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Autore: pampa98    27/03/2023    2 recensioni
[Questa storia partecipa al “Torneo Tremaghi - Multifandom Edition” indetto sul gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmerta]
Il Torneo Tremaghi torna a Hogwarts e per l'occasione tre valorosi studenti – Aegon Targaryen, Jacaerys Velaryon e Joffrey Lonmouth – dovranno formare una squadra per tenere alto il nome della loro scuola.
~ Aegon/Jace, Joffrey/Laenor, Aemond/Luke. ~
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Altri, Jacaerys Velaryon, Joffrey Lonmouth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: “L’intestino di Leviatano” è il titolo del libro de “I Miserabili” in cui Hugo parla delle fogne di Parigi. Visto l’argomento della prova, ho deciso di usarlo come titolo del capitolo.
La filastrocca contenuta nella pergamena non l’ho scritta io, ma era nella traccia per sviluppare questa seconda prova.

La mia conoscenza in fatto di Creature Magiche è molto scarsa, quindi non so se tutto quello che ho scritto avrà senso 🙈 Spero comunque che sarà una lettura piacevole ❤


 

Capitolo 6

Aegon Targaryen: l’intestino di Leviatano – Parte 1



«Va tutto bene, ragazzi?» 

Joffrey si voltò verso Cregan e annuì. «Tutto a posto» disse, sorridendo. 

Il prefetto inarcò un sopracciglio. «Sicuro?»

Non poté biasimarlo per il suo scetticismo: non era molto comune vedere lui e le due nuove coppiette felici seduti al tavolo di Corvonero, intenti a fissare un cilindro di piombo. 

Dopo che Aegon si era proposto come secondo campione (fatto avvenuto circa un mese prima) e dopo che le insistenze di Jace erano culminate nella minaccia di non fare mai più sesso con Aegon (e questo era accaduto solo tre giorni prima), lui e i suoi compagni di squadra si erano messi di impegno per provare ad aprire quel cilindro e scoprire l’indizio che conteneva. 

Avevano tentato Incantesimi di ogni genere, incluso il poco ortodosso Bombarda; lo avevano lanciato contro ogni superficie solida nella speranza che si rompesse, rivelando il suo contenuto; lo avevano messo nell’acqua, nel fuoco e nel ghiaccio. Niente lo aveva smosso. 

Il loro ultimo tentativo consisteva nello sperare che l’intelligenza di intere generazioni di Corvonero fluisse in loro attraverso il legno e che bastasse desiderare che il cilindro si aprisse, perché ciò accadesse davvero. 

Il fatto che mancassero meno di ventiquattr’ore all’inizio della prova, l’aveva fatta sembrare a tutti un’idea sensata. 

«Jace, non avete ancora aperto il cilindro?» chiese Cregan, avvicinandosi a lui. A Joffrey non sfuggì la nota di rimprovero nella sua voce.

Jace sospirò. «È più difficile di quanto sembri.»

«Hai qualche idea?» gli chiese Luke, che si era gentilmente offerto di aiutare il fratello, trascinando anche Aemond con sé – il quale, tuttavia, si era limitato a starsene seduto vicino a lui senza apportare nessun contributo alla causa.

«No. Ma so che i ragazzi di Durmstrang l’hanno aperto, perciò un metodo per farlo esiste.»

«È stata forse una certa Greyjoy a darti questa informazione?» chiese Joffrey, già pregustandosi il rossore che avrebbe invaso il volto dello stoico Stark. Non credeva che il ragazzo fosse in grado di provare attrazione per qualcuno, men che meno per un esponente del gentil sesso, ma i recenti avvenimenti lo avevano smentito. 

«Lonmouth, al tuo posto mi preoccuperei meno della vita privata degli altri e più dei tuoi impegni di studente e campione. Hai forse bisogno di subire un altro pestaggio per capire questo semplice concetto?»

Joffrey sbuffò. «Ti ringrazio, Stark. Ogni volta che inizio a trovarti interessante, mi ricordi perché non ti sopporto.» 

Gli diede le spalle, tornando a guardare il cilindro. 

Si portò d’istinto una mano a sfiorarsi la guancia sinistra, percorrendo con i polpastrelli il lungo tratto di cicatrice che gli deturpava il volto. Mentre Criston Cole lo picchiava a sangue, intorno a lui sbocciava l’amore – o rifioriva, come nel caso di Aegon e Jace. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro e assistere al loro ritorno di fiamma. 

Ed evitarsi uno sfregio a vita sul viso. 

La sua unica consolazione era che, dopo averlo sgridato per un’eternità, Laenor gli aveva detto che era ancora il ragazzo più bello che avesse mai visto.

«Senti, non potresti chiedere alla tua fidanzata di aiutarci?» La voce di Aegon lo riscosse dai suoi pensieri.

«Tyana non è la mia fidanzata.»

«Va bene, trombamica o quello che- Ahi! Perché mi hai dato un pugno?»

Jace gli scoccò un’occhiata d’avvertimento, prima di voltarsi verso il suo amico. «Scusalo, Cregan. Ehm, però… ecco, un piccolo indizio su come l’hanno aperto loro…»

«Ogni gruppo di campioni deve fare affidamento solo sulle proprie forze. Credo che anche il loro aiuto non rispetti il regolamento» aggiunse, indicando Luke e Aemond. 

«Sono le versioni in miniatura di loro due» spiegò Joffrey, indicando Aegon e Jace. Poi, lanciando un’occhiata al Targaryen più giovane, aggiunse: «Più o meno. Ad ogni modo, loro possono aiutarci.»

«Non che finora siano stati molto utili» commentò Aegon, guadagnandosi un’occhiataccia sia da Jace che da Aemond.

Luke sospirò, poggiando il mento sul tavolo. «Credete che sia così importante aprirlo? Magari Aegon se la caverà anche senza l’indizio. Anzi, forse così si dimostrerà più abile degli altri e guadagnerà punti in più!»

«Il piccoletto ha ragione» disse Aegon, allungandosi sul tavolo per arruffargli i capelli. Aemond gli allontanò la mano, ma al ragazzo sembrò non importare. Si alzò, stirando le braccia sopra la testa. «Farò più bella figura sfruttando unicamente la mia intelligenza.»

«Al contrario» intervenne Aemond. «Credo che aprire questo cilindro faccia parte della prova stessa. Considerato che avete avuto tre mesi per farlo, farete solo la figura degli stupidi o dei lavativi.»

«Concordo con Targaryen» disse Cregan.

«Ehi, non abbiamo avuto esattamente tre mesi» si difese Joffrey. «Io, per esempio, ho passato tutto gennaio in Infermeria.»

«Perché ti sei quasi fatto ammazzare» gli ricordò Aegon. Poi aggiunse, in un sibilo: «E hai messo in pericolo anche Jace.» 

«Mi sono già scusato per quello.» Tecnicamente, l’incidente di Jace era stato causato solo dal Grifondoro stesso e da Criston, ma Joffrey era disposto a riconoscere che quella situazione era venuta a crearsi anche per colpa sua. «E comunque io la mia parte l’avevo già fatta. Voi due piccioncini avreste dovuto mettervi d’impegno e aprire questo affare. O almeno, la metà della coppia rimasta a Hogwarts avrebbe potuto farlo» aggiunse, scoccando uno sguardo di sfida ad Aegon, che non prese bene quell’ultimo commento.

«Va bene, adesso basta!» Jace si alzò in piedi, prendendo le mani di Aegon prima che potesse usarle per colpire Joffrey, e lo costrinse a voltarsi verso di lui. «È acqua passata. Io sto bene, Joffrey è vivo e la tua sospensione è terminata. Fine della storia. Non parleremo più di quanto avvenuto al Ballo del Ceppo, chiaro?» aggiunse, spostando lo sguardo tra lui e Joffrey. «Amici come prima.»

Aegon, di malavoglia, annuì. Joffrey sospirò e si alzò a sua volta. 

«Sì. Scusate, devo essermi svegliato con la luna storta stamani.» Allungò la mano destra verso Aegon. «Amici? Anche se non lo siamo mai stati, ma insomma… quello che era.»

Aegon gli strinse la mano. «Quello che era.»

Si sedettero di nuovo al tavolo.

«Di come hai mandato Aemond col culo per terra, però, ne possiamo parlare, vero?» chiese Aegon, ritrovando subito il suo buon umore.

Jace stava per ridere, ma un cenno di Luke lo fece tornare serio. «No. Evitiamo ogni riferimento spiacevole a quella serata.»

«Ma non era spiacev- Ahi!» Si massaggiò la gamba sotto il tavolo, dove probabilmente Aemond lo aveva appena colpito. «Luke, tieni a bada il tuo fidanzato, per favore.»

«Te la sei cercata» rispose lui, indifferente alla sofferenza del cugino. «Piuttosto, Cregan, puoi darci un indizio? Anche piccolo piccolo. Per favore.»

Anche Jace si voltò verso di lui, fissandolo con gli stessi occhioni supplicanti del fratello. Cregan sospirò.

«Non… Non mi ha detto come lo ha aperto, solo… che lo ha fatto da sola e che è stato semplice.»

«Quindi devo mettermi da solo in una stanza e capirò come aprirlo?» chiese Aegon.

«È possibile.»

«Allora proviamo» disse Jace. Prese il cilindro e lo mise in mano ad Aegon. «Vai nella tua stanza o in un bagno, e vedi se funziona.»

«Perché siete tutti a questo tavolo?» 

Tutti si voltarono verso Helaena Targaryen, che li stava fissando incuriosita. 

«Scusaci, stavamo… Ce ne andiamo subito» disse Jace, alzandosi.

«Oh no, restate pure. Mi fa piacere la vostra compagnia mentre studio» disse, posando i suoi libri accanto a Joffrey. 

«Tu avresti qualche idea per aprire quel cilindro?» le chiese Luke.

«Il cilindro? Oh, non l’avete ancora aperto?»

«No» risposero in coro. 

La ragazza lo tolse dalle mani di Aegon, svitò la parte alta e rovesciò il contenuto del cilindro sul tavolo in mezzo a loro. 

«Ecco.»

Joffrey spostò lo sguardo incredulo da lei agli oggetti sul tavolo. 

Calò il silenzio sul gruppo e lui non ebbe difficoltà a immaginare i pensieri degli altri, perché di certo echeggiavano il suo: era così facile?!

 

~

 

Ti saranno date tre ore di tempo,

vedi di trovare l'uscita nel frattempo.

Sarai solo, isolato e inzuppato,

senza alcun incantesimo come alleato.

Ascolta i tuo compagni e usa l'intuito,

saranno il tuo unico aiuto.

 

Jacaerys ripercorse quelle parole ancora una volta, ma ne trasse sempre le stesse conclusioni: la prova durava tre ore e prevedeva che Aegon uscisse da qualche luogo, avendo come unico alleato il suo intuito e i consigli dei suoi compagni, che immaginava sarebbero stati lontano da lui dal momento che doveva essere solo. Nel cilindro era presente anche un frammento di uno specchio gemello, con cui immaginava avrebbero potuto comunicare con Aegon – anche se non ne avevano il gemello, ma grazie a Cregan aveva saputo che anche i campioni di Durmstrang ne avevano trovato uno solo, perciò probabilmente sarebbe stato fornito loro il giorno della seconda prova. 

Che avrebbe avuto luogo la mattina seguente.

«Jace~» Aegon gli posò il mento sulla spalla, avvolgendosi attorno a lui con tutto il corpo. «Torna sotto le coperte. Non hai freddo?» Gli sfiorò le braccia e le sue dita si scontrarono con i piccoli rilievi formatisi sulla sua pelle. «Sì, decisamente hai freddo.»

«Sto bene» lo liquidò lui, ricominciando a leggere la pergamena.

Aegon gliela strappò dalle mani.

«Aegon!»

«Diventerai cieco a forza di fissarla.» Aprì il primo cassetto del suo comodino e la gettò lì dentro, chiudendolo poi con un tocco della bacchetta. «Le parole non cambieranno, non importa quante volte le leggerai.»

«Ma assumeranno un nuovo significato. È così che funziona con gli indovinelli, Aegon: devi studiarli a fondo per trovare la soluzione.»

«Quello non è un indovinello. È solo un’informazione per dirci il tempo e l’entità della prova.»

«Quindi tu hai capito cosa dovrai fare?»

«Uscire da qualche posto entro tre ore.»

Jacaerys sbuffò. Si sdraiò sul letto, passandosi le mani sul viso. A volte invidiava la tranquillità di Aegon nell’affrontare la vita, ma in momenti come quello un po’ di apprensione sarebbe stata più salutare.

«Sarai inzuppato.»

«Mh?» 

«Solo, isolato e inzuppato. Vuol dire che ci sarà dell’acqua in quel luogo. Converrai con me che uscire da una vasca o da un lago sono due cose diverse, vero? E che affrontare la seconda opzione senza magia potrebbe essere molto pericoloso, per non dire letale.»

Aegon rise, sdraiandosi addosso a lui. Jacaerys fu tentato di dargli un pugno, ma il peso del ragazzo gli rendeva difficile muoversi. 

«Jace, ne abbiamo già parlato» disse, a un soffio dalle sue labbra. «Nessuno morirà in questo torneo.»

Jacaerys sospirò. «Lo so, è solo che… La volta scorsa Joffrey se l’è cavata per un soffio.»

«Grazie a me, ricordi? Domani avrò il mio intuito con me e tanto basterà.»

Jacaerys sbuffò. «Tu hai parlato di un argomento che a me ha dato l’idea giusta. Da solo non ci saresti arrivato.»

«Ed ecco la nostra seconda fortuna» rispose, allegro. «Io parlerò per tre ore e tu, dall’altra parte dello specchio, mi aiuterai a capire come mettere in pratica quello che penso. Ce la caveremo, vedrai.»

Jacaerys stava per ribattere, ma su fermato dalle labbra di Aegon. Chiuse gli occhi, lasciando che quel bacio mettesse a tacere le sue paure. Sollevò le mani tra i suoi capelli, stringendo abbastanza per sentire che era tutto reale. A volte ancora non riusciva a crederci – e il pensiero che il giorno seguente sarebbe potuto accadere qualcosa di brutto al ragazzo che amava, lo faceva agitare ancora di più. 

«Andrà tutto bene» mormorò Aegon. «Abbi un po’ di fede in me.»

Jacaerys sospirò. «Io credo in te, Aegon. So che andrai alla grande. Ho solo paura che ti capiti qualcosa di brutto.»

«Il solito apprensivo.»

Jacaerys sbuffò, ma non riuscì a nascondere un sorriso mentre lo stringeva a sé fino a far aderire perfettamente i loro corpi.

«Uno di noi due dovrà pur esserlo, no?»

Aegon rise e riprese a baciarlo.

 

~

 

Plic. Ploc. Plic. Ploc.

Sentì un suono estraneo intorno a sé, ma non gli andava di aprire gli occhi. Era ancora troppo presto e voleva stare un altro po’ sdraiato accanto a Jace. Si era talmente abituato alla sua presenza da non sentire nemmeno più il peso del suo corpo addosso. Quando sollevò una mano per accarezzargli i capelli, però, le sue dita gli ricaddero sul petto. Aggrottò le sopracciglia: anche il materasso era diventato improvvisamente freddo e duro. 

Aprì gli occhi. 

Era avvolto dalla penombra, rischiarata solo da una tenue luce bianca – forse era la luna? Non aveva idea di che ore fossero.

Si guardò intorno e scoprì che non era più nella sua stanza. Si mise seduto e sentì la sua schiena bagnata: era sdraiato su un rigagnolo d’acqua. Sempre più confuso, frugò tra i vestiti – che qualcuno doveva avergli rimesso mentre dormiva – in cerca della sua bacchetta, ma l’unico risultato di quel movimento fu un dolore all’indice della mano sinistra. Tastò con più attenzione all’interno della giacca e scoprì che l’oggetto che l’aveva tagliato era un frammento di specchio. Lo specchio gemello che aveva trovato nel cilindro il giorno prima.

Si stropicciò gli occhi e osservò il suo riflesso, ritrovandosi a fissare il volto di Jace.

«Aegon!» L’urlo improvviso lo fece sussultare. «Mi vedi? Mi senti?»

«Anche troppo» rispose, massaggiandosi le tempie.

Lo sentì sospirare, mentre l’immagine si spostò e accanto a Jace comparve il volto di Joffrey.

«Buongiorno, principessa» lo salutò lui, allegro. «Sei pronto per iniziare la tua prova e portare tanto onore alla nostra nobile Casa?»

«Be’, lo sarei, se solo sapessi dove cazzo sono.» Si alzò in piedi, guardandosi intorno. Non era nella sua camera, né in alcuna zona del dormitorio. Il freddo e il buio lo fecero pensare ai sotterranei del castello, ma c’era troppa acqua perché fosse lì. 

«Aegon, ascoltaci. Aegon!»

«La smetti di urlarmi in testa, Jace? Sappi che questo è stato il mio peggior risveglio degli ultimi mesi. Perché non siamo più nel mio letto?»

«Sai, credo che Rhaenys vi terrà più sotto controllo, d’ora in poi» rise Joffrey. «Ma tranquilli, vi spiegherò tutti i trucchetti che ho usato a suo tempo con il mio dolce Laenor.»

«Ma di che sta blaterando?» 

Jace sospirò. «Niente, ignoralo. Abbiamo poco tempo, Aegon, quindi presta molta attenzione. Hai iniziato la prova.»

Aegon sbatté le palpebre. «Cosa? Quando?»

«Il countdown è iniziato appena ti sei svegliato, per questo siamo riusciti a contattarti.» L’immagine nello specchio cambiò, compiendo una rotazione che fece venire le vertigini ad Aegon. Fortunatamente, si fermò quasi subito su un foglio pieno di linee. 

«Lo vedi?» chiese Jace. 

Aegon si avvicinò lo specchio al viso, stringendo le palpebre per cercare di capire cosa avesse davanti.

«Mappa dell’impianto… idraulico?» lesse in cima al foglio. «Che vorrebbe dire?»

«Quello che c’è scritto» rispose Joffrey.

«Possiamo evitare altri commenti inutili?» lo rimproverò Jace. «Aegon, sei all’interno di questi condotti» disse, indicando sulla mappa un punto in cui compariva una scritta animata che formava il nome “Aegon Targaryen”. «Solo e inzuppato, ecco il senso di quelle parole. Hai tre ore di tempo per trovare l’uscita, come sai. Noi ti guideremo attraverso i condotti, ma purtroppo ogni chiamata non può durare più di dieci minuti e potremo parlare solo due volte ogni ora. Non potremo sfruttare il tuo piano, ma questi pochi minuti che ci sono concessi dovrebbero bastare per riuscire a indirizzarti correttamente. Mi segui?»

Aegon annuì, poco convinto. «Quindi non devo affrontare nessun nemico? Devo solo… camminare? È questa la prova?»

«Devi uscire da un labirinto buio e bagnato, in cui potresti trovare qualunque ostacolo.»

«Tipo?»

«Non lo so, la preside è stata piuttosto vaga a riguardo. È una prova molto difficile, Aegon, non prenderla sottogamba.»

«Va bene, va bene. Allora, dimmi, da che parte sta l’uscita?» Non voleva far arrabbiare Jace, ma davvero quella prova gli sembrava un’idiozia, soprattutto considerato che i suoi compagni avevano la mappa per condurlo all’uscita. 

Mentre Jace parlava, dicendo che per un po’ avrebbe dovuto proseguire a dritto, Aegon infilò una mano nella tasca sul retro dei pantaloni per prendere la sua bacchetta. Non c’era. Provò davanti, poi all’interno della giacca, ma di nuovo non trovò niente.

«Jace, aspetta un attimo» disse, prendendo a tastarsi tutto il corpo. «Non trovo la bacchetta!» 

«Non ce l’hai» rispose Joffrey.

«Ma certo che ce l’ho! Non mi muovo mai senza.»

«No, intendo dire che te l’hanno tolta per questa prova. Non puoi usare la magia mentre sei nel condotto. Non c’era scritto anche sulla pergamena?»

Aegon fissò lo sguardo sullo specchio, che continuava a inquadrare la mappa. 

«Cos… Davvero?»

«Se l’avessi letta più attentamente, forse lo avresti notato» commentò Jace.

Aegon sbuffò. «Non mi sembra il momento giusto per rimproverarmi, Jace!» 

«Hai ragione, scusa. Ma adesso capisci perché ho detto che sarà difficile?» Aegon concordò in silenzio, non volendo dargliela vinta in quel momento. «Ci restano pochi secondi. Dimmi che hai capito cosa devi fare.»

«Camminare a dritto per un po’. Anche se “un po’” non è molto precisa come informazione.»

«Vedrai delle vie che si aprono ai tuoi lati: non seguirle. Continua sempre lungo lo stesso condotto.»

«Capito.»

Nell’istante in cui pronunciò quella parola, l’immagine sullo specchio cambiò. Non mostrava più né la mappa, né Jace o Joffrey. 

Aegon si ritrovò a fissare il suo riflesso. 

 

 

Non potevano essere passati più di pochi minuti, ma ad Aegon sembravano già ore. Camminava nell’oscurità, con solo la flebile luce che filtrava dall’esterno a illuminare la via. L’acqua non rappresentava un problema per i suoi movimenti, dal momento che gli arrivava appena alle caviglie, ma il continuo sciaff sciaff prodotto dai suoi piedi aveva iniziato a stancarlo.

Ad ogni bivio che aveva incontrato, aveva seguito il consiglio di Jace ed era proseguito a dritto. Aveva pensato di arrivare in fondo prima di contattare nuovamente i suoi compagnia, ma quel condotto sembrava non avere fine. 

