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Autore: Scarlett Queen    02/04/2023    2 recensioni
Dopo il terribile combattimento contro il demone Zodd nei sotterranei del tempio, la Compagnia del Toro Nero riflette su ciò che lo scontro ha significato per loro.
Ma saranno soprattutto Asta e Vanessa ad aver compreso molto, sia su loro stessi che sui propri sentimenti e mentre la minaccia della Mano di Dio viene, anche se solo per poco, messa da parte, i due compagni avranno la forza di ammettere, l'uno all'altra, che quando si sono trovati davanti alla morte, è stato il loro legame a salvarli, a metterli davanti ai loro pensieri più intimi.
Perché Asta è cresciuto da quando si è unito alla compagnia del Toro Nero, il giovane ingenuo è rimasto dietro, alle sue spalle e sulle labbra della donna, una strega alcolizzata, capirà cosa è diventato, cosa ha trovato e questo... questo sarà la sua nuova arma, contro le sfide che lo attendono.
Episodio pilota in "media res" ambientato in un universo che vede Black Clover e Berserk fondersi in un crossover, un progetto che verrà esplorato in futuro!
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Asta, Yami Sukehiro
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pagina 0 - Un nuovo posto da chiamare casa (pilota)


[https://youtu.be/64WOiEijlpA]
Le macerie vennero scagliate verso l’alto con un gran fragore, la polvere si sollevò al pari di una esplosione e l’aria sferzò la sala del tempio.
Al centro di quel turbinare, schiacciato dal potere del proprio avversario, Asta se ne stava in piedi, piegato in avanti e la mano destra stretta convulsamente attorno all’elsa della sua spada.
Il sangue gli gocciolava dal volto giovane e fiero, cadendo a terra, formando tante piccole pozze cremisi come fiori rossi; respirava a stento e sentiva che ogni osso del suo corpo era pronto ad andare a pezzi...
Sollevò i grandi, brillanti occhi verdi sul suo avversario, stringendo i denti e si mise dritto con le spalle, la mano destra avvolgeva con forza l’elsa dell’arma e la sinistra giaceva lungo il fianco, impossibilitato a muoversi.
«Questo è un peccato – ringhiò la crudele voce del demone, snudando le zanne – come credi di brandire quell’inutile blocco di ferro ora che hai un braccio solo? Ah! Sono questi i limiti dell’umanità, che tu lo accetti o meno».
Asta non lo ascoltava, non lo sentiva neanche. La sua mantella, la mantella che si era guadagnato era in frammenti, il suo corpo, duro e allenato striato di sangue, sentiva la bile in bocca e i muscoli del corpo urlare di protesta.
Eppure restava in piedi, sfidando il destino avverso, frapponendosi fra il demone e i sui compagni, i suoi fratelli d’arme, i suoi amici. Il fiato si condensava davanti al suo volto, alle labbra spaccate e piccole nuvolette si levavano nel freddo del sotterraneo.
«Limiti, umani, disperazione… non ho mai incontrato nessuno capace di sparare tante stronzate ancora prima di aver vinto». La sua voce emerse come da una caverna, a fatica, gracchiante, incespicò e sputò per terra un grumo di sangue, sollevando le iridi sul suo avversario. «Sono ancora in piedi, stringo ancora la mia spada e quanto è vero che diventerò il prossimo Falco Bianco, ti prenderò a calci in culo!».
Ma poteva davvero farlo? Da quando era iniziato il combattimento, quel demone aveva attraversato le fila del Toro Nero come fossero burro, sconfiggendo i suoi compagni uno dopo l’altro, quasi senza riportare ferite e ora troneggiava davanti a lui, avvolto dal proprio mana, un potere opprimente e totale.
Scosse con vigore la testa e facendo sprizzare sangue dal bicipite, dalle vene in rilievo e dalla pelle secca per il sale del sudore sollevò la spada, poggiandosela contro la spalla destra. «Ti chiamano Zodd il Nosferatu perché sei immortale… ma se è la magia a tenerti in vita, allora mi basterò colpirti così forte da strappartela dal corpo, giusto?»
«Falco Bianco? Un insolente bastardello come te vorrebbe diventare… ah! Non farmi ridere, solo un uomo è riuscito a portare quel titolo dai tempi dell’Imperatore del Teschio e tu vorresti… No, non ha senso parlarne adesso, dovresti accettare la morte anziché opporti al tuo destino!».
Il demone avanzò, pestò lo zoccolo sinistro al suolo, facendo tremare l’intera sala del sotterraneo, le colonne di marmo e il soffitto a volta in pietra grezza, sollevando la testa munita di lucide, nere corna e ghignando estatico, salivando per l’estasi che provava, la gioia del combattimento, di togliere la vita… un dio fra gli insetti.
Con un movimento innaturalmente veloce per la sua massa, coprì la distanza che li separava, pronto a ghermirlo e a strappargli quella testolina a morsi, Asta fu appena in grado di fare un passo indietro, colto alla sprovvista ma il colpo gli avrebbe lacerato il petto se qualcosa non lo avesse sollevato, strappandolo all’aggressore.
«Anf, anf… Se credi che ti farò uccidere questo stupido ragazzino, allora non hai capito davvero niente delle donne» e in un attimo, fili violetti, sottili come capelli danzarono nell’aria, si avvolsero attorno al braccio destro di Zodd e si strinsero con forza, recidendogli la pelle coperta da un manto rossiccio, la carne, i muscoli, le vene e l’osso.
Ci fu un’esplosione di sangue, il demone guardò sorpreso il braccio che cadeva pesantemente a terra e lanciò un ringhio di dolore, portandosi la sinistra al moncherino, stringendo con forza per fermare il sangue e sollevò gli enormi, ferali occhi giallastri.
La strega, quella maledetta strega si era rialzata, tremante sulle lunghe gambe, col sangue che le colava dai tre tagli che si aprivano sull’addome e teneva le braccia intrecciate davanti al seno, le dita tese e un sorriso esausto sul volto. «Non è ironico? La compagnia del Toro Nero che affronta un demone taurino… la tua testa ci starebbe davvero bene alla base!»
Asta atterrò morbidamente accanto a lei, sostenuto dai fili e sollevò lo sguardo sul suo bellissimo viso, un viso da donna incorniciato da lunghi capelli violetto e le sue gote arrossarono appena e le sorrise, un sorriso luminoso che gli distese i lineamenti esausti.
«Capisco – la voce di Zodd si fece derisoria e sollevò il braccio tagliato, portandoselo al moncherino e sotto gli occhi dei due avversari, la ferita si curò istantaneamente, lasciandolo con una folle espressione sul viso bestiale – che cosa patetica l’amore, che osa fugace davanti all’immortalità! Vorrà dire che vi ucciderò entrambi, prendetelo come un regalo d’addio, voi che sputate sul destino!».
«Vanessa, non credi di poter brandire la spada ancora per molto – Asta parlò velocemente, puntando gli occhi su Zodd – quindi la prego, mi presti i suoi fili, devo colpirlo, colpirlo con tutte le mie forze, io devo sconfiggerlo, qui e ora».
«Accidenti a te ragazzino» sorrise la strega, calcandosi il cappello a punta sul volto, puntando gli occhi sul demone partito alla carica «Avrei davvero fatto bene ad ubriacarmi nella cantina del tempio ma ora… ora davvero non posso lasciarti da solo».
[https://youtu.be/_rUv4UIMMWE]
«Non è quello che facciamo noi cavalieri? Combattiamo finché abbiamo anche solo una scintilla d’energia in corpo!» e con quelle parole, Asta corse in avanti, Vanessa lo osservò, osservò i muscoli della sua schiena, il guizzare della pelle, lo sforzo per sollevare quella sua stupida spada e sorrise, sorrise rassegnata.
«Insieme ragazzino, uccidiamolo una volta per tutte!» e mosse rapida le braccia, tese le dita allo spasmo e i fili risposero prontamente. Alcuni danzarono attorno alle zampe inferiori del demone, recidendogli i tendini e la carne e altri strinsero in una morsa le ossa distrutte di Asta, portandogli entrambe le mani sull’elsa della spada, spingendolo in avanti, trasmettendogli la propria energia attraverso i filamenti.
«Voi patetici umani! È ora che il mondo venga mondato dalla vostra indegna presenza!»
«L’unico che deve sparire, bastardo di un cornuto, sei tu! Il destino ci appartiene e siamo noi a decidere cosa farne… porta questo messaggio alla tua Mano; gli umani non si arrendono mai, continueranno a combattere, sempre!»
Ci fu un guizzo nei fili che lo tenevano vincolato, il corpo di Asta si mosse con velocità precisione, si curvò a mezz’aria, evitando le grinfie di Zodd e da quella posizione, con una nuova scarica di energia magica, il ragazzo si girò rapido, mulinando la spada dall’alto verso al basso, superando i limiti imposti dalla propria condizione.
“Nato senza magia in un mondo dove questa è tutto… ora capisco perché, capisco perché tutti avevano così fiducia in te sin dal primo giorno, Asta”. Stringendo i denti, la strega diede fondo alle ultime briciole di potere magico che gli scorreva nelle vene e la trasmise a quel giovinastro, cadendo poi sulle ginocchia, sollevando esausta lo sguardo. «Colpiscilo, adesso!»
Così, la spada calò con forza, Zodd sgranò gli occhi, sollevò le braccia davanti alla testa, immobilizzato dalle ferite alle zampe e strinse le zanne. L’acciaio della spada fendette gli arti, il sangue sgorgò a bollenti galloni, nerastro e olezzoso e con un urlo, l’ultimo che gli restava nei polmoni, Asta affondò.
La lama andò a fondo, tagliandogli le braccia e arrivò, alla fine, alla sua testa, insinuandosi fra le corna e calando sul suo possente cranio.
Le ossa divennero polvere, lo spirito racchiuso nel metallo si nutrì avidamente del mana del demone, spappolandogli il cervello, facendogli schizzare gli occhi fuori dalle orbite e scese ancora, per inerzia, passandogli il costato, i polmoni e uscì dal suo fianco sinistro, schiantandosi a terra, penetrando nel terreno e li rimase incassata, lorda di sangue e gloria.
Ci fu un lungo, interminabile, istante di silenzio, Asta rimase immobile, le mani ancora strette attorno all’elsa e il corpo sventrato di Zodd cadde all’indietro, in due orridi pezzi mentre la magia che l’aveva tenuto in vista sino a quel momento, facendogli guadagnare il titolo di “Immortale” gli era stata infine strappata via.
«Io, io – il ragazzo batté le palpebre, le mani scivolarono lungo i fianchi e con gli occhi velati dalla stanchezza osservò il proprio avversario, abbattuto, vapore si levava dal suo corpo e con esso le ultime energie – CE L’HO FATTA!»
Cadde in ginocchio, gettando all’indietro la testa e rise, rise di sollievo, rise di gioia, rise perché era ancora vivo, perché aveva superato i suoi limiti, rise perché aveva dimostrato, una volta di più, che sarebbe stato lui e solo lui ad essere padrone del proprio destino.
Vedendolo, Vanessa non riuscì a contenersi, si alzò esausta in piedi, avanzando tremante sino alle sue spalle e gli cadde contro la schiena, circondandolo con le braccia, piangendo lacrime di sollievo.
Nel sentire i suoi seni contro le spalle Asta il quale arrossì violentemente e cercò d girarsi, ma il corpo protestò dolorosamente e restò dov’era mentre le braccia della donna gli passarono sul petto stringendolo a sé, con le spalle che sobbalzavano lievemente per i singhiozzi.
«Si, stupido, ingenuo ragazzino – sussurrò poggiando il mento fra le sue ciocche albine, sorridendo – ce l’hai fatta».
«No – Asta sorrise debolmente, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dalle calde curve della strega, respirando lentamente – ce l’abbiamo fatta, Vanessa sempai, noi… insieme».
La coscienza lo abbandonò, lasciandolo fra le braccia della donna e anche lei, dopo un leggero sbuffo di risa abbassò le palpebre e sprofondò in un oblio senza sogni e pensieri.
 
*
 
«Quegli incoscienti pezzi di merda! Stavolta mi hanno davvero fatto preoccupare, credevo fossero morti! Maledetti bastardi».
Magna si sistemò gli occhiali sul volto, facendo scorrere le dita lungo il setto nasale e menò un calcio, colpendo uno sgabello che volò via, andando a sbattere contro una delle pareti della sala comune.
«Certo, se non fosse stato per Astapetto saremmo morti tutti la sotto… non avevo mai provato una paura del genere, un senso di oppressione schiacciate. Zodd… che razza di mostro».
«Dal canto nostro abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, è stato un magnifico combattimento, vorrei solo che ci fossero più avversari del genere, voglio combattere ancora, e ancora, e ancora!»
«Tu hai dei seri problemi Luck… odio ammetterlo, cazzo se lo odio ma non voglio mai più ritrovarmi davanti ad una cosa del genere, non credo che sopporterei… la paura».
Normalmente, una frase del genere, detta da Magna, vicecapitano della compagnia di Cavalieri Magici del Toro Nero avrebbe suscitato l’ilarità generale, lo sarcasmo, la derisione, la sala comune sarebbe stata animata da battute, frecciatine, oggetti che volavano sopra le loro teste.
Ma in quell’occasione nessuno ebbe il coraggio di dargli contro. La consapevolezza di essere scampati alla morte per poco, di essersi trovati davanti all’orrore, alla manifestazione di qualcosa che ignoravano, per la quale non erano pronti gravava su ognuno di quei reietti.
