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Autore: ClaudiaSwan    13/09/2009    6 recensioni
L’amore è sempre
pronto a resistere a qualsiasi tempesta… La morte è una tempesta abbastanza
forte da spazzarlo via? no… non per me… altrimenti non sarei qui…ma l’amore è
anche pronto sul serio a rinnovarsi e a far spazio a nuovo amore?

La certezza degli
occhi di Robert fissi su di me mi fa sperare di si. Che l’amore nuovo si
affianchi a quello vecchio senza coprirlo mai.

Robert.
Alessia.
Lui inglese, lei italiana. Lui attore sulla cresta dell’onda,
lei aspirante fotografa di successo. Lui tradito dalla sua ragazza, lei
innamorata di un angelo.
Lui che non ha idea di cosa sia veramente l’amore perché non
è mai stato veramente innamorato e lei che di questo sentimento sa tutto, anche
la parte più dolorosa.
Alessia e Robert vivono due vite completamente diverse,
hanno sogni completamente diversi, esperienze totalmente diverse. Eppure hanno
un punto in comune: Mattew Holsen, un nome che per tutti e due significa
tantissimo. E sarà proprio lui a metterli insieme, a far combaciare due anime
completamente differenti ma bisognose di sentimenti forti e veri, a mettere in
discussione le certezze più profonde e radicate in loro, a fargli scoprire che
sono due pezzi di un unico puzzle e che l’incidente stradale che li ha fatti
incontrare… non era altro che il destino che bussava alla loro porta cercando
di essere ascoltato.
Una storia in due pov, che amo e che cresco come un figlio. Ho
cercato di rendere Robert più possibile vicino a come penso sia nella realtà,
prendendo spesso spunto da fatti veri della sua vita ma prendendomi anche delle
piccolissime licenze poetiche. Questo è il mio Robert.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'ubi tu Gaius, ibi ego Gaia'
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Ok.

Questa è una giornata di merda.
Me lo sento.
Quando apro gli occhi la mattina so già se è una giornata buona o no. A volte devo aspettare di appoggiare il primo piede giù dal letto per avere la rivelazione, ma oggi no. Oggi non devo nemmeno aprire gli occhi. Ho appena ripreso i sensi dopo una lunga notte di sonno e so già, senza aver ancora aperto gli occhi al mondo, che questa sarà una giornata di merda. Accarezzo l’idea di poter stare ancora lì tra le lenzuola, girandomi di spalle e cacciando la testa sotto il cuscino, pensando di passare. Ma non credo che Allen mi permetterà di farlo. Conoscendolo mi verrebbe a svegliare con il megafono da regista che porta sempre appeso al collo, alzando il materasso e scaraventandomi di peso sulla moquette. Meglio alzarsi da soli.
Svogliato come non mai, mi metto seduto sul letto e guardo quello che resta delle mie lenzuola. Che spettacolo pietoso: tutte rovesciate per terra e tirate via dal materasso. Ma che colpa ne ho se mi tocca dormire in una roulotte in pieno luglio? L’aria condizionata funge, per carità, ma dormite con l’aria accesa tutta la notte e ditemi il mattino dopo come state.
Con gli occhi ancora mezzi chiusi apro il getto della doccia in modo che sia il più possibile fredda.
- Robert! -
Una cosa che odio la mattina è sentire gente che grida. Lo detesto. Con un  grugnito infastidito apro la porta e me ne vado in bagno.
- Dovrebbe assumermi lo Starbucks con tutte le consegne a domicilio che ti faccio- dice Emilie dalla cucina.
- Allora? Vuoi da me gli stipendi che ti verserebbe se fossi assunta?- le rispondo con la voce ancora rauca di sonno dal bagno.
Mi sfilo i pantaloni della tuta che uso come pigiama, l’intimo e mi butto sotto il getto gelido. Che meraviglia. L’acqua che mi scivola addosso porta via il sonno e la calura. Purtroppo non riesce con la cattiva sensazione sul fatto che sarà una giornataccia. A pensarci bene non ci vuole una medium per sapere che questa giornata farà schifo. Bastano due parole: Central Park. Se poi davanti ci si aggiunge la parola ‘riprese’ si afferra tutta la tragicità della cosa. Troppa gente, troppi obbiettivi, troppe urla che sommate davano le parole ‘troppo stress’.
