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Autore: Duchessa712    15/03/2023    1 recensioni
Che potrebbe sempre andare peggio, è la frase con cui Ellen blandiva i figli bambini che correvano da lei con le ginocchia sbucciate e il viso inondato di lacrime.
Ora che quei figli sono adulti, però, fanno molta fatica a immaginare come potrebbe sempre andare peggio.
Wendy, la maggiore, si è vestita del suo lutto e deve fare i conti con un matrimonio che si è sgretolato senza che lei abbia fatto nulla per impedirlo.
Lacey, la scapestrata secondogenita che ha messo la testa a posto, vede la sua vita perfetta minacciata dall'arrivo di un fantasma.
Rose, madre da pochi mesi di un bambino stupendo, non riesce a vederne lo splendore.
Judith, alle prese con l'organizzazione del matrimonio, viene sedotta dai demoni del passato.
Robert, il fratellino piccolo che così piccolo non è più, si trova, come sempre, a fare da paciere nella guerra tra le sorelle maggiori, che, prese dalle loro vite, notano comunque la sua distrazione: gli manca New York, dove si sta costruendo una vita, o anche lui ha parti di sé che non vuole accettare?
[TW: disturbi alimentari, omofobia, aborto]
[La storia partecipa alla challenge "Gruppo di scrittura!" indetta da Severa Crouch sul forum "Ferisce più la penna"]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo III

"Ripetilo".

L'ordine perentorio le esce dalle labbra in soffio quasi ostile, spezza il mutismo che l'ha colpita per qualche istante - tanto c'han pensato le altre a far tutte le mosse giuste: esclamazioni di sorpresa miste a orrore e gridolini di un paio di ottave più alte e espressioni che vanno tra il riprovevole e l'incredulo.

Nessuna, però, ha preso realmente in mano la situazione, contente di lasciare che le loro voci si mischiassero in una cacofonia inutile e terribile. Quindi tocca a lei, come al solito, ovviamente.

"Wendy!" la redarguisce Judith, torcendo il busto verso di lei, la mano posata su quella di Lacey a darle conforto o impedirle di scappare - Wendy propende per la seconda opzione. Con la coda dell'occhio, che lo sguardo Wendy lo ha sempre fisso sulla sorella seduta davanti a lei, quella che non ha nemmeno il coraggio di guardarla, nota la bustina di zucchero intoccato posata sul piattino.

Jude il caffè lo beve dolce, pensa e mette via per un momento più appropriato.

"Non dirmi che tu l'hai metabolizzato." replica scrollando le spalle. "Sai" continua rivolgendosi a Lacey "credevo che avessi già toccato il fondo quando ci hai detto di essere incinta e non sapere chi è il padre."

"Non ha detto di non sapere chi è il padre, ha detto di non volerlo coinvolgere." puntualizza Judy, stringendo più forte la mano alla sorella apparentemente catatonica.

Wendy alza gli occhi al cielo e scaccia la precisazione con un movimento irritato della mano. Per com'era Lacey da adolescente, è più probabile la sua teoria - cosa che la stessa Judith ha ammesso, quando si sono trovate a parlarne loro tre da sole la notte successiva alla rivelazione.

"Perchè non c'è l'hai detto?" interviene Rose, le mani intrecciate sul tavolo, il viso stanco, prima che la discussione sfoci in un litigio."Quando sei tornata da New York - o prima di partire -, perchè non ci hai detto di aver tenuto il bambino e averlo dato in adozione?"

"Beh, in effetti, stupide anche noi che ci abbiamo creduto: mi serve tempo per riflettere." sbotta Wendy, facendo il verso a quello che era stato il ritornello di Lacey ogni volta veniva introdotto l'argomento del suo ritorno a casa. "Quando mai hai riflettuto, in vita tua, tu?"

"Wendy!"

"Sai benissimo che ho ragione!"

"Non siamo qui per metterla sotto processo." replica Judith, il tono duro e tagliente di quando sta per arrivare al limite. Anche questo Wendy lo mette via per dopo, che, la più piccola non sarà certo la più paziente, ma di solito le serve molto di più per perdere le staffe. "Siamo qui perchè Lacey ci ha rivelato una cosa importante e dobbiamo aiutarla."

