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Autore: EllyPi    09/03/2023    0 recensioni
Dopo la morte del tiranno Galbatorix ognuno prese la sua strada, due donne sedevano sui loro troni, due cavalieri alla ricerca di qualcosa. Il destino a volte porta a risultati diversi da ogni speculazione e previsione. Come procederà la storia di Alagaesia dopo la pace?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Galbatorix, Murtagh, Nasuada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Volarono verso Feinster, arrivando in meno di mezza giornata. Oltre la Dorsale, il mare rifletteva la luce dorata del sole. Meravigliata, Nasuada si sporse verso l’orecchio del marito, chiedendogli di atterrare sulla spiaggia per una piccola deviazione. Murtagh accettò volentieri. Con alcune manovre seppur brusche, a causa del forte vento di quella metà mattina, riuscirono ad atterrare su un lembo di spiaggia deserta. Le dune di sabbia erano ricoperte sulla sommità d’erba, e piccoli sentieri recintati da tronchi di legno portavano a casette dal tetto di paglia e le imposte blu di un piccolissimo villaggio, di forse cento persone. Molto più avanti, qualcuno stava arrostendo del pescato sul fuoco, visto il profumo che fece gorgogliare le pance dei viaggiatori.

Per non far aspettare la moglie, Murtagh si slegò le cinghie che lo tenevano saldo alla sella, poi roteò per fare lo stesso con la moglie. Si assicurò che le bende che gli cingevano il torso, premendo la neonata al suo petto, fossero ancora salde, poi iniziò a scendere a terra da una zampa di Castigo.

“È bellissimo… Non l’avevo mai potuto vedere così-” , mormorò Nasuada senza più trovare le parole, prendendogli la mano.

Murtagh ridacchiò. “Non hai mai visto il mare?”

Nasuada si spostò il primogenito nell’incavo del collo, stringendolo a sé mentre smontava dal drago. “Sì, ovviamente. Anche dalla vetta più alta del Farthen Dur si poteva vedere il mare. Poi durante gli spostamenti dei Varden è stato necessario muoversi in nave via mare o via fiume, tuttavia quello che intendevo è che non mi sono mai goduta un momento di pace sulla costa. L’odore del mare la mattina, i suoi cibi prelibati e freschi, il rumore delle onde sulla banchina. No, quelle poche volte che mi sono avvicinata eravamo di fretta, e dovevamo nasconderci, passare inosservati. Rimanere a godersi questa vista era un privilegio che non potevamo permetterci, all’epoca.”

Murtagh annuì comprensivo. “Se ti può consolare, la prima volta che ho potuto vedere io il mare, è stato sul dorso di Castigo.”

Nasuada spalancò le labbra stupita, sentendo il drago ridacchiare. “Praticamente è quasi più tempo che sei un uomo accasato!”

Il Cavaliere fece un sorrisetto, alzando le spalle dopo che Nasuada fu arrivata a terra accanto a lui e gli ebbe lasciato la mano. “Sono un uomo lacustre…”

“Ma se sei vissuto alla capitale dai tre anni in avanti!” , lo rimbeccò scherzosamente la moglie.

“Vero, ma certe cose non le puoi facilmente cancellare dall’Essere di un uomo.”

Nasuada lo colpì delicatamente con le dita sulla spalla, come a scacciarlo. “Mi fai venire mal di pancia dal ridere!”

“È un bene, Amore mio.” , disse in un soffio il giovane, tornando serio ma mantenendo comunque un dolce sorriso sulle labbra. Le tese la mano. “Vogliamo esplorare un po’, prima di cercare qualcosa da mangiare?”

Nasuada accettò, mettendo il figlio maggiore a terra per riprendersi la neonata dal petto del padre. Camminarono sulla sabbia all’inizio incerti, raccogliendo a intervalli regolari il principe dalla rena, dopo le sue cadute dovute al terreno difficile. Trovarono dopo circa un’ora una spiaggia deserta, attraversando una lingua di roccia che si gettava direttamente in mare, interrompendo la sabbia. Sotto essa era stato scavato un tunnel, che Murtagh controllò prima di permettere l’attraversamento. Castigo spiccò il volo, arrivando sull’altra spiaggia prima di tutti. Videro si trattasse di una gola chiusa, e in lontananza era visibile una grossa struttura, forse una fortezza, o un palazzo estivo. I polmoni dei due sposi stavano iniziando a riempirsi di aria pregna di salsedine, facendoli sentire meglio dopo il viaggio e il fresco trovato sulla Dorsale. L’enorme drago annusò l’aria, prendendo a frustare l’aria con la coda.

