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Autore: Diana924    08/03/2023    0 recensioni
Quella situazione faceva schifo e quel che era peggio non poteva fare nulla per cambiarla.
Siempre Bruja AU, sequel di " Maldito sea aquel día", Martìn e Raquel si ritrovano nel 1519 dopo aver contribuito alla creazione di un loop temporale. Bloccati in un secolo non loro cercano di sopravvivere alla mancanza di acqua corrente, di elettricità e di tecnologia. Nel frattempo nel 2019 Andrés e Sergio sono determinati a riportare i due nel secolo giusto, e poi a tornare definitivamente nel loro... se solo fosse così facile
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Berlino, Il professore, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autore: Diana924
Fandom: La Casa de Papel
Titolo: Un verso che hiciste de mì
Personaggi:  Andrés de Fonollosa| Berlin, Sergio Marquina |el Professor, Martìn Berrote| Palermo, Raquel Murrillo| Lisboa, Nairobi| Agata Jimenez, Helsinki| Mirko Dragic, Tokyio| Silene Olivera, Denver| Daniel Ramos, Estocolmo| Monica Gatzambide, Alicia Sierra, Tatiana, Rafael
Rating: NC15
Note: AU!Siempre Bruja, het, slash, cheating, AU!Modern, magic, time travel, period typical stuff, religious guilt (!!!)
Note2: Siempre Bruja è una serie tv di NETFLIX Colombia dalla trama piuttosto facile: poco prima di essere bruciata sul rogo con l'accusa di stregoneria, ma in realtà per aver amato un bianco, Carmen Eguiluz lancia un incantesimo temporale. Lo scopo sarebbe tornare indietro di tre giorni e riuscire a fuggire con il suo amato ma sbaglia e finisce 300 anni nel futuro, nella moderna Cartagena. Il resto è piuttosto prevedibile ma ben narrato
Note3: il titolo deriva da "Qué Hiciste" di Jennifer Lopez

Note4: in Siempre Bruja la stregoneria è unisex, sebbene le donne possano apprenderla tramite un insegnate d'ambo i sessi o possono manifestarla spontaneamente o ancora riceverla per via ereditaria, gli uomini invece sono stregoni solo se figli di streghe, pertanto mi sono dovuta ingegnare
Note5: Siempre Bruja ha 2 stagioni e così mi sono adeguata con una seconda parte, già conclusa




 

Toledo, 1519:

 

Martìn Berrote non era mai stato un fan dell’equitazione.

Escludendo i suoi tentativi disastrosi di salire sopra un cavallo, dove la lotta per il predominio si concludeva prima ancora di cominciare con la sua resa incondizionata, aveva odiato ogni singolo momento passato al circolo ufficiali durante delle interminabili partite di polo dove i cadetti di suo padre si disputavano trofei di dubbio gusto. Di positivo c’era che una volta cresciuto diversi stallieri e diversi fantini erano stati più che disposti a baciarlo e non solo ma spesso tendevano a diventare appiccicosi.

Quindi no, erano oltre trent’anni che non saliva su un cavallo e aveva rimandato finché poteva ma Tatiana era stata irremovibile su quello e quindi dopo aver mangiato, aver debitamente imprecato si era deciso a provare, se doveva morire aveva in mente altre situazioni e non calpestato da un cavallo o con l’osso del collo spezzato a causa di una caduta, e nemmeno restare paralizzato era un’opzione allettante, se lo ricordava bene la buon’anima di Christopher Reeve: un minuto prima voli sui cieli di Metropolis e un secondo dopo ti ritrovi a respirare con un respiratore artificiale.

<< Non siete un cavaliere esperto >> gli disse Rafael dopo averlo imitato, avrebbe dovuto ringraziarlo per avergli assegnato uno dei cavalli più anziani e più mansueti, quel ragazzo non era così tremendo dopotutto.

<< Brutte esperienze, e mio padre alla terza caduta perse le speranze >> ammise lui pregando che il cavallo non credesse di essere ancora un puledro.

<< Siete stato fortunato, zio Sergio inizialmente ebbe pazienza quando passai dai pony ai cavalli della scuderia ma mio padre fu di diverso avviso. Diede ordine allo stalliere che ogni volta che cadevo dovevo essere subito rimesso sulla sella finché non avessi imperato e così alla fine ho dovuto imparare >> rispose Rafael confermando che Andrés e suo padre forse potevano andare benissimo d’accordo, e quello era un pensiero inquietante e cringe, come dicevano gli americani.