"Lacey ci ha rivelato lo scheletro che si portava nell'armadio, ergo l'ennesima idiozia che ha combinato insieme a quella poveretta che, al liceo, la seguiva come un cagnolino e si lasciava trascinare dappertutto. Una persona così priva di personalità che adesso la nostra cara Lace vorrebbe spacciare per la mente dietro al suo piano contorto - un punto per la te giovane: almeno sapeva mentire -"

"Oh, ma finiscila! Come se ti importasse! Come se non avessi aspettato gli ultimi diciotto anni che compissi un passo falso! Un punto alla te giovane, Wendy: almeno non era bugiarda -"

"Ragaz-"

"Si vede che ho fatto bene, allora: guarda dove siamo finite. Una figlia" - e se le si spezza la voce, può sempre dire che è per il nervoso - "che adesso ricompare dal nulla e tu vuoi pure il nostro aiuto per dirlo a mamma e papà. Perchè è per questo che ci hai chiamate, vero? Per tirarti fuori dai guai come sempre, o mi sbaglio?"

"Possiamo -"

"No! Vi ho chiamate perchè è diventato reale -"

"Oh, e prima non lo era? È reale da diciotto anni e il fatto che tu l'abbia rilegata a un angolo della tua mente non lo cambia."

"- e sì, dovrò dirlo a mamma e papà e dovrò dirlo a Rob e avrei gradito il vostro aiuto -"

"Tutto nella norma, direi: credevo fossi cresciuta-"

"Per favore -"

"- ma, soprattutto, perchè ci tenevo a farlo sapere a voi per prime, visto che siete le più informate."

"Oh, direi che la più informata è Savannah: chiamerai anche lei per dirle che il vostro piano è tornato e si è praticamente ritorto contro di te?"

"Wendy!"

"Perchè è per questo che l'hai fatto, no? Che l'hai seguito - andare a New York, partorire, darla in adozione e chi s'è visto s'è visto -, per liberartene."

"Tu non sai cos'ho provato o cos'ho pensato - non -"

"Certo che non lo so! Tu non pensi proprio! Non hai mai pensato!"

"Ti piace, non è vero? Metterti sul piedistallo e giudicarmi, guardare i miei casini e dire a me non succederà mai. E come potrebbe: Wendy perfetta, sempre precisa, sempre puntuale, sempre in ordine, mai una macchia. Ho una domanda, allora: dov'è Sean? Sai, è da un po' che non lo vedo, anche Nolan si sta preoccupando. Non vorrei che -"

"Basta!".

Judith sbatte le mani sul tavolo, un rumore secco che arresta la conversazione più del grido che si leva, con forza, dalle labbra schiuse. Se le è tinte di un rosso acceso - una ferita sanguigna sul viso pallido -, il segnale più chiaro della sua precedente visita alla suocera. È la prima cosa che ha borbottato, quando, arrivata da Lacey per ultima, s'è lasciata cadere sulla sedia: "Odio Mara e se qualcuna ha voglia di farla sparire prima del matrimonio non ne sentirò la mancanza".

Adesso torreggia su loro tre ancora sedute, gli occhi offuscati di burrasca, il cipiglio battagliero di chi non intende sentire ragioni. Wendy sente su di sè il suo sguardo contrariato: "Non siamo qui per metterla sotto processo e farle il terzo grado."

"Ma abbiamo il diritto di essere sconvolte da questa rivelazione e dal modo in cui ha gestito la cosa." continua Rose, calma, ma decisa, rivolta a Lacey. "Ed è legittimo chiedersi perchè non ce lo hai raccontato, quando già avevi rivelato la parte più spinosa".

Wendy, le labbra strette in una linea sottile, ingoia il commento acido che le sorge spontaneo insieme a un sorso di caffè. Freme di rabbia, chè sua sorella ha punto sul vivo dove fa male - e, in realtà, è anche colpa sua: Sean si presenta il minimo indispensabile al pranzo della domenica o alle feste comandate e la scusa del lavoro può funzionare solo fino a un certo punto. Prima o poi se ne sarebbero accorti. Prima o poi avrebbero fatto domande. Solo che le manca il coraggio e, di vedere la malizia negli occhi di Lacey, di darle un'arma da usare per ferirla, non ha nessuna voglia. E quindi se lo tiene per sè, che due mesi fa suo marito l'ha guardata e le ha detto: "Non posso farlo più": elemosinare un po' d'attenzione, aspettare che la porta della loro camera s'aprisse, interpretare i suoi silenzi, sopportare le sue grida e i malumori.

