che sono “scortese” e “maleducata”.-



-E non lo sei? Da quando sono ricoverata qui non ti ho mai sentita rivolgerti a qualcuno con gentilezza.-



-Io sgobbo come un somaro tutto il giorno, passo le giornate a rifare letti e accompagnare la gente al cesso. Oggi poi faccio pure la lunga per racimolare qualche soldo in più. Condivido un buco di casa con altre due ragazze per tirare a campare con meno fatica, e rompete pure?-



Uscì dalla stanza lasciando le due pazienti con un misto di rabbia e tristezza. Non che avesse tutti i torti, povera ragazza, pensò la signora Carletti, ma questo non le dava il diritto di trattare male le persone, soprattutto quelle che avrebbe dovuto aiutare.



 



Francesca entrò nella saletta infermieri e si fece un caffè sulla piastra elettrica del cucinotto. 



Quel giorno le toccava la “lunga”, cioè due turni consecutivi, il pomeriggio e la notte. Per di più le toccava farlo da sola, in quanto il collega che doveva affiancarla si era ammalato e la caposala non era riuscita a rimpiazzarlo.



Pazienza, si disse, dovrò farmi qualche giro di ronda in più ma speriamo che quei rompipalle dei pazienti si facciano un bel sonno filato.



Ripensò all’accenno che la Carletti aveva fatto a Candy Candy ed ebbe quasi un sorriso: da piccola adorava quel cartone, anche se era un pianto, e doveva riconoscere che lei ci somigliava davvero a Candy, bionda, non troppo alta e non eccessivamente formosa.



Certo il carattere ricordava più l’altra infermiera, come si chiamava? Chissenefrega di come si chiamava! Con tutti i problemi che aveva si metteva pure a pensare ai cartoni animati!



Senza accorgersene si appisolò.



 



-Flanny!- 



-Come… come dici?- disse lei ridestandosi



-Flanny Hamilton! Così mi chiamavo. E comunque non ci somigliamo per niente.-



Sulla sedia accanto alla sua C’ERA QUALCUNO!



 



Francesca si svegliò di soprassalto, e quasi cadde dalla sedia per lo spavento.



Si scoprì sudata e tremante.



-Che cazz… di sogno…-



Avvertì un brivido di freddo, d’altronde era Novembre avanzato e per quanto le stagioni non fossero più quelle di una volta, la notte un po’ di freddo si avvertiva. 



Sentì il segnale acustico attivato da uno dei pazienti e vide la lucetta rossa vicino alla porta accendersi.



-Ci mancavano solo questi rompipalle!- sbuffò alzandosi.



Nel corridoio del reparto vide una delle lucette fuori dalla porta brillare nel buio.



-Ancora quella rompipalle della Boldrini!-



 



-Allora?!!! Non ti avevo detto di fartela bastare tutta la notte?!!!- disse entrando nella stanza



-Guarda che sono stata io a suonare!-



La voce era quella della Chiaretti, alla sua sinistra.



-Quella povera donna sta male, chiama subito un medico!-



Un rapido sguardo bastò a Francesca per capire che la signora aveva ragione: quella povera donna ansimava rumorosamente e tremava come in preda ad una crisi epilettica.



Francesca uscì di corsa dalla stanza e chiamò al telefono i medici di turno.



 



Dopo che la Boldrini fu portata in terapia intensiva Francesca tornò a sedersi nella saletta infermieri. Mancavano ancora quattro ore abbondanti alla fine del turno, e lei si sentiva svuotata.



 



-Quella povera donna potrebbe morire. Come ti senti all’idea?- risuonò nitidamente una voce nella sua testa.



-Non è certo colpa mia se quella donna sta male!-



-No certo, non è colpa tua. Ma prova a pensare a come l’hai sempre trattata: mai una parola gentile, sempre sgarbata, sempre a umiliarla. Come ti sentiresti se un giorno qualcuno lo facesse a te?-



-Ma… ma chi è che parla?- disse lei realizzando che in quella stanza non c’era nessuno. 



E invece qualcuno c’era: alla sua destra, verso il cucinotto. Una ragazza bionda in divisa da infermiera e con i capelli raccolti in due buffi codoni ai lati della testa, la squadrava con severità.



-E… e tu chi diavolo sei? Come sei entrata qui?-



La strana ragazza fece un sorriso inquietante, quasi da film horror.



-Leggi la scritta sulla tua felpa: tu non sei Candy Candy… MA IO SI’!-



 



Di nuovo Francesca si svegliò di soprassalto, e di nuovo si scoprì essere sola nella saletta infermieri.



Sentì bussare alla porta.



-Avanti!- e la porta si aprì.



-Signorina Fabbri, ma lei è da sola a fare il turno?- disse un giovane medico sui trentacinque anni.



-Sì dottor Brown, il mio collega si è ammalato e la caposala non è riuscita a trovare un sostituto all’ultimo momento.-



-Vorrei dirle di andarsene a casa, ha avuto una nottata difficile, ma se nessuno può sostituirla…-



-Oh, non si preoccupi per me dottore, non è certo la prima volta che mi capita… e poi mancano solo due ore a fine turno, posso chiederle come sta la signora Boldrini?-



-La situazione si è stabilizzata, ma sinceramente non credo possa farcela. È anziana e seriamente malata.-



-Mi dispiace…-



-Sù con la vita infermiera! Non è in nostro potere di salvare tutti i pazienti che ci vengono affidati.-



-No, certo…-



-Posso farmi un caffè?-



-Lo faccio io dottore, si accomodi. Lo prenderò anch’io, sennò non arrivo alla fine del turno.-



Mise la macchinetta sulla piastra elettrica e di lì a poco lei e il dottor Brown sedevano insieme al tavolo della saletta a sorseggiare un pessimo caffè, che tuttavia serviva a Francesca per non avere altri incubi.



Certo il suo subconscio o quel che diavolo era, era alquanto strampalato! Candy Candy… come cavolo faceva a tirar fuori dai meandri del suo cervello quel vecchio cartone!



-Posso farle una domanda dottore?-



-Mi dica signorina Fabbri.-



-Lei è inglese?-



-No, americano.- rispose lui con un sorriso -Sono nato a Chicago, e quando avevo otto anni i miei genitori si trasferirono in questo paese, loro lavoravano in ambito diplomatico. In questo paese ho studiato e mi sono laureato in medicina.



Oggi ho anche la cittadinanza. Ormai mi considero più italiano che americano.-



Contento te, pensò Francesca con quel disfattismo italico verso tutto quello che riguarda il proprio paese.



-E lei signorina? È italiana?-



Francesca sorrise.



-Sì sono “romana de Roma” come si suol dire.-



-È sposata?-



Lei sorrise tristemente abbassando lo sguardo.



-Mi scusi, forse sono stato indiscreto.-



-Oh no dottore si figuri. Ho trentatre anni e sono tranquillamente single. Non ho la frenesia di avere un marito o un compagno, a meno che non sia l’uomo giusto.-



-Ragionevole direi, in un’epoca in cui un matrimonio su due finisce in divorzio…-



-Convivo con altre due ragazze, una è una collega che lavora in ginecologia, e un’altra è una studentessa fuori sede. Viviamo in un buco di casa dove non passiamo in due nello stesso corridoio…-



Si accorse che forse stava raccontando un po’ troppo di sé a quel giovane medico. Si era decisamente lasciata andare, e non era da lei.



C’era un vecchio episodio di Candy Candy dove succedeva più o meno la stessa cosa all’infermiera “iceberg”… ancora con Candy Candy! Ma perché le veniva in mente quel vecchio cartone? Forse  perché da piccola “decise” di fare l’infermiera per  essere come Candy…



E poi l’infermiera l’aveva fatta per davvero, ma certo non era come la sua antica eroina.



-Ora devo lasciarla signorina. La ringrazio del caffè.-



-Si figuri dottore. Ci vediamo presto.-



 



Uscito il fascinoso dottore, Francesca si fece un altro caffè, sentiva di averne bisogno.



Mentre sorseggiava il suo caffè si mise a pensare ai suoi giorni all’Università, al soprannome “Candy Candy” che le era stato affibbiato dai suoi compagni di studi. Sulle prime ci aveva sorriso, ma poi aveva cominciato ad arrabbiarsi, in particolare con quel cretino di Marco Gori, che aveva preso a chiamarla “Tarzan tuttalentiggini”.



