Anche se il sole splendeva alto in cielo, il silenzio surreale di quelle montagne facevano presagire il più terribile orrore.
Non riuscivo a comprendere come potesse essere possibile tutto ciò, ma sentivo che i miei genitori dovevano essere vicini.
Dovevano esserlo per forza.
Si sentiva ancora quelle grida disperate che avevano colpito questo luogo sacro in cui gente come me cercava rifugio dalla morte.
Non avevo parole per descrivere tutto questo disastro.
I pochi sopravvissuti a quella scia di sangue ancora vivida nei loro occhi, si avvicinarono a me con timore e paura.
Soprattutto un bambino di appena dieci anni, che mi raccontò come aveva perso i suoi genitori in quell’eccidio che aveva cambiato il corso della storia.
Nessuno meriterebbe una fine del genere, tanto meno un bambino innocente.
Perché i tedeschi non riuscivano a comprendere tale distruzione?
Perché non riuscivano a capire tale pietà?
Un orrore misto a rabbia che aveva assoluto bisogno di essere vendicato-
Non sarebbe potuto finire in questo modo peggiore.
Ero giunto in questo luogo con la speranza che i miei genitori potessero essere vivi, ma ogni secondo che passava mi rendevo conto che le mie flebile speranze andavano svanendo.
< Come ti chiami? > gli domandai al bambino mentre faceva di tutto per non guardarmi negli occhi.
Ma il piccoletto, per quanto spaventato potesse essere, non mi degnò nemmeno di uno sguardo, rimanendo con le ginocchia avvinghiate e il volto nascosto in esse.
< Non voglio farti del male. Voglio solo aiutarti. >
Mi domandavo come avrei potuto farlo, ma sapevo che quel bambino non poteva rimanere solo per sempre.
< Tu non sei di questo paese > mi rispose con tono spento < Che cosa ci fai qui? Ti mandano quei soldati che hanno ucciso i miei genitori? >
< NO. assolutamente no. io voglio solo… >
Come facevo a raccontargli che dovevo ritrovare i miei genitori quando lui aveva perso i suoi?
Un dilemma da risolvere che non potevo nascondere.
< Hai tutto un futuro dinanzi a te. Ti prego di non piangere. >
Lo stringevo accanto a me con la speranza che la sua tristezza sarebbe svanita in un colpo.
Ma più il vento sferzava il mio volto stanco e senza forze, più la voglia di vivere andava svanendo.
In quelle memorie così presenti nella mia mente, non seppi mai come si chiamava quel bambino, scomparendo per sempre tra le mie braccia mentre la mia solitudine andava sempre diventando più snervante.