"Vi avevo detto che ero decisa, che volevo farlo - liberarmene - e New York era perfetta: lontano da qui così nessuno avrebbe fatto domande, nessuno avrebbe avuto sospetti. Lo sapete, l'abbiamo pensata insieme - e volevo farlo, ma poi - poi non lo so cosa mi è preso. So che non volevo farlo più e Savy ha accettato di - di coprirmi. Ci siamo investate la storia che avevo bisogno di tempo e voi ci credevate e sapevo che non avreste approvato e - e quando sono tornata non ne abbiamo nemmeno più parlato - Io - Mi dispiace -".

Il senso di colpa le pungola il cuore nel vedere la sorella nascondere il viso tra le mani, vinta dai singhiozzi. Forse è stata un po' troppo brusca, si è lasciata prendere la mano, ma, a sua discolpa, credeva che certe scene appartenessero al passato, che non si sarebbero più trovate a dover sistemare o ascoltare i casini di Lacey.

"Come si chiama?" chiede di malavoglia, mentre Rose cerca un fazzoletto e Judith si stringe la sorella prediletta al petto cercando di calmarla.

"Ma - Mayla".

Wendy lo prova sulla lingua e arriccia il naso: non è il suo genere, ma esiste di peggio.

"Bene, e ora finiscila di piangere e pensiamo a come dirlo a mamma e papà senza far venire loro un infarto."

"Più che altro facendo in modo che ci credano e che capiscano senza travisare".

Sì, in effetti, i loro genitori hanno le loro convinzioni per quanto riguarda le loro vite - Wendy scaccia, nauseata, il ricordo dell'ultima vera conversazione avuta con sua madre.

"Se gliela mettessimo in casa? Non possono negare l'evidenza se questa gli si para davanti."

"Senza far venir loro un infarto."

"Però, sai che non è proprio una cattiva idea, Rose? Dopotutto è la loro vicina di casa." ride Lace tra le lacrime.

Wendy alza gli occhi al cielo: sempre così finiva, una delle più piccole che spezzava la tensione, Lacey che si lasciava coinvolgere e lei che doveva riportarle coi piedi per terra. Si schiarisce la voce per richiamare l'attenzione: "Possiamo tornare serie e ideare un piano? Uno che, possibilmente, eviti di creare uno scandalo o renderci orfane?".

Diciotto anni dall'ultima volta che han dovuto farlo, sparpagliate sul pavimento del soggiorno a confabulare a bassa voce e con la luce spenta per non destare attenzione, Rob addormentato che occupava tutto il divano. Diciotto anni e sperava di non doverlo più fare, ma, tornata ad una casa vuota, repentinamente gravata dalla realtà del suo dolore, pensa con uno strappo al cuore che, per tutto il pomeriggio, non ha pensato alla sua situazione.

Con un sospiro e le lacrime che le rigano le guance - nessuno può vederla quindi può piangere e smettere di essere Wendy sempre composta e perfetta - si lascia cadere sul letto. Sente la furia e il senso d'ingiustizia travolgerla. Una figlia: Lacey ha una figlia. Perchè, a quanto pare, sopportare la vista di Rose e del bambino non era sufficiente.

Con uno scatto si alza e si dirige nella stanza accanto. È spoglia, senza mobili o quadri o gingillo, la finestra liberata anche delle tende - avevano degli orsetti arancio e azzurro su fondo bianco - e si accascia sulla soglia.Con gli occhi chiusi la rivede com'era: il fasciatoio nell'angolo e il lettino contro la parete, la sedia a dondolo e la cesta per i giocattoli e l'armadio che era già pieno di vestitini.

Tutto sparito. Tutto buttato: lontano dagli occhi, lontano dal cuore, si dice, ma chi l'ha detto dev'essere stato un cretino.

La solitudine le scava un solco nel petto, le si annida nelle viscere e Wendy si sente morire. Lacey ha una figlia. Lacey, che ha fatto una cazzata dietro l'altra, si ritrova con una seconda opportunità che non si è meritata. Una figlia. Che ha nascosto come una vergogna, con la solita leggerezza con cui ha fatto tutto da quando è nata - perchè tanto c'è Wendy che risolve tutto, che la va a riprendere alle due del mattino quando si è ubriacato a una festa a cui non aveva il permesso di andare, che la recupera in prigione dopo essere stata fermata, senza patente, al volante della macchina della mamma, che le dice vai a New York così nessuno saprà niente.

E non è giusto che sia la sua vita a star finendo a pezzi, mentre Lacey ha tutto ciò che non ha mai nemmeno desiderato.

Questo, di solito, è il momento in cui chiama Rose per sfogarsi, ma Rose non la chiama più da quasi un anno chè non ce la fa a sentire il pianto del bambino di sottofondo - e quanto piange, Matthew, quasi senta il bisogno costante di palesare la sua presenza come se Wendy non ne fosse già dolorosamente consapevole ogni secondo di ogni giorno.