Aegon sbuffò. Rallentò il passo e prese lo specchio, che aveva riposto all’interno della giacca. Le indicazioni di Jace non erano state precise, quindi aveva tutto il diritto di chiamarlo per chiederne altre. Magari avrebbe dovuto svoltare in uno dei condotti laterali e continuare ad andare avanti in quel modo gli avrebbe solo fatto perdere tempo. Certo, tre ore erano tante: avrebbe anche potuto farsi dire il percorso subito, così poi si sarebbe gestito il tempo a suo piacimento e avrebbe potuto parlare con Jace quando voleva, senza preoccuparsi di sprecare minuti importanti per la buona riuscita della prova. 

A tal proposito, Aegon tese le orecchie. 

Plic ploc

Silenzio.

Nessun altro suono era udibile là sotto. Gli altri campioni, dunque, non erano nei paraggi. Immaginava che la prova venisse svolta contemporaneamente da tutti e tre, quindi forse prima o poi li avrebbe incontrati. Sarebbero stati loro gli ostacoli che avrebbero intralciato il suo cammino? Possibile. Dopotutto, uscire per primi avrebbe fatto guadagnare più punti che farlo per ultimi. 

Accelerò il passo: senza bacchetta, non aveva idea di come avrebbe fatto a combattere – nelle lotte Babbane non era il massimo e di certo non gli andava di rischiare di spaccare la testa a qualcuno, soprattutto dopo che aveva quasi ucciso Cole. Non gli andava di rischiare di finire ad Azkaban, di nuovo.

Aveva voglia di parlare con Jace. Aveva bisogno della sua voce rassicurante e dei suoi occhi nocciola che lo incitavano, anche attraverso dei rimproveri, non importava: desiderava solo vederlo. 

Si portò lo specchio davanti al volto e stava per pronunciare il nome del ragazzo, quando un suono anomalo attirò la sua attenzione. 

Si guardò attorno, ma non vide comparire nessuno degli altri campioni. E, ascoltando meglio, si rese conto che il suono era piuttosto strano. Sembrava uno schiocco e proveniva da davanti a lui, fatto che lo fece allarmare perché non riusciva a vedere niente che potesse produrre quel rumore. Forse era solo un qualche marchingegno presente nelle tubature, non inerente alla prova e di cui dunque non doveva preoccuparsi. Per sicurezza, però, decise di fare un paio di passi avanti, scrutando attentamente la zona circostante. Lo schiocco – o, meglio, la scia di schiocchi – aumentò di volume. Si stava avvicinando, anche se non sapeva a cosa. 

A un tratto, sentì qualcosa pungergli la caviglia destra. Aegon saltò indietro, abbassando lo sguardo… e scoprì dei piccoli esserini che si muovevano attorno a lui. 

«Ma che caz-»

Non ebbe il tempo di chiedersi cosa fossero che vide le sue gambe invase da uno sciame di quelle creature. Aegon le calciò via – e al loro posto ne comparve il doppio. 

Portò una mano sul retro dei pantaloni e imprecò, ricordandosi che non aveva la bacchetta con sé. 

«Levatevi di torno, via!» urlò, continuando a scalciare con le gambe per impedire loro di arrampicarsi su di lui come se fosse un tronco d’albero. Provò anche ad allontanarli sventolando lo specchio contro di loro: aveva sperimentato la sua affilatura di persona e poteva provare a usarlo come arma improvvisata.

Appena videro lo specchio, quegli esseri – che Aegon riconobbe infine come granchi, anche se piuttosto strani – cercarono di saltare direttamente su quell’oggetto. Uno riuscì a stringerlo tra le zanne e provò a strapparglielo di mano. Aegon strinse la presa e lo allontanò da lui. Non si sarebbe fatto sottrarre la sua unica comunicazione con l’esterno – con Jace.

«Jacaerys!»

Il ragazzo non si fece attendere.

«Aegon, sono passati solo venti…»

«Non me ne frega un cazzo! Dei granchi mi stanno attaccando! Non ho niente per difendermi, che devo fare?»

«Granchi?» chiesero in coro i suoi compagni.

Aegon ruotò lo specchio e lo tenne in alto sopra la sua testa, in modo che loro vedessero di cosa parlava e, allo stesso tempo, impedendo a quegli esseri di avvicinarsi a esso.

«Accidenti!» esclamò Joffrey. «Ma quanti sono?»

«Troppi, per i miei gusti.»

«Lo immagino. Ma… Granchi? Sì, in effetti, sono granchi.»

«Chizpurfle, per la precisione» disse Jace. «Non sono animali pericolosi, anzi sono anche piuttosto semplici da sconfiggere.»

«Ottimo. Come?»

«Con delle pozioni apposite.»

«Ho modo di procurarmi quelle pozioni qui?»

«No…»

«Allora forse mi serve un suggerimento più pratico per il momento, non credi?»

Si allontanò da loro, tenendo sempre lo specchio sopra la testa e notò che, più si allontanava, più i chizcosi lo lasciavano stare.

«Be’, almeno non mi inseguono» disse, traendo un sospiro di sollievo. Abbassò lo specchio, così da poter vedere direttamente i suoi interlocutori.

«Senza pozioni non saprei che suggerirgli» disse Joffrey. «Forse conviene fargli cambiare strada.»

Jace si massaggiò il mento, con la fronte aggrottata in un’espressione pensierosa. Poi scosse la testa.

«No. La strada è questa, deve passare per forza da lì.»

«Allora, non so… Hai detto che non ti hanno seguito, giusto?» gli chiese Joffrey.

Aegon annuì. Guardò verso il punto in cui si trovavano quelle creature e la macchia scura sopra il rigagnolo d’acqua gli confermò che erano ancora lì. 

«Allora potresti provare a passare oltre. Magari devono stare ferme in quella zona e attaccano chi ci passa, ma una volta superate, sei a posto.»

Aegon aggrottò le sopracciglia.

«Jace? Che ne pensi?» chiese. Non gli sembrava una brutta idea, ma preferiva ascoltare anche la sua opinione.

«Che c’è, non ti fidi del mio parere?» sbottò Joffrey.

Aegon sbuffò. «Non particolarmente, no. E comunque è Jace l’esperto di Creature Magiche tra noi.»

«Potrebbe essere un’idea» concordò il ragazzo, ignorando il loro ultimo battibecco. «Solo… I Chizpurfle non sono creature territoriali. Non so perché dovrebbero stare fermi a sorvegliare un punto specifico in un condotto.»

«Magari perché è il punto che porta verso l’uscita?» suggerì Joffrey. «Dopotutto, qualcuno ha messo degli ostacoli nel percorso che conduce fuori, no?»

Visto da quella prospettiva, Aegon dovette riconoscere che aveva ragione. Anche Jace sembrò abbastanza convinto da quelle parole.

«Va bene» disse. «Dai, prova a superarli, vediamo se funziona. Intanto penso a un’altra…»

Aegon smise di ascoltarlo. Fece qualche passo verso i granchi che, notando la sua presenza, si avvicinarono a loro volta. Aegon ne approfittò per correre avanti, saltando oltre i gruppetti che avevano formato e superandoli con facilità. 

Era fatta. 

A quel punto, notò un secondo problema: non c’era più una strada dritta, il condotto si apriva in due diramazioni.

«Ehi, adesso dove dovr-»

Sentì delle piccole punture colpirgli le gambe. Abbassò lo sguardo e scoprì quei granchi di nuovo attaccati a lui. Stavolta non sembravano molto interessati a raggiungere lo specchio, stavano solo cercando di fargli quanto più male possibile. Fortunatamente, i loro attacchi erano poco più che pizzicotti – ma riceverne a decine contemporaneamente era tutt’altro che piacevole.

«Serve un’altra idea!» disse, ricominciando a scalciare e provando anche a toglierseli di dosso con la mano libera. «Questi continuano a starmi tra i piedi!»

«Sono attratti dagli oggetti magici» disse Jace, ragionando più con se stesso che con Aegon. «Forse sono interessati allo specchio, ma potrebbero nutrirsi della sua magia? Di solito attaccano le bacchette perché il loro nucleo è…»

«Jace, mi serve un aiuto pratico, non una lezione!»

«L’“aiuto pratico” si può ottenere dalla conoscenza dei Chizpurfle, non credi?»

«Jacaerys!»

Non ebbe bisogno di guardare dentro lo specchio per sapere che il ragazzo stava roteando gli occhi al cielo.

«Va bene» disse infine. «Prova a… distrarli con qualcosa. Hai oggetti magici da cui ti puoi separare?»

Aegon si tastò alla rinfusa nelle tasche, trovando la pergamena contenente l’indizio scoperto il giorno prima. 

«Ho solo questa» disse, mostrandola a Jace. «Secondo voi è magica?»

«Può darsi» disse Joffrey. «Prova a lanciarla a quei cosi, vedi se funziona.»

«Aspetta un attimo, prima…»

Aegon lo ignorò. Appallottolò la pergamena e la lanciò in mezzo a loro. I granchi osservarono l’oggetto sorpresi. Poi vi si avvicinarono, liberando le sue gambe e dimenticandosi completamente di lui.

Aegon si allontanò un po’ da loro. Quando capì che non lo avrebbero più seguito, esultò.

«Bravo, Lonmouth! Ogni tanto servi a qualcosa anche tu.»

«I tuoi complimenti sono sempre troppo lusinghieri, Targaryen.»

«Sì, sì. Ora, ripassa lo specchio a Jace. Non credo ci sia rimasto molto tempo.»

«Un paio di minuti scarsi» rispose Joffrey, mentre cedeva lo specchio al Grifondoro.

Aegon si aspettava che Jace fosse soddisfatto che si fosse sbarazzato dei granchi, invece sembrava più cupo di prima.

«Va tutto bene?» gli chiese, preoccupato.

«Non hai pensato che forse, se avevi ancora con te la pergamena, poteva essere importante? Ti ricordo che non l’abbiamo – e sto usando il plurale solo per gentilezza – studiata così bene ieri. Magari aveva ancora qualche informazione utile da darci.»

«Be’, è riuscita a togliermi quei cosi di dosso. Penso che la sua utilità fosse quella» ribatté Aegon, facendo spallucce. «Te l’ho detto, non c’era granché da estrarre da quelle parole. Era solo un oggetto, a quanto pare magico, che mi ha aiutato a superare uno degli ostacoli di questa prova.»

«Ha ragione. Su col morale!» lo spalleggiò Joffrey, mettendo un braccio intorno alle spalle di Jace.

«Va bene, sì, forse avete ragione voi» disse Jace, passandosi una mano dietro la nuca. «È solo… Riusciremo mai a prepararci adeguatamente per questo torneo?»

«Ne dubito» rispose Aegon.

«Ma è meglio così» aggiunse Joffrey. «Finora ce la siamo cavata comunque alla grande, no?»

Jace sospirò e annuì, anche se non sembrò molto convinto.

«Bene, restano trenta secondi, ragazzi.»

Jace e Aegon sgranarono gli occhi.

«Sono già passati dieci minuti?» esclamò Aegon.

«Il tempo vola quando ci si diverte» commentò Joffrey.

«Oh, merda! Merda!» Jace armeggiò con qualcosa sul tavolo. «Scusatemi, ehm… Ok, Aegon, ascolta. Sei a un bivio, giusto?»

«Sì.»

«Perfetto. Allora prendi la strada a sinistra. Come prima, sempre a dritto.»

Aegon si voltò verso sinistra, fronteggiando l’ingresso del condotto. Sembrava più buio rispetto a quello in cui si trovava e anche un po’ più stretto.

«Sicuro che sia questo?» chiese.

«Sì. Prosegui lì. Ci risentiamo tra…»

La sua voce si spense e lo specchio tornò a riflettere l’ambiente circostante.

Aegon sbuffò. Costringerli a potersi parlare solo per pochi minuti era puro sadismo.

 

 

La sua prima impressione si rivelò corretta: più si inoltrava nel condotto, più veniva avvolto dal buio e dal silenzio. La sottile scia d’acqua che lo percorreva era abbastanza piccola perché Aegon riuscisse a evitarla senza problemi, anche se si ritrovò a sentire nostalgia del suono che lo aveva accompagnato nel primo condotto. 

Dal momento che non avrebbe potuto contattare i suoi compagni per un po’, aveva riposto di nuovo lo specchio in tasca e usava entrambe le mani per tastare le pareti attorno a lui. Scoprì che c’erano molte vie che si diramavano ai suoi lati, ma seguì l’ordine di Jace e proseguì sempre nella stessa direzione. 

Appena il primo dubbio che il ragazzo avesse letto male la mappa si insinuò nella sua mente, l’ambiente circostante lo mise a tacere. Davanti a lui vide comparire una piccola luce, che si ingrandì man mano che vi si avvicinava. 

A un tratto il passaggio si fece più stretto, tanto che dovette anche abbassarsi per riuscire a passare, ma superato quel punto ostico si ritrovò in un ampio spazio circolare, chiuso da una grata. 

Aegon si avvicinò alle sbarre, guardandosi intorno per capire se ci fossero altre vie per passare, ma non ne trovò. Provò a vedere se la grata si muoveva, ma, ovviamente, era bloccata da un lucchetto. Con un Alohomora avrebbe risolto il problema in un attimo – come facevano i Babbani a vivere senza magia?

Si guardò intorno, cercando di capire cosa fare. Tornare indietro per quel condotto buio e stretto non lo entusiasmava, e non era abbastanza forte da poter aprire la grata a mani nude. 

Estrasse lo specchio dalla tasca. Era passata mezz’ora dalla loro chiamata? Forse sì. Decise di fare un tentativo.

«Jacaerys.» Nessuna risposta. «Joffrey.» Ancora silenzio.

Sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. 

Si appoggiò alla grata, cercando di vedere cosa ci fosse dall’altra parte. Il percorso sembrava pulito e notò una luce brillare sul fondo. Doveva essere l’uscita.

«Ho trovato la strada giusta in meno di un’ora» disse, soddisfatto.

Era indubbiamente una prova idiota. Quei chizule (era quasi sicuro che fosse il nome corretto) erano stati un fastidioso impiccio, ma niente di tanto drastico. Com’era giusto, dopotutto: come avrebbe potuto affrontare nemici o attacchi seri senza l’uso della magia?

Stirò le braccia, sentendosi più tranquillo. Non aveva motivo di correre o agitarsi. Era sulla strada giusta, perciò gli sarebbe bastato aspettare lì l’inizio della seconda ora della gara, quando Jace e Joffrey avrebbero potuto dirgli come aprirsi un passaggio attraverso la grata o, nel peggiore dei casi, suggerirgli una strada parallela che gliela facesse aggirare.

Si sedette con la schiena poggiata contro la grata. Quel luogo era completamente asciutto. 

Alzò lo sguardo in alto, verso la luce, e si chiese se la sua famiglia fosse arrivata a Hogwarts per sostenerlo durante la sua prova, anche se solo da lontano. Gli dispiaceva non poter essere in un’arena, circondato da spettatori pronti a fare il tifo per lui: sapere di poter incontrare lo sguardo di Jace e ricevere il suo supporto ogni volta che ne avesse avuto bisogno; poter vedere l’invidia sul volto di Aemond per essere stato, per una volta, migliore di lui; ricevere l’ammirazione e il rispetto di sua madre – e, magari, anche di suo padre. 

Dubitava che Daemon Targaryen fosse andato a sostenerlo in un momento tanto importante ma, se la notizia della sua vittoria lo avesse raggiunto, forse lo avrebbe rivalutato e si sarebbe ricordato che era sangue del suo sangue. Suo padre non era mai stato troppo affettuoso, né con sua madre né con i suoi fratelli, ma Aegon ricordava che non era mai mancato ai loro compleanni e portava sempre qualche regalo dai suoi viaggi. Un piccolo gesto, che Alicent considerava niente, ma che ad Aemond, Helaena e Daeron diceva che, in fondo, Daemon teneva a loro. 

Solo a loro.

Aegon non sapeva perché suo padre lo disprezzasse. Si erano parlati poche volte e lui non lo aveva nemmeno mai visto nei suoi momenti peggiori, eppure era comunque più affezionato ai suoi fratelli, incluso Daeron, nonostante fosse stato cresciuto dagli Hightower.

Sospirò e chiuse le palpebre, sentendo quel familiare formicolio premere ai lati degli occhi. Piangeva meno da quando il suo rapporto con Jace si era risanato, ma nemmeno il suo amore era sufficiente a spengere del tutto il dolore che l’assenza di affetto dalla sua famiglia gli aveva sempre provocato. Se fosse riuscito a ritrovare anche quello, era certo che sarebbe diventato la persona più felice del mondo.

Sentì un lieve sciabordio irrompere nella quiete di quel luogo. Aprì gli occhi, cercando di capire da dove venisse. E perché, a ogni secondo che passava, aumentasse di intensità.

Si alzò in piedi e tese le orecchie, scoprendo che il suono veniva dal condotto da cui era giunto lui. Forse stava per incontrare uno dei suoi avversarsi – anche se doveva essere un toro per causare quel baccano.

Si avvicinò lentamente all’imboccatura del condotto. Il buio gli permetteva di udire solo il rumore dell’acqua. 

La vide nell’istante in cui lo travolse, con una potenza che lo fece andare a sbattere contro la parete vicina. Aegon tossì, inalando altra acqua. In un attimo, si ritrovò sommerso ed ebbe bisogno di tutte le sue forze per riuscire a nuotare in superficie. Là tossì ancora, cercando di liberarsi i polmoni dall’acqua che aveva inghiottito. Strizzò gli occhi e dovette sbattere le palpebre più volte per riuscire a sollevarle abbastanza da osservare la sua situazione. L’acqua era arrivata all’improvviso e aveva riempito la stanza per quasi tutta la sua altezza. Aegon alzò lo sguardo sopra di sé: la parete si trovava a un braccio di distanza dalla sua testa. Tastò l’acciaio per capire se ci fosse un’apertura da cui poter uscire, ma l’unica feritoia presente, quella da cui aveva visto la luce prima, era troppo piccola perché potesse passarci. 

«Maledizione!» 

Quell’allagamento improvviso era un incidente o faceva parte della prova? Sperava che il luogo fosse controllato e sicuro, dal momento che lo avevano abbandonato lì dentro senza la magia. 

Prese lo specchio, sperando che la prima ora fosse scaduta. Chiamò i suoi compagni. Di nuovo, non accade niente.

Sbuffò. Galleggiava senza problemi, poteva aspettare ancora qualche minuto, ma non era esattamente…

La sua testa colpì dolcemente qualcosa sopra di lui. Aegon alzò lo sguardo. Adesso, a separarlo dalla parete, c’erano solo pochi millimetri.

«Perfetto. Jace! JACAERYS!» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, ma il ragazzo continuava a non rispondergli. 

Aegon strinse lo specchio, troppo spaventato per preoccuparsi dei tagli che si stava procurando. Era in trappola. Una trappola pronta a soffocarlo con la sua morsa glaciale. 

Dovette sollevare il mento per evitare che bocca e naso venissero sommersi dall’acqua; ma a che scopo? Entro pochi secondi non avrebbe più avuto spazio per respirare. 

«Cazzo! Jace! Joffrey!» Cercò di portarsi lo specchio davanti agli occhi, ma il movimento repentino e le sue dita bagnate gli fecero perdere la presa. Il suo unico contatto con l’esterno cadde dentro l’acqua.

«No!»

Senza pensarci due volte, Aegon si immerse. Lo specchio stava lentamente cadendo verso il pavimento, proprio sotto di lui. Nuotò in basso, afferrandolo con entrambe le mani. Non avrebbe potuto chiamare aiuto là sotto, ma forse Jace si sarebbe ricordato di contattarlo, lo avrebbe visto sul punto di affogare e gli avrebbe suggerito cosa fare. O, nel peggiore dei casi, avrebbe avvertito la preside, che lo avrebbe salvato – esito che però, con tutta probabilità, gli avrebbe fatto fallire la prova. 

Davvero sarebbe finita così? Si sarebbe dimostrato, ancora una volta, un completo fallimento? 

Oppure sarebbe morto. Forse sarebbe quasi stato meglio. 

Il sorriso di Jace gli illuminò il cuore, riscaldandolo dal freddo pungente intorno a sé. 

No, non poteva finire così.

Guardò in alto, ma temendo che ormai l’acqua avesse raggiunto il soffitto, non rischiò di sprecare energie preziose per tentare di tornare in superficie. Doveva agire sfruttando quel poco ossigeno che ancora gli riempiva i polmoni. 

La grata che gli aveva ostruito il passaggio permetteva all’acqua di superarla, ma troppo lentamente perché la stanza si svuotasse in tempo. Diede un paio di bracciate in direzione del condotto da cui era arrivato, ma anche lì era pieno d’acqua; e, dal momento che l’inondazione era giunta da là, era logico supporre che anche tutta quella zona fosse impraticabile. 

Cosa poteva fare? Non gli sembrava che ci fossero altre strade. Magari qualche porta nascosta? Qualche passaggio…

Iniziò a sentire i muscoli contrarsi, mentre la vista si appannava. Stava trattenendo il fiato da troppo tempo. Iniziò a nuotare freneticamente, nel disperato tentativo di trovare una soluzione, ma quello sforzo fece solo aumentare il suo malessere. Non poteva finire così, non lo accettava! Doveva esserci una soluzione.

Il suo campo visivo si oscurò e nella sua mente rimase un unico pensiero: Jace. 

Voleva vederlo ancora una volta.

   
 
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