«Oya, che cazzo sono questi musi lunghi? Se siete così delusi di essere ancora vivi vi ammazzo io, branco di ritardati!». Gli occhi di quanti stavano in sala si puntarono sulla porta d’ingresso, spalancata con tanta forza da schiantarsi contro la parete, formando una fitta e vasta ragnatela di crepe; il capitano Yami si accese una sigaretta, guardandoli da sotto i ciuffi corvini che gli ricadevano sugli occhi, tenendo la mano sinistra sull’elsa della katana, buttando in fuori il fumo.
«Nessuno di noi poteva immaginare che la Mano di Dio potesse schierare un affare del genere e già il fatto che ne siamo usciti tutti dovrebbe essere sufficiente per farvi fare baldoria e invece vi ritrovo a piangervi addosso, branco di cazzoni depressi». Avanzò nella sala, facendo picchiare le suole contro le assi in legno del pavimento, grattandosi il mento con la destra.
«Quell’imbecille si è forse fatto prendere dal panico? No, come un vero coglione ha continuato ad urlare e ad agitare quel ridicolo blocco di ferro e assieme ad un’alcolizzata depressa ninfomane ha ucciso un qualcosa ritenuto “immortale” … ma voi siete qui a fare la peggiore scenata che io abbia mai visto. Cazzo, allora è vero la compagnia del Toro Nero è formata dalla feccia di Clover».
«Capitano... – Magna gli si avvicinò, a testa bassa, le mani lungo i fianchi, facendo picchiettare le suole degli anfibi contro il pavimento, un labbro tremante – tu… tu sei l’ultimo che può parlare così, dannazione!» una vena esplose sulla sua tempia destra, afferrando il bavero dell’uomo con la mano destra, sputacchiandogli in volto ad ogni parola.
«Bella roba sbolognarci una missione del genere mentre lei se ne stava alla capitale a fare la bella vita a corte. Avrei davvero voluto vedere lei al nostro posto!». Un alone gelido si diffuse nella sala comune, i bracieri si spensero con un lieve tremolio, le candele sollevarono lievi spirali di fumo. Yami gettò uno sguardo a Magna ed ecco che, negli occhi del suo vice, apparve la consapevolezza di aver appena fatto l’errore più grande della sua vita. Uno dei tanti.
«Ma cosa cazzo credi, che non avessi preferito starmene con voi cazzoni piuttosto che sentire le stronzate di corte?» e lo afferrò per il cranio, strappandogli squittì spaventati e lo sollevò senza sforzo da terra, mandandolo a schiantarsi contro la parete opposta, sfondandola e lasciandolo disteso di schiena a terra.
«ma dico io, che modi! Grazie alla mia assenza siete diventati ancora più forti ed è così che mi ringraziate! Branco di ingrati bastardi!»
“Sinceramente...” Noelle si affacciò da dietro uno dei divani, sporgendo appena gli occhi, sentendo come una mannaia sulla sua testa, deglutendo a vuoto.
“…credo che il capitano sia anche più pericoloso di quel Zodd” concluse Finrel, nascosto accanto a lei, col sudore freddo che gli scivolava lungo le tempie. Yami si accese un’altra sigaretta, con noncuranza e li guardò tutti e poi, poi un sorriso gli sollevò un angolo della bocca e rise, passandosi il pollice sinistro sulle labbra, facendo tremare le proprie ampie spalle sotto la canotta bianca, con la mantella del proprio ordine sulla spalla destra.
«Così va meglio, ricordatevi che l’unico che ha il diritto di ammazzarvi per le vostre stronzate sono io! E poi non è che potessi rifiutarmi, era un ordine dell’Imperatore Magico in persona: ogni compagnia è stata mandata in missione mentre i rispettivi capitano dovevano starsene alla centrale».
«Uh, dovevano esserci davvero tutti allora, i più forti del regno in un unico posto, chissà se mi capiterà mai l’occasione di sfidarli!»
«Come puoi pensare ad una cosa del genere! – Noelle balzò in piedi, guardando Luck incredula, osservandolo ciondolare a testa in giù, grattandosi i corti capelli biondi – una riunione del genere può voler indicare solo una cosa: un consiglio di guerra con i massimi vertici militari di Clover, non capisci la gravità della cosa?» parlò così in fretta che gli orli del bianco vestito, a foggia di ali di cigno che le cingevano le flessuose gambe nude si agitavano ad ogni minimo movimento e il suo volto si fece paonazzo.
