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Autore: Mercurionos    01/03/2023    0 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 31 – Alba e Cenere, Parte 6 – Anno 2, 1/3 Frimaio

Le luci dell’alba non arrivarono mai. Nembi grigi soffocarono il cielo, oscurando il mattino, scortati da una debole ma incessante pioggia calda. L’afa prima di tutti conquistò le valli e le pianure di Carioph, sfrattando dalle loro dimore gli insetti e i piccoli animali che nelle prime ore del giorno si erano riversati sulle strade e nei paesi. L’esercito, sotto il silenzioso comando di Frida, era già in posizione. I contingenti più piccoli, adeguatamente armati, si erano spinti nella notte fino all’altro capo del pianeta, anticipando il sorgere del sole. Pump e Patty erano state inviate a Est, verso il mare meridionale, nella città di Suvlaki, tra le ultime a insorgere. Sabrina e Radish invece si sarebbero dedicati alla riconquista dell’Ovest: la città di Pita era stata tra i primi teatri di ribellione e, almeno da quanto raccontavano gli esploratori e le avanguardie, era stata lasciata relativamente indifesa, in rapporto alla sua popolazione. Vegeta, come gli era stato promesso, si sarebbe infiltrato nella Capitale, eludendo gli obici e l’antiaerea e aprendo un varco per i plotoni più nutriti dell’esercito. Frida, dopo aver coordinato un’ultima volta l’attacco, con i messaggeri e con le poche vie di comunicazione che erano riusciti a mettere in piedi nella notte, avrebbe raggiunto Vegeta, assicurandosi della liberazione di Yiro e Musaka, i più grandi centri abitati prossimi alla Capitale del pianeta.

Il pensiero di attendere altri ordini non sfiorò nemmeno lontanamente la fantasia del principe dei saiyan. Si alzò per primo, e per primo calpestò il terreno di battaglia. Si sentiva il pesante puzzo di combustibile mescersi a quello della tiepida pioggerella. Il picchiettio dell’acqua sui fili d’erba copriva i suoni più distanti, l’agitazione della gente nelle città, il viavai dei carri carichi di combattenti impauriti e armi rattoppate, e infine il riassestarsi dei cannoni rimasti a difesa della Capitale, quando finalmente qualche scout-scope riuscì a individuare la presenza di Vegeta.

Dei rinforzi ancora nessuna notizia, all’orizzonte nulla si muoveva, ma il saiyan si trovò costretto ad anticipare l’attacco. Il terreno collassò sotto i suoi piedi, sgretolato dalle improvvise cannonate provenienti dalla città. Lampi di luce lambirono le sue membra, ma troppo lenti e troppo poco numerosi per non essere individuati dagli occhi del principe. Svanì nell’aria, catapultandosi verso l’alto con sinuose capovolte. Qua e là il suo sguardo individuò lontane scintille brillare a intermittenza: prima soltanto un paio, poi una dozzina dopo l’altra, chiare e distinte sul grigio sfondo cittadino. Quella che il giorno prima pareva una barriera impenetrabile di bombarde e mortai si mostrò decisamente indebolita, dissipata dalla strategia illogica predetta da Frida.

Vegeta salì e salì ancora, fino all’impenetrabile coltre di nubi. Dall’alto riuscì a individuare con precisione, seguendo le luci intermittenti a terra, le sorgenti degli incessanti attacchi. La gran parte dell’artiglieria era rimasta a difesa delle mura cittadine, sparsa per la cinta che circondava la città, mentre nel centro della metropoli erano permase soltanto alcune batterie, forse a difesa di luoghi importanti per i cittadini, ma forse anche per far semplicemente scena. Vegeta decise di iniziare lo smantellamento degli armamenti da queste postazioni cittadine.

Non aveva impiegato molto tempo ad accorgersi della precisa cadenza secondo cui era stato costretto a schivare le bordate di energia: con puntuale accuratezza, nonostante la distanza che li separava dal principe, i cannoni sparavano nella sua direzione, aspettando giusto quanto bastava alle prime batterie a ricaricarsi e riprendere il fuoco. Ieri non c’era questo ritmo. Hanno ridotto il numero di cannoni della metà, come minimo, pensò Vegeta, senza sprecare energie a immaginare se, presi di mira dal restante 50% delle bombarde da guerra, i suoi compagni avrebbero potuto avere la meglio nelle loro battaglie da una e dall’altra parte del pianeta. Per sua fortuna, e per fortuna dei suoi colleghi, l’accademia li aveva preparati anche a simili scenari.