Quella della gente l’ho sempre considerata la parte negativa del mio mestiere. Odio stare al centro dell’attenzione, mi vengono le crisi di panico. Un controsenso bello e buono se si pensa che faccio l’attore e da sempre ciò implica un’attenzione ossessiva da parte dei media quando il gentil sesso decide di sfoderare gli ormoni. È un rapporto odio-amore con il pubblico quello che ho io. Ovviamente sentire che conti qualcosa, che il mondo conosce il tuo nome, che sei importante in qualche modo, è una gran bella soddisfazione. Ma l’altra faccia della medaglia è di gran lunga più triste. Sempre quella sensazione di deludere tutti che ti porti costantemente addosso, quella paura di non essere mai abbastanza, non si addice per niente al mio modo di essere. Eppure ci devo fare i conti tutti i giorni, dal primo momento in cui mi chiudo alle spalle la porta della mia camera da letto. Esco e devo essere gentile anche se non mi va (non mi piace prendermela con chi non ne può nulla se mi sono svegliato male), sorridere, salutare, assolutamente non bere perché dopo una volta che mi hanno visto uscire allegro da un pub hanno pensato che mi dovessi iscrivere ad un gruppo di alcoolisti anonimi… Devo dare alla gente quello che la gente vuole. E se la gente mi chiede di morderla sul collo? È diventata un’ossessione questa storia del vampiro. A volte vorrei rispondere alla squilibrata che me lo chiede “ma secondo te, se Edward si trattiene dal mordere Bella che è la sua cantante, in quale universo remoto dovrebbe venire a mordere te?”. Ma mi trattengo, sorrido e lascio la mia sigla su un pezzo di carta. Ma che ci troveranno mai a essere morse? Una volta l’ho fatto, mordere sul collo, intendo. Si trattava di una conduttrice televisiva di un programma molto divertente. Non so se le sia piaciuto, ma a me non ha dato poi tutto sto brivido.
A volte mi chiedo se tutte quelle ragazzine che mi assediano persino negli autogrill, importi veramente qualcosa di me. Si sono mai chieste ‘chissà com’è andata la sua giornata’ oppure ‘cosa ne pensa di tutti quegli attentati talebani’ o ancora ‘chissà se ha visto quel film’? Lo hanno mai fatto? Non avrò mai questa risposta. Forse per loro parlare di cose normali tipo la giornata, la notizia del tg o l’ultimo film di Al Pacino è una cosa da escludere a priori. Ovviamente gridarmi ‘Rob ti amo’ anziché chiedermi ‘Rob come stai oggi’ è una cosa assolutamente normale. Chi sprecherebbe mai i due secondi che ha a disposizione per chiedere come sto io?
Per questo oggi sarà una giornata di merda. Set aperto significa avere troppa gente attorno, troppi autografi da firmare, troppi flash fotografici ad accecarmi gli occhi. Cristo santo, con tutte le volte che sono stato flashato avrò sicuramente perso un paio di diottrie.
- Rob il tuo caffè sta diventando uno shakerato freddo!- urla Emilie dall’altra stanza.
Chiudo l’acqua della doccia e mi avvolgo un asciugamano in vita. Fregandomene di essere tutto gocciolante, la raggiungo in cucina e mi siedo sulla panca davanti al tavolo. Lei mi sventola sotto il naso una busta bianca e mi da il mio mega bicchiere di caffè. Quella di far colazione insieme è diventata un’abitudine fin dal secondo giorno di riprese.
- Ehi! Prima la brioche- mi sgrida con aria severa togliendomi di mano il mio bicchiere. Il suo viso a cuore circondato dai capelli biondi con al centro un paio d’occhi azzurri molto teneri, fa a pugni con l’espressione ferma e rigorosa che vuole avere. Guardarla è come vedere Winnie Pooh incazzato.
