Anime & Manga > Altro - anime/manga sportivi
Ricorda la storia  |      
Autore: sasdavvero    13/03/2023    0 recensioni
[Blue Lock]
Lo notò per la prima volta quando lo vide nudo.
Okay, magari detto così non suonava benissimo, ma, come sappiamo, fare uno sport basato sul lavoro di squadra (o l’egoismo, in questo caso), voleva dire dover giocare con altre tot persone, e condividere con queste persone uno spogliatoio.
Isagi non era mai stato il tipo da notare cose così, non guardava i suoi compagni di squadra, anzi; d’altra parte, Bachira era abbastanza menefreghista da poter restare per infiniti minuti nudo dopo la doccia, non gli importava, e, beh, buon per lui, no?
Ciò comportava che non guardare era… non impossibile, ovviamente, ma comunque una difficile impresa.
Isagi non si incolpava di aver guardato, era successo e basta, okay? Sarebbe potuto ai migliori di noi, davvero.
Si incolpava però per essere rimasto a fissare.

[Blue Lock - Bachisagi Soulmates AU]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lo notò per la prima volta quando lo vide nudo.

Okay, magari detto così non suonava benissimo, ma, come sappiamo, fare uno sport basato sul lavoro di squadra (o l’egoismo, in questo caso), voleva dire dover giocare con altre tot persone, e condividere con queste persone uno spogliatoio.

Isagi non era mai stato il tipo da notare cose così, non guardava i suoi compagni di squadra, anzi; d’altra parte, Bachira era abbastanza menefreghista da poter restare per infiniti minuti nudo dopo la doccia, non gli importava, e, beh, buon per lui, no?

Ciò comportava che non guardare era… non impossibile, ovviamente, ma comunque una difficile impresa.

Isagi non si incolpava di aver guardato, era successo e basta, okay? Sarebbe potuto ai migliori di noi, davvero.

Si incolpava però per essere rimasto a fissare.

A fissare l’interno coscia di Bachira tentando di capire che diamine fosse quel disegno verde fluo, sembrava una specie di cerchio circondato da dei fulmini stilizzati, non lo sapeva, non lo vedeva bene, ma—

Cazzo.

“Puoi smetterla di fissare?” si smosse dalla sua immobilità al sentire quella frase, alzò lo sguardo sugli occhi di Bachira, sembrava stesse sorridendo un sorriso tirato.

No, non sembrava per niente contento.

“Scusa, non volevo,” Isagi si scusò perché, beh, che altro avrebbe potuto fare?

“Tranquillo,” disse solo Bachira, perché, beh, che altro avrebbe potuto dire?

Eppure, Isagi riusciva a malapena a ignorare il vociare che era esploso nella sua testa.

Merda.

Merda sì, visto che quello… quello… beh, era normale, marchi come quello erano così comuni che sarebbe stato strano non averne uno, ma quello era troppo…

Familiare.

Troppo fottutamente familiare per Isagi.

Non chiese, perché cosa avrebbe potuto chiedere? Non disse nulla, perché perché mai avrebbe voluto saperlo?

Le anime gemelle non erano importanti, non lo erano mai state per Isagi, visto che la cosa più importante per lui era il calcio, e non c’era bisogno di un’anima gemella nel calcio.

Eppure, non poté fare a meno di rimanere indietro dopo che gli altri si furono cambiati, non poté fare a meno di guardare il proprio riflesso allo specchio e sospirare, non poté fare a meno di alzare un po' la maglia e abbassare la fascia elastica dei suoi boxer e non poté fare a meno di guardare.

Non poté farne a meno perché non voleva non guardare.

Non… non sentiva mai nulla, quando guardava il suo marchio, quando guardava quel cerchio giallo fluo con dei fulmini stilizzati attorno che sembravano quasi pezzi di vetro in frantumi, mai nulla, a volte avrebbe voluto sentire qualcosa, qualsiasi cosa.

Invece non sentiva assolutamente niente.

Assolutamente niente, e questa volta non fu diversa.

Sospirò di nuovo, lo ricoprì, e uscì dallo spogliatoio.

Dovevano pensare ad una strategia da attuare per la partita successiva, una questione molto più importante delle anime gemelle.

Molto più importante.

*

Era strano.

Non ci aveva mai pensato davvero a tutta ‘sta faccenda e continuare a pensarci non avrebbe portato a nulla di buono, ma non riusciva a non farlo.

Voleva farlo, in un certo senso, anche solo per avere almeno un opinione su tutto questo al posto del suo da-sempre-pensiero: Oh, ‘sta roba esiste, non mi importa.

Che diamine era un'anima gemella, comunque?

Isagi avrebbe davvero voluto avere il suo telefono in quel momento, cercare informazioni online sarebbe stato molto utile, invece era solo con i suoi pensieri.

Ma davvero, che diamine era?

Era per caso qualcosa che plasmava l'individuo sin dalla sua nascita? Una storia scritta eoni prima del tempo, prima che l’individuo potesse essere stato ideato?

Questi erano i suoi pensieri, due distinte, ma non davvero distinte, abbastanza opposte, ma nemmeno troppo, opinioni, e Isagi pensava che il dibattito sulle anime gemelle fosse sintetizzato in queste idee.

Un’anima gemella era… era forse qualcuno per te e solo per te, destinato dal Fato in un modo distinto e preciso, qualcuno che ti avrebbe voluto nonostante tutto perché era quello il suo scopo? Perché non aveva altra scelta, senza che fosse attivamente consapevole di quel destino?

Un’anima gemella… era forse qualcuno che sarebbe sempre stato perfetto nel modo del Funzioniamo, insieme, anche senza un marchio che ce lo fa notare? Meglio ancora, i marchi delle anime gemelle imponevano una narrazione su qualcuno o erano lì solo per confermare qualcosa che sarebbe accaduto comunque?

Ma queste differenze erano davvero differenze? Più Isagi ci pensava, più niente aveva senso, quindi aveva sospirato e si era concentrato di più sulla corsa invece che sul fare daydreaming su roba del genere.

Eppure, non poteva negare di aver iniziato a comportarsi diversamente con lui.

L’aveva realizzato solo la notte precedente, ma era così, era così e non aveva idea di che fare, di come smettere, nessuna idea, ma tornare indietro a un prima gli sarebbe sembrato… finto, in un certo senso.

In un modo o nell’altro ci stava pensando troppo, fanculo, era per questo che non avrebbe mai dovuto far finta che gli importasse, avrebbe rovinato tutto e basta.

Scese dal tapirulan con il fiatone, quasi si sentiva morire, e tentò di concentrarsi solo sul riprendere fiato, Testa del cazzo, sta’ zitta.

Se solo non avesse saputo nulla.

Se solo non avesse visto nulla.

Ma Bachira era sempre il solito Bachira quando era con lui, era sempre il suo strano-conoscente-diventato-migliore-amico, che giocava come se ne andasse della sua vita e parlava come se conoscesse tutti da anni.

Era un ragazzo divertente da avere in giro.

La maggior parte delle volte almeno, non che avesse fatto qualcosa di male, ma ecco, sì.

E, beh, Isagi se lo sarebbe dovuto aspettare, cioè non avrebbe potuto aspettarselo, ma avrebbe dovuto, in un certo senso.

“Ho fatto qualcosa di strano?” la domanda di Bachira echeggiò nel silenzio dello spogliatoio, vuoto se non per loro due, e Isagi non aveva idea di che dire.

Non ne aveva davvero idea.

“No? Perché me lo chiedi?”

“Ti comporti in modo strano.”

Merda. “Non è così, davvero, ma scusa se ti ho dato questa impressione.”

“È successo qualcosa?”

Ti prego smettila. “Nop, tutto come al solito.”

Bachira non sembrava convinto, per nulla, al punto che Isagi non poté fare a meno di parlare di nuovo. “Scusami.”

“L’hai detto, sì—”

“No— intendo… scusa per… aver fissato.”

“Ah, parli di quello?” Bachira rise. “Per un momento ho pensato di aver davvero fatto qualcosa, ma stai tranquillo, davvero, non preoccuparti.”

“Ma non avrei dovuto farlo.”

“Perché?”

Quella domanda lo colse di sorpresa. “In che senso Perché??”

“Nel senso di Perché?, non è così strano avere un marchio, è solo un disegnino sul mio corpo, non è così importante, no?”

In un certo senso, Isagi avrebbe voluto non aver mai provato a trovare un significato a tutto questo. “Immagino di no.”

“Te credi alle anime gemelle?” gli chiese Bachira, perché era una domanda normale da fare, visto che ne stavano parlando.

“Non saprei,” e Isagi davvero non lo sapeva, “in generale non me ne frega.”

“Bella, nemmeno a me," sorrise un sorriso così… sollevato, in un certo senso, sorrise un sorriso così raggiante che Isagi dovette distogliere lo sguardo.

“Andiamo a mangiare?” chiese, soprattutto perché voleva che la conversazione finisse.

“Oke!”

Ed effettivamente finì così.

Così, così, Non è importante, non mi interessa.

-Non è importante, non mi interessa.

*

Aveva il presentimento che Bachira gli avesse mentito sulla questione delle anime gemelle.

Isagi non lo capiva davvero, sapeva solo che ora, dopo averci pensato per ben sette volte e mezza, gli sembrava fosse stato quasi troppo finto.

Ma, beh, sapeva anche che quando iniziava a pensare troppo a qualsiasi cosa poi sembrava finta, quindi non era sicuro a cosa credere.

Avrebbe voluto dirglielo.

Non sapeva perché, ma questa… qualsiasi cosa questa fosse, questa specie di segreto, di fardello che doveva portare, stava iniziando a pesare sulle sue spalle.

Avrebbe voluto avere qualche sorta di conferma, qualche sorta di qualcosa, solo per potersi dire Questa è la verità, ora posso smetterla di pensarci.

Ma, d’altra parte, non voleva davvero dirglielo.

Dirlo sarebbe stato troppo strano, cioè, immaginate che il vostro migliore amico, così, all'improvviso, vi dicesse Ciao, volevo solo dirti che siamo anime gemelle; qualcosa del genere avrebbe solo portato uno strano, teso silenzio e così tanto imbarazzo tra voi che sarebbe stato meglio non dire nulla, no?

Isagi la pensava così, quindi non credeva avrebbe fatto o detto qualcosa a riguardo.

O almeno, lo pensava finché non fu mezzo nudo dopo un’altra partita e poté sentire i suoi occhi su di sé.

Cazzo.

Gli venne istintivo tirar su la banda elastica dei suoi boxer, non gli importava, non— non voleva che—

Ma Bachira sorrideva e rideva come ogni giorno, come se non avesse visto nulla, magari non aveva davvero visto nulla, ma quella era solo una bugia a cui Isagi piaceva pensare per giustificare la loro mancanza di…

Comunicazione.

Si chiedeva se anche lui avrebbe voluto dire qualcosa, una domanda stupida su cui soffermarsi, visto che Bachira sembrava un ragazzo molto diretto, l’avrebbe fatto notare ormai, se avesse voluto.

Eppure, in un certo senso, non era una cosa così certa, visto come anche Isagi era sempre stato abbastanza diretto, eppure, non aveva detto nulla.

Forse anche Bachira non avrebbe voluto sapere.

Forse anche Bachira non avrebbe voluto vedere.

Non aveva mai avuto importanza per nessuno dei due, quindi perché avrebbe dovuto averne ora?

Isagi non lo sapeva, non ne aveva idea, e non poteva fare a meno di pensarci su, ancora e ancora e ancora finché nulla aveva più un senso.

Che palle.

Non voleva che— Nel senso, a ‘sto punto dovrei dirlo e basta, no? Lui ha visto, io ho visto, lo sappiamo entrambi, perché non lo dico e basta?

Perché E se, no?

E se fosse…

Cazzo.

Ma che minchia sto a pensare? Isagi era stanco.

Era anche arrabbiato.

Arrabbiato in un modo che non aveva mai provato, non era un sentimento sopraffacente, ma era lì, in un angolo della sua mente, e c’era da almeno tre giorni.

Perché ’Affanculo, no?

’Affanculo, voleva solo godersi la sua amicizia in pace ma no, ovviamente doveva essere qualcosa di destinato dal Fato, ovviamente, fanculo—

Forse ora capiva perché la gente era arrabbiata col Destino, una specie di sensazione scomoda, l’essere sopraffatti da una Forza Onnisciente, la sensazione di non essere in controllo di una parte così importante della propria vita.

Isagi non ne sapeva molto di anime gemelle, ma era sicuro che tutta quella roba fosse romantica, certo, anime gemelle platoniche o familiari o altro esistevano, ma erano rare sulle persone, e di solito si sommavano alla roba romantica, ovvero, se si aveva un solo marchio era quasi (con enfasi sul quasi) impossibile che riguardasse un legame non romantico. Questo non voleva dire che le persone con solo un marchio avessero solo un’anima gemella, solo che il Destino sembrava molto fissato con l’amore romantico rispetto agli altri tipi di amore.

E Isagi era molto sicuro di non essere innamorato di Bachira.

Per niente, cioè, gli piaceva come persona, come amico, ma come partner romantico?

Nu-hu.

Per niente.

Ed era così strano, cercare e riuscire a stento a sostenere quella normalità mentre era troppo consapevole di che cosa significasse, era faticoso e così estenuante e—

Ah.

Isagi aveva realizzato qualcosa solo quando lo aveva perso.

Se mi vuoi, vienimi a prendere.

Lo aveva sentito nel suo petto, un buco nero che risucchiava ogni tipo di emozione, un sentimento di vuoto nel suo cuore che batteva troppo, echeggiava nella sua gola, nelle sue orecchie, era—

Non puoi fare nulla senza Bachira.

E quanto era vero?

E da quando era diventato così importante? Lo era, certo che lo era, aveva bisogno di lui per giocare, lui era l’unico che lo capiva davvero, eppure, tutto questo gli sembrava…

Una sfida.

Verrò a prenderti, perché? Perché sei tu, e io sono migliore con te al mio fianco.

Migliore a calcio, ovviamente.

A calcio.

Qualunque cosa fosse quel dolore al petto, non era importante, qualunque cosa fosse quel vuoto che sentiva, non era importante.

Ammettere che gli mancasse era qualcosa che non era ancora pronto a fare, non perché se ne vergognasse, ma perché sentiva quella narrativa mentre gli veniva imposta sempre di più all’aumentare della sua assenza.

Stava iniziando, qualunque cosa fosse, e non poteva fare nulla per fermarla.

Avrebbe voluto fermarla?

Sì, certo che sì, avrebbe fatto qualsiasi cosa per smettere di pensare a tutto questo, per smettere di sentire tutto quello che sentiva.

Cazzo.

Fanculo, dio santo, sono messo male.

Peggio per lui.

Ma non pensava avrebbe mai potuto dimenticare il tutto che aveva sentito, un tutto che aveva tentato con tutte le sue forze di mascherare, quando lo aveva visto di nuovo.

Sono venuto a riprenderti.

E cosa implicavano quelle parole? Niente, niente eccetto un Sono qui, mi— mi sei mancato, cazzo se mi sei mancato, sarò di nuovo con te.

Troppo?

Nah.

Semplici sentimenti d’amicizia, questi, e non sono nemmeno ironico.

Eppure, Isagi non sapeva cosa volessero dire per sé.

Non ne aveva idea, ma poteva a malapena ignorare il calore che prese tutto il suo petto quando Bachira sorrise a quelle parole.

Sta iniziando, e non posso farci nulla.

Sta iniziando, e io…

*

Bachira poteva essere alquanto stupido alle volte.

Ignora tutto, concentrati solo sul gioco, come se potesse voler giocare con qualcuno al di fuori di lui.

Lui.

Cazzo, tutto questo non era nei suoi piani.

Eppure, non aveva mai smesso di convincersi di essersi immaginato tutto.

Da quando era bambino, Bachira era sempre stato affascinato dalle anime gemelle.

