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Autore: Altair13Sirio    10/03/2023    0 recensioni
[Darling in the FranXX]
Mille anni di pace non bastano a far svanire il passato. Quando dalle profondità della terra emergono dei giganti antichi, Hachi e Nana capiscono che il futuro dell'umanità è nuovamente incerto e dovranno agire per proteggere il mondo che hanno aiutato a costruire.
Formata una squadra di nuovi Parasite, i due adulti metteranno a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza per guidarli verso la battaglia, ma non tutto sarà facile per la nuova squadra e i ricordi di vecchi amici ritorneranno a galla dopo tanto tempo.
"Non credo che il caso possa andare così lontano... Forse il destino... E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi!"
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
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Tetsuya osservò la piazza che gli era stata indicata, i gazebo sotto al quale i volontari distribuivano sacchi e scatole di viveri erano un viavai continuo mentre un sacco di gente diversa iniziava a ronzare attorno ai tavoli allestiti in mattinata. Quando avvistò la persona che stava cercando, si avviò a passi rapidi verso di lui.
Alla fine era tornato in quello strano posto. Lo aveva fatto lo stesso giorno che era rientrato a casa da Desia, sgattaiolando fuori senza dare troppo nell’occhio aveva passato sì e no una mezz’oretta per le strade e pochi minuti in quel luogo misterioso: finalmente l’uomo che aveva incontrato là gli si era presentato come Nomu, ma non aveva avuto molto tempo da dedicare alle sue domande; visto che però Tetsuya sembrava ben disposto, gli aveva proposto di incontrarlo lì il giorno dopo e dare una mano a un evento di beneficienza. Il signor Nomu aveva detto che quella sarebbe stata l’occasione per capire meglio cosa intendesse dire quando parlava di “arricchire lo spirito.”
Tetsuya non era ancora del tutto convinto di quella cosa, quel posto continuava a inquietarlo ma la curiosità era più forte di qualsiasi altra preoccupazione; aveva avuto un mucchio di cose per la testa negli ultimi tempi e sentiva che sarebbe stato bello avere qualcuno con cui parlarne. Ma allora perché non provava a farlo con Yoshiki o con Hoshi, o magari con Suzuko che avrebbe dovuto cercare di avvicinarsi a lui così come lui con lei? Bé, semplicemente perché si vergognava…
Nomu era uno sconosciuto, non avrebbe dovuto condividere cose tanto personali con lui, eppure sentiva che fosse uno di cui potersi fidare e visto come parlava sembrava possedere una certa esperienza da condividere… Per non parlare del fatto che tutto quanto attorno a lui sembrasse ruotare attorno a quella strana filosofia che diceva di “aiutare chi si era smarrito”. E Tetsuya non credeva veramente di sentirsi tale, ma non poteva negare di non sapere di preciso che strada prendere.
«Tetsuya, sei arrivato!» Lo accolse l’uomo con un grande sorriso. Aveva un aspetto più curato del solito, probabilmente Tetsuya lo aveva sempre incontrato in giornate meno impegnative di questa. Il signor Nomu si fece spazio in mezzo a un gruppetto di persone e andò a salutarlo.
«Mi spiace di aver fatto tardi…» Mormorò Tetsuya, la schiena leggermente incurvata per l’imbarazzo. C’era veramente tanta gente, sarebbe stato riconosciuto?
«Non fa niente, i gazebo sono stati facili da montare. Però mi servirebbe proprio qualcuno come te per scaricare le ultime casse dal furgone…» Cambiò subito argomento Nomu, indicando un furgoncino bianco poco distante da lì con uno degli sportelli sul retro ancora aperto.
Il giovane si fece avanti, pronto a dare una mano. Nomu si voltò dall’altra parte e a gran voce chiamò una ragazza più o meno dell’età di Tetsuya, che li raggiunse con passi leggeri.
«Yu, ti presento Tetsuya! L’ho incontrato qualche settimana fa alla nostra comunità e sembrerebbe volerci dare una mano.» Disse lasciando che la ragazza si presentasse da sé.
«E’ un piacere, è sempre bello conoscere gente nuova tra noi! Io sono Yuri, ma gli amici mi chiamano Yu. Tu sei nuovo?» La giovane si avvicinò a Tetsuya e gli strinse la mano con entusiasmo; era una ragazza alta e dalla corporatura slanciata, i capelli lunghi e neri e occhi chiari e vivaci che guizzavano da una parte all’altra della zona, scrutando il ragazzo di fronte a sé. Tetsuya fu sorpreso dall’espansività di lei e non seppe bene come reagire in un primo momento, poi si ricompose e riuscì a dare una risposta più o meno esaustiva.
«Ehm… Sì, è la prima volta che vengo qui.» Borbottò. Lei sorrise, quindi gli disse di seguirla e Tetsuya non protestò mentre il signor Nomu li lasciava andare.
«A dopo, Tetsuya!» Lo salutò prendendo un taccuino nelle mani e iniziando a scribacchiare qualcosa con una matita.
Yuri lo guidò fino al furgone indicatogli prima spiegando come avessero ancora un po’ di vettovaglie da scaricare.
«Fammi vedere il braccio!» Disse arrestandosi di fronte al veicolo, un attimo prima di aprire completamente gli sportelli. Tetsuya reagì automaticamente alzando il braccio e rimase un po’ confuso dalla richiesta finché lei non gli tastò il bicipite, annuendo soddisfatta.
Il ragazzo ritirò il braccio allarmato e le mandò un’occhiata interrogativa che le strappò una risata. «Scusa, scusa! Non volevo spaventarti, ero solo curiosa di vedere quanto fossi forte. Uno della tua stazza è proprio quello che ci vuole per questo lavoro.»
Tetsuya la osservò allibito mentre si voltava a prendere una scatola chiusa. Yuri cercò di sollevarla e faticò un po’, nel mentre cercava di cambiare argomento dicendogli quanto fosse bello rendersi utile in posti come quello.
«Aspetta, faccio io.» Le disse avvicinandosi, un po' imbarazzato al momento di stringersi insieme nel retro del furgone. Yuri lasciò andare la cassa e si fece da parte per dargli spazio, osservando attentamente come Tetsuya la sollevava senza problemi.
«Oh, sì! Sei davvero forte!» Commentò guardandolo. Tetsuya sorrise ancora più imbarazzato e le chiese dove dovesse poggiarla. «Oh, seguimi. Ti faccio vedere la strada.»
Iniziarono a camminare lungo il campo, la gente li lasciava passare vedendo come Tetsuya fosse impicciato dalla cassa; riconoscevano che stesse facendo un lavoro delicato e lo lasciavano andare avanti senza intralciarlo, Tetsuya si sentì strano quando se ne rese conto. Intanto Yuri parlava, ma lui non riusciva veramente a stare dietro ai suoi discorsi finché non gli fece una domanda diretta.
«Tu come sei arrivato qui?»
Lui si voltò distrattamente mentre abbassava la cassa dove lei gli stava indicando e le chiese cosa intendesse. «Bé, qui… Nella nostra comunità!» Spiegò non sapendo che altri termini utilizzare.
«Oh.» Disse lui. «Bé, non… Non sono parte della comunità… Più o meno. Diciamo che la curiosità ha avuto la meglio su di me… Ho visto il cartello sull'ingresso e ho provato a chiedere qualche informazione, ma il signor Nomu è così misterioso…»
«Dì pure “schivo.”» Ridacchiò lei prendendo una pinza e iniziando ad aprire la cassa. «Comunque è così, ma credimi: non lo fa di proposito. E’ semplicemente molto distratto e pieno di impegni. Se non ci fossimo noi a dargli una mano, non ci sarebbe nessuno da aiutare qui oggi.»
«Noi?» Domandò confuso Tetsuya. Yuri sorrise.
«Bé, sì. Noi, la famiglia! Siamo tutti uguali, no?» Gli diede un colpetto sul braccio e Tetsuya lo sentì. «Abbiamo tutti quanti i nostri guai e segreti; non importa cosa ci abbia portati qui, l’importante è che abbiamo trovato qualcuno alla fine del viaggio. Io faccio il possibile per aiutare la comunità, ma c’è sempre un limite a ciò che possono fare dei ragazzi come noi, dico bene?»
