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Autore: Striginae    06/03/2023    3 recensioni
[FrUK - AU!Magical☆Strike - AU!Human]
Francis è un normalissimo dipendente a cui non piace la sua occupazione. Arthur è il suo collega, maniaco del lavoro. Tutto procede noiosamente bene alla compagnia in cui sono impiegati, fino a quando non si presenta il figlio del titolare, Alfred, animato da tanta buona volontà che però si concretizza in azioni non molto gradite ai suoi stipendiati. Così, ottenuto il magico Potere dello Sciopero in circostanze improbabili, toccherà a Francis combattere per la giustizia... e anche per amore.
[HIATUS]
Genere: Commedia, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland, Russia/Ivan Braginski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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III
Strike-chan


 
 
«... inoltre, per migliorare le prestazioni della compagnia, credo che dovremmo iniziare ad eleggere un impiegato del mese. Non credi anche tu che aiuterebbe a sollevare il morale qui in ufficio, eh Arthur?»

«Sì, signor Jones.»
Arthur annuì, senza convinzione, ma dubitava che ad Alfred importasse veramente qualcosa della sua opinione. Impiegato del mese, eh? Ci mancava solo quella. Arthur non ci teneva proprio a vedere un’immagine incorniciata di se stesso o di uno dei suoi colleghi appesa al muro, era più che sufficiente dover avere a che fare con loro per quarantacinque ore alla settimana. Purtroppo però, la decisione non dipendeva da lui.

Quando dopo la pausa pranzo era stato convocato nell’ufficio di Alfred ed invitato a sedersi sulla sedia di fronte la scrivania del giovane americano, lo stressantissimo segretario non sapeva cosa aspettarsi. Alfred era lì da appena quattro giorni ed era come se fosse arrivato un uragano. Perciò Arthur si era rassegnato ad ascoltarlo, prendendo ogni tanto qualche appunto sul suo block notes mentre Alfred marciava avanti e indietro nell’ufficio, evidentemente in preda all’entusiasmo.

«Sai cosa? Magari accompagnando il titolo con un extra sullo stipend... oh, e quella chi è?»
Si interruppe Alfred, bloccandosi di fronte alla luminosa vetrata che dava sulla strada, proprio quando la discussione stava per prendere una piega finalmente interessante. Arthur sollevò lo sguardo dal suo taccuino, vagamente interdetto.

«Guarda, Arthur! Abbiamo una cosplayer di Sailor Moon! C’è qualche convention qui nei dintorni e non ne sapevo nulla? Ci sarei andato!»

Arthur aveva smesso di seguire Alfred, non avendo la benché minima idea di che stesse dicendo. Si sistemò gli occhiali sul naso e ripose il block notes nella tasca della giacca, raggiungendo il ragazzo alla finestra per poter osservare con i suoi occhi di cosa diamine stesse parlando.

«Non ci sono convention in questo periodo e... cosa sta succedendo?»
Arthur guardò all'esterno, scorgendo effettivamente una figura dai capelli biondi in un vestitino. Dal quarto piano non riusciva a distinguere bene ogni dettaglio, ma diamine se era rosa.

«E comunque quella non è Sailor Moon, il costume è tutto sbagliato!»
Arthur aveva visto abbastanza episodi dell’anime da poter permettersi una tale affermazione. Prima che però Alfred potesse insospettirsi sulla sua conoscenza dei manga shōjo anni ’90, Arthur riportò l’argomento sul focus principale.
«Perché è di fronte l’entrata principale del palazzo con un megafono?»

Arthur non si azzardò ad aprire la finestra dell’ufficio del capo, ma riusciva a sentire delle parole indistinte provenire dalla strada, lì dove si trovava la cosplayer. Oh, ad Arthur piaceva ogni secondo di meno. Alfred invece sembrava divertito. Lo statunitense stava per commentare ancora quell'evento bizzarro quando il telefono del suo ufficiò squillò. Alfred fu costretto ad allontanarsi per rispondere e Arthur continuò a scrutare quella stravagante figura in rosa.

Arthur aveva uno... strano presentimento.
Sfortunatamente per lui, il suo sesto senso aveva azzeccato in pieno.

Una mezza imprecazione lo fece voltare ed incontrò così lo sguardo di Alfred che, dopo aver riattaccato la cornetta, sembrava molto meno entusiasta. E Arthur ne aveva la certezza matematica, la cosplayer in strada era coinvolta in qualsiasi cosa avesse causato un così rapido cambiamento d'umore.

«Volevi sapere perché la nostra guerriera Sailor si trova qui sotto con un megafono, no? Deve essere il tuo giorno Arthur, stai per incontrarla. Andiamo.»

Come se quella si potesse considerare una spiegazione esaustiva! Alfred abbandonò l’ufficio e Arthur gli arrancò dietro, maledicendo quello stupido lavoro e se stesso per non aver tenuto chiusa la sua maledetta bocca.



 
 * * * 



Francis non era sicuro che il suo fosse un buon piano, ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.

Durante la pausa pranzo aveva lasciato l’ufficio, imboscandosi come il peggiore dei criminali in qualche punto cieco sul retro del palazzo così da potersi trasformare senza destare sospetti.

Francis era… offeso. L’incontro del giorno prima e le velate minacce di Alfred erano ancora vivide nella sua mente e, diamine, aveva la possibilità di non farsi mettere i piedi in testa per una volta! Come minimo era più che giusto che la giornata di Alfred venisse rovinata esattamente come lo era stata la sua. Si era quindi piazzato di fronte l’entrata principale del palazzo, in modo tale da attirare più attenzione possibile e aveva iniziato a parlare nel suo magico megafono, meravigliandosi con quanta facilità gli uscissero le rime. 

Proprio come aveva detto Ivan.
Per lo meno, adesso aveva la certezza che quel gatto demoniaco non gli avesse mentito sui suoi poteri.

«On veut faire des affaires?
Paie-moi les heures supplémentaires!»[1]

Francis in verità non aveva idea di cosa si aspettasse che succedesse. La sicurezza all’ingresso aveva goffamente provato a farlo allontanare ma con scarsi risultati. Il francese aveva come l’impressione che lo stupore di trovarsi davanti qualcuno abbigliato in quella maniera giocasse molto a suo favore, dato che sì, tra una risatina e l’altra, sembrava davvero aver messo gli uomini della sicurezza in difficoltà.
Bastava davvero un uomo in un vestito a metterli a disagio? Pft, deboli.

E poi, in un certo senso era… divertente.
Francis sperava solo che nessuno si accorgesse della sua assenza in ufficio, non aveva idea di come giustificare la sua mancanza. Era però abbastanza ottimista nel pensare che con tutto quello che stava accadendo fuori, nessuno avrebbe fatto troppo caso a lui.

Qualcosa però era in procinto di accadere.
All’interno del palazzo era possibile vedere un certo movimento e Francis non dovette aspettare molto prima che Alfred in persona si presentasse al suo cospetto, seguito da Arthur dietro di lui.

Oh, le cose si fanno interessanti.

Alfred stava dando palesemente delle indicazioni ad Arthur che, a giudicare dalla faccia, Francis dedusse non fosse troppo felice di assolvere. Ma quello era un ordine del capo e perciò, per l'ennesima volta, nessuno degli impiegati avrebbe avuto voce in capitolo.

Francis infatti vide Arthur farsi avanti. Il francese abbassò il megafono e gli rivolse un sorrisetto provocatore, oh, non vedeva l’ora di sapere che cosa Arthur avesse da dirgli. Una parte di lui temeva che l’inglese potesse riconoscerlo e a quel punto, che avrebbe dovuto dirgli? Il pensiero lo turbò, era davvero possibile che un travestimento del genere, seppur magico, riuscisse a celare la sua vera identità a qualcuno che conosceva da più di dieci anni?
Stava per scoprirlo, ormai Arthur lo aveva raggiunto e...

«La prego di andarsene, sta disturbando il normale svolgimento delle attività lavorative.»

Davvero, Arthur? Davvero?

Francis non riuscì a spiegarsi perché non si sentisse sollevato. Era un bene che Arthur non lo avesse riconosciuto, allora perché era allo stesso tempo così deluso? Ma, aveva ben altro a cui pensare.

Francis infatti sapeva benissimo che Arthur poteva fare molto meglio che ripetergli a pappagallo una frase di circostanza.

«Bene! Era proprio quello che mi ero proposto di ottenere.»
Francis cercò di non scoppiare a ridere nel vedere Arthur trattenersi dal cercare di non perdere la pazienza. Gli stava riuscendo proprio male.

«Senta, mi ascolti bene…»
Cominciò Arthur e Francis ebbe l’ardire di fargli gli occhi dolci mentre il suo collega tentava di… intimidirlo? Mandarlo via? Povero inconsapevole Arthur, non poteva sapere di avere davanti il solito Francis che ormai aveva fatto l’abitudine a minacce ben peggiori che a qualche vuoto avvertimento buttato lì.
«… non ho intenzione di ripeterlo ancora una volta, ma lei da qui deve andarsene.»

Francis rise nel ritrovarsi puntato contro il dito di Arthur. 

«O cosa, chiamerai la polizia?»
Francis si fece più vicino, in modo tale che l’indice ancora teso dell’inglese si scontrasse con il suo torace. Forse era un po’ avventato prendere quell’incontro come una specie di sfida, ma poteva davvero resistere all’idea di mettere il suo collega preferito in difficoltà?
La risposta era scontata.
«Attento Arthur, ora che mi hai toccato potrei essere io a denunciare te, non

Arthur aveva assunto una preoccupante sfumatura rossastra dovuta alla rabbia ma qualsiasi cosa stesse per obiettare gli morì in gola e, all’unisono, anche Francis si rese conto del madornale errore che aveva compiuto. Entrambi si guardarono ad occhi sgranati ed un momento di panico aleggiò tra loro.

«Come… come diamine fai a sapere chi sono io?»
Si ritrovò a chiedergli Arthur con stupore e Francis ebbe voglia di urlare.

Che gli dico adesso? Oh sai Arthur, ora ho un gatto demoniaco che mi ha dato dei poteri magici e io li sto sfruttando per litigare con te ed evitare di lavorare, perché sai no, ammuffire in ufficio non è molto divertente.

Con un tempismo perfetto, Alfred ritenne che fosse arrivato il momento di intervenire.

«Su, su, non scaldiamoci. Vogliamo evitare tutti quanti rogne, non è così?»
Francis stava ascoltando, ma lui e Arthur si stavano ancora fissando. Sembravano in attesa che qualcosa dovesse succedere da un momento all’altro, come se una sorta di rivelazione divina potesse scendere su di loro e risolvere l'impasse. L’unica cosa che accade fu che Alfred continuò a parlare sfoderando una pazienza diplomatica che Francis non si aspettava che possedesse.

«Che ne dici se vieni dentro e ti offro un caffè, così mi spieghi che cosa sta succedendo?»

Francis, finalmente, distolse lo sguardo da Arthur e lo puntò su Alfred, mettendo su il suo solito sorriso impertinente. Non aveva intenzione di seguirlo all’interno del palazzo o non avrebbe avuto modo di interrompere la trasformazione e a quel punto che sarebbe stato nei guai. Inoltre, non aveva alcuna intenzione di scendere a patti.

«Eviterò di farle perder tempo. Il compromesso non è mai stata un’opzione.»
Francis ridacchiò, l'ultima frase proveniva direttamente da Ivan: "All'Inferno non esiste il concetto di compromesso!"

Francis fece discretamente qualche passo indietro, mantenendo il contatto visivo e la sua aria sicura. In realtà, stava solo cercando di aprirsi una via di fuga. La situazione stava diventando man mano sempre più ingestibile. Dopo lo scambio di battute con Arthur infatti, Francis sentiva il bisogno di tagliare la corda e tornare a commiserarsi sulla scrivania del suo ufficio. La prossima volta che si sarebbe trasformato, Francis avrebbe dovuto pianificare meglio le sue mosse.

