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Autore: shaaaWn_    02/04/2023    0 recensioni
"E non ci sei riuscito?"
Wylan si domandò come potesse Nina non notare il disagio che stava divorando Jesper, eppure realizzò tristemente che il suo ragazzo aveva passato anni a nascondersi dietro le battute scadenti e un sorriso birbante, per cui non c'era da stupirsi.
"Ovvio che no," rispose infine, "sono volato giù come un pollo."
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jesper Fahey, Wylan Van Eck
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wylan non si era mai sentito a suo agio a tavola. Le numerose cene con persone illustri e sconosciute, che andavano e venivano in casa sua, si erano sempre rivelate un'esperienza a dir poco insostenibile.
Alla tenera età di nove anni era già in grado di distinguere quale forchetta fosse la più adatta per l'insalata, aveva imparato a sedersi in maniera composta e soprattutto a tenere la sua bocca sempre cucita. Purché non gli venisse posta nessuna domanda da uno degli ospiti, non era mai stato in alcun modo autorizzato a dire nulla.
Aveva seduto a quel tavolo imbandito, ricco di pietanze, circondato da ricchi antipatici, solamente per far fare bella figura a suo padre.

'Oh ma che bel bambino! È così educato!'

Un piccolo trofeo da sfoggiare, volto ad addolcire gli animi, ingannando i presenti affinché li credessero una piccola famigliola felice, adornata da quel pizzico di sofferenza che la finta morte di sua madre aveva portato.
Ciò che non sapevano è che oramai non era più fonte di orgoglio per suo padre, e la sofferenza in casa Van Eck era divenuta una presenza assidua, la compagna che nessuno vorrebbe.
Se avesse compiuto un unico sgarro, un semplice gesto che in qualche modo avesse infranto quel fasullo quadretto, suo padre non avrebbe esitato a farglielo rimpiangere. Perlomeno, si era verificato solamente un paio di volte; col tempo, fingere di star bene ed essere sereno era divenuto via via sempre più semplice. E solamente i Santi sapevano per quanto tempo avesse ingoiato l'amarezza e il dolore, senza mai rigettarlo fuori come avrebbe voluto.

Eppure, quella sera, l'intensa pressione che per anni aveva sentito, le aspettative che avevano gravato sulle sue spalle con pesantezza, erano magicamente sparite, con un soffio di vento. Non che i contesti fossero in qualche modo equiparabili; il tavolo sgangherato e unto di quel pub non era minimamente paragonabile alla lastra di legno pregiato che vi era in casa sua. Così come il cibo scarso e scadente non era nulla rispetto alle prelibatezze di casa Van Eck. Naturalmente però, le persone, anzi gli amici seduti di fianco a lui, valevano mille volte di più in confronto a quei sorrisi finti che per anni si era visto rivolgergli.
Inej era di passaggio a Ketterdam, una piccola pausa dal continuo navigare attraverso i mari, e nessuno si era voluto perdere l'occasione. Per cui avevano deciso di ritrovarsi in uno dei tanti pub della città, contenti di potersi rivedere, chiacchierare e scambiarsi sorrisi.

La ragazza Suli sedeva di fronte a lui, la camicia svolazzante arrotolata sulle maniche, una risata squillante che si levava dalle sue labbra a causa di una battuta di Nina, la quale sedeva di fianco. La Grisha se ne stava appoggiata sgraziatamente sul suo amato drüskelle, che nascondeva invano un sorriso, entrambi rossi sulle guance a causa delle sbronza.
Anche Jesper rideva fragorosamente, in una mano reggeva un bicchiere ricolmo di alcol, l'altra si poggiava con delicatezza sul fianco di Wylan; di tanto in tanto si divertiva a punzecchiarlo lì dove gli dava più fastidio.
Quanto a Kaz, lui se ne stava imperturbabile ad osservare la scena e ad ascoltare con interesse, in rare occasioni un ghigno guizzava sul suo volto, sparendo altrettanto velocemente.

Wylan faticava ancora ad abituarsi a quella libertà, a quell'amore. Per anni era stato convinto che la strada per la felicità sarebbe rimasta nascosta a lui in eterno, eppure in quel momento non avrebbe desiderato essere altrove.
Prese l'ultimo sorso rimasto nel suo bicchiere, e posò la testa sulla spalla di Jesper, ricevendo immediatamