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Autore: veleno_000    21/03/2023    0 recensioni
Se ad Alessandro avevano insegnato una cosa, durante il suo periodo da stagista sul set di "Occhi del cuore 2", era di stare zitto e ascoltare qualsiasi ordine impartitogli. Sempre, senza ulteriori domande.
E in generale, una parte importante se non essenziale del suo lavoro, era non fare domande: agli attori, al regista, a chiunque avesse il sacrosanto diritto secondo la legge del set di chiamarlo merda...di non fare domande a nessuno ecco.
Certo che però, a volte alcune domande non riusciva proprio a non farsele.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alessandro, Altri, René Ferretti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali:

I tre fancazzisti sceneggiatori di Boris, tra i protagonisti di questa fanfic, sono riferiti da me come Valerio (sceneggiatore 1 - Valerio Aprea), Massimo (sceneggiatore 2 - Massimo De Lorenzo) e Zachia (sceneggiatore 3 - Andrea Sartoretti). Buona lettura!




 

Se ad Alessandro avevano insegnato una cosa, durante il suo periodo da stagista sul set di "Occhi del cuore 2", era di stare zitto e ascoltare qualsiasi ordine impartitogli. Sempre, senza ulteriori domande. E in generale, una parte importante se non essenziale del suo lavoro, era non fare domande: agli attori, al regista, a chiunque avesse il sacrosanto diritto secondo la legge del set di chiamarlo merda...di non fare domande a nessuno ecco. Certo che però, a volte alcune domande non riusciva proprio a non farsele. 

 

Alessandro si strinse nella leggera giacca, decisamente non adatta alla temperatura di quella mattina di febbraio, ma era la prima cosa che Sergio gli aveva lanciato addosso mentre lo cacciava fuori dagli studi mandandolo a suon di minacce alla sua infame missione. 

Era iniziato tutto al buio delle quattro di mattina di un sabato qualunque, la troupe era stata chiamata a lavorare eccezionalmente, per sistemare una questione che aveva fatto nascere non poco nervosismo sul set e dietro alle sue quinte. Infatti alcune scene da rigirare, in quanto avevano beccato gli sceneggiatori maledetti a plagiare di nuovo, stavolta da un buco di serie della tv thailandese, di cui difficilmente qualcuno al di fuori dell’Asia aveva sentito parlare. 

“Scene essenziali allo svolgimento e alla comprensione della serie, signori” annunciò Lopez a una folla di operatori, attori, e in generale a tutti i lavoratori raggruppati davanti al delegato della rete la sera precedente. 

Lamentele non furono risparmiate, e dalla sera prima vennero prolungate come uno strascico sporco fino alla mattina dopo, quando Alessandro si ritrovò a volteggiare col vassoio del caffè tra tutta una serie di persone scontente di essere lì.

Si appoggiò un secondo a un muro a prendere fiato, restando a osservare il viavai di gente nel solito ritmo della preparazione a registrare. Ma c’era un qualcosa di anomalo, che pure un occhio giovane al mondo della tv come quello di Alessandro percepì. Un mormorio che si diffondeva, finché non arrivò in qualche modo alle orecchie di René che tuonò:

“CHE CAZZO ME SIGNIFICA CHE NON ABBIAMO LE SCENE?!”

“Che è successo?” domandó sottovoce Alessandro ad Arianna, che lo gelò con gli occhi. “Non ci sono arrivate le sceneggiature di oggi, non possiamo iniziare a girare”.

Lei stringeva il suo portadocumenti rigido tra le mani, tanto che le nocche iniziavano ad assumere una sfumatura biancastra. Una giornata iniziata così presto rischiava di essere un fallimento, per non parlare del fatto che le scene dovevano essere mandate entro quel pomeriggio. L’agitazione di lei passò a lui, ancora ignaro di quello che gli aspettava, mentre Sergio si girava attorno imprecando sottovoce finché non lo notò. 

“Dove cazzo è lo- ah! Eccoti qua!” 

Sergio lo agguantò per la collottola, mentre in sottofondo nel caos generale Stanis minacciava di chiamare i suoi avvocati per il fatto che lo stessero facendo lavorare fuori dall’orario pattuito, e Renè gli urlava addosso sull’orlo di un breakdown nervoso. 

“Ora te me ascolti molto bene, prendi ‘sto robo qua” gli mise un pezzo di carta stropicciato in mano “vai dove c’è scritto, parla con quei bastardi e vedi de tornà con le scene di oggi”

“Ma Sergio, sono le quattro, è prestissimo non posso-" 

Non valsero scuse, e nelle urla di mezza squadra Alessandro partì, in mezz’ora fu all’indirizzo datogli: un complesso di appartamenti piuttosto moderno e ben tenuto.