Questo, di solito, è il momento in cui Sean la raccoglie da terra e la aiuta a rimettersi insieme, ma Sean, lo sa, è prossimo a presentarle le carte del divorzio. "Non posso farlo più." le ha detto e non può nemmeno dargli torto, non quando s'è chiusa al mondo prendendosi il lutto per sè, lasciandolo fuori da tutto e illudendosi che lui l'avrebbe aspettata in eterno. Quattordici mesi è stato fuori dalla porta a supplicarla di parlargli e farlo entrare, a nascondere le lacrime per non darle un altro peso e altra rabbia. Quattordici mesi e poi le ha detto basta e Wendy è rimasta a guardarlo andar via senza dire una parola. Adesso, due mesi dopo, farebbe di tutto per fermarlo, ma, a riportarlo indietro, non ha idea di come fare.

Solo che questa è una cosa che merita di sapere - o forse è solo una scusa per sentire la sua voce - e, rimettendosi in piedi su gambe traballanti, cerca il telefono sul fondo della borsa.

Posso chiamarti? scrive, poi, prima che possa ignorarla, aggiunge È importante chè, tanto, lo è per davvero.

È lui a chiamarla, un quarto d'ora dopo quando lei ha perso le speranze. Ha la voce concitata, pregna d'attesa, e Wendy, improvvisamente, non sa cosa dire.

"Wendy? Che è successo? Wendy?"

"Ha una figlia." mormora, troppo piano perchè possa sentirla. "Lacey ha una figlia." ripete, attenta a scandire le parole.

"Come? Cosa?".

Gliela racconta, allora, la storia che sua sorella ha raccontato a loro: la gravidanza, New York, la scelta di tenere la bambina e darla in adozione, le bugie, i segreti.

"Wow."

"Già."

"E adesso?"

"Abbiamo creato un piano d'azione per dirlo a mamma e papà. Sabato lei rapirà Rob e la racconterà anche a lui."

"Non lo sa?"

"Aveva nove anni quando è successo tutto quanto e non eravamo certo andate a parlargli di gravidanze e aborti. Era lì la sera in cui discutevamo di cosa fare, ma dormiva e non ha fatto domande il giorno dopo, quindi credo non ci abbia sentite".

"E tu come stai?".

Il cuore perde un battito, un timido sorriso le increspa le labbra: s'è sempre preoccupato per lei, la prima persona ad averlo mai fatto.

Solo che non può dirglielo, d'essere gelosa di sua sorella, d'odiarla in una maniera che la fa sentire cattiva, che non è giusto che Lacey ha tutto e lei niente.

"Devo ancora raccapezzarmici. Credevo che persino lei avesse dei limiti, ma evidentemente mi sbagliavo."

"Adesso non farla più grande di quello che è." la redaeguisce Sean gentilmente. "Non ha ucciso nessuno-"

"No, ha solo mentito a tutti."

"Sì." le concede. "Ma prova a chiederti perchè". Ecco cosa ci ha guadagnato ad aver sposato uno psicologo.

"Credevo non facessi diagnosi sui familiari".

Idiota. Idiota idiota idiota idiota idiota idiota!

Praticamente l'ha lasciata. Se n'è andato di casa. Le ha detto che non può farlo più. Ogni giorno che passa è uno più vicino a quando si troverà in mano carte da firmare.

Idiota. Idiota. Idiota. Idiota.

Un'assoluta emerita idiota.

Ricordagli che sono sposati. Ricordargli cos'è successo, come l'ha trattato. Ricordargli -

"Infatti non sto facendo nessuna diagnosi. Credo che sia una domanda che sorga spontanea per chiunque. E so che è sorta anche a te".

Sì e s'è data una risposta. Sì e Rose l'ha chiesto.

"Ha detto di non sapere come fare."

"Anche questa è una cosa su cui riflettere".

Sean ha sempre avuto delle idee sul suo rapporto con Lacey e Wendy si è sempre trovata in disaccordo, ma non le va di discutere, non quando lui ha ignorato il suo errore, il richiamo al legame che ancora li lega.

"Forse hai ragione."

"Ora devo andare, ma grazie per avermi informato. Buonanotte, Wendy."

"Buonanotte".

La verità è che, quando si troverà a dover firmare quelle carte, ad accettare che è tutti finito, non è sicura che ne sarà in grado.
   
 
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