“Tutto bene, Amico mio?” , gli chiese Murtagh.

Il rettile rimase in silenzio, rapito dai suoi sensi.

In lontananza, una ragazza emerse dal mare e un’enorme creatura si fiondò tra le onde, spaventata da un ringhio subitaneo di Castigo. Il principe la indicò. “Papà, un drago!”

“No, credo sia un Nïdhwal.” , rispose frettolosamente Murtagh, mettendo sulla sabbia il figlio.

Nasuada si allarmò e prese con una mano quella del bambino, per impedirgli di correre in giro.

Il Cavaliere sfoderò Zar’Roc, cercandola nelle bisacce, per poi correre dalla fanciulla a perdifiato.

“Amore mio, allontanati dalla riva e rimani dietro a Castigo!” , gridò all’indietro alla regina.

La giovane ancora di spalle cadde all’indietro nella sabbia, pallida. Indossava uno strano indumento che sembrava essere stato cucito apposta per bagnarsi nel mare, appiccicato addosso, mostrando una preoccupante sporgenza sul suo ventre. Murtagh la raggiunse e le toccò il collo, sentendo ancora la grande vena pulsare. Attento a non ferirla con la spada - che menava in aria disegnando degli archi, per tenere lontano l’animale - , la trascinò prendendola per le ascelle, fino dove era riparata la propria moglie. Non fece in tempo a depositare - seppur lo fece con estrema delicatezza - la donna, che si rifondò verso il Nïdhwal. In quel momento, la creatura squamata che assomigliava a un enorme serpente, saltò in aria e si rituffò indietro nelle onde.

Finiarel rise di gusto, non percependo il pericolo. Nasuada osservò la creatura che avevano salvato, scoprendo che fosse ancora viva.

Tutto fu silente per qualche istante, poi il Nïdhwal usò un’onda per farsi adagiare più avanti sulla spiaggia, mordendo l’aria in direzione della giovane svenuta e i viaggiatori. Castigo mosse la coda, prendendo lo slancio, poi frustò il serpente marino sul collo, proprio all’attaccatura della testa appuntita.

L’animale dalle squame di un blu scuro, quasi nere, arretrò appena, spalancando le fauci e sibilando. Nasuada, che seppe mantenere il sangue freddo, si inginocchiò accanto al figlio, sempre stringendo la bambina al petto. Lo guardò sorridendo, poi indicò una duna piuttosto lontana. “Guarda, piccolo, Castigo e papà ti vogliono far assistere a un loro allenamento con quel drago di mare! Dobbiamo però allontanarci per non farci male.” , gli mentì con tono rassicurante.

Il bambino sorrise debolmente, perdendo in parte la paura che gli era ammontata, nel sentire i versi feroci dei due rettili. Le strinse con più forza la mano, seguendola velocemente e in modo obbediente. Lo mise a sedere ai piedi della duna, poi provò a scavare una conca poco profonda per la neonata, ma la sabbia rotolava nel buco appena la spostava. Così, decise di avere una sola opzione. Si accucciò sui talloni, davanti al bambino, facendogli scivolare la sorella tra le braccia, sistemandole poi perché non le facesse male. “Vado a prendere l’altra donzella. Tu tieni tua sorella e non muoverti, da bravo fratello maggiore. Io torno in un lampo.”

Il bambino annuì, spostando su e giù i capelli neri, che gli ricaddero sugli occhi chiari. Nasuada prese a correre verso la donna, senza però dimostrarsi preoccupata. Si sentì come durante la corsa di riscaldamento prima degli allenamenti. Si voltò persino a salutare il figlio, rimpiangendo la scelta quando sfilò un braccio da sotto la neonata per ricambiare. Fortunatamente, Órlaith era stretta nella sua coperta, perciò non si spezzò la schiena. Nasuada prese la donzella come aveva fatto il marito prima, trascinandola via, osservando Murtagh menare fendenti in aria alla bestia a cui probabilmente avevano sottratto il pasto.

L’attaccò più volte, facendola arretrare, fino a quando la creatura non fu immersa nelle onde a sufficienza da essere instabile, costantemente tirato indietro dalla risacca. Lasciò la posizione da fiera feroce, per assumerne una molto più maestosa, dimostrando la sua intelligenza.