Una bordata di energia si arrampicò su per il cielo temporalesco, puntando dritta dritta verso Vegeta. Lui però non si scompose: stanco di dover evitare tutti quegli attacchi, tese il dorso della mano, e con un energico schiaffone deviò il colpo, che svanì alle sue spalle, dietro le nubi. L’istinto ebbe la meglio sul saiyan, che alzò l’altra mano e scagliò una saetta verso il terreno. La deflagrazione che ne seguì fece a pezzi una sezione delle antiche mura della Capitale, qualche casa di periferia e il cannone da cui era partito l’ultimo colpo, ma, cosa più importante, spezzò il ritmo dei bombardamenti. Vegeta se ne accorse e subito attaccò il terreno.

Piombò tra le macerie con un boato, sollevando polvere e rugiada. Gli artiglieri ribelli più vicini ruotarono quanto prima i propri cannoni, ma Vegeta fu più veloce di loro: alzò le mani, una a destra, una a sinistra, e con un unico bagliore altre due bombarde vennero cancellate dal mondo. Altre bordate piombarono addosso al saiyan, ma ora che si trovava così vicino alle mura cittadine, il campo visivo dei cannoni era severamente diminuito. Vegeta approfittò della ridotta precisione dei nemici e scattò verso le mura: corse a lunghe falcate verso est, attorno alla città, scagliandosi su una batteria dopo l’altra. L’esile ma robusto corpo del guerriero fece breccia nelle armature di metallo, e quando le armi saltavano per aria, lui si era già accanito sul prossimo bersaglio. Una o due volte un colpo di energia lo centrò in pieno, ma serviva ben altro per arrestare un saiyan guidato dal proprio spirito battagliero. Vegeta superò le ustionanti sfere di energia a lui dirette, trapassando le armi nemiche da parte a parte, incurante del minimo danno che avrebbero potuto arrecare alla sua persona se affrontate una alla volta. Per un breve istante pensò di star barando, considerando quanto male era stato conciato il giorno precedente, ma scacciò subito quegli inutili pensieri e continuò a spezzare le difese nemiche.

Dopo qualche minuto di devastazione e violenza semi-gratuita, Vegeta si ritrovò davanti a un gremito campo di battaglia: colpi di energia variopinti sfrecciavano attraverso l’aria tra due schieramenti, uno appoggiato alle colline a sud, quello dell’esercito imperiale, uno rintanato dietro quanto restava delle mura, quello delle forze ribelli. Vegeta aveva completato in breve tempo un giro completo della città, sbarazzandosi dell’artiglieria nemica. Ora non restava altro da fare che fare breccia nelle difese cittadine e riprendersi la Capitale, catturando (oppure, il che era di gran lunga più rapido ed efficace, mettendo definitivamente a tacere) i comandanti dei rivoltosi.

Vegeta balzò oltre le mura, lasciando che i soldati semplici si occupassero dei combattenti ribelli. Volò rasoterra lungo le dritte strade della città, senza incontrare anima viva. Se i civili si erano nascosti, lo avevano fatto bene. Se non si erano nascosti… All’improvviso non ci fu più tempo di pensare: un’ombra scattò sopra le sue spalle. Vegeta si voltò, pronto a contrattaccare piantò i piedi per terra e alzò le braccia, ma non fece in tempo a reagire. La strada sotto di lui prese fuoco e saltò in aria, straziata da una repentina deflagrazione. Il ragazzo sentì la propria pelle bruciare, torchiata dall’inattesa pressione, che le sue gambe non riuscirono a reggere. Venne sbalzato all’indietro, addosso l’angolo di un edificio, che si sgretolò al contatto con il corpo marmoreo del principe.

Quando ebbe finito di rimbalzare sul selciato cittadino, Vegeta si rialzò in piedi con una rapida capriola. Mani ferme e sguardo attento, non si sarebbe più fatto prendere alla sprovvista. Qualcosa si mosse nuovamente alle sue spalle. Lui alzò le braccia per produrre un qualche attacco, ma venne nuovamente colpito a tergo. Un boato lo scaraventò per terra, bruciandogli la schiena. Quando si rialzò, prese a correre, in cerca di un’apertura. Non poteva restare in mezzo a tutti quei palazzi, che offrivano riparo a chissà quanti nemici. Corse fulmineo, fin quando non ebbe raggiunto un ampio viale alberato, e poi una larga piazza, ampia poco più di un centinaio di metri.

Vegeta alzò lo sguardo, solo per incontrare l’ombra gettata su di lui da un’immensa cattedrale. Così l’avremmo chiamata noi, trovandoci di fronte ad un colosso di pietra grigia e guglie frastagliate, un trionfo di studi e sforzi durati secoli. La titanica struttura dominava lo spiazzo nel centro cittadino, al quale quasi non arrivavano i lontani rimbombi della battaglia che si stava consumando a meridione. E lì, nell’ombra silenziosa e fredda, sotto lo scampanellio della pioggia, Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle, e la vide.

Note dell’autore:
Grazie per aver letto fin qui. Settimana prossima, l’ultimo capitolo. Non perdetevelo assolutamente.
   
 
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