Ricordava anche quando, qualche giorno prima della laurea, era andata a quel mercatino domenicale per rilassarsi un po’, e aveva visto quella simpatica felpa con scritto “Non sono Candy Candy” e l’aveva subito comprata. Da allora la usava molto spesso nei suoi turni notturni e non.



Poi poco tempo dopo i suoi genitori erano morti in quel maledetto incidente…



 



-Almeno tu li hai conosciuti i tuoi genitori.-



-Cosa?-



Si girò, e vide una ragazza con lunghi e lisci capelli neri.



-Chi è lei? Come ha fatto a entrare?-



-E tu chi sei? Lì leggo soltanto che non sei la mia sorellina.-



-Ma che sta dicendo?-



-Quella felpa… “Non sono Candy Candy”… che poi non si chiamava così…-



-Se ne vada immediatamente o chiamo la sicurezza!-



-Comunque io mi chiamo Annie, e sono la sorellina di Candy… E TU CHI SEI?-



Il volto della ragazza si deformò in modo grottesco, e a Francesca sembrò che tutto le girasse attorno…



 



Di nuovo, per la terza volta in quella lunga notte, Francesca si svegliò di soprassalto. E di nuovo si scoprì sudata e terrorizzata. Stava per caso impazzendo? 



Il segnale luminoso di chiamata si accese, e lei uscì dalla saletta.



 



Arrivò a casa per le 9.00 passate, e subito si diresse verso il suo letto che stava nell’unica stanza della casa, una stanza che divideva con entrambe le sue coinquiline.



Incontrò Marta, la sua collega infermiera che stava uscendo in quel momento.



-Francy, che hai? Fai spavento!-



-Ah grazie! Ho avuto una nottata tremenda in ospedale.-



-Beh, vattene a dormire. Ti farà bene. Quando riattacchi il lavoro?-



-Domani mattina.-



-Cerca di riposarti allora. Io esco. Prima vado da mia sorella, e pomeriggio ho il turno.-



-A più tardi allora, ah, la studentella?-



-Silvia? Sta all’Università. Dovrebbe rientrare stasera per cena.-



-Almeno non mi rompe le palle!-



-Capirai! Per quanto la vediamo ce ne rompe di palle! Non sarai che sei un po’ acida?-



-È che non la reggo più questa situazione.- sbuffò lei -Se potessi me ne andrei a stare da sola in una casa mia! Non ce la faccio più a stare in una casa dove in due non entriamo nello stesso corridoio, e dove il cesso è talmente stretto che ci devo entrare di sbieco!-



-Ehi guarda che la condividiamo questa situazione. Pensi che sia il mio sogno erotico proibito di vivere in una casa come questa? Darci addosso non servirà a migliorarla la situazione!



Vattene a dormire che è meglio!-



-E vaffanculo anche a te, va!-



Per tutta risposta Marta le mostrò il dito medio mentre usciva da casa.



 



Si spogliò e si mise a letto sotto la sua trapunta da una piazza e mezza, al posto di sopra del letto a castello che divideva proprio con Marta.



Forse sto esagerando, pensò prima di addormentarsi.



 



-Sì Francesca, stai esagerando.-



-Chi… parla… Silvia?-



-No, non sono Silvia, anche se quella povera ragazza un po’ mi somiglia devo ammetterlo.-



-Oh mio dio! Ma che volete da me?!- esclamò lei



-E tu che vuoi dagli altri? -



Francesca scese dal letto e guardò la ragazza davanti a lei. È vero: assomigliava molto a Silvia: stessi capelli castani a caschetto, stessi occhiali da studentessa secchiona, quasi la stessa faccia.



I vestiti no, quelli erano diversi. Silvia vestiva sempre un po’ casual con jeans strappati e magliette variamente colorate, mentre quella ragazza indossava un abito bianco con qualche linea blu, e stivali intonati. Sembrava una divisa da collegio.



-Certo, questa non è proprio una reggia. La mia stanza alla Royal Saint Paul School da sola era più grande di tutta questa casa, per non parlare della casa dei miei a Londra. 



Anche il mio modesto appartamento in Florida era meglio di questo buco, devo ammetterlo.-



-CHI ACCIDENTI SEI TU!!!-



-Già, non mi sono presentata, e non è proprio da signorine per bene. Io mi chiamo Patricia O’Brien.-



Francesca ebbe una specie di pianto isterico.