Ridatemela. Aveva espresso il desiderio di morire in mare, perciò io, che sono lo spirito di questa distesa di acqua, ho il dovere di divorarla! , tuonò la creatura nelle loro menti.

Castigo sussultò. Non pensavo parlassero.

Prima i Fanghur, poi queste altre bestie... non eravate sufficienti voi draghi?! , sbuffò Murtagh, menando l’ennesimo fendente.

La varietà è più interessante...

Il Nïdhwal siblilò offeso. Ve lo ripeto: ha già pronunciato la sua rinuncia alla vita, in favore delle creature del mare. Non avete alcun diritto di far arrabbiare le divinità marine!

Il drago cremisi aprì le ali, sputando fuoco in aria. Un Nïdhwal non è una divinità marina, come non lo siamo noi draghi, del cielo!

Il serpente marino enorme lo attaccò al collo, facendo cadere grosse gocce di sangue bollente sulla sabbia. Con un verso terrificante, Castigo si lamentò ma lo attaccò a sua volta, non lasciando il tempo a Murtagh di fermarlo. Rotolarono assieme numerose volte, persino nell’acqua, sollevando sabbia o spruzzi di liquido cristallino talmente in alto da sembrare esplosioni vulcaniche.

Durante lo scontro, Nasuada continuò a stringere a sé il figlio, che ormai si era appassionato a quella lotta altamente adrenalinica. Le sembrò di tornare indietro, di percepire ancora la paura mista a curiosità degli scontri tra Saphira e Castigo sulle Pianure Ardenti, mentre a terra combattevano i soldati. Ma come allora, non aveva tempo da perdere. Si tolse la cappa, avvolgendo la giovane in essa, attenta a non farle assumere strane posizioni.

La ragazza avrà anche espresso la volontà di morire, ma dentro di lei vi è una seconda vita, che non ha deciso, e non può farlo, se vuole vivere o meno. , fece notare Nasuada con forza al marito.

Murtagh si voltò a guardarla da lontano, poi annuendole in ringraziamento. Corse a pararsi tra i due animali, allargando le braccia, facendo sussultare la moglie dalla paura. Ovviamente, Castigo fu il primo a bloccarsi, per evitare di schiacciare o ferire il suo Compagno-di-Cuore-e-di-Mente. Lo seguì curioso anche il Nïdhwal, arretrando nel mare per reidratare nella pausa la sua pelle.

Ad alta voce, il Cavaliere ripeté le parole di Nasuada, facendo emettere un ringhio basso di dissenso al serpente marino. Castigo balzò in volo, spostandosi accanto al Cavaliere, allargando nuovamente le ali verso il rivale, per mettergli paura con la sua mole.

Quindi avete intenzione di rubarmi il mio tributo?! , disse con rabbia l’animale.

“Non posso permettere che un bambino che non può decidere per sé venga sacrificato da sua madre.”

E sua madre, per voi quadrupedi è proprio colei che può decidere in ultimo dei suoi cuccioli. , protestò il Nïdhwal.

“Sì, ma non è lucida per poter decidere coscientemente. Se la lascerai andare, ti darò la mia parola di Cavaliere che non interverremo più nella tua caccia.”

Castigo gli sibilò nella mente, nel loro angolo privato. Hai intenzione di fargli continuare a comportarsi come una divinità che non è?! Se sapesse qual è il suo posto, non sarei ferito, e tu non avresti dovuto combattere in una giornata così placida con la tua famiglia.

Murtagh sospirò.

Non possiamo solo reagire alle situazioni, dobbiamo iniziare ad agire con un piano, uno schema, un obiettivo. Abbiamo salvato quella ragazza e il suo bambino oggi, per puro caso, ma finché ci saranno esseri impertinenti come questo Nïdhwal che credono di essersi innalzati a divinità, il mondo non sarà mai un posto sicuro, né giusto. , continuò il rettile rosso, appassionato.

Il Cavaliere rimase immobile, spaventato dopo tanto tempo. Prima di divenire Cavaliere, con lo sprono costante di Castigo, era sempre stato un bambino e poi un giovane uomo riflessivo e immobile. Raramente regina d’istinto, preferendo soppesare per eccessivo tempo, perfino, le opzioni che gli si presentavano davanti. Talvolta arrivava tardi, quando il fuoco sera già spento, e le sue azioni sarebbero solamente state tali, e non reazioni.

La paura di reagire datava ai tempi della sua infanzia, a quegli incontri con Morzan in cui egli gli poneva domande troppo difficili per la sua età, e alzava la spada, o le braccia per colpirlo. E Murtagh affondava solo il collo nelle spalle, chiudendo gli occhi e attendendo che tutto finisse.

“Sono qui a chiederti di andartene, poiché sono in svantaggio di forza: ho due bambini piccoli e due donne da difendere con le mie sole forze. Ti prego di ascoltare clementemente la mia richiesta, e abbandonare la tua preda, questa volta.” , disse al Nïdhwal.

Castigo ruggì ferocemente. A che gioco stai giocando? Sei in svantaggio?! Sono diventato trasparente, per caso?! O sono morto e la mia coscienza è relegata nel mio Eldunarì senza che mi renda conto di non avere più un colossale-corpo per combattere una lucertola-marina?!

Murtagh s’accigliò. Amico mio, ho il compito di proteggere Nasuada, i miei figli e quella ragazza dal pericolo, specialmente evitare di essere io con le mie mani a farceli ricadere.

La giovane rantolò tra le braccia di Nasuada, allora il drago marino si lanciò in avanti per riprendersi la preda. Murtagh sussultò, essendo proprio là staccionata la sua famigliola. “Nas, spostati!” , le gridò, ma fortunatamente Castigo allungò il collo, afferrando il rettile per la pancia e bloccandolo. Le zanne si erano conficcate così a fondo, che lasciare la morsa sarebbe sicuramente risultato fatale per l’animale cosciente. Murtagh lo osservò con la bocca spaventata, senza fiato.

Con un sibilo, il Nïdhwal si divincolò, lacerando peggio le ferite. Lasciami andare, Bjatsukar!

Non posso… , mormorò Castigo, cosciente che ormai ogni sua azione avrebbe causato la sua morte a ogni modo.

Grosse cascate di sangue bollente e verde sgorgarono sulla sabbia, e ben presto l’animale iniziò a percepire la debolezza crescente. Oh… sto morendo? , chiese voltando il collo verso l’enorme drago. Questo chiuse le palpebre lentamente, volendo comunicare la sua conferma dolente.

Il Nïdhwal aprì le fauci, mordendogli il collo, anche se non con sufficiente forza rimasta da causare danni significativi a Castigo. Ero venuto a reclamare una vita, ma l’unico che la perderà per certo, oggi sarò io.

Una lacrima solitaria cadde sulla guancia di Murtagh, dispiaciuto per la morte dell’animale come quando pensava alla morte e all’uccisione violenta, in particolare, di tutti i draghi che avevano preceduto Castigo, Saphira, Fìrnen e Gintaré.

Il serpente magico s’accigliò. No, la mia missione deve essere compiuta a ogni costo, o le Divinità dei mari cercheranno vendetta. , iniziò a parlare nell’Antica Lingua, Io condanno quell’umana a non vedere sorgere tre soli oltre a oggi.

“No!” , gridò Murtagh, ma le parole del Nïdhwal furono velocissime quanto era la sua figura in acqua, e quella di Castigo in aria. Non fece in tempo l’eco a giungere alle sue orecchie incassate nel cranio, che il collo cadde con un tonfo abbandonato sulla sabbia.

Castigo aprì le fauci, lasciando cadere anche il resto del corpo, avvicinandosi al mare per mordere le onde e lavare via il sangue. Grossi pesci si avvicinarono come sciacalli d’acqua, ma furono spaventati dalla massa del drago.

Murtagh guardò al cielo grugnendo e sfogando la frustrazione. “Perché? Che bisogno c’era di maledirla così?” , sussurrò tra sé, cercando di non allarmare la moglie.

Si spostò dalla famiglia, scivolando talvolta nella sabbia che scivolava sotto i suoi piedi, le orecchie che fischiavano a forza di pensare a controincantesimi che potessero non renderla immortale. “Come sta?” , chiese dopo essersi assicurato con uno sguardo esperto che nessuno fosse ferito. Nasuada alzò le spalle. “Ancora incosciente.”

Murtagh si avvicinò al suo Compagno senza parlargli - cercava di non pensare che la colpa della maledizione fosse dovuta al morso eccessivo di Castigo, a sua volta dovuto al suo risentimento per l’animale - , prendendo dalle bisacce una borraccia con l’acqua - resa fredda dalla temperatura dell’aria, all’altitudine di volo - . Tornò dalla moglie, chiedendole di mettere le mani a coppa. Le versò dell’acqua e le chiese di lavare il volto alla giovane, poiché sarebbe sicuramente stata più delicata di lui.