Sua madre ne parlava raramente, Bachira non ne aveva capito il motivo finché, a quattordici anni, non aveva visto sua madre china sul suo dipinto con le lacrime agli occhi.

Mi piace dipingere perché posso coprirmi di quei colori che non ho, e che non avrò mai.

Non era la fine del mondo, non avere un'anima gemella romantica, eppure, poteva far sentire le persone una merda, pensare di non aver nessuno se non sé stessi, pensare che nessuno li avrebbe mai amati al mondo.

Bachira Yuu era solo felice di avere quella piccola croce gialla sul lato del suo indice sinistro, eppure, a volte le persone tendevano a non fare tesoro di tutti i vari tipi di amore che esistevano nella loro vita.

Bachira Meguru aveva due marchi.

Amava la croce gialla sul suo indice destro tanto quanto amava sua madre, e amava il cerchio verde fluo contornato da una specie di fulmini come pensava avrebbe amato chiunque sarebbe arrivato con questo.

Gli aveva dato speranza quando non c’era nessuno, qualche sentimento di sicurezza, finché non era un quattordicenne, e Yuu…

So che non è un dramma, so di avere persone che amo e che amano me, eppure, a volte mi sento solo vuota, a pensare che tuo padre non sarebbe mai stato quello giusto.

Bachira Meguru iniziò a odiare il suo marchio romantico perché sentiva che sua madre si meritava qualcuno più di lui, Perché io devo avere qualcuno e lei no? Perché lei deve essere triste mentre io ho qualcuno?, si sentiva come se avesse potuto fare a meno di qualcuno che lo amava in quel modo perché c’era il mostro con lui, sentiva…

Non voglio che qualcuno mi ami perché deve farlo.

Se qualcuno deve amarmi solo perché non ha altra scelta, allora è meglio non avere nessuno.

Non aveva mai dubitato l’amore di Yuu, non avrebbe mai potuto farlo, ma nella sua testa questo, tutto questo discorso, valeva solo per l’altro marchio.

E continuò con questa idea finché Isagi Yoichi non gli fissò la coscia, finché non vide il suo stesso marchio sull’anca di Isagi Yoichi, e finché Isagi Yoichi non gli diede la sua opinione a riguardo.

In generale non me ne frega

E che voleva dire, quello?

E, cosa più importante, perché faceva male?

Cazzo.

Cazzo, ora nemmeno la persona che avrebbe dovuto amarlo lo amava?

Bachira non sapeva come sentirsi rispetto a tutto, tutto questo, ma si era convinto di essersi immaginato ogni cosa.

Era più facile, così.

Perché Isagi glielo avrebbe detto, giusto?

Lui l’avrebbe— me l’avrebbe detto, no?

No?!

Fanculo.

Fanculo a tutto, Bachira non aveva bisogno di tutta ‘sta menata.

Per nulla.

Ma Cristo se non fu felice di rivederlo.

Cristo, si sentiva così al settimo cielo, la persona a cui più teneva in quel posto era con lui, era e—

Era tutto troppo complicato.

Bachira avrebbe solo voluto avere il coraggio di parlarne con lui, di dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, solo per sapere se era vero, solo per…

Non lo sapeva.

Non lo sapeva per nulla, sapeva solo che Isagi Yoichi era diventato troppo importante per lui, e questo lo spaventava.

Lo spaventava così tanto.

Perché era solo… Destino.

E il Destino non era qualcosa di cui far tesoro, non ai suoi occhi almeno, non quando…

Isagi Yoichi non lo amava, questo era ovvio.

A Isagi Yoichi non importava, gliel’aveva detto lui stesso.

E anche se all'improvviso lo avesse amato, se anche all'improvviso gli fosse importato, sarebbe stata solo…

Una Forza che lo spingeva verso di lui.

Qualcosa di incontrollabile che sarebbe dovuto accadere, non avrebbe avuto importanza, perché non avrebbe avuto altra scelta al di fuori di quella, perché non sarebbe stato vero.

Bachira non pensava che avrebbe potuto vivere con la consapevolezza che l’unico amico che aveva mai avuto era solo una marionetta manovrata dal Fato.