<< E ora? Vi piace andare a cavallo? >> domandò curioso poco prima che Tatiana li raggiungesse me … quella non era affatto una sella ma una specie di predellino mobile che si sarebbe ribaltato al primo sasso che il cavallo avrebbe incrociato.

<< Andare a cavallo è il primo dovere di un aristocratico e io sono il figlio di un duca, non si è mai trattato di piacere >> fu la risposta. Martìn era sicuro non solo che tra padre e figlio non corresse buon sangue ma che i due avessero smesso di provarci, Andrés si era aspettato un figlio eccezionale e il fatto che Rafael fosse invece una persona ordinaria doveva averlo oltremodo deluso, Rafael d’altronde doveva aver smesso di cercare l’approvazione paterna, l’unico legame tra i due doveva essere stato Sergio che invece teneva molto alla famiglia.

<< Eh no, io non lo faccio, su quel coso non ci salgo >> sentì dire e voltandosi notò Raquel Murrillo che fissava disgustata la sella preparata per lei.

<< Se lo desiderate Rafael potrebbe farvi sedere dietro di sé, non è vero Rafael? >> propose Tatiana cercando di mantenere il sorriso.

<< Non sarà necessario, procuratemi una sella come si deve e ci penso io >> dichiarò l’ispectora prima di avvicinarsi a uno degli stallieri. << Come ti chiami? >> domandò con lo stesso tono che usava negli interrogatori.

<< Pablo, signora Murrillo >> rispose il ragazzo facendolo ridacchiare, almeno in quel secolo conoscevano le buone maniere.

<< Bene, Pablo, avrei bisogno di un favore. Prestami una camicia e delle brache, e aiutami a salire in sella >> propose Raquel guadagnandosi le occhiate sconvolte della servitù, il povero ragazzo si voltò verso Tatiana in cerca di aiuto.

<< Fai come dice, Pablo, forse in Italia cavalcano in maniera diversa da noi >> ordinò Tatiana, a Martìn parve di cogliere una nota di derisione nelle sue parole ma non poteva esserne sicuro. Il ragazzo comunque obbedì e cinque minuti Raquel li raggiunse, i capelli legati alla buona, una camicia da uomo e dei pantaloni, così diversa da Tatiana che di fronte a lei appariva ancora più eterea e femminile che mai. Fu Pablo ad aiutarla a salire tra mille perplessità e sotto gli sguardi sgomenti della servitù che si era radunata ad osservare quella donna che per loro doveva essere o pazza o strega.

Tatiana montava con le gambe entrambe sullo stesso lato, non all’amazzone ma in una versione ben più primitiva, l’ispectora di sistemò invece come lui e Rafael e qualcuno fece partire un fischio d’appezzamento, con la coda dell’occhio Martìn notò Tatiana farsi velocemente il segno della croce mentre Rafael aveva seguito tutta la scena divertito.

<< Molto bene… possiamo andare, solamente noi quattro e … trotto o galoppo? >> propose il giovane prima di spingersi gli occhiali contro il naso, un tic che Martìn gli aveva visto fare quando era nervoso, ed era sicuro che in presenza di Andrés accadesse su basi regolari.

<< Trotto, Rafael, non posso raggiungervi se andate al galoppo inoltre non credo che Martìn e la signora Raquel siano così bravi da andare al galoppo >> ribatté Tatiana con un sorriso sardonico.

<< Come desiderate madre mia >> rispose Rafael prima di fare cenno al cavallo di partire.

Se fosse morto i suoi libri di ingegneria dovevano andare al piccolo Axel, il suo appartamento ad Hovik, i dischi ad Augustin e a Cincinnati mentre una certa scatola che si trovava sotto il letto ad Agata che ne avrebbe fatto buon uso, pensò Martìn Berrote prima di imitare Rafael e far cominciare quella cavalcata.

 

***

 

A metà percorso Martìn Berrote fu sicuro di due cose: lui era negato per l’equitazione e cavalcare in un paesaggio simile era davvero liberatorio.