Divertito da quel pensiero, Tetsuya sorrise. «Ti sorprenderebbe saperlo veramente.» Disse pensando a quanto fosse stato capace di fare per la comunità combattendo sul Gaia.
Yuri non colse il riferimento, ma Tetsuya la vide ghignare con aria di complicità. «Vedo che sei pieno di ottimismo! Che ne dici di portare qui quelle altre casse, così cominciamo a distribuire un po’ di vettovaglie?»
Tetsuya si girò a guardare il furgone e sorrise alla ragazza, dicendo che sarebbe tornato in un lampo. Si incamminò a passo spedito verso il mezzo e per qualche motivo si sentì veramente euforico; non aveva fatto quasi nulla ma già si sentiva pervaso da quella sensazione di aver aiutato qualcuno di cui parlavano Nomu e Yuri. Non aveva ancora capito quale fosse il punto che volevano far passare quelle persone, ma cominciava a piacergli.
Raggiunto il furgone iniziò a rimuginare su come fare per portare più casse possibile in un solo viaggio: credeva di avere abbastanza forza per trasportarne due alla volta, forse anche tre ma viste le loro dimensioni non sarebbe stato possibile. Proprio mentre cercava di sollevare due casse impilate tra di loro, il signor Nomu comparve al suo fianco salutandolo di nuovo.
«Come ti stai ambientando?» Gli domandò, lo sguardo scivolò per un attimo verso Yuri che consegnava un piattino con un sacchetto di posate a una signora anziana.
«E’ una sensazione strana.» Rispose lui, lasciando andare le casse. «Raramente mi sono sentito così nella vita…»
«E aspetta di vedere dopo, quando tutti saranno grati per quello che fai.» Disse quello. «Certe cose sono veramente impagabili!»
«Eh…» Tetsuya pensò che aveva ragione. Non era troppo diverso da quello che aveva sentito alla radio dopo le loro prime vittorie; la gente apprezzava e applaudiva il suo lavoro di Parasite e questo lo faceva sentire orgoglioso e gli dava la forza di spingersi ancora più in là per il loro bene. Non si trattava solo di difendere il pianeta, si trattava di non deludere tutta quella gente.
Il signor Nomu lo osservò mentre si perdeva con i pensieri in quei ricordi e gli diede una pacca sul braccio. «Che c’è, non sei convinto?»
Al contrario, ma la sua espressione distratta aveva dato l'impressione sbagliata. Nomu non gli diede il tempo di spiegarsi e cambiò argomento.
«Mi sembra che fossi venuto qui per fare delle domande.» Commentò tranquillamente, sorridendo incoraggiante. Adesso non sarebbe più scappato, Tetsuya avrebbe potuto fargli tutte le domande che voleva.
«Giusto!» Il ragazzo si raddrizzò completamente e sembrò indeciso su cosa fare per un momento. Si ritrovò a non sapere dove mettere le mani e alla fine decise di sollevare nuovamente le casse che aveva preso dal furgone. «Ehm… Signor Nomu, quando ha detto che abbiamo qualcosa di cui farci perdonare, a cosa si riferiva e da chi dovremmo farci perdonare?»
L’uomo osservò Tetsuya e sorrise divertito. Per un momento non disse niente, poi iniziò a camminare assieme al ragazzo e disse: «Tetsuya, tu sai da dove veniamo?»
Interdetto, Tetsuya non seppe come rispondere.
«La scienza ci ha confermato che la nostra discendenza è frutto di una evoluzione durata milioni di anni e altre razze prima di noi allo stesso modo hanno vissuto lo stesso processo. Ma chi ha permesso tutto questo secondo te?»
Tetsuya e Nomu rimasero a guardarsi, il ragazzo lo fissava instupidito mentre l’adulto sembrava calmo, come se comprendesse perfettamente la sua confusione.
«Colui che ha iniziato tutto questo, che ha messo in moto la macchina della natura e ha permesso che le cose andassero in questa direzione: il nostro Padre Eterno, che ci ha concesso la vita e tutto ciò che viene con essa.» Disse infine, alzando un dito con calma e mandando un sorriso caldo al ragazzo. Tetsuya era ancora più confuso.