Condurre una doppia vita era così estenuante!

«So che le piacciono le liste. Bon! La informo che è in cima alla mia, ma non creda che sia una cosa buona, monsieur le directeur
Con un altro sorriso smagliante Francis fece un altro passo indietro. Il suo sguardo vagò da Alfred ad Arthur e si soffermò su di lui, rivolgendogli un occhiolino.
«Nella mia to do list, in compenso, ci sta già qualcun altro.»

Non aspettò una risposta che fece un inchino derisorio allargando le falde della gonna per accompagnare il gesto.

«A la prochaine!»
Esclamò infine, tagliando la corda ed accompagnandosi con un gesto della mano. Con un agile balzo sparì tra la folla di curiosi che si era venuta a creare. Gli uomini della sicurezza scattarono ma era come se... quell’individuo si fosse volatilizzato.


«Dannazione!»
Ancora davanti all’ingresso del palazzo, Alfred sembrava aver perso ogni traccia di buonumore. Si voltò, marciando come una furia all’interno. Arthur invece era come se si fosse pietrificato.

Cosa diamine era appena successo?



* * * 



Kiku Honda, da soli tre giorni a Parigi, aveva imparato una cosa fondamentale sui francesi: erano sempre e costantemente in sciopero.

Quando era arrivato, il primo giorno, dopo dodici ore di volo, trovare i mezzi pubblici in sciopero era l’ultima cosa che desiderava. Ma Kiku non si era perso d’animo ed il secondo giorno era andato molto meglio del precedente. Girando sugli Champs-Élysées aveva intravisto uno sciopero studentesco che aveva osservato con cauta curiosità. La sfortuna però lo aveva nuovamente trovato quel giorno, il terzo, quando volendo salire sulla Torre Eiffel aveva scoperto che era stata momentaneamente chiusa per motivi legati a chissà quale altro sciopero sindacale.

Kiku però aveva stoicamente accettato l’evento. In fondo, a Parigi le cose da fare non mancavano e alla Torre Eiffel poteva lo stesso tornare il giorno dopo. O quello dopo ancora. A Kiku non restava altro che esplorare la città. E, cammina cammina, Kiku si era imbattuto in una scena piuttosto... singolare.

Doveva trovarsi in uno dei quartieri centrali della città, quelli sede di aziende e grandi compagnie, e qualcosa doveva star succedendo perché una folla, tra passanti ed altri impiegati, si era radunata in un punto da cui si alzava un certo cicaleccio.
 
Kiku decise di indagare e, be’, non avrebbe mai immaginato di trovare il cosplayer di un qualche mahō shōjo che stava attivamente protestando davanti ad un’azienda. Ovviamente Kiku non poteva che rimanere intrigato dalla faccenda. Gli piacevano i cosplay, erano tra i suoi hobby preferiti! Inoltre non riusciva proprio a riconoscere da quale manga provenisse quel personaggio. Modestia a parte, la sua cultura manga era vastissima ed era impossibile che gli fosse sfuggita l’esistenza un’eroina con un costume così grazioso. Non riuscendone a venirne a capo, alla fine Kiku ipotizzò che quello non poteva essere altro che un original charctater.

Ad ogni modo, stava accadendo qualcosa. Un impiegato era uscito e stava confrontando il misterioso manifestante in cosplay e, anche se Kiku non era abbastanza vicino da sentire, intuì che i toni si stessero scaldando. Kiku allora fece l’unica che un vero giapponese avrebbe fatto. Tirò fuori il cellulare e scattò qualche foto. Oh, gli sembrava di assistere ad un vero e proprio scontro tra l’eroina e il villain della situazione! Era in qualche modo emozionante.