- Che palle che sei Emilie-  sbuffo riprendendomi il mio caffè. Siamo amici. Almeno con lei non devo sorridere se non ne ho voglia.
- Di pure ‘che palle’ quanto vuoi, Rob. Quando ti troverai con lo stomaco bucato allora magari ti ricorderai dei miei avvertimenti- dice dando un morso alla sua brioche.
- Ma non erano le bevande gassate a perforare le budella?-
Tuttavia la ascolto e tiro fuori il mio triangolino alla nutella. È una brioche italiana per cui vado letteralmente matto. Se un giorno una ragazza venisse con un vassoio di queste delizie e mi chiedesse di sposarla, le direi si a occhi chiusi e bocca aperta.
- Non fa differenza, dato che vai avanti a caffè e coca cola- mi risponde pensierosa, assorta nell’ennesima rivista di gossip che aveva tirato fuori.
Ogni mattina, assieme a caffè e brioche, era il “vediamo quanti cazzi nostri si sono fatti moment”.
Oggi non devono esserci belle notizie, ma già lo sapevo. È o non è una giornata del cavolo? Afferro il suo tono e cerco di capire cosa c’è in quella rivista che la possa turbare.
- Letto qualcosa di interessante?- chiedo addentando il dolce.
- No, no…che dici? Solita spazzatura, niente di che- dice tornando sorridente e mettendo via il giornale. Forse la frase più giusta sarebbe ‘nascondendo il giornale’ dato che lo aveva arrotolato e fatto magicamente sparire nella borsa.
Conosco quel trucco e non posso farmi incantare. Lo facciamo quando troviamo qualcosa che l’altro non avrebbe mai voluto sapere, o gli avrebbe fatto troppo male leggere.
- Tira fuori quel giornale - vorbotto buttando giù un sorso di caffè e tendendo la mano sul tavolo.
- Davvero Rob, questa non la vuoi sapere - dice nascondendosi la borsa dietro la schiena.
- Lili, per favore. Fammi apprendere la notizia da seduto e rilassato, tanto lo scoprirò lo stesso quando uscirò da quella porta. Dammi quel giornale - insisto esasperato facendole segno di darmi quel maledetto giornale. Lei, con aria da martire, lo tira fuori e lo fa scivolare sul tavolo. Si tira le maniche della felpa grigia fino a coprire i palmi e si appoggia a braccia conserte sul tavolo in attesa. Guardando lei per cercare di capire se la notizia che sto per leggere è una cosa ridicola, una vera, una stronzata o una cattiveria, apro la rivista.
- pagina 24 -  
Scorro il giornale fino alla pagina che mi ha detto e, quando ci arrivo, sento una gran voglia di rimettere quello che ho appena mangiato. Sono letteralmente disgustato dalla foto grossa quanto l’intera pagina che ho davanti.
 -Rob, mi spiace. Vedrai che non è come pensi, vedrai che magari era ubriaca e non sapeva quello che faceva, vedrai…-
Odio quando fa così. Dare un’alternativa a una realtà troppo ovvia, è uno spreco di tempo, di fiato e di energie. - Magari è una foto vecchia, guarda ha ancora i capelli lunghi castani- continua Emilie indicandomi la capigliatura di Kristen.
Non riesco a parlare, non riesco a pensare, non riesco nemmeno a respirare tanto sono deluso e amareggiato. È vero sono foto vecchie, foto che non ho mai visto, ma sono foto di quando stavamo già insieme. Di tre giorni fa.
- Robert…- dice dolce scuotendomi l’avambraccio come a consolarmi.
Non so da dove riesco a tirare fuori le parole, non so come faccio a dire quello che sto per dire sapendo di mentirle. La conosco bene e starebbe in pena tutta la giornata per me. Emilie è troppo emotiva.
- Si, Lili…hai ragione, sono foto vecchie. D’altra parte questo è il giornale che ha il record di cazzate pubblicate, no?- dico accennando un sorriso che non si beve.
- Robert, vedrai che non c’è niente di vero. Kris non lo farebbe mai…- dice venendo dal mio lato del tavolo ad abbracciarmi. Le do qualche colpetto alla spalla. - Su, dai, Lili…non è niente. E’ una montatura. Ora mi vesto e andiamo, altrimenti Allen ci fucila -
- Ti aspetto fuori allora- dice mentre scende i gradini della mia roulotte, capendo che mi serviva qualche minuto si solitudine.
Vado all’armadio e…non…non riesco nemmeno a fare un pensiero, a mettere insieme due parole. Non ci riesco. Apro l’anta e guardo la nostra foto. L’avevamo attaccata insieme. Era venuta con me il mio primo giorno sul set di questo film.
Così ogni mattina, quando ti vestirai, penserai a me. E anche quando ti svestirai, aveva detto ridendo mentre staccava pezzi di scotch con i denti. Era vestita di blu. Adoravo quando si vestiva di blu. Perché dici che il blu mi sta bene, amore? già sono pallida di mio, con questo colore sembro cadaverica! E dire che io adoravo quel colore su di lei proprio perché mi piaceva la sua pelle così chiara.
La mia mano si alza, da sola, senza che io abbia dato l’impulso. Si posa sui nostri visi, accarezza il suo, poi si apre e intrappola la carta fotografica nella sua morsa. Attaccati all’anta sono rimasti i triangolini di carta incollati con lo scotch. Mi siedo sul letto, le mani nei capelli e la foto della rivista sembra che mi segua. Riesco a vederla ancora sul tavolo. Lei, lui…quel bacio…non era vecchia quella foto. Aveva esattamente tre giorni. Tre.
Ehi amore, mi hai appena lasciata! si, lo so…anche tu mi manchi. Ora ti lascio, mi chiamano. Di addio ai miei capelli perché li rivedrai in versione parrucca solo a settembre. Ti amo…
Le avevo comprato io quella giacca, il pomeriggio prima. Era uscita da casa mia vestita così quella mattina. Le sue all star erano legate in quel modo, la sua maglietta era la stessa. La sera era tornata con i capelli neri che le sfioravano a mala pena le spalle. C’era lui li.
 Michael? È finito tutto, Rob, non sento più niente per lui. Ogni volta che mi sfiora, che sto con lui…penso solo a te, ed è questo quello che voglio ora. Voglio stare con te.
Quanto sono stato fesso, quanto sono stato stupido, quanto sono stato cieco. Quanto sono cornuto. Fesso, stupido, cieco e cornuto. Nuovo nome per me: Robert Thomas Fesso Stupido Cieco gran Cornuto Pattinson. Dovrò rifarmi i documenti. Chissà se il mio nuovo nome ci sta tutto sulla patente? E quali lettere prenderanno per il mio nuovo codice fiscale?
Un toc toc alla porta mi ricorda che Emilie mi sta spettando e che, nonostante tutto, il mondo va avanti. Il mio si è appena fermato, però.
Mi vesto in fretta con le prime cose che mi capitano a tiro ed esco. Ora non sono più me, sono quello che la gente vuole, e il me che la gente vuole ha un gran sorriso sulle labbra e la mano sempre pronta ad alzarsi e salutare. Per loro io e Kristen non siamo una coppia, per loro lei non c’è nella mia testa. Ma c’è, e c’è anche lui con lei, Michael, nel Rob che ho chiuso dentro la roulotte.
Seguo Emilie ascoltandola mentre chiacchiera del più e del meno per non farmi pensare. Inutile.
- Ragazzi! Ragazzi, ragazzi, ragazzi…grandi notizie per voi!- trilla Allen avvicinandosi a braccia aperte con un sorriso che va dall’orecchio destro al sinistro.
Allen, il nostro regista, è un tipo piuttosto eccentrico, sia nel modo di vestire che di essere. È il classico tipo che ha uno sbalzo d’umore ogni trenta secondi in media. Se dici che soffre di disturbi da personalità multipla è praticamente un complimento. Però è un genio. È un Tim Burton, solo…in versione arcobaleno.
- Quanto grandi?. chiede Emilie incrociando le braccia e disponendo il viso con fare sospetto. Le grandi notizie di Allen, in genere, riguardano le location che ci erano finalmente state concesse, i finanziamenti della Summit raddoppiati per le riprese o qualche critica favorevole sul nostro lavoro.