-Un’altra amica di Candy Candy… immagino.-



-Oh no! Quello era il titolo del cartone animato, ma lei si chiamava Candice White Ardlay, o Andrew come dite qui in Italia.-



-Ah certo, scusa tanto…-



Francesca si sentiva sempre più vicina all’impazzimento: quello era il quarto personaggio dei cartoni animati che gli appariva in sogno in poche ore.



-Questo… è un sogno… vero?-



-Fai tu…-



-Ma si può sapere cosa accidenti volete da me? Perché non mi lasciate in pace?-



-In fondo hai ragione sai? Tu non sei Candy. Lei è infermiera come te, ma lei ama il suo lavoro, e ha sempre una parola buona per tutti. Tu cosa dici ai tuoi pazienti? “Non pisciarmi sui piedi?”-



-D’accordo: non sono una campionessa di buone maniere, ma il mio lavoro lo faccio bene, no?-



-Tu dici? L’altro giorno per poco non hai rovesciato il vassoio addosso al signor Maggi!-



-Avevo fretta! Il carrello delle cucine era arrivato tardi e io dovevo servire tutta la corsia.-



-Balle! La verità è che tu sai vedere solo i tuoi problemi e te ne freghi degli altri!-



-Senti un po’ cocca: perché non raggiungi le tue amiche nel tuo mondo da fiaba? Questa è la vita reale, e nella vita reale ognuno si fà gli affaracci suoi!-



 



-Francy! Tutto bene?-



All’improvviso Francesca realizzò di essere sveglia, ma davanti a lei non c’era quella specie di cartone animato, ma Silvia.



Lei era davvero scesa dal letto e stava in sottoveste in piedi davanti al lettino di Silvia.



-E… e tu che ci fai qui? Non dovevi rientrare a cena?-



-Sì ma avevo dimenticato un quaderno di appunti a casa. Adesso raggiungo la mia amica che per fortuna abita qui vicino. Ma tu… stai bene?-



-Sì, ho avuto una nottata terribile al lavoro, per fortuna adesso posso riposare fino a domani.-



-Riposati allora. Io vado.-



-Aspetta un momento.-



-Sì?!?!?-



Francesca la guardò bene: la sua somiglianza con quel personaggio… Patty, era davvero impressionante.



-Senti… scusami se ogni tanto sono un po’ scortese…-



Silvia sorrise



-Non fa niente dai. Capita a tutti che ci gira nel verso sbagliato.-



Anche Francesca sorrise, e si sentì incredibilmente distesa nel farlo.



-Adesso devo andare, ciao.-



 



Rimasta sola, Francesca salì di nuovo sul suo letto e si distese a guardare quel soffitto che distava da lei meno di un metro.



-Beh… sono stata gentile… forse avete ragione voi, ma adesso potete lasciarmi in pace no?-



Si riaddormentò e dormì un sonno sereno e ristoratore.



Si risvegliò nel pomeriggio, e dopo essersi rivestita decise di uscire.



Il suo quartiere era alla periferia di Roma, e tutto sommato era un quartiere con ampi spazi verdi, addirittura una vera e propria riserva naturale vicino casa, ma lei decise di recarsi ad un vasto parco pubblico proprio a un tiro di schioppo da casa sua.



 



Seduta su una panchina davanti ad una fontana piena di tartarughe acquatiche, Francesca si accorse di essere sola. 



 



-No, non sei sola!- risuonò una voce dietro di lei



-Arieccovi! Ma si può sapere chi siete e che volete da me?-



La voce apparteneva ad una ragazza dai capelli rossi legati in due lunghe trecce, che avanzò da dietro a lei e le si sedette accanto. Era vestita molto elegantemente, ma i suoi abiti erano strani, sembravano… antiquati.



-Allora? Stai cercando di diventare più buona, è così?-



Quale cavolo di parte del suo subconscio esprimeva quell’apparizione? Il suo lato stronzo che non voleva scomparire?



-Tu sei… Iriza… è così?-



-Aridaje! È così che dite a Roma no? Io mi chiamo Elisa Legan! Non Iriza! Quello è il nome che mi hanno dato gli sceneggiatori italiani dell’anime!-



-Del… cosa?-



-Anime, la parola giapponese che indica i cartoni animati.-



-Ah ecco!- ormai Francesca si stava abituando a quella folle situazione: parlare con i personaggi dei cartoni animati!