«Concordo con la signorinoelle! Prima o poi giuro che ti trascinerò da uno bravo a farti curare, maniaco dei combattimenti!» Magna lo agguantò per un polso, portandoselo davanti al volto, ringhiandogli ad un nulla dal viso, ma quello si limitò a mostrargli un palmo di lingua e volò via, lasciandolo a terra.
«Per farlo dovresti sfidarmi, magna! Vuoi farlo adesso? Combattiamo, combattiamo, combattiamo?»
«Se vuoi le botte scendi e affrontami da vero uomo, giuro che ti arrostisco il culo e lo do come arrosto in pasto a Charmy se continui a farmi incazzare!»
«Oya, il capitano è davvero incredibile – mormorò Finrel a bassa voce, attirando l’attenzione di Noelle e le indicò la scena con un cenno del mento – sino ad un attimo prima ci stavamo disperando, ora sembra che tutto sia tornato come sempre… mi chiedo quanti altri uomini ne sarebbero stati capaci, almeno con le sue modalità».
«Già è vero» Noelle si sedette sul divano, accavallando le gambe e sospirò, prendendosi il mento fra le mani e osservò la scena, le lunghe code di cavallo che le ricadevano ai lati del viso, tamburellandosi nervosamente le dita sulle guance e quasi senza che se ne rendesse conto, i suoi occhi si puntarono sul soffitto, cercando di fendere il legno e la pietra della base.
Da una settimana Asta e Vanessa stavano in infermeria, privi di senso, dormendo profondamente mentre le loro ferite guarivano e il tempo scorreva, andando avanti, inesorabile. “Chissà cosa sono detti… non che m’importi! Non mi interessa certo cosa è successo fra loro, certo che no… e invece sì dannazione a quella tardona fisata col vino!”
 
Del fragore nella sala comune, poco o nulla arrivava in infermeria; le pareti dell’ambiente erano state ricoperte dal cotone della magia di Charmy e l’ambiente risultava insonorizzato e protetto per la sicurezza dei pazienti.
Dei numerosi letti che vi erano presenti, solo quattro erano ancora occupati: Charmy e Gauche sedevano sui loro materassi, mangiando quanto preparato dai cuochi-pecora della ragazzina, borbottando fra loro mentre a qualche posto di distanza, posti l’uno accanto all’altra, Vanessa e Asta ancora non si muovevano, con le flebo attaccate al braccio.
Erano fuori pericolo, ma mentre la strega era in un coma indotto con la magia per permetterle di rigenerare pienamente il proprio mana, il ragazzo aveva dato fondo ad ogni fondo di forza fisica che aveva, restando svuotato ed esausto.
Le magie di guarigione potevano certo curare le ferite, ma Asta era un caso unico e in un mondo dove la forza fisica era secondaria, lui spiccava, una pecora nera in mezzo ad un candido gregge.
«Dovrò ringraziarlo quando si sveglierà – disse Gauche con la bocca intenta a consumare un boccone di carne, masticando con l’unto che gli colava giù per il mento – sarà solo grazie a lui se potrò rivedere nuovamente il volto della mia Marie, un autentico angelo, non trovi?».
Sollevò nella mano sinistra la foto di sua sorella minore, un’adorabile bambina dai capelli del colore del grano e gli occhi grandi e dolci; del sangue gli colò dalla narice destra sulle labbra.
Dal canto suo, Charmy aveva le guance piene di carne, il volto immortalato in un’espressione di puro piacere e si portava alle labbra un boccone dopo l’altro. «Gnam, gnam, gnam, gnam! Quando Asta si sveglierà gli cucinerò tutto ciò che vuole, la!» e sotto con un cosciotto di manzo, un petto di pollo, una salsiccia all’aglio, una ciotola di tagliatelle in brodo e ancora un pasticcio di carne, torta salata e sforato di zucchine con macinato di bovino.
C’era da chiedersi, a vederla così piccola, dove lo mettesse tutto quel cibo.
«Ma tu guarda, non pensi ad altro che a rimpinzarti vero? La mia dolce Marie non darebbe mai alito ad uno spettacolo tanto deplorevole, è un angelo in tutto ciò che fa» e si pulì l’ennesima striscia di sangue, stavolta dalla narice sinistra, sistemandosi un ciuffo di capelli castani sopra l’occhio sinistro.
Frattanto, steso nel suo letto, Asta si mosse nel sonno e lo stesso fece Vanessa, le mani scivolarono placidamente fuori dalle leggere coltri bianche e giù dal materasso, incontrandosi, sfiorandosi e fuggendosi. Da qualche parte, sotto di loro, Noelle starnutì, grattandosi le narici con l’indice sinistro.