Al passaggio delle mani della regina, la ragazza aprì gli occhi, lamentandosi come avesse dolore in tutto il corpo.

Il Cavaliere l’aiutò a sedere delicatamente.

La giovane era piuttosto pallida e abbacchiata, tuttavia improvvisamente Murtagh la riconobbe. Aveva già parlato con lei a corte. “Duchessa Ezefrina, come vi sentite?” , chiese con voce roca, che minacciava di morirgli in gola per colpa della sensazione - come se un nodo impedisse il passaggio dell’aria - che lo torturava.

Lei si stropicciò gli occhi, sorridendogli, ignara di tutto. “Duca Murtagh! Che sorpresa trovarvi qui… Cosa siete venuto a fare a Feinster?”

Nasuada alzò un sopracciglio al loro tono confidenziale, lievemente ingelosita.

Il Cavaliere passò alla duchessa anche il suo mantello più pesante attorno alle spalle. Era tormentato da qualcosa, e la moglie poteva vederlo chiaramente.

“In realtà una visita al mare con la mia famiglia, ma in pratica siamo arrivati e subito venuto a salvarvi.”

La giovane sospirò, tenendo gli occhi sulla sabbia. “Siete sempre stato molto cavalleresco… anche prima di divenire Cavaliere.”

“Nessuna altra lady di Uru’Baen avrebbe mai avuto l’ardire di dire lo stesso.”

“Per loro eravate solo un desiderio proibito, e i vostri rifiuti le rendevano poi quasi in collera con voi.” , gli rispose con voce malinconica.

Per caso eravate confidenti, tu e la duchessa? , chiese Nasuada al marito con una punta di stizza.

Non come la maggior parte delle lady a cui ha fatto riferimento… No, Ezefrina è sempre stata diversa, esattamente come me. Ci accomunava la nostra voglia di fuggire dalle occasioni mondane, e spesso l’ho incontrata per due parole nelle stalle reali. Purtroppo poco dopo il re propose a lady Lorana un buon partito per Ezefrina, e lei non si presentò mai più a corte. , le rispose con tono pieno di profondo rammarico, tanto che Nasuada dovette abbandonare la gelosia, poiché percepì che davvero non avesse di che preoccuparsi.

Nasuada si spostò accanto al marito, comunque con un sorriso per la sventurata. “Ora siete libera dal pericolo.”

Lady Ezefrina alzò lo sguardo allarmata, mentre Murtagh rabbrividiva involontariamente. “No, non lo sono. Solo la morte potrà liberarmi.”

I due sposi sussultarono a quelle parole. “Di cosa state parlando?” , chiese la regina.

Gli occhi della più giovane si riempirono di lacrime. “Mio marito è morto a causa della maledizione della mia famiglia.” , piagnucolò spostandosi poi le mani sul ventre rotondo, “E peggio ancora un mago ha sondato questo bambino, scoprendo che si tratterà di una fanciulla. Le nostre due casate sono destinate a morire... Perciò perché non farlo subito, senza far soffrire la mia bambina ulteriormente?!”

Nasuada strinse di riflesso a sé la neonata. “Lady Ezefrina.” , la chiamò poi duramente. Murtagh guardò altrove, percependo il tono della moglie che usava per risollevare il morale a chi ne necessitava. Ma lui sapeva che per lei nulla si poteva tentare, per salvarla.

La giovane alzò gli occhi d’istinto, senza paura, allora la regina le spostò una mano sulla spalla. “Conosco vostra nonna da molti anni, e nessun uomo è riuscito a portare una casata così in alto come ha fatto lei. Non dovete pensare di essere inutile, o la vostra bambina. Siete ancora giovane, non è ancora giunta la vostra fine.”

Ezefrina scosse il capo. “Non voglio un altro marito, se è quello che state insinuando che possa ancora accadere. Onestamente non mi aspettavo di trovarmi davanti la regina in persona, in un momento orrendo come questo, per me…”

La regina le sorrise. “Non voglio imporvi nulla, nonostante avrei il potere di farlo. Potete stare tranquilla. Voglio solo rassicurarvi che anche se in questo momento la vostra mente vi può urlare che non vi è più nulla da fare, non è così.” , disse voltandosi verso Murtagh, “Quando ero prigioniera sono arrivata anch’io a chiedere al mio stesso marito di aiutarmi a mettere fine alla mia vita, se le speranze fossero svanite tutte. Ma come per me allora, e così per voi ora, non è giunto il momento di compiere quel passo. Avete vostra figlia, che è ancora una vostra speranza. Poi avete lady Lorana, una casa e vivete in un tempo di pace e prosperità.”