- Enormi- dice entusiasta.
- Spara- lo invita Emilie.
- Chiamate i vostri agenti, ditegli di prenotarvi un aereo e di mettervici sopra per due settimane. Siamo a buon punto con le riprese ed è con grande gioia che vi annuncio che avete due settimane di vacanza- dice sventolando una camicia tutta fiori hawaiana che non capisco da dove sia uscita. Non mi lascia il tempo di chiederglielo perché saltella da un lato all’altro peggio di una gazzella a cui sono stati dati degli steroidi e si allontana.
L’avevo detto che quella era una giornata di merda, talmente di merda che mi ha regalato due settimane libere. Non è solo di merda, a quanto pare. È una vera, autentica giornata da letamaio.
Emilie mi schiocca un bacio sulla guancia e mi augura buone ferie, schizzando via a telefonare da qualche parte, e io mi ritrovo da solo.
Me stesso.
Non qualcun altro.
Per due settimane.
Due settimane in cui avrei pensato.
Pensare ed essere soli fanno una pessima accoppiata. Piuttosto che pessima, direi pericolosa.
Torno alla mia roulotte e senza manco togliermi le scarpe mi butto sul letto. Mentre mi caccio il cuscino sopra la testa , sfioro inavvertitamente il tasto della segreteria.
Lei ha 3 messaggi.
Ma quanto sono ricercato!
Ehi Rob! Allen mi ha appena detto. Dove vuoi andare in vacanza? Messico, Cuba o Brasile? Quando hai deciso fammi un fischio
! Biiip.
Jake, il mio agente, aveva scoperto da poco che io avessi la segreteria telefonica in camera e da quando aveva appreso la notizia, non faceva altro che registrare messaggi idioti o usarla anche quando eravamo nel raggio di 5 metri l’uno dall’altro.
Rob, tesoro come stai? Non ti preoccupare sicuramente non è nulla. Sarà sicuramente una montatura. Comunque ho nascosto il giornale a mamma per evitarti migliaia di telefonate. Sta su, che non è niente, vedrai! Ah quand’è che vieni? Le tue nipoti non vedono l’ora di vederti sai? Bacio ciao! biiiip.
Mia sorella Lizzy. Ha nascosto la rivista a mamma. Mia madre adora Kris, non la finiva mai di dirle quanto fosse bella e quanto fosse contenta che avesse scelto me. Povera mamma, se sapesse…
Amore! non ci crederai, già lo so , ma mentre tu ora sei sicuramente sul set io sono su un aereo diretto a…NEW YORK! Ho tre giorni liberi e non vedo l’ora di passarli con te! Ci vediamo tra qualche ora! Un bacio. Biiiip.
Alzo di scatto la testa e guardo l’ora. Le 11,07. Non ci avrebbe messo tanto ad arrivare. Era a Phoenix e il messaggio e di sole sette ore fa. Cazzo. Dovevo sparire di li nel giro di pochi minuti per essere certo di non incrociarla. Non la voglio vedere.
Mi alzo di scatto dal letto e ne caccio da sotto il mio borsone. Spalanco le porte dell’armadio, raccolgo tutti i vestiti in una sola bracciata e li schiaccio come viene viene nella valigia. In bagno rovescio tutto in un beauty da viaggio e lo faccio sparire nel borsone. Afferro al volo i miei Ray Ban e il mio cappellino degli Yankies ed esco.
- Scusi, la roulotte di Robert Pattinson?- chiede una voce che ben conosco alle mie spalle. È già arrivata cazzo.
- E’ quella là, signorina- risponde quella di un uomo.
- Oh grazie mille -
- Signorina? mi fa un autografo? Sa… mia figlia… -
- Certo -
Grazie figlia dell’uomo misterioso! Se ti trovo io non ti faccio un autografo, ma ti porto a cena e ti bacio pure! Kris è alle mie spalle e approfitto del fatto che sia bloccata a firmare per scapparmene via. Non posso prendere la macchina, non ho avuto ancora il tempo di affittarne una, così, per quanto possa sembrare poco stilosa come uscita, monto sulla mia bicicletta sgangherata di scena e cerco di allontanarmi il più possibile.