Mentre quello scontro teneva ancora il banco, Kiku entrò su Twitter, desideroso di condividere con i suoi followers giapponesi e non quel momento topico a cui aveva appena assistito. Non capitava tutti i giorni di vedere una cosa del genere e gli piaceva rendere partecipi i suoi amici dei suoi lunghi viaggi in solitaria, soprattutto quando accadeva qualcosa di così inaspettato.

Perciò, un po’ troppo innocentemente e senza pensarci più di tanto, caricò la foto accompagnata da una didascalia in rōmaji.

 
本田菊 @HondaKiku

Strike-chan Salaryman-san!

15:09 · 27 Gen 2022 da Parigi, Francia


Kiku ripose il cellulare in tasca e si allontanò dalla scena del crimine, proseguendo tranquillamente il suo tour parigino.


Quando un paio di ore dopo si accorse che la sua foto era diventata virale, collezionando più di centomila tra retweet, mi piace e visualizzazioni, Kiku quasi rischiò di strozzarsi con un macaron.


 
* * * 



Erano le 16:45 che significava che avrebbe staccato tra quindici minuti.
Arthur non era mai stato così felice di giungere a fine giornata. Non vedeva l’ora di tornare a casa e lasciarsi alle spalle quel dannatissimo ufficio almeno per le prossime dodici e passa ore. Sospirò, spegnendo il suo computer fisso. Non era stato molto efficiente quel pomeriggio. La sua mente, con suo grande disappunto, non smetteva di riportarlo all’incontro più surreale che avesse mai avuto.

Come diavolo sapeva il mio nome?

Arthur sistemò la ventiquattro ore.

E perché aveva un’aria così fastidiosamente familiare?

Più Arthur ci pensava e meno la questione aveva senso. Ripose gli occhiali nel cofanetto, massaggiandosi le tempie e, per la seconda volta in due minuti, sospirò. Aveva bisogno di una birra, ecco cosa.

L’inglese uscì dal suo ufficio, chiudendo la porta dietro di sé. Era ben deciso a lasciare quel luogo infernale il più in fretta possibile ma qualcosa attirò la sua attenzione. La luce dell’ufficio di Francis era ancora accesa. Arthur sbuffò. Possibile che l’avesse scordata? Non era proprio da Francis trattenersi fino a quell’ora, in genere staccava sempre con una mezz’oretta abbondante d’anticipo e, giorno per giorno, Arthur glielo rinfacciava. Perché giusto quel giorno sembrava che le novità non volessero mai aver fine?
Ad Arthur mancava la sua noiosa routine.

Per questo quando Arthur entrò nell’ufficio, trovando Francis all’interno, pensò che il mondo doveva essersi per forza rovesciato. A guardar meglio però, Arthur si rese conto che Francis si era addormentato sulla sedia, piegato scomodamente sulla scrivania. La sola visione fece venire all'inglese mal di schiena.

Arthur sollevò gli occhi al soffitto. Avrebbe potuto abbandonarlo al suo triste destino e condannarlo ai dolori vertebrali, ma neppure lui era così insensibile. Gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla e scuotendolo... molto più delicatamente di quanto ci si aspettasse da parte sua.
«Ehi, sveglia. Non te l’hanno detto che non si dorme in ufficio?»

Francis aprì un occhio, poi anche l’altro. Gli ci volle un secondo ma si alzò di scatto, evidentemente disorientato. Si rese conto di essere ancora in ufficio e si ritrovò a fissare Arthur come se lo vedesse per la prima volta.

«… eh? Arthur?»
Francis si riscosse, sollevandosi una manica per controllare l’orologio. Arthur lo anticipò.

«Sono quasi le cinque. Che ci fai ancora qui?»
Arthur esaminò Francis, c’era qualcosa che non gli tornava. Lo poteva sentire ad un chilometro di distanza che Francis non gliela raccontava giusta, era dal giorno precedente che gli dava quell’impressione. E ora, trovarlo addormentato in ufficio? Troppe strane coincidenze. 
«Hai un aspetto orribile.»
Disse ancora Arthur. Non gli era sfuggito il viso stravolto di Francis, sembrava esausto.