Il suo cavallo per fortuna non aveva fatto pazzie anche se aveva avuto l’impressione che lo avesse guardato sardonico come per ricordargli che era lui a comandare e se non lo aveva disarcionato era solamente perché trovava divertente tenerlo in quel limbo.

Rafael era davvero bravo, rigido, marziale e una volta appurato che erano ancora vivi si era concesso una galoppata liberatoria isolandosi e lasciandolo unico uomo. Tatiana sedeva su quella specie di predellino con la grazia di una regina, in quanto all’ispectora… l’avrebbe vista bene in una delle haciende di suo zio, poteva proporglielo come carriera alternativa si disse prima di inoltrarsi in quella foresta, per fortuna il cavallo sapeva dove andare pensò prima di raggiungere una radura, Rafael li stava aspettando, in mano le redini e i piedi saldamenti tenuti a terra.

<< Ho fatto bene a darvi quel cavallo, è un po’ birbante ma basta poco per fargli capire chi comanda >> dichiarò Rafael prima di aiutarlo a smontare e accarezzare l’animale, gli piacevano davvero i cavalli della scuderia notò Martìn. << La prossima volta darò a vostra cognata Nerone, il cavallo preferito di mio padre. È un animale bastardo ma appena sente il tocco del padrone si placa, mio padre è gelosissimo di Nerone ma non lo saprà mai >> aggiunse Rafael, per fortuna l’arrivo di Raquel gli impedì di cercare una risposta.

<< Vi ringrazio molto, è stato bellissimo ma ho la schiena che tutto un dolore per non dire il fondoschiena >> lo ringraziò Raquel, allora non era l’unico pensò lui mentre Rafael rispondeva imbarazzato, quel luogo era delizioso, un vero peccato che ora ci fosse solo autostrada, almeno secondo i suoi conti erano dove secoli dopo sarebbe sorta l’AP-41.

Rafael si sedette non prima di aver fatto loro cenno di imitarlo, e rimase scandalizzato quando l’ispectora si sedette a gambe incrociate, evidentemente le signore per bene non sedevano in quella maniera pensò lui.

<< Non indovinerai mai cosa ho appena visto >> sentirono dire e videro Tatiana che li stava raggiungendo al passo, fresca come una rosa e altezzosa come una regina.

<< Cosa, signora madre? >> le domandò Rafael prima di aiutarla a scendere, c’era qualcosa di strano in quella situazione ma non sapeva esattamente cosa. Raquel per qualche strano motivo non li aveva mai persi di vista, e se i suoi sensi da sbirro erano all’erta voleva dire che forse qualcosa di cui preoccuparsi c’era.

<< Un cervo, con sei ordini di corna >> annunciò Tatiana, come fosse possibile che riuscisse a farsi capire pur sussurrando era un mistero che Martìn era sicuro non avrebbe mai decifrato.

<< Erano anni che non se ne vedeva uno così, signora madre >> dichiarò Rafael abbassando la voce. Fu allora che lo vide.

Di incontri bizzarri ne aveva avuti ma quando il cervo lo guardò Martìn Berrote avrebbe giurato che l’animale gli stesse leggendo dentro. Bello, altero e con delle corna meravigliose, un autentico re degli animali gli venne spontaneo pensare mentre anche Raquel lo guardava ammirata, nel suo tempo queste cose non accadevano tutti i giorni, a meno di non essere un redneck americano. Rimase a guardarsi con l’animale per quella che gli parve un’eternità e anche per quello non si accorse che Rafael aveva caricato il fucile.

Se ne accorse solamente quando sentì il rumore di uno sparo e vide l’animale cadere a terra, per un istante ebbe la sensazione che il cervo lo stesse rimproverando per non aver fatto nulla per salvarlo, ma come… come poteva saperlo?

Sapeva che in quel secolo si cacciava, lo aveva visto nei film ma una cosa era vederlo su uno schermo e un’altra cosa assistervi di persona; sapeva cosa fosse la caccia grossa, lupi, orsi, cervi e via dicendo ma… la realtà era molto più barbara della finzione letteraria pensò accorgendosi solo in quel momento che lui e Raquel si erano abbracciati, in lontananza l’applauso entusiasta di Tatiana che li osservava come una dea giudica dei pezzenti.

<< Rafael ha ucciso la mamma di Bambi >> mormorò l’ispectora cercando di smettere di tremare.