Perché sono scappato? Non sono io quello che ha qualcosa da nascondere! Non sono io quello che ha tradito! Avrei dovuto restare li e fare scenate…e spaccare qualcosa…e gridarle tutto il mio disgusto. Ma sono scappato.
Non so dove stessi andando, non so a cosa stessi pensando. Avevo due settimane per sparire dal mondo. Volevo sparire dal mondo.
Girai in bici con il mio borsone a tracolla per un bel po’ di ore, ora non so più quante. Mi sono fermato, forse verso l’una, a mangiare un hot dog per strada, ma poi avevo ripreso a pedalare.
Non potevo sparire dal mondo in bicicletta, già c’erano troppi visi che si giravano e mi indicavano col dito. Dovevo prendermi un’auto, subito. Quella sarebbe stata la prima tappa. E la seconda, un negozio di articoli sportivi dove avrei comprato tenda e viveri per andare in eremitaggio due settimane. Un’immagine di me stile David Crocket a girare un mashmallow sul fuoco mi suggerì che non era una buona idea. Stavo diventando pazzo. Però della macchina avevo bisogno.
Mi diressi verso un autosalone che avevo incrociato durante la mia fuga. Non potevo andare da quello di fiducia, altrimenti…beh non so chi dovessi depistare però non mi fidavo.
Non diedi molta retta al commesso mentre mi mostrava macchine su macchine. Io volevo un catorcio talmente malandato da doverlo spingere e con i vetri scuri, ma sembrava che le mie due richieste non fossero conciliabili in un unico mezzo. Scelsi i vetri scuri a scapito del catorcio. Almeno dentro la porche con cui stavo uscendo dal garage poteva esserci chiunque.
Un problema era risolto. Mancava il secondo. Ossia dove avrei dormito?
Stavo passando in rassegna tutti gli hotel di New York che conoscevo quando ad un certo punto una ford grigia mi viene addosso. Provo a inchiodare ma non serve. Lo schianto è inevitabile. Baaaaaang.
- Ma che cazzo fai?- urlo incazzato come una bestia scendendo dalla macchina.
Una signorina tutta vestita di beige cerca disperatamente di uscire dall’abitacolo della sua macchina invasa dall’air bag. Appena riesce nell’impresa scende e controlla i suoi danni prima di gridarmi addosso - Io? guarda che ho la precedenza!-
- Ma che cazzo dici? Questo è un incrocio di pari importanza! Dovevi guardare prima di tirare dritto!- le grido io in risposta, come nelle migliori liti tra incidentati. Mi è venuta letteralmente addosso e la colpa è mia???
- Ma dove l’hai presa la patente? Avevo la destra libera, IO! Sei tu quello che doveva guardare!-
- Io ho guardato, signorina, ma non si sfreccia a cento all’ora nelle strade secondarie, te lo hanno mai detto?- grido ancora.
Non avevo guardato, ma lei doveva comunque fermarsi prima di passare. E il codice del bravo automobilista tamponato e incazzato detta una regola in proposito a questo tipo di incidenti, ossia negare. In questo caso è da negare il fatto che io possa definirmi un vero automobilista, ma non è il caso di dirlo a questa signorina che guido notoriamente da cani.
- Non stavo andando a cento all’ora! Già tanto se sfioravo i quaranta!-
- Si, si , come no!- sbuffo lasciandola perdere. Bolla sulla sinistra per lei, sulla destra per me, uguale torto mio. Implacabile legge della dinamica.
- Ora tu aspetti qui e mi fai il cid- dice infilandosi nell’abitacolo della sua…macchina?
Si può definire macchina un catorcio simile? La vernice sembra si stia aggrappando con le unghie e con i denti per non staccarsi definitivamente dalla carrozzeria, è disseminata di bolli e graffi ovunque e i copri cerchi sono tutti sbeccati in più punti. Almeno sembra pulita. Non ha una riga sola di fango nemmeno vicino alle ruote. Una vera combattente. la signorina. Per la serie ‘andiamo in giro con l’armatura tutta intaccata, segno delle nostre vittorie e sconfitte, ma almeno lucida come uno specchio!’. Quella era la macchina che cercavo io. Peccato per i vetri scuri.