A quel commento, Francis brontolò qualcosa.

«Questa notte ho dormito male.»

Arthur non credette neanche per un secondo a quella spiegazione, ma decise di non indagare oltre... per il momento. Era preoccupazione la sua? Assolutamente no, nella maniera più categorica. Al massimo, una vaga curiosità. E poi, se Francis non era produttivo a lavoro, di mezzo ci sarebbe andato anche lui. Era nel suo interesse scoprire perché il collega si trovasse in quello stato così da trovare una soluzione il più in fretta possibile. 
Non era affatto preoccupato. 
No, no.

«Perciò hai pensato di dormire sul tuo posto di lavoro. Se Mr Jones ti avesse beccato avresti passato un brutto quarto d’ora.»

«Per favore, non parliamone. Penso mi odi.»

Arthur fece spallucce.

«Che esagerato. Ti ha detto solo di lavorare, è quello per cui sei pagato.»

«Lo stai difendendo, sul serio?»

L’occhiatina oltraggiata che gli rivolse Francis divertì Arthur, che però no, non aveva alcuna intenzione di difendere Alfred. Quanto più, voleva ribattere qualsiasi cosa avesse da dire Francis perché era una delle cose che gli riusciva meglio.

«Non sto difendendo proprio nessuno.
»
Arthur pensò ad Alfred. Dopo l'incontro con il cosplayer in sciopero, Alfred si era rintanato nel suo ufficio e non si era più fatto vivo. Ennessimo comportamento che non prometteva nulla di buono. Arthur si impose di non pensarci, il suo turno era finito. Qualsiasi cosa li aspettasse poteva benissimo attendere fino alla giornata successiva. Si rivolse di nuovo a Francis.

«Che ne dici di andarcene? O questa notte la vuoi passare qui dentro?»

Francis non aspettava altro. Si alzò, sistemando alla svelta le sue cose. Per una volta, era d’accordo con Arthur, non voleva stare un secondo più del necessario in quello stupido ufficio.

Uscirono insieme ma nessuno dei due aggiunse altro, fino a quando non si trovarono di fronte all’entrata del palazzo. Arthur stava già per augurargli una buona serata nella maniera più sgarbata potesse venirgli in mente ma Francis aveva ben altri piani per loro.

«Euh... non è che mi daresti un passaggio a casa? Sono arrivato in metro oggi ma mi farebbe comodo uno strappo. Per favore?»

Arthur diede un’altra occhiata a Francis. Aveva le occhiaie e sembrava essere stanco sul serio e in fondo ad Arthur non costava nulla accompagnarlo. Sbuffò spazientito.
«Ugh e sia. Non voglio averti sulla coscienza.»
Segretamente, Arthur stesso sarebbe stato più tranquillo nel sapere che Francis fosse arrivato tutto intero a destinazione. Non c'era bisogno che Francis però lo sapesse, altrimenti glielo avrebbe ricordato a vita. Gli fece quindi cenno di seguirlo fino al parcheggio, in cui era posteggiata la sua macchina. O meglio, la macchina aziendale di cui Arthur si era impossessato.

«Finalmente hai imparato a guidare a destra?»
Scherzò Francis, mentre si accomodava sul sedile del passeggero. Arthur, seduto dal lato del guidatore, lo guardò male attraverso lo specchietto.

«Finalmente hai imparato a stare zitto?»
Ribatté Arthur e, contro ogni previsione, Francis rimase in silenzio durante quasi tutto il tragitto.

Con il gomito appoggiato al finestrino, Francis guardava la strada che scorreva velocemente sotto ai suoi occhi. In ufficio nessuno si era accorto della sua trasformazione ma, dopo essere tornato il solito se stesso, si sentiva così spossato da trovare difficile persino tenere gli occhi aperti. Francis aveva ipotizzato che si trattasse di qualche effetto collaterale dei suoi poteri ma per sicurezza avrebbe chiesto dopo a Ivan. Maledetto gatto demone, avrebbe dovuto avvertirlo di una cosa così importante. Per un attimo, la sua mente tornò agli eventi di quel pomeriggio e si chiese se non si stesse invischiando in una faccenda più grande di lui. Francis decise che era solo la stanchezza a palare per lui. Stirò un sorriso, effetti collaterali a parte, il suo intervento da scioperante era andato piuttosto bene!