-Comunque Iriza è carino come nome.-



-Sì, come no… sembra un mostro guerriero del Grande Mazinga!-



-Già.- disse Francesca ridacchiando.



-Cominci a sentirti a tuo agio, non è vero?-



-Devo ammettere di sì. Le tue amiche mi hanno terrorizzata, ma devo ammettere di cominciare ad abituarmi a questa follia. Chissà in che reparto mi chiuderanno in manicomio…-



-Ma come? Un’infermiera laureata come te non sa che i manicomi non esistono più?-



-Era una battuta, ovvio.-



-Sai perché ti trovi a tuo agio con me? Perché rispetto a quelle smorfiose che ti sono apparse prima, fra parentesi: non sono mie amiche, io sono quella che rispecchia meglio quello che sei.



Menefreghista, ambiziosa e desiderosa dei beni materiali. Ecco cosa sei veramente Francesca Fabbri!-



Francesca si sentì scombussolare dentro, e se quella ragazza avesse avuto ragione?



-Tu non sei Candy Candy, come dice la tua felpa preferita. Tu sei molto più simile a me Francesca, ammettilo.



Non sei fatta per essere gentile e premurosa, ma per pensare a te stessa!



Non vuoi uscire da quel buco di casa dove vivi? Pensa a te e fregatene degli altri!-



-Basta!- disse infine Francesca alzandosi in piedi e abbandonandosi a un pianto isterico.



-È vero, non sono Candy Candy, e non sono certo una santa, ma non voglio essere nemmeno te! Mi fai schifo! Mi fa schifo quello di me che esprimi e che sono stata finora…



Io sono Francesca Fabbri e… sarò una persona migliore d’ora in poi… anche se dovessi passare tutta la mia vita in quel buco di casa a entrare di sbieco nel cesso!-



Avvertì come un capogiro, e vide che tutto intorno sfumava come in un sogno irreale.



Chiuse gli occhi e quando li riaprì si trovava in un altro luogo, un grande prato verde, davanti a lei poteva vedere una collina con un grande albero sopra, e di fianco una casa, una casa d’altri tempi.



-Ciao Francesca.-



Si girò e la vide: era proprio lei, Candy.



Non era vestita da infermiera ma indossava un semplice abito di un colore intermedio fra il giallo e l’arancione.



-Ciao Candy.- stavolta avvertiva un senso di benessere interiore che raramente aveva provato negli ultimi anni.



-Ma tu… sei reale Candy?-



-E tu lo sei?-



-Beh sì, suppongo di sì.-



-Allora non vedo perché non dovrei considerarmi reale anch’io.-



-Ma tu sei un personaggio di fantasia, un cartone animato degli anni ’80.-



-’70 per la precisione.-



-Come dici?-



-Il manga uscì nel 1975, e il primo episodio dell’anime nel 1976.-



-Non so cosa sia il “manga”, ma mi fido.-



-Manga vuol dire fumetto in giapponese.-



-Già ovvio. Il punto è: tu sei un’espressione di me stessa giusto? Te e le tue amiche rappresentate una parte di me. 



Ma cosa dovrei imparare da questa esperienza? A essere migliore?-



-A essere veramente te stessa. Hai detto bene: io e le altre abbiamo incarnato ognuna una parte di te, compresa Iriza, pardòn Elisa, sennò si arrabbia. Sta a te viverle tutte ed essere veramente una persona migliore.-



-Lo farò Candy… grazie. E ringrazia per me anche le tue amiche… anche Iriza… pardòn Elisa…-



Candy sorrise e gradualmente scomparve.



 



-Signorina… signorina…-



Francesca si svegliò. Si era appisolata sulla panchina.



-Signorina tutto bene?-



Gradualmente Francesca riacquisì coscienza di sé e focalizzò l’uomo in divisa che le stava davanti. Era uno dei vigilanti privanti che sorvegliavano quel parco.



-Sì la ringrazio, devo essermi appisolata, sa stanotte ho avuto un turno di lavoro particolarmente impegnativo.-



-Anche lei fa turni notturni?- le chiese l’uomo sorridendo



-Direi proprio di sì.- disse lei ricambiando il sorriso. -Sono un’infermiera.-



Si alzò dicendo:



-La ringrazio di essersi preoccupato di me signore, adesso sto meglio. Mi faccio una passeggiata nel parco e me ne vado a casa.-



Si mise a camminare nel parco sentendosi leggera come una piuma.