<< O Bambi stesso >> aggiunse lui prima di staccarsi da lei, Rafael si era tranquillamente avvicinato alla sua preda e la stava osservando, il coltello in mano gli fece capire che stava valutando se darle o meno il corpo di grazia, e spero che non cominciasse a squartarla lì davanti a loro.

<< Mi compiaccio della tua mira, figlio, vedi che hai bisogno delle condizioni giuste per brillare? >> domandò Tatiana avvicinandosi a Rafael e del tutto incurante del sangue, tanto quell’abito non lo lavava lei pensò Martìn.

<< Se solo fosse così facile, madre mia >> rispose il ragazzo, c’era qualcosa di strano nel modo in cui si guardavano anche se sul momento non riuscì a capirlo.

<< E… quello volete mangiarlo? >> domandò l’ispectora. Un conto era comprare la carne al supermercato o in macelleria, o nel suo caso chiedere a suo zio se poteva tenergli qualcosa da parte, ma mangiare carne di un animale che fino a pochi minuti prima era vivo… no. Gli sembrava immorale, sbagliato e snaturato; sapeva che derivava dall’aver assistito all’uccisione del cervo in quanto la carne rossa gli era sempre piaciuta, se glielo avessero presentato quella sera a cena senza menzionare come se lo fossero procurato lo avrebbe mangiato senza alcuna esitazione ma così… era tutto sbagliato, assolutamente sbagliato.

<< Certamente, non sarete come i moriscos che evitano la carne? >> domandò Rafael curioso, e doveva rispondere attentamente.

<< Certo che no, solo… vivendo a Palermo non abbiamo spesso l’occasione di poterci procurare della selvaggina, molto meglio servirsi di un macellaio >> rispose d’istinto, e poi era la verità, emglio non dire che per la carne aveva una particolare attenzione per ovvi motivi e che quando frequentava Mirko era stato invitato a diversi barbecue della famiglia Dragic, poi era andata com’era andata e l’ultima volta gli avevano sparato, maledetti serbi e maledetto il modo in cui portavano rancore.

<< Comprendo, quindi vivete in città? Francamente non ne ho mai compreso la bellezza, ovviamente vivendo a pochi passi da Toledo non ci manca niente ma la corte… non fa per noi >> spiegò Tatiana con sussiego. Non fa per Andrés pensò lui, a suo tempo Andrés gli aveva spiegato perché aveva lasciato la corte dei re cattolici, un motivo stupido a parer suo ma quella era gente capace di sfidarsi a duello per una precedenza o un posto a messa.

<< Quindi ora… cosa facciamo? >> domandò l’ispectora.

<< Ora lo portiamo a causa e poi se ne occupa la servitù, questa sera mangeremo un’ottima carne di cervo >> rispose Tatiana come se per lei fosse normale, e doveva esserlo, prima che Rafael l’aiutasse a rimontare a cavallo. Il ragazzo aiutò entrambi prima di salire a sua volta con un movimento fluido ed elegante, chissà se anche Andrés cavalcava alla stessa maniera pensò Martìn.

<< Penso di essere appena diventata vegetariana >> mormorò Raquel quando si mossero, in effetti quella era un’ipotesi da non trascurare.

 

***

 

Raquel Murrillo era sicura di non sbagliare.

Da quando erano arrivati in quel secolo aveva colto ogni opportunità per osservare e memorizzare, se dovevano fingere almeno lo facessero bene. Per fortuna vivevano in un mondo senza documenti e senza internet ed era facile ingannare le persone, Tatiana e Rafael avevano creduto loro dopo che avevano confessato di essere a conoscenza della magia.

Aveva la sensazione che lei e Tatiana non sarebbero mai diventate migliori amiche ma l’altra era una donna intelligente, con una certa aria di superiorità e di distacco dal mondo ma era convinta che fosse una strategia difensiva. Avevano fatto la conoscenza di Andrés de Fonollosa non aveva alcun dubbio sul fatto che la sua terza moglie fosse una moglie trofeo, una deliziosa pupattola bella fuori e vuota dentro, e in parte aveva indovinato. Tatiana era brillante, bellissima e di rara intelligenza ma spesso evitava di dire la sua opinione preferendo sorridere in maniera enigmatica e seguendo il corso degli eventi come se non avesse volontà propria.