«Un padre… Eterno?» Mormorò quasi facendosi cadere le casse dalle mani.
Nomu annuì. «E’ normale che tu non riesca a comprenderlo, il nostro mondo ha abbandonato le sue radici e ha deciso di costruirsi da solo; la società umana si è allontanata dalle sue origini e anche se è stata una mancanza di rispetto verso il nostro Padre, Lui non ce ne ha fatto una colpa.»
Tetsuya andò avanti senza guardare la strada. I suoi occhi erano puntati sull’uomo che camminava al suo fianco, accompagnandolo sapientemente lungo quel corridoio creato dai gazebo e tavoli messi in piedi dai volontari, ora sempre più gremiti di gente che preparava da mangiare.
«Ma ora le cose stanno cambiando: dobbiamo dimostrare nuovamente al nostro Padre di essere degni della Sua benevolenza e che abbiamo imparato dai nostri errori. Molti ancora non comprendono la realtà di questa nostra missione, ma presto si ravvedranno e insieme potremo trovare la pace che desideriamo da secoli…» Concluse con un tono dolce, ma con delle sfumature che lasciavano intuire preoccupazione in esso; Nomu sembrava quasi avere fretta.
«E quindi… Una volta ottenuto il perdono, che cosa succede?» Borbottò confuso il ragazzo, che non sapeva più cosa aspettarsi da quel discorso. Nomu sorrise e si allontanò un po’.
«La pace non ti sembra abbastanza?» Lo prese in giro. Tetsuya pensò di aver detto qualcosa di inopportuno, ma in realtà subito dopo l’uomo lo tranquillizzò e ampliò il suo discorso: «Avremo l’onore di poter finalmente vivere per sempre con lui, una volta abbandonato il nostro corpo.»
Quell’idea a Tetsuya sembrò un po’ strana, ma non disse niente per rispetto. Tutto quello gli sembrava un po’ assurdo, ma qualunque cosa assurda potesse fare tanto bene alla gente non poteva essere cattiva. Guardò un’altra volta i volontari a lavoro e gli sfuggì un sorriso.
«Quindi… Il messaggio “per chi cerca perdono” era tutto qua?» Domandò pensando di essere un po’ troppo puntiglioso, ma a questo punto era quasi deluso; gli era sembrato che quel cartello al di fuori dell’edificio dove aveva incontrato il signor Nomu lo conoscesse fin nell’animo e sapere che fosse un discorso vago era molto meno affascinante.
«Il perdono non lo dobbiamo solo a nostro Padre, Tetsuya.» Disse Nomu, riaccendendo l’interesse del ragazzo. «Abbiamo tutti qualcosa nascosto dentro di noi, un desiderio represso oppure un sogno che crediamo irrealizzabile… Se scavi abbastanza a fondo dentro di te, anche tu troverai qualcosa; il semplice fatto che tu sia venuto a chiedermi queste cose lo dimostra.»
Tetsuya arrossi per l’imbarazzo, punto sul vivo!
«E poi?» Come un bambino dalla curiosità insaziabile, Tetsuya continuava a fare domande in quel tragitto che ormai sembrava senza fine.
«Una volta che hai trovato ciò che tieni nascosto dentro di te, devi liberarlo. Chiedi scusa a te stesso per averti fatto soffrire e smettila di nasconderti; quando avrai imparato ad accettarlo sarai molto più sereno e felice.» Spiegò il signor Nomu con voce estremamente gentile. «La nostra comunità fa questo: accoglie chiunque si senta perso e gli dà una casa, un posto dove sentirsi accettato, poi lo prepara ad affrontare il mondo con questo nuovo sé e lo manda di nuovo là fuori. Guarda Yuri, per esempio…»
Tetsuya e Nomu guardarono contemporaneamente nella direzione della giovane, che rimasta da sola aveva cominciato ad allestire la propria postazione e aveva già visto alcune persone avvicinarsi ad essa.