Il Cavaliere annuì brevemente e con distacco, confermando comunque il punto della moglie. La videro rabbrividire, allora lui scostò il mantello pronunciando alcune parole poi nell’Antica Lingua, per asciugare il suo strano costume.

“Come vedete, anche noi abbiamo avuto una bambina due mesi or sono.” , continuò raccontandole con un sorriso, scostando il telo che cingeva Órlaith, “Lei ha il diritto di vivere tanto quanto suo fratello nato maschio. Se voi non volete più andare avanti, almeno date la possibilità alla vostra bambina di vivere. Sarà lei a decidere della sua vita, come voi della vostra.”

“Donatele almeno la vita, così che possa vivere con lady Lorana e crescere al sicuro.” , la supplicò Murtagh aggiungendosi dopo la moglie, “Non posso più sopportare di vedere degli innocenti bambini morire per le colpe di noi adulti!”

Nasuada lo guardò di sottecchi con aria confusa.

La duchessa scosse il capo, lasciando che una lacrima le rigasse la guancia. “Lorana non è come sembra all’esterno. Non voglio che la mia bambina viva con lei.”

Il Cavaliere sospirò. “Non dovrà vivere con la famiglia di vostro marito?”

“Erano tutti morti ancor prima che ci sposassimo. Rimane solo il suo bis-nonno, ma a differenza di Lorana, la sua mente non è più capace di intendere né volere. Significherebbe lasciarla in balìa degli altri nobili, come siete stato lasciato voi da bambino, lord Murtagh.”

Murtagh fece guizzare i muscoli della mascella, colto dal ricordo a cui si riferiva la giovane.

La duchessa alzò gli occhi sulla regina e il Cavaliere, con un bagliore nelle pupille. “Non potreste occuparvene voi?”

Nasuada si bloccò qualche istante, poi addolcì lo sguardo. “Ti prometto che la proteggeremo sempre.”

Ezefrina si tranquillizzò, spostandosi le mani sotto al mantello, all’altezza del ventre. “Con la vostra parola sono allora sicura che avrà una vita migliore della mia.” , pronunciò con decisione, “Questa bambina vivrà.”

Il Cavaliere guardò il mare con un’espressione talmente dolente che pareva al capezzale già di un moribondo, poi la moglie e infine la duchessa. Le spostò un braccio dietro le spalle, l’altro sotto le ginocchia, alzandola dalla sabbia. “Rimanderemo la nostra visita al mare a più tardi. Ora vi riporteremo a casa.” , disse frettolosamente.

Nasuada annuì d’accordo e prese la mano di Finiarel, poi si tirò in piedi, la neonata al petto. Non v’era tempo da perdere: la duchessa avrebbe potuto cambiare idea, e abbandonare il convincimento che avevano esercitato su di lei i due sposi, terminando il suo obiettivo di togliersi la vita. Mentre tornavano al castello dove risiedeva la sua conoscente di lunga data Lorana, Nasuada ripensò ai mesi in cui aveva scoperto della sua prima gravidanza, di come avessero tutti tentato di imporle di sbarazzarsi del bambino. Sarebbe stata la scelta più facile, dunque la giovane dalla pelle d’ebano riuscì finalmente a empatizzare con la duchessa suicida, abbandonando la rabbia materna che ribolliva nei suoi confronti. Lei stessa avrebbe rinunciato alla sua vita, nei tempi più bui che aveva mai incontrato, eppure non si capacitava come in quel momento di pace e benessere, la giovane potesse essere ancora così instabile mentalmente. Lasciandosi scappare una lacrima, si promise che l’avrebbe protetta, poiché lei era riuscita a rimanere forte, ma fu costretta a riconoscere di aver avuto un enorme privilegio, siccome molti altri di fronte alle difficoltà, si erano lasciati trascinare tra le onde della disperazione, e qualcuno ancora lo faceva. Ezefrina doveva essere una di loro. Magari durante la Guerra aveva subito ferite invisibili che non erano state curate, e ora la tormentavano fino al punto di mettere a repentaglio la propria vita e il futuro di sua figlia.

  
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