 

Suonò titubante il campanello di quello che secondo le indicazioni di Sergio era dove si potevano trovare gli sceneggiatori ("Reperibili o meno nun me importa proprio un cazzo!” gli aveva sbraitato contro l’uomo mentre lo faceva salire di forza sul motorino, calcandogli il casco sugli occhi). 

Non credeva che qualcuno gli avrebbe risposto, anche perchè avendo un indirizzo unico in tre quello dove stava ora sarà stato di sicuro uno studio in comune, un ufficio, non una casa vera e propria dove passare la notte. Forse, immaginava Alessandro stropicciandosi gli occhi, al massimo con una branda o un divano, per restare a dormire se il lavoro si fosse protratto fino a tardi. Ma leggendo tutti i giorni ciò che quei tre mandavano, dubitava che dietro ci fosse un lavoro tanto appassionato. 

Il tempo passava, e nessuno veniva ad aprire. Con stizza, Alessandro suonò di nuovo, determinato a non tornare dagli altri a mani vuote. Nonostante la bassa temperatura, iniziò a sudare freddo al pensiero di quello che l'aspettava se per colpa sua la giornata sarebbe stata sprecata in partenza (la vaga lamentela mentale che non era effettivamente colpa sua fu zittita dal familiare rimprovero di Arianna, che abitava la sua coscienza da ormai un po’ troppo tempo)

“Giuro che se non mi aprono butto giù la porta” borbottò, pur sapendo di non avere né la forza né l’autorità necessaria per riuscirci, continuando a suonare indispettito. 

Un lontano rumore, che veniva dall’interno dell’appartamento, fece rinascere le speranze in lui. “Era ora” mormorò, sistemandosi la giacca stropicciata e preparandosi il suo discorsetto, chiaro al punto senza possibilità di risposta e pure con un vago rimprovero. 

“Chi è?" Inquisì una voce maschile, soffocata dalla porta. 

“Sono Alessandro, lo stagista! Nel senso, lo stagista della serie, “Occhi del cuore 2” intendo, lavorò per René Ferretti, ehm…sono qui per la sceneggiatura, visto che voi siete gli sceneggiatori. Aspetta, siete gli sceneggiatori vero?”

Molto chiaro e conciso, appunto. 

Un attimo di silenzio, uno scatto di serratura e la porta si aprì. Un uomo sulla trentina ora lo guardava, con un’espressione che faceva invidia alle migliori “faccette” basite di Stanis. Senza pantaloni, affrontava il freddo mattutino in boxer e un paio di calzini chiaramente spaiati. A coprirlo solo un maglioncino, a maniche lunghe tirate su al gomito, gli stava largo, e messo al rovescio forse nella fretta e nel buio. I capelli arruffati coronavano il volto stropicciato dal sonno, ma che non risparmiava ad Alessandro uno sguardo un po’ sorpreso. 

Eh?” esclamò stralunato. 

“Non avete mandato le sceneggiature di oggi…” mormorò alla fine Alessandro, sconfitto da se stesso, lasciando perdere ogni volontà di rimprovero, anzi come a suggerire un sottinteso “non è assolutamente colpa vostra ma sono stato costretto a farvelo notare”. 

Il silenzio scese tra loro finché un lampo di realizzazione attraversò gli occhi cerchiati di sonno dell’uomo, che si voltò verso l’interno della casa. 

“Vale!” urlò per poi rigirarsi “Come hai detto che ti chiami scusa?”

“A-Alessandro” gli suggerì l’interessato, che si era fatto distrarre da un ulteriore dettaglio dello sceneggiatore davanti a lui: nel girare la testa, aveva esposto il collo alla luce che veniva da sopra la porta e illuminava l’ingresso, e sulla pelle chiara fu chiara e indiscutibile una macchia rossa-violacea di cui l'origine non era difficile da immaginare. Un’ulteriore occhiata al modo in cui si era presentato, rese chiaro allo stagista che tipo di notte aveva interrotto. Una notte di passione, e di affetto magari. In compagnia di qualcuna, forse ancora dentro ad aspettare chi gli aveva aperto la porta…  

“Uh. Vale! C’è Alessio qua della rete che dice non abbiamo mandato le sceneggiature di oggi. T’ho detto di farlo ieri sera, ricordi?”

Dall’interno dell’appartamento, lontana, gli rispose una voce maschile.

“Tu non m’hai detto proprio niente”.

“Non dire cazzate! Lo sai benissimo che t’ho detto di farlo e che tu mi hai pure risposto di sì” urlò di rimando l’uomo alla porta.