Forse ci stava davvero pensando troppo. 

«Siamo arrivati.»
Annunciò Arthur, ridestando Francis dalle sue riflessioni.


«Di già?»
Il percorso era stato più breve del solito. O forse Arthur era un pirata della strada che andava a cento all'ora. Qualsiasi fosse la verità, a Francis andava bene in quella maniera. Infatti, notò che l'auto si era fermata proprio davanti al suo appartamento. Ah, Arthur gli aveva davvero evitato un bel po’ di fatica.

«Su scendi.»
Lo spronò Arthur, voltandosi per poterlo osservare. Francis non si mosse. Invece gli chiese:

«Visto che sei qua, posso offrirti qualcosa? Per sdebitarmi del passaggio.»

Arthur fece cenno di diniego.

«No.»

Francis annuì.

«Va bene. Hai programmi per la serata o semplicemente ti diverti a declinare i miei gentilissimi inviti?»
Lo prese un po’ in giro anche se, sotto sotto, gli interessava sapere la risposta.

«Nessun programma, vorrei solo recuperare ore di sonno arretrato. Pensavo fossi stanco anche tu.»

Francis si strinse nelle spalle. Era stanco, . Ma non avrebbe disdegnato un po’ di compagnia. Soprattutto se era Arthur a fargliela. Invece si sarebbe dovuto accontentare soltanto di Ivan che chissà come era sempre pieno di energie.

«Il mio invece consiste solo nel preparare la cena a Ivan e, se non si è già appropriato del letto, andare a dormire.»

Per qualche secondo, né Arthur né Francis parlarono. Si scambiarono uno sguardo, poi Francis allargò un sorriso.

«Se è tutto, allora andrei... e grazie ancora per avermi accompagnato.»
Fece Francis. Esitò. Prese un sospiro e infine si sporse verso il collega. Gli posò un lieve bacio sulla guancia, esattamente come ai vecchi tempi quando doveva ringraziarlo per qualcosa.

«Ci vediamo, Arthur.»
Lo salutò infine Francis, uscendo dalla macchina e avviandosi sul vialetto di casa senza neppure aspettare una risposta.

Anche se ormai solo, Arthur rimase immobile, i fari accesi e lo sguardo fisso davanti a sé. Poi, si sfiorò una guancia nel punto in cui Francis lo aveva baciato. Aggrottò le sopracciglia. Aveva una sola, assillante domanda che gli martellava in testa.

«Chi cazzo è Ivan?»



[1]
«Vuoi fare affari? Pagami gli straordinari!»



 

Fanart realizzata da R_Kim56

 
Note finali
Edit 03/04/2023grazie ancora a R_Kim56 per questa adorabile fanart di Strike-chan e neko!Ivan 
❤️ 

Ebbene sì, rieccomi qua dopo nove mesi di latitanza. Mi scuso davvero ma ugh... la vita a volte è proprio dura. Ma bando alle ciance!
Oh, questo capitolo è bello pieno di eventi. Strike-chan entra in azione! E c'è anche Kiku! Che sì, ricopre il ruolo di turista sfigato perseguitato dagli scioperi, esattamente come lo descrive Himaruya in questa AU. Lasciate solo che Arthur e Francis si accorgano della foto, sarà estremamente divertente. Il povero Arthur invece in questo capitolo si fa solo domande che non ricevono risposta. Inutile dirlo, la scena finale è la mia preferita. "Ai vecchi tempi" già, succedono cose. 
Non ho niente altro da aggiungere, semplicemente ringrazio chi con pazienza segue questa storiella qui. 
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Bye bye 
❤️
   
 
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