«La sua famiglia non c’è più, sono morti in un incidente anni fa. Rimasta da sola, l’unica cosa che ha potuto fare è stato aggrapparsi a qualunque cosa la facesse sentire un po’ più viva, un po’ meno sola; ha passato due anni tra ospedali, orfanotrofi, case famiglia e istituti psichiatrici, il tutto riducendosi a un’ombra di sé stessa, qualcosa che nemmeno vorrei ricordare. Quando l’ho conosciuta, era magrissima e senza forze, quel sorriso che ora vedi sul suo volto non esisteva… Potrà sembrarti presuntuoso detto così, ma io e le persone della comunità abbiamo capito quello che decine di dottori e tutori non erano riusciti a capire in anni: Yuri aveva bisogno di qualcuno che la facesse sentire come una sua pari, non come una persona da curare.
«Ho cominciato a farla sentire a suo agio, le ho dato tutte le attenzione necessarie ma facendola sempre sentire in controllo; assieme a questo, le ho chiesto se volesse rendersi utile in qualche modo e aiutare con lavoretti e manifestazioni come questa, e da quel momento in poi qualcosa nei suoi occhi è cambiato: in lei è tornata la luce della speranza, una cosa che non avresti mai immaginato se l’avessi vista all’inizio. In poco tempo ha ripreso a mangiare, ha cominciato a parlare con tutti e ha fatto tanti amici… Ed è diventata una delle nostre migliori volontarie!»
Tetsuya rimase fermo a fissare il volto raggiante di Yuri, che non smetteva mai di sorridere mentre interagiva con i bisognosi, intrattenendo chiacchiere spensierate tra un incontro e l'altro, e gli sembrò di vedere quella luce di cui parlava Nomu; rimase imbambolato qualche secondo di troppo a fissarla, tanto che alla fine lei se ne accorse e gli andò incontro.
«Ce ne hai messo di tempo!» Lo accolse facendo per prendergli le casse, ma ripensandoci subito dopo. «Signor Nomu, la smetta di fargli perdere tempo!»
Nomu sorrise divertito e fece per andarsene. «Hai ragione. Scusa, scusa!» Disse, e Yuri tornò indietro aspettandosi che Tetsuya la seguisse, ma il ragazzo rimase fermo per un momento; Nomu non se n’era ancora andato.
«Vedi, Tetsuya: anche la persona più disperata può essere aiutata.» Riprese a parlare. «A volte non ce ne si accorge nemmeno quando si è completamente a mollo nei guai, ma anche qualcosa di innocuo può disturbarci profondamente; quello che sto cercando di dire è che se hai sentito il bisogno di venire fin qui per farmi tutte queste domande, forse anche tu stai chiedendo aiuto. E io sarei grato di dartelo.»
«Io non…» Tetsuya si ritrovò interrotto da Nomu, che gli posò una mano sulla spalla e soffiò tra i denti.
«Non devi dirlo solo perché te l’ho detto io: devi esserne sicuro tu, prima di tutto. Per ora, divertiti e basta, fai del bene e andrai sul sicuro… E ricorda che, se mai dovessi aver bisogno di qualcuno con cui parlare, un amico di cui fidarti… Noi saremo sempre pronti ad aiutarti.»
Quelle parole lo toccarono nel profondo, Tetsuya si sentì compreso e lasciato con il proprio spazio: Nomu non stava cercando di cavargli qualcosa con insistenza, ma aveva comunque dato qualche piccola spinta per capire cosa avesse, offrendogli il suo supporto nel mentre.
«Grazie…» Mormorò sentendo un sorriso incontrollabile sfuggirgli dalle labbra.
Nomu ammiccò con trasporto e gli diede un’altra pacca sulla spalla prima di allontanarsi definitivamente. «Adesso vai da Yuri, o mi farà un’altra lavata di capo se non ti metto a sgobbare!»
Tetsuya non sapeva come reagire. Era passato dal non sapere cosa stesse facendo lì a fare amicizia con una sconosciuta, a vivere una conversazione intensa e personale come quella, fino a scherzare come se niente fosse pochi secondi dopo; gli era sembrato di partecipare a una visita guidata di un’immersione in una caverna, con tanto di guida turistica e compagni di viaggio. Non era stato a disagio, si era sentito bene, aveva imparato qualcosa e adesso cominciava anche a divertirsi; certo, era lì per lavorare, ma c’erano così tante persone sorridenti che sarebbe stato difficile pensare che non fosse possibile godersi quel momento.