Passò ancora tutto quel giorno e tutta la notte, il sole e la luna si alternarono assieme alle stelle, il Regno di Clover si trascinò come sempre, il ciclo del tempo scivolò in avanti e tutti i Cavalieri Magici del regno attesero qualcosa che, in un modo o nell’altro sapevano che sarebbe venuto, anche se ignoravano il quando.
Poi, un altro giorno ancora, venne la notte e Vanessa si svegliò, girandosi appena con la testa: il letto di Asta era vuoto, c’era solo lei nell’infermeria e non sentiva alcun rumore, dovevano essere tutti a letto.
“Accidenti, mi sento come se mi fossi appena ripresa da un mese di sbornia, aah, la mia povera testa”. Si massaggiò le tempie doloranti, sporgendo le lunghe gambe dal letto e, sui malfermi piedi nudi si alzò, incespicando appena per ritrovare l’equilibrio e poggiandosi al sostegno della flebo, respirando affannosamente. Certo, aveva recuperato appieno le forze, ma aveva dormito a lungo e i muscoli erano intorpiditi.
“Però sono viva, siamo tutti vivi grazie a lui… ma dov’è andato adesso? Si è svegliato prima di me?” ma, prima che avesse il tempo materiale di uscire dalla porta dell’infermeria e guardarsi attorno sentì provenire, da una delle finestre aperte sul bosco che circondava la fortezza del Toro Nero, dei rumori familiari: legno e metallo.
“Non dirmi che quel pazzo…” e si diresse verso la vetrata, a passi accorti, stringendosi la propria mantella attorno alle spalle, sentendo l’aria della notte stuzzicarle il bel corpo di donna, avvolto dal suo intimo violaceo e si sporse.
Il vento le fece danzare i lunghi capelli attorno al volto e, così come aveva pensato, Asta era fuori, a torso nudo intento a tagliare gli alberi con la propria spada; la lama penetrava nel legno come fosse burro, i tronchi cedevano precisi e cadevano con un sordo lamento, schiantandosi al suolo.
“Ma… da quanto lo sta facendo?” e difatti, attorno al ragazzo non vi erano due, tre, quattro o cinque alberi, ma decine, forse un centinaio e Asta non dava segno di volersi fermare. Un passo in avanti, fendente e un altro passo in avanti con un altro fendente.
[https://youtu.be/u_upMKUm16M]
“Non ancora, non è ancora perfetto… ma non è finita, non è finita, non è ancora finita!” il suo corpo era pieno energia, sentiva scorrergli nelle vene, nei muscoli delle braccia e delle gambe e quando portava i fendenti, ogni fibra muscolare reagiva istantaneamente e la spada si muoveva come fosse liquida nella sua mano, tranciando il legno con precisione, senza schegge o trucioli.
«Asta… da quant’è che sei sveglio?»
Si voltò, portandosi il piatto della spada sulla spalla destra e batté piano le palpebre, incrociando gli occhi di Vanessa e sorrise colpevole, abbassando l’arma e grattandosi la nuca, borbottando imbarazzato. «In realtà da poco – disse cercando di guardare altrove – dormiva ancora profondamente e non volevo svegliarla».
«Ti prego, basta con queste formalità – Vanessa avanzò lentamente, coprendo la distanza che li separava e sorrise, passandosi le dita della mano destra sulla guancia – anche se sei terribilmente carino quando fai così».
Scese un silenzio carico di imbarazzo fra loro, imbarazzo al ricordo di come si erano abbandonati l’una nelle braccia dell’altra nelle profondità del tempio e le gote di entrambi si imporporarono. Alla fine vanessa si riscosse e sorrise, osservando i tronchi degli alberi. «Io riesco appena a stare in piedi, tu invece sembri pieno di energie».
«Pieno da scoppiare! – esclamò Asta sollevando l’enorme spada sopra la testa e piantandone la punta nel terreno, sorridendo a trentadue denti – non potevo certo starmene con le mani in mani, se voglio diventare il prossimo Falco Bianco devo essere ancora più forte! La Mano di Dio si muoverà presto e io devo essere pronto ad affrontare qualsiasi cosa ci manderanno contro!»
Le diede le spalle, puntando gli occhi al cielo e prese un profondo respiro prima di parlare ancora, stringendo la destra attorno all’elsa della spada e quando parlò ancora, la sua voce tremava, leggermente ma tremava.