- Che?!-
- Mi fai il cid - ripete riemergendo dalla plastica sgonfia dell’air bag.
- Ma io non faccio proprio niente. Quanto ti costerà riparare questo catorcio? Cinquanta dollari? Te li do in contanti e faccio prima- dico cercando di evitare di darle le mie generalità.
Non voglio togliere nemmeno gli occhiali da sole, altrimenti mi sarei dovuto trasformare nel “Pattinson della gente”, e ne ho zero voglia, al momento.
- Sarà anche un vecchio macinino, ma mi ci vorranno più di cinquanta dollari per rimetterla a posto -
- Te ne do cento al massimo - sbuffo ancora prendendo il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans.
- Non spetta a te decidere. Lo farà il liquidatore dell’assicurazione. Spero tu abbia la casco per il tuo macchinone!- mi risponde incrociando le braccia sotto al seno. Decisa, la ragazza! Proprio non ne vuole sapere di una soluzione amichevole ed equa, vuole il sangue! E le mie generalità. Ma porca vacca, mi tocca fare pure il gentile!
- E’ in affitto, per forza che è assicurata-  
- Sono contenta per te. Ora mi dai le tue generalità?- insiste indicando il modulo.
Ok. Rob fa questo sforzo. Sii gentile e carino e metti da parte la tua voglia di sfogare tutta la rabbia della giornata su questa innocente (innocente il cazzo, mi ha frantumato un fanale!) fanciulla.
- Robert Pattinson- borbotto.
Evidentemente non mi crede, perché abbassa di qualche centimetro gli occhiali da sole sul naso per essere certa del fatto che io dica la verità. La imito e mi trovo a fissare un viso molto grazioso, con profondi occhi verde chiaro, quasi azzurri, incorniciati da delicate sopracciglia nere. Un paio d’occhi che sono letteralmente l’inizio e la fine, e perché no? Anche il centro del mondo stesso.
Suppongo che il centro del mondo si trovi ad altezza stomaco per me, visto il nodo in cui si è appena inspiegabilmente stretto.
Anche lei sembra impressionata, ma non mi permetto certo di dire che anche lei sia rimasta incantata dai miei occhi come lo sono io dei suoi. È solo il mio nome che fa quest’effetto di solito.
- Ok Robert- dice tornando l’aggressiva di prima - Pensi di essere in grado di compilarlo da solo o devo scrivere io?-
Faccio schioccare la lingua e incrocio braccia e gambe mettendomi comodo sul cofano della sua macchina. Non posso fare a meno di guardarla per intero. È molto carina. No, dire carina non rende giustizia. È semplicemente uno schianto di ragazza.
Gambe lunghe e snelle, vita sottile, morbidi capelli neri che ricadono ribelli sulla schiena… è perfetta. Perfetta. Ma a parte questo…
- Il mio numero di telefono memorizzatelo sul cellulare, preferisco. Non lo spreco per la carta dell’assicurazione-
Risulto spaccone persino alle mie orecchie, ma questo non sono io, è l’altro me.
Lei guarda al cielo e, sbuffando, si china per scrivere i suoi dati sul suo prezioso Cid. Nel frattempo io mi accendo una sigaretta e da sopra la sua spalla mi metto a leggere quello che scrive. Si chiama…Alessia? Più giù leggo che è nata a Firenze, quindi è italiana. Strano, non l’avrei detto. Deve essere qui negli States da molto, perché persino nel modo di parlare sembra una newyorkese doc. Appare stronza quanto una newyorkese doc. Perfetta e stronza. Un binomio inscindibile, di questi tempi.
Dopo qualche minuto mi porge la penna e si tira gli occhiali da sole a cerchietto sopra la testa.
- Me la tieni, per favore? Non voglio far cadere la cenere sul tuo prezioso modulo- dico porgendole la sigaretta per farla innervosire ancora di più. Così, tanto per... Se non posso sfogarmi, perché non divertirmi? Lei la prende stizzita dalla mia mano e la mette tra le sue labbra.