La voce di Yuri lo ridestò da quei pensieri e Tetsuya finalmente sentì il peso delle casse cominciare a intaccare la solidità delle sue braccia, così la raggiunse in fretta per posare tutto il carico sul tavolo; guardandola un’altra volta che iniziava a dargli ordini con quell’aria amichevole, Tetsuya non riuscì a credere che una ragazza tanto spensierata potesse avere un passato così travagliato alle spalle.
Era proprio vero: chiunque poteva essere aiutato.
 
*
 
Alla fine Tetsuya aveva deciso di presentarsi lo stesso a casa Kondō. Il lavoro di volontariato non era durata minimamente quanto aveva previsto e aveva finito per avere tutto il pomeriggio libero, così all’imbrunire si era fatto coraggio ed era andato a casa del suo compagno di stanza sperando di non intromettersi. Appena suonò sentì arrivare da dietro la porta alcune voci soffocate, poi dei passi si avvicinarono all’ingresso e fu accolto da due volti sorridenti e leggermente sorpresi: i fratelli Okagawa avevano aperto la porta.
In un primo momento Tetsuya pensò di aver sbagliato indirizzo, ma poi si rese conto di non sapere dove vivessero i due e per questo fu ancora più confuso. «Ma voi non… Questa non è la casa di Hoshi?»
«Chi è alla porta?» Sbraitò una voce familiare, questa volta appartenente al vero padrone di casa che fece capolino in mezzo ai due fratelli e sembrò illuminarsi quando lo vide. «Tetsuya! Non pensavo che saresti venuto.»
«Sono riuscito a sbrigarmi prima, quindi ho pensato di passare a salutarvi…» Borbottò imbarazzato, rendendosi conto di essere arrivato senza farsi aspettare e di aver probabilmente rovinato l’organizzazione della serata. «Spero di non disturbare…»
«Ma scherzi? Hai fatto benissimo a venire, più siamo e meglio è!» Iniziò a dire il piccoletto facendo strada nella casa. Dietro di lui i due fratelli si separarono e Rin sembrò contrariata.
«Quando sono arrivata io però non lo hai detto!»
«Avevo detto niente femmine!» Sbottò in risposta senza fermarsi a guardarla. Tetsuya lo sentì borbottare ancora per un po’ mentre si allontanava, ma Rin sfoggiò un ghigno divertito nonostante la risposta piccata.
«Vieni, sono già arrivati tutti.» Lo invitò Aki, facendo strada verso il soggiorno al piano terra. La casa di Kondō era un posto veramente diverso da come ce lo si sarebbe aspettato: Tetsuya avrebbe pensato che lui e la sua famiglia vivessero in un appartamento compatto ed essenziale, ma la casa era molto spaziosa e divisa in due piani, una villetta decisamente eccessiva per una famiglia di tre persone che non stavano mai a casa…
«Tetsuya?» Fu il modo in cui fu apostrofato, pieno di sorpresa, da Yoshiki quando questo lo vide varcare la soglia della stanza. Lui era in piedi di fronte a un archetto e sembrava intento a dipingere, osservato con attenzione da Sato seduto sul divanetto lì vicino.
«Come va?» Salutò sentendosi leggermente fuori posto. Ryo si alzò per andare a salutarlo mentre Yoshiki ancora lo guardava incredulo.
«E così alla fine sei venuto?» Disse il ragazzo facendogli segno di sedersi.
«Sono riuscito a liberarmi molto prima del previsto e ho pensato di venire a vedere cosa steste facendo…» Rispose lui spaesato, ripetendo ciò che aveva detto a Hoshi. Gli occhi si posarono su Yoshiki, che non aveva distolto lo sguardo sin da quando era entrato; aveva un pennello tra le dita e una tavolozza macchiata da diversi colori nell’altra mano, ma non stava dipingendo e la tela di fronte a sé aveva giusto qualche schizzo su di essa.
«Hai fatto bene, la festa non era ancora entrata nel vivo quindi non ti sei perso niente.» Ryo si fece da parte e diede una rapida occhiata alla televisione dove stavano trasmettendo un vecchio film che tutti quanti avevano già visto. La spense e attraversò la stanza. «Per ora stavamo solo passando un po’ il tempo guardando Ojizaki che dipinge…»
«Ma non ho alcuna ispirazione.» Sbuffò l’altro tornando a guardare la tela. «Non avrei dovuto ascoltarvi!»