“Te stai a di’ cazzate Zachia! E comunque che vogliono a quest’ora, torna a dormire e mandali a fanculo”

“Non ci avrebbero disturbarto se avessi fatto quello che dovevi fare!” 

“Guarda Alessio, le invio adesso, qualcuno qua manca di professionalità" sbuffando Zachia indicò l'interno della casa, da dove la voce di “Vale” arrivò ancora una volta. 

“Sentirlo dire da te è alquanto ironico, collega!” 

"Massimo! Fallo stà un po’ zitto per piacere!” 

Ma Zachia già sorrideva divertito. Non attese la risposta di questo Massimo e si voltò di nuovo verso Alessandro. 

“Non preuccuparte, vai e saluta il maestro René da parte nostra, me raccomando”

Alessandro era abbastanza sicuro che se l’avesse fatto Renè gli avrebbe staccato la testa sul posto, ma annuì educatamente. 

Zachia gli fece un cenno di saluto e chiuse la porta, lasciando Alessandro sul pianerottolo. Aspettò ancora un attimo, come ad attendere qualche rumore che gli suggerisse che le scene stessero venendo mandate. Quello che forse era un lontano suono di risate gli fece rendere conto che di essere alquanto inquietante, allora prese e partì alla volta degli studi. 

Al suo arrivo le scene erano arrivate, e senza molte cerimonie fu mandato da Arianna a fare un secondo giro di caffè per tutti.

 

Vista la stagione fredda, scese il buio presto quella sera, e Alessandro si ritrovò in procinto di far partire il motorino per tornare a casa.

“Sei stato bravo, oggi, a recuperare le scene” Arianna sbucò da un angolo e gli si avvicinò, senza sorridergli ma nemmeno urlandogli addosso. 

Era da ormai un paio di settimane che alla fine della giornata lavorativa i due riuscivano a scambiarsi qualche chiacchiera, non come assistente alla regia e stagista, ma comunque non ancora come Arianna e Alessandro.

“E’ stato più semplice del previsto, ci hanno messo un attimo a rispondere, ma poi sono stati molto disponibili”

“Davvero?” Fece lei, non suonando sul serio particolarmente sorpresa.

“Ah e poi sai cosa? Senti qui e dimmi se non ti suona strana come situazione”

Arianna alzò gli occhi al cielo ma rimase ad ascoltarlo, mentre lui le si avvicinava.

“Allora, quando m’hanno aperto è venuto fuori uno, chiaramente appena svegliato, e poi ho sentito un altro tipo, e ne poi ho capito che ce n'era un altro ancora!”

Veramente poco impressionata, Arianna dopo qualche secondo, aspettando forse il twist della situazione, replicò secca “E quindi?”

“Eh, quindi dormivano tutti e tre nella stessa casa…pur essendo colleghi”

Alessandro si sentì, sotto lo sguardo accigliato di lei, crescere un dubbio sottopelle: aveva senso quello che stava dicendo? Perché si sentiva come un ragazzino delle superiori, che appena scoperto il concetto di sesso, ne parlava con entusiasmo all’amico più grande, già esperto della vita e di ciò che ha da offrire. In sintesi, iniziò a percepire un lieve imbarazzo, mentre Arianna lo guardava come a dire “credevo che certi beceri pettegolezzi li avessimo lasciati ai sedicenni”.

Gli disse un qualcosa di molto simile “Ti facevo un attimo più maturo Alessandro” non risparmiandogli un sorriso canzonatorio. 

“Ma no, se fossi stata lì l’avresti percepito. Il modo in cui parlavano tra loro, come se stessero dormendo nella stessa stanza prima che arrivassi!”

Stava perdendo l’attenzione di Arianna, che guardò senza preoccuparsi di non farsi notare l’orologio al polso.

“Quello che mi ha aperto aveva pure un succhiotto al collo…” 

Lo sguardo che gli dedicò gli fece capire che per stasera ogni discorso era finito.

“Alessà, ti prego, ‘ste cagate da ragazzini lasciamole a scuola. Forse questo lavoro ti fa male, perché mi sa che credi di essere in Occhi del cuore se vedi intrighi amorosi ovunque. Nessuno ti ha mai spiegato cos’è un coinquilino? Dai, sei talmente infantile a volte” e chiudendo così si avviò verso la macchina.

“Ma dovevi vederli Arianna!” provò ancora lui, un pò troppo patetico rispetto a quello che voleva suonare. 

“Cresci Alessandro, a domani” gli urlò, ed era già lontana quando lui azzardò di rimando “Buonanotte”. 

Rimasto solo nel parcheggio, sospirò e fece partire il motorino per tornare al suo appartamento.
 

   
 
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