Avrebbe voluto che fosse vero, tanto vero quanto sarebbe mai potuto essere, avrebbe voluto che non fossero anime gemelle solo per sapere che il suo amore sarebbe stato vero, se ci fosse mai stato.

Amore.

Cazzo.

Dio santo, ammettere roba del genere era dura.

Bachira lo realizzò quando Isagi Yoichi lo salvò da sé stesso, dal suo modo di giocare, dal suo mostro, e divenne chiaro nella sua testa, mentre cercava qualcuno a cui passare la palla, cercava lui, solo lui, e lui era esattamente dove avrebbe voluto che fosse.

Ti amo, compagno.

Ti amo.

Dio, avrebbe quasi vomitato, se non fosse stato che non c’era nulla da espellere nel suo stomaco e non poteva stare male in quel momento, doveva tenere duro per la sua squadra.

Ma Dio, se era spaventoso.

Era così spaventoso.

Lo era, lo era, troppo, troppo, non sapeva nemmeno che farsene di quella
realizzazione, perché per quanto tentasse di convincersi che era tutto falso, non poteva, non poteva proprio negare la realtà di quel sentimento.

Era così naturale.

Era così… spontaneo.

Bachira Meguru non sapeva più a che credere, ma sentiva che avrebbe dovuto abbandonare le proprie idee ancora una volta.

Come se lasciare andare il mostro non fosse stato abbastanza, ma, beh, l’aveva fatto una volta, no?

Avrebbe potuto provare a rifarlo.

*

“Lo sai, vero?” Isagi non riuscì a non chiedere all’unica altra persona nello spogliatoio.

Bachira alzò lo sguardo dal pavimento, uno strano qualcosa nei suoi occhi. "Anche te lo sai, non è così?”

Isagi non rispose.

“Perché chiedi se non riesci nemmeno a dirlo?” Bachira chiese di nuovo, un piccolo sorriso sulle sue labbra. “Fa niente, so che non ti importa, va tutto bene.”

“Perché mi dici che va tutto bene? Anche a te non frega,” non poté non ribattere.

“Non mi interessa, davvero, cercavo solo di rassicurarti per non aver detto nulla, credo. Ignorami se ti dà tanto fastidio.”

“Non mi dà fastidio, è solo che…” sospirò. “Mi dispiace di non aver detto nulla, avrei dovuto farlo, sono… sono settimane che mi dico che devo farlo.”

Bachira non smise di sorridere. “Anche io ti chiedo scusa, vale lo stesso per me, non… non avevo idea di cosa dire, ad essere onesti.”

“Nemmeno io.”

Cadde il silenzio tra i due, quel silenzio troppo teso, quasi familiare, parole non dette volavano tra loro, parole che nessuno dei due aveva il coraggio di pronunciare.

“Dobbiamo… fare qualcosa con ‘sta roba? Ora che beh, l’abbiamo detta?” chiese Bachira dopo un po’.

“Tu vuoi fare qualcosa?”

“Dipende.”

“Da che?”

“Per te cos’è un’anima gemella?”

Isagi non lo sapeva, non ne aveva ancora idea. “Non lo so, qualche strano gioco del Destino.”

“Quindi pensi che al Destino piaccia il gossip?”

Non riuscì a non sorridere a quelle parole. “A tutti piace, che lo neghino o meno.”

“Vero, sì sì,” Bachira rise, “eppure, è a malapena gossip se tutto dovrebbe finire bene, no?”

“Non finisce sempre tutto bene però.”

“Anche questo è vero.”

“Quindi vuol dire che è finto?”

“Non lo so.”

Isagi sospirò di nuovo. “Non no mai dato peso alle anime gemelle, per nulla, e quando… quando ho realizzato questa… cosa su me e te, pensavo solo che avrebbe rovinato la nostra amicizia, ma ora non so davvero che pensare.”

“Beh, cos’è una relazione romantica se non un’amicizia con più privilegi?”

“Stai sputando fatti stasera, eh.”

Bachira rise di nuovo. “Lo faccio sempre, non tralasciare le mie perle di saggezza.”

“Scusa, scusa, io…”

“Uh?”

“A te sembra finto?”

Bachira non rispose.

“Scusa,” Isagi non riuscì a trattenersi, "non devi rispondere se non—”

“No.”

Ah.

Cazzo.

“Per nulla,” continuò Bachira, “non sembra per niente finto, non penso di aver mai sentito qualcosa di così vero, oltre all’amore familiare che sento per mia madre.”

“Ah,” ecco qualcosa che Isagi capiva, “vale lo stesso per me.”

“Bello.”

“E’ un modo strano di confessare i propri sentimenti— aspe, tua madre?”

“Lo è, e già, ho un marchio in comune con mia madre,” si mosse verso di lui e improvvisamente gli stava quasi ficcando l'indice destro nell’occhio, “vedi? E’ carina, mi piace un sacco.”

Isagi fissava la croce giallo canarino. “Figo, io non ne ho uno con i miei genitori.”

“F.”

“Perché?”

“La gente fa meno domande, secondo me è un fatto rispettabile.”

“Come fanno le persone a fare meno domande se uno dei tuoi marchi è sulla tua coscia?”

“Sono sempre di più di qualcuno con un marchio sull’anca, chi mai potrebbe vederlo?”

“Letteralmente chiunque qui.”

“F.”

“Ma la pianti con le F—

“Eddai, non ti dà davvero fastidio, no?”

No, per nulla, Isagi però voleva far tacere la voce nella sua testa che ripeteva quanto cazzo fosse carino ma Cristo Santo— “Chiudi quella bocca.”

“No, non penso che lo farò.”

“Tu…” Isagi non sapeva nemmeno come dirlo, ma sorrise. “Sono felice che questo non sia cambiato.”

Il sorriso di Bachira cresceva sempre di più. “Anche io, ero… avevo paura che sarebbe stato tutto finto, sai, è da anni che ne ho paura, e ora… ora ho ancora paura, in un certo senso, perché… non si può mai sapere, se è finto o no, no? Il Destino non è qualcosa che si può semplicemente capire, credo.”

“....magari non è così.”

“Uh?”

“Nel senso… magari è l’altra faccia della medaglia, no? Non qualcosa che sarebbe stato vero nonostante tutto, non qualcosa che viene imposto dal marchio, ma qualcosa che viene confermato da questo, no? Come se fosse accaduto anche senza la presenza del marchio.”

Bachira si finse scioccato. “Che è tutta sta filosofia improvvisa?"

“Sta’ zitto, dico per dire, non lo so davvero.”

“Ma è davvero così importante?” si fermò per un attimo. “Nel senso, lo è, ma credo che… in fin dei conti siamo solo… noi, no? Niente deve cambiare, no?”

Siamo solo noi.

Siamo noi.

Isagi non riuscì a trattenere un sorriso. “Non voglio che qualcosa cambi tra noi.”

“Bella, su questo siamo d’accordo.”

“Già.”

“Uh.”

“Ho fame.”

“Andiamo a mangiare allora, o gli altri si finiranno tutto il buffet.”

“Ah cazzo è vero—”

Ed era quello l'importante.

Anime gemelle o no, non era per niente importante, loro erano solo…

Loro.

E quella era l’unica cosa che contava.

 

*

BONUS

Stare nudo con qualcuno a letto era fantastico.

Okay, suona male di nuovo.

Era così, però, era solo quello, due adolescenti nel privato della casa di uno dei due, che semplicemente… stavano a letto, coperti da almeno tre strati di coperte, e semplicemente… stavano lì, abbracciandosi e stringendosi l’uno all’altro in un modo molto calmo, confortante, quel modo da Potremmo addormentarci da un momento all’altro.

Tutto questo mentre erano nudi, un dettaglio per nulla importante, ma che va detto comunque, così, per lo scenario.

“Che poi… se ci pensi,” parlò Yoichi nel silenzio della stanza, “potremmo essere anime gemelle platoniche, no? Se tua madre ha solo un marchio familiare, potrebbe essere possibile che un solo marchio non sia per forza romantico.”