«E devo ringraziarti. Sono più che consapevole che senza il tuo aiuto Zodd mi avrebbe ucciso, forse avrebbe ucciso tutti noi eppure… eppure ora noi siamo qui, e voglio che tu sappia anche che, da quando il capitano mi ha fatto entrare nella compagnia del Toro Nero ho avuto piena fiducia in te, in ognuno di voi! Vi affiderei la mia vita altre cento, mille, diecimila volte perché che voi sarete sempre al mio fianco, anche davanti alle porte dell’inferno!».
Un brivido percorse la schiena della donna, le labbra dischiuse per lo stupore. L’aura di Asta si era fatta più intensa, il suo corpo si era irrobustito ulteriormente e la sua voce, la sua voce si era fatta più matura, anche se le parole, quelle provenivano da quel suo cuore di bambino, in contrasto con la sua innata fierezza, con quell’animo indomito, gentile, folle, audace e dolce.
Vanessa si alzò in piedi, portandosi, come aveva fatto giorni prima alle sue spalle e lo abbracciò da dietro, cogliendolo alla sprovvista e facendolo irrigidire mentre lo stringeva a sé, il pizzo dell’intimo a premere contro i possenti muscoli delle sue spalle e sorrise, spingendo il volto contro i suoi capelli albini, sorridendo.
«Asta… potresti guardarmi, per favore?» e il ragazzo, confuso si voltò, ritrovandosi col viso fra le lunghe, calde dita della strega e le sue labbra carnose, di un viola chiaro sulla bocca. Il suo cuore batté impazzito, sentì un calore violento tingergli il volto e ancora di più quando, cercando di portare le mani al suo corpo per allontanarla incontrò la sua pelle nuda contro la propria.
 Alla fine la strega si allontanò con un lieve sorriso, senza staccargli gli occhi di dosso e inclinò la testa da una parte, sorridendo radiosa e dandogli una schicchera al naso, «Scusami ragazzino, ma sei troppo carino e… volevo essere io il tuo primo bacio.. Dopotutto mi piaci davvero, Asta» e si girò, salutandolo da sopra una spalla.
Non si sarebbe mai immaginata che Asta abbandonasse la sua spada lì dov’era, che corresse verso di lei, che la afferrasse per il polso destro, facendola voltare e che la guardasse nei suoi occhi con quello sguardo fisso, intenso, carico di qualcosa che segnava, per sempre, la fine della sua fanciullezza, di quell’innocenza che caratterizzava l’infanzia e lo apriva ad una nuova realtà.
Il ragazzo deglutì a vuoto ma non la lasciò andare, aprì e chiuse la bocca un paio di volte e alla fine fece un moto di stizza, mandando al vento le parole che premevano dolorosamente senza poter uscire e fece un passo in avanti, come quando combatteva e quasi la buttò a terra nel portarsi alla sua altezza per ricambiare il bacio.
Fu veloce, inesperto, e tremante, le labbra esitarono nel poggiarsi su quelle della donna e dopo un poco si separò, del tutto rosso, lasciandola andare e intrecciando le forti braccia davanti agli ampi pettorali, così grandi per un ragazzino di sedici anni.
«In quest’anno sono successe moltissime cose – borbottò e io stesso credo di essere cambiato… insomma, faccio caso a molte più cose e sono diventato forte  tuttavia… la cosa che più mi accompagna da qualche tempo, giorno dopo giorno è… sapere che ora… ora non combatto solo per proteggere tutti e che inizio a capire, ecco, di cosa parla Gauche, quando dice che vuole proteggere sua sorella».
Vanessa lo guardò stupita, portandosi i polpastrelli alla bocca e rise, ma rise piano, fra la tenerezza e il divertimento e lo abbracciò ancora, premendogli il volto contro il proprio pieno seno di donna, facendogli andare a fuoco il volto. «Anch’io ti amo, Asta… grazie per aver creduto in me».
In quel momento, alle loro spalle si levarono degli scoppi, i due compagni si volsero, ancora stretti in quella maniera e videro dei fulmini e delle sfere fiammeggianti, ardenti che salivano verso il cielo, mandando scintille, bagliori e luci che si fondevano, gettando un ampio bagliore attorno alla base.
«OI, BASTARDO ASTAMBECILLE, NON SEI COSI’ FESSO COME SEMBRAVI VERO?»
Davanti a loro, in linea, c’era l’intera compagnia, riunita sotto un cielo frammentato dalle esplosioni di fiamme e fulmini; sdici occhi li guardavano, otto persone che sorridevano, sghignazzavano, facevano battute volgari. Noelle, in un angolo tremava da capo a piedi, col vapore acqueo che le si sollevava dalle orecchie.