- Non ho detto fumatela - dico ridendo mentre scrivo i miei dati.
- Considerala parte del risarcimento. Falla rientrare nei danni morali.-
Sagace la ragazza e dalla battuta pronta, quasi quanto me. Mi prendo tutto il tempo per scrivere con calma i miei dati (al momento del codice fiscale mi vengono di nuovo in mente le lettere del mio nuovo nome), lasciandole il tempo di finirsi la MIA sigaretta in santa pace.
- Fatto. Ora dammi il tuo numero di telefono- dico togliendole la sigaretta dalle labbra e mettendola tra le mie per prendere l’ultima nota che aveva lasciato.
- Come?-  
- Il tuo numero di telefono per tenerci in contatto per l’assicurazione, sveglia- dico ridendo e tirando fuori il cellulare dalla tasca. Ci sono 23 messaggi, ma li ignoro. Per ora li ignoro e mi lascio dettare i suoi numeri di telefono.
- E così, Alessia, eh? Sei italiana?-
- Ma va? Che intuito!-
Mamma mia che acida! Un ragno al limone. No, proprio ragno no. Magari una sirena al limone. Insomma, la regina delle stronze acide.
- Scusa, era per fare un po’ di conversazione- dico alzando le mani in segno di resa. Spengo la sigaretta e decido che è ora di metter fine alla mia farsa da “gentil’uomo”, per tornare a pensare al mio problema irrisolto, ossia il tetto sotto cui avrei dormito.
- Allora Alessia dall’Italia… vediamo se il tuo ferrovecchio si accende- sbuffo scansandola e infilandomi nell’abitacolo. Il rombo del motore si fa subito sentire come schiaccio l’acceleratore e lei sorride piena di soddisfazione.
- Caspita non mi aspettavo tanto- dico seriamente colpito scendendo dalla macchina. È veramente bella. Stronza ma bella. La sua bocca a bocciolo poi è particolarmente… Rob, basta. Automobilista incazzato e gran cornuto, ricordi?
- I ferrivecchi circolano ancora proprio per questo. Sono molto resistenti- mi risponde a pochi centimetri dal naso. Si avvicina come se mi stesse lanciando un guanto di sfida.
- Non fa una piega come discorso. Ma vedrai che anche la mia si accenderà anche se so che mi stai augurando di no- rispondo a un soffio dal suo viso.
Ha degli occhi veramente splendidi, impossibile non guardarli. Verdi chiari chiari con il contorno più scuro. E giuro di aver visto, nonostante le mie diottrie siano andate a spasso con i flash, delle pagliuzze blu cobalto vicino all’iride. Sono letteralmente ipnotici. Oh Rob! Piantala di pensare a quanto siano belli i suoi occhi e porta il culo sulla macchina. E vattene, come avevi detto. Mi rimetto gli occhiali da sole e torno al posto di guida della mia macchina. Si accende. Giusto per innervosirla un altro po’, do qualche colpo d’acceleratore e abbasso il finestrino passeggero.
- Anche la mia si difende bene, trovi?-
- Sero ti si stacchino i cerchi mentre corri- ribatte con sguardo omicida, manco stesse facendo il malocchio ai miei cerchi in lega, salendo su quel relitto che è la sua macchina. Lotta qualche secondo con l’air bag, e infine accende il motore. Le faccio cenno di passare, da vero gentil’uomo e le dico - Ci sentiamo dolcezza-
- Vedi di non fare un altro incidente, Pattinson. Devi prima pagare i miei di danni- risponde con tutta l’acidità di cui ancora dispone. Sembrava averne scorte infinite.
La guardo allontanarsi e poi parto. Fantastico. Ora che ho fatto un incidente stradale con “la stronza”, devo per forza restare a New York per via dell’assicurazione. E ora che posso essere di nuovo me stesso, mi è concesso di dirlo. Ma che razza di giornata di merda!




foto di Rob e Kristen nell'armadio
foto di Kristen e Michael nel giornale
   
 
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