«Ma dai, sei sempre piegato sul tuo diario a disegnare e adesso non hai ispirazione?» Lo prese in giro Hoshi, che però non aveva intenzione di attaccare briga.
«Quello è diverso. Una tela è qualcosa di speciale, mentre sulle pagine di un diario posso buttare qualunque cosa io voglia!» Si lamentò l’artista. «E poi non voglio dipingere una natura morta, voglio fare qualcosa che abbia un significato!»
In preda alla frustrazione, incapace di creare, Yoshiki agitò il pennello centrando la tela con gli schizzi di colore che andarono a mischiarsi a quei pochi tratti che aveva lasciato e rimase a guardare seccato il proprio lavoro.
«Scusate, ragazzi…» Mormorò soprattutto rivolto ai due fratelli Okagawa. «Sto sprecando così il regalo che mi avete fatto…»
«Ma figurati! Noi vogliamo che tu crei ciò che desideri, non devi sentirti obbligato!» Lo tranquillizzò Rin. Con il suo solito tempismo, Hoshi arrivò a tentare di sdrammatizzare.
«Se vuoi dipingere qualcosa pieno di significato, perché non ritrai me allora?» Domandò con un sorrisetto divertito, al quale Yoshiki rispose con un rapido e seccato: «Preferisco di no.»
Tetsuya tornò a guardare i due fratelli e alla fine si rivolse nuovamente a Rin, rendendosi conto di quello che era successo: «Io pensavo che tu non saresti venuta…»
«Mi annoiavo a restare a casa, così sono riuscita a convincere Aki portarmi con sé!» Rispose con un sorriso smagliante.
«Ha rovinato la nostra perfetta serata tra soli uomini.» Mugugnò Hoshi.
«E invece vi ho fatto un favore, sarebbe stato un mortorio senza di me!» Gli rinfacciò lei.
Hoshi continuò a borbottare finché non ebbe raggiunto il tavolino del soggiorno, dove giaceva una scodella piena di stuzzichini. «Comunque, se avete fame prendete pure. Mio padre ha una bella collezione di classici, pensavo che potremmo vedere un film tutti insieme in serata…»
«Ed ecco perché dicevo che sarebbe stato un mortorio…» Sbuffò Rin, che di film ne aveva visti abbastanza a Mistilteinn per voler fare qualcosa di diverso lì.
Mentre i due continuavano a litigare, Yoshiki abbandonò la propria tela sapendo di non riuscire a cavare un ragno dal buco e raggiunse Tetsyua chiedendogli come fosse andata la giornata.
«Uh… Normale, sai com’è…» Borbottò.
«Ammetto che pensavo che avresti rifiutato l’invito di Kondō ugualmente, ma non che avesti cercato scuse.» Gli confessò incrociando le braccia e sorridendo mentre i suoi compagni di squadra davano spettacolo, con Aki che tentava di calmare i loro bollenti spiriti. «Questo significa che avevi veramente qualcosa da fare.»
«Bé, in un certo senso… Era una cosa nuova che non volevo perdermi, e… Non sapevo quando mi sarei sbrigato.»
«E alla fine sei anche voluto venire quaggiù per la festa.» Commentò compiaciuto l’altro. «Cosa è successo al vecchio Tetsuya? Tu chi sei?»
Tetsuya rise alla battuta, ma rimase perplesso quando vide che il volto del suo compagno di squadra non cambiava di una virgola: Yoshiki sembrava serio, nonostante i toni chiaramente ironici.
«Immagino che sia semplicemente un po’ su di giri…» Disse alla fine, imbarazzato. A Yoshiki sembrò andare bene quella risposta, che arricciò gli angoli delle labbra e distolse l’attenzione da lui, chiamando a gran voce i due litiganti.
«Ehi, perché non invadiamo tutti la camera di Hoshi?» Kondō e Okagawa si voltarono all’unisono.
«Sì!»
«NO!»