In quanto a Rafael la sua idea era una sola: il classico ragazzo abusato che in assenza del genitore brilla, anche se aveva constatato che metà Toledo sembrava condividere l’opinione di Andrés, eppure intuiva che il giovane fosse promettente.

E poi c’era quella faccenda.

Aveva ripensato alle parole di Angel per giorni e si era detta che erano o una malignità o qualcosa che doveva ancora avvenire. Per il momento non aveva individuato indizi che confermassero quell’affermazione, solamente sorrisi, sguardi e ogni tanto uno sfioramento che però non erano degli indizi seri, non aveva prove anche se la tensione si avvertiva, se qualcuno sapeva era facile da individuare, troppo facile. Sarebbe stato l’accordo perfetto pensò: mentre il marito occupava il letto matrimoniale scopandosi ogni serva che gli passasse accanto la moglie teneva occupato quello degli ospiti andando a letto col suo figliastro, la ricetta per la famiglia felice stile telenovelas.

<< Angel Rubio mi ha detto una cosa interessante >> disse quella sera poco prima della cena, Tatiana era impegnata a ricamare mentre Rafael cercava di capire qualcosa dal libro dei conti.

<< E sarebbe? >> le rispose Martìn che stava cercando di capire come non vomitare quando avrebbero servito la cena, sentimento condiviso.

<< Qualche tempo fa è andato a Toledo con la moglie, e lui e Mari Carmen hanno visitato palazzo Fonollosa con un tour guidato. E la guida ha rivelato loro che sembra che il sesto duca si sia sposato più tardi del solito perché se la faceva con la matrigna >> rivelò lei e Martìn per poco non si strozzò con la saliva, quella si che era una rivelazione.

<< Sicura che? E quando? E come? >> domandò l’argentino, l’accento che ad ogni parola diventava più marcato.

<< Secondo la guida si, non saprei quando ma probabilmente a seguito della sparizione del tuo fidanzato >> rispose lei mentre Martìn seguiva Tatiana e Rafael con gli stessi movimenti di uno spettatore di tennis.

<< Quindi… i figli di Rafael sono di Tatiana? >> chiese curioso, una nota preoccupata nella voce.

<< No, sono di un’aristocratica tedesca che Rafael sposerà tra dieci anni, se davvero hanno avuto una relazione non so se ci sono stati bambini o forse si è sposato proprio per timore di averne >> replicò lei. Era sensato, forse Tatiana era rimasta incinta, e aveva o abortito o avevano affidato il bambino ad una famiglia che ne aveva bisogno, e quindi avevano deciso che Rafael dovesse sposarsi, o peggio ancora quei due non avevano mai l’occasione per affrontare quell’argomento e avevano trascorso dieci anni tra dubbi e incertezze temendo il ritorno di Andrés.

<< E… lui lo sa? >> domandò Martìn a voce bassa.

<< Non credo, forse hanno cominciato dopo la sua sparizione, o non hanno cominciato nulla e avrebbero voluto >> spiegò lei poco prima che venisse annunciato che era ora di cena.

Andò meglio del previsto, escluso l’imbarazzo che provava sapendo cose che ancora dovevano accadere. Il cervo in effetti era buono, odiava mangiare con le mani ma doveva adattarsi e … se solo non lo avesse visto di fronte a lei proprio quella mattina.

<< E la testa? Dobbiamo mangiare anche quella o l’avete impagliata per esporla sopra il camino come fanno gli inglesi? >> domandò Martìn, si poteva sempre spacciare quell’informazione del ventunesimo secolo per qualcosa di cui si era sentito parlare o una diceria.

<< Ho dato ordine di conservarla, un esemplare di tale bellezza deve restare a memento, l’idea di farla impagliare non è male ma non sopra il camino bensì nel corridoio, dove tutti possono vederla >> rispose Rafael con un sorriso, quel ragazzo non era abituato a ricevere complimenti o suggerimenti notò Raquel.

<< È comunque un’ottima idea, dovremmo proprio fare così >> dichiarò Tatiana prima di pulirsi le mani, così raffinati eppure così volgari pensò Raquel osservando come mangiavano: un coltello rudimentale e con le mani… il ventunesimo secolo le mancava, eccome se le mancava


 
   
 
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