“E’ possibile sì, è raro però, e poi, non credo che agli amici piaccia baciarsi come facciamo noi.”

Yoichi sorrise, rannicchiandosi di più contro Meguru, braccio stretto attorno alla sua vita. “L’amicizia e le relazioni platoniche sono diverse, e poi, chi dice che a me piace?”

Meguru alzò improvvisamente la testa. “Oh? Non Ti Piace? Non Ti Piace Baciare Meguru??? Oh Oh Oh! Ti Meriti Centomila Anni Di Prigione—”

Isagi ignorò il suo futile tentativo di imitazione di un meme in favore di predere il suo viso tra le mani e stampargli un bacio che lo fece stare zitto per quei pochi secondi in cui si baciarono e per i successivi tre minuti, in cui Meguru restò a guardarlo come se fosse la persona più fantastica sul pianeta.

Meguru poi sorrise il suo sorriso più ampio, più caldo, rise un’unica risata e si tuffò di nuovo sulle sue labbra; poggiava una mano sulla sua guancia per tenerlo fermo, per riuscire a sentirlo il più possibile, lentamente, non c’era fretta, non c’era fretta di nulla.

“Posso vederlo?” chiese Meguru dopo minuti e minuti e minuti spesi a baciarsi.

“Il marchio o il mio cazzo? Perché—”

“Il marchio, idiota, ho già visto il tuo cazzo da vicino.”

“Ah, già, hai ragione.”

“Che sorridi a fare?”

Il sorriso di Yoichi si fece solo più ampio. “Niente, niente, puoi vederlo, sì.”

Si mossero a sedere, le coperte caddero dalle loro spalle per lasciare spazio ai brividi dell’inverno, Yoichi era immobile, quasi rilassato, mentre le dita di Meguru sfioravano il disegno sulla sua anca sinistra, contornando le sgargianti linee gialle, fulmini, crepe in un vetro spaccato che convergevano nella semplice forma di un cerchio, il suo tocco era più gentile di quanto non fosse mai stato, lo osservava e tentava di immagazzinare ogni piccolo dettaglio che non riusciva mai a vedere nel suo riflesso allo specchio.

Non dubitava che ogni parte di quel disegno fosse identica al proprio.

“Cosa pensi che significhi?” sussurrò Meguru, alzando la testa a cercare il suo sguardo.

“Non ne ho idea.”

“Eddai, Signor Arte è la mia materia preferita, fammi la tua migliore analisi.”

“Fammi dare un’occhiata al tuo prima, il mio non lo vedo bene.”

Meguru si limitò ad allontanarsi da lui, appoggiando la schiena al muro dietro di sé mentre apriva le gambe abbastanza da rendere il marchio visibile.

Yoichi si avvicinò, guardava quel verde fluo così luminoso, così intenso, una sfumatura leggermente più scura ne delineava i contorni, stette a fissarlo un poco, memorizzandone ogni dettaglio.

Non l’aveva mai trovato più bello di così.

“Credo che il cerchio sia una palla da calcio, il resto sono o dei fulmini, quindi una qualche forte forza, o schegge di vetro, che potrebbe significare… qualcosa che è andato in frantumi.”

“Wow,” Meguru rise, “il vetro in frantumi vuol dire qualcosa che va in frantumi? Non l'avrei mai immaginato, ma proprio—”

“Sta’ zitto—”

“Zittiscimi te, carino.”

Yoichi non se lo fece ripetere, muovendosi a far incontrare di nuovo le loro labbra, gentile, baciandolo con tutto sé, sentendo ogni parte di lui e lui era lui.

Lui era lui.

Bachira Meguru era la sua anima gemella, e, ad essere onesti, non aveva importanza che significato avesse tutta quella roba, l’unica cosa importante era lui, e Isagi avrebbe apprezzato ogni parte di lui al meglio che poteva, perché quello era ciò che pensava fosse importante, tutto ciò che aveva valore, per lui.

E non dubitava che Meguru avrebbe fatto lo stesso.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Altro - anime/manga sportivi / Vai alla pagina dell'autore: sasdavvero