 



-Che ne dite?- chiese Candy alle sue amiche. -Ha funzionato?-



-Io direi di sì.- rispose Patty



-Ognuna di noi ha incarnato un diverso aspetto della sua personalità, e quella ragazza saprà essere veramente se stessa.-



-Quindi sarà efficiente come me, sentimentale come Candy, timida ma non troppo, come Annie e Patty, e… stronza quanto basta, come Iriza… pardòn Elisa.- fu l’ironico commento di Flanny.



-Già Elisa. Se becco quell’italiano che si è inventato il nome Iriza…- disse Iriza/Elisa con aria indispettita suscitando una risata nelle altre.



-Ma in fondo è inutile prendersela: noi non siamo altro che proiezioni del subconscio di quella ragazza…-



-Ne sei sicura Elisa? E se fosse lei ad essere un’espressione del nostro subconscio? Se fossimo noi a vedere in lei i nostri caratteri?- disse Candy.



-Cavolo!- rispose Elisa -Inquietante direi…-



Nessuno poteva vederle ad eccezione di Francesca che ormai era lontana, ma fu come se quelle essenze, qualunque cosa fossero, scomparissero nell’aria…



 



Il giorno dopo Francesca rientrava in reparto e iniziò il suo consueto giro mattutino per servire le colazioni.



-Signora Boldrini!- esclamò Francesca entrando nella stanza -Come sta?!!!-



-Un po’ meglio, grazie signorina.-



-Sono contenta di rivederla.-



-Il padreterno non mi ha voluta. Devo averne commessi di peccati.-



Francesca sorrise



-E io che dovrei dire allora? A me il padreterno dovrebbe schiaffarmi negli ultimi gironi danteschi.-



Rise di una risata cristallina che nessuno le aveva mai sentito prima.



-Sai ragazza mia? Sei più carina quando ridi…-



Ah no! Pensò Francesca. Il principe della collina no!



-Buongiorno signore! Signorina…- 



-Oh, buongiorno a lei dottor Brown!-



Disse Francesca voltandosi.



-Come sta oggi signora Boldrini?-



-Molto meglio, grazie a lei dottore.-



-Vedrà che supererà questo momento signora, e credo proprio che presto tornerà a casa.-



-Speriamo. Vorrei proprio morire a casa mia, con il mio gatto in braccio a farmi le fusa…-



-Pensi a vivere signora!- le disse Francesca 



-Signorina, quando ha finito il suo giro vorrei parlarle nella sala medici.-



-Senz’altro dottore.-



Uscito il dottore, Francesca si rivolse alle due donne ricoverate.



-Signore, credo di dovervi delle scuse per come mi sono comportata con voi. Cercherò di essere una persona migliore d’ora in poi.-



Le due donne sorrisero.



-Sai ragazza mia…- le disse la Carletti -Un po’ ci somigli a Candy Candy.-



Lei rise



-Oh no! Io non sono Candy Candy! Però devo ammettere che quel vecchio cartone esprimeva una bella filosofia di vita. Peccato che non lo diano più in televisione. 



Dovremmo cercare di essere tutti un po’ più Candy Candy…-



-Sono d’accordo con te ragazza. Tu vai su internet?-



-Sì, certo.-



-Allora quando hai finito con il tuo Anthony, torna da me, ti darò l’indirizzo di un forum dove potrai trovare tutto il materiale che vuoi su Candy Candy.-



-Grazie ma… chi sarebbe il mio Anthony?-



-Non lo sai? Il dottor  Brown si chiama Anthony Brown! E ho visto come vi guardate…- 



-Oh cosa dice signora…- disse lei avvampando come un peperone.



 



Più tardi Francesca rientrava a casa e prese il suo tablet, un vero computer non poteva ancora permetterselo.



Digitò l’indirizzo che le aveva dato la Carletti e iniziò a navigare in quel sito che era per lo più un forum incentrato su Candy e il suo mondo.



Arrivò alla sezione dedicata alle fanfiction, ovvero fiction scritte dai fan che modificano la storia originale, e nell’elenco trovò un titolo che la incuriosì: “Non sono Candy Candy”.



 



FINE


   
 
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