Era chiaramente una proposta nata per nessun altro motivo se non quello di stuzzicare un po’ il suo compagno di squadra, ma Yoshiki non pensava di divertirsi così tanto a vedere la sua reazione. Rin però tentò ugualmente di vincere quella battaglia.
«E’ questo che intendevo quando parlavo di qualcosa di emozionante! Siamo qui per una festa, e allora che lo sia davvero! Scateniamoci, prendiamoci in giro, giochiamo… Facciamo cose che normalmente non faremmo a casa!» Rin diede un discorso come se ne dipendesse della sua stessa vita, somigliava a Kya quando doveva dare la carica alla squadra sul campo di battaglia.
«Questo accadrebbe se non ci fossi tu, brutta strega…» Commentò seccato il padrone di casa, che mostrava ancora di non aver mandato giù la sua intrusione.
«Perché, avevi forse intenzione di correre per casa nudo o qualcosa del genere?» Gli rinfacciò lei. Il volto di Hoshi divenne improvvisamente paonazzo.
«Ma come ti salta in…!» Fu la sua risposta oltraggiata mentre le lanciava un cuscino.
«E allora non c’è niente che non possiamo fare anche con me.»
Il tono soddisfatto con cui Rin diede quella sua ultima risposta sembrò chiudere definitivamente la discussione; litigare su quella cosa ormai non aveva più senso e non sarebbe cambiato niente in ogni caso, e poi le obiezioni della ragazza avevano più che senso. Fu Ryo a venire in soccorso per appiattire la tensione, mettendo d’accordo tutti quanti.
«Okagawa ha ragione, possiamo fare un sacco di cose e non importa che siamo tutti maschi o femmine. L’idea era quella di rilassarci dopo le battaglie che abbiamo affrontato; può essere qualsiasi cosa, l’importante è farlo in serenità e senza litigare.»
«Facile per te parlare, hai vissuto tutta la tua vita attaccato a una femmina!» Sbuffò contrariato Hoshi, che solo dopo aver parlato si rese conto che menzionare Nakamura fosse un po' indelicato. Lo sguardo di Ryo si rabbuiò; sapeva che il piccoletto non volesse farlo stare male, ma ci rimase male ugualmente. Prima che la situazione si incupisse ulteriormente, fu Yoshiki a intervenire distogliendo l’attenzione da quell’argomento, cercando di strappare una risata a tutti.
«D’accordo, e con questo intervento per niente imbarazzante di Hoshi direi di proporre qualcosa! Che ne dite di una caccia al tesoro? Chi trova per primo il diario segreto di Kondō può leggerlo ad alta voce agli altri.»
«Ehi!» Si levò la voce di Hoshi in mezzo alle risate. Anche Ryo si riprese un poco, smettendo di pensare a Kya.
«Io voglio trovare i suoi giornaletti sporchi!» Si aggiunse alle prese in giro Rin.
«EHI!»
I due complici finsero di scattare verso l’altra stanza per andare al piano di sopra, ma il padrone di casa li afferrò per il colletto e li trattenne sulla soglia.
«D’accordo, d’accordo! Ho capito, facciamo qualcosa di diverso, ma smettetela di prendermi in giro!» Sbuffò il piccoletto, che da solo non sarebbe mai riuscito a trattenere sia Rin che Yoshiki, senza la loro tacita complicità.
«Ma come? Tu hai letto il mio diario, sarebbe solo giusto se io leggessi il tuo…» Ci riprovò l’altro, ma Hoshi continuò a brontolare per farlo stare zitto e finì per far scoppiare dal ridere tutti quanti nella stanza.
Tetsuya sorrise. Dopo la giornata atipica con il signor Nomu e Yuri, tornare alle abitudini della squadra e vedere i suoi compagni finalmente davvero senza pensieri era qualcosa di veramente rinfrescante; si sentiva rinvigorito già da quella mattina, ma dopo un po’ si era reso conto che gli era mancato vedere tutti i suoi amici comportarsi così. Gli erano mancati per così dire, anche se si era trattato solo di una mezza giornata; avrebbe solo voluto mostrargli quel nuovo mondo che aveva scoperto e fargli vivere esperienze come quella della mattina, tutti insieme.
   
 
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