“Dannata tardona! E co-comunque non mi importa niente se quell’idiota si innamora di un’alcolizzata… e invece si maledizione! Non mi do per vinta però. o forse dovrei? Ma certo che no! Non è ancora finita!”
«Oya oya, certo che fate davvero una bella coppia di perdenti – borbottò Yami torcendo un dito di Magna per usarlo come un fiammifero, strappandogli un gemito di dolore – un idiota che non sa usare la magia e un’alcolizzata cronica… beh, vedete di non fare casini nella mia base, o vi ammazzo!»
“Veramente è lui quello che distrugge sempre tutto”; fu strano, il medesimo pensiero attraversò la mente dell’intera compagnia, ma nessuno osò dargli voce e si perse nella loro consapevolezza mentre, alla fine, il capitano si scioglieva in un sorriso, puntando gli occhi neri su Asta,
«Dannazione a te moscerino, sei cresciuto davvero, uff, forse è ora di ammettere che sto invecchiando».
«C-capitano! La ringrazio, la ringrazio davvero per avermi accolto, quel giorno! Non saprò mai ripagare il debito che ho nei suoi confronti… lei e tutti voi ragazzi, io… io… grazie!».
Asta cadde in ginocchio, inchinandosi davanti alla compagnia, le lacrime che sgorgavano  a fiumi dagli occhi, lacrime di gioia e mentre piangeva, tutta la sua vita gli passò davanti.. ogni singolo istante, dolore e sofferenza sfumavano come la nebbia del mattino.
Non era più solo, aveva trovato un altro posto da chiamare casa, un posto dove lui era un anormale in mezzo ad altri anormali, reietti, criminali, teppisti, assassini, fuggiaschi e alcolizzati.
«S-sarebbe davvero il caso che ti mostri finalmente riconoscente – urlò Noelle, arrossando sino alla radice dei capelli, sollevando i pugni ai lati della testa e pesando il piede destro a terra – ti-ti ho permesso di stare nella stessa compagnia di una sangue reale, brutto Astapetto!»
«Ma questo cosa c’entra ora! Siamo entrati lo stesso giorno e lo sai benissimo!»
«Su, su – Vanessa lo strinse a sé a piene braccia, strappando uno squittio di protesta dalla bocca di Noelle – non litighiamo proprio stanotte, piuttosto festeggiamo! Ora che stiamo tutti bene possiamo bere in quantità, e tu berrai con me, giovanotto»
«Ma veramente ancora non posso… Vanessa, Vanessa aspetta, ti ho detto che non posso!»
Ma la donna lo trascinò con sé in mezzo agli altri e le sue proteste si persero nella confusione, nelle grida e nelle esplosioni. In effetti, nessuno quella notte diede retta a nessuno e alla fine i festeggiamenti si trascinarono sino alle prime luci dell’alba, con le bottiglie sparse per tutta la radura creata dall’allenamento di asta, con i membri della compagnia abbandonati contro i tronchi abbattuti, sonnolenti, felici, ubriachi.
Dopotutto, dopotutto erano la compagnia del Toro Nero, la peggiore del Regno di Clover.

Note dell'autrice:
Voi non avete idea di quanto io abbia rischiato di dare inizio all'ennesima storia!
Fortunatamente mi sono resa conto che sarebbe stata una follia e così sono riuscita a contenermi, chiudendo la storia così che fosse una one hot autonclusiva! 
Ora, spieghiamo: sto guardando Black Clover, lo sto divorando e la saga del tempio sommersi mi ha fatto fare "KYAAAH", ed ho deciso di scriverci qualcosa sopra, ma qualcosa di nuovo, e così ecco qua, un remake, circa, dello scontro finale fra Asta, Vanessa e Finrel contro Vetto della disperazione in salsa Berserk, mettendo Zodd l'immortale come avversario del caso!
Ovviamente la cosa non è causale, in effetti, come scritto nell'introduzione, questa storia parte già ad uncerto punto di un ampio progetto che vede Black Clover come una sorta di "sequel" di Berserk, nel quale la figura del Falco Bianco ha preso il posto di quella dell'Imperatore Magico.
Detto questo, spero davvero che vi piaccia, spero di aver azzeccato tutti i personaggi e, beh, che dire... ci vediamo alla prossima!

Da sinistra a destra: Gordon, Magna, Gauche, Grey
Vanessa, Luck, Yami, Finrel, Noelle, Charmy, Nero e
Asta! (Almeno sino all'episodio al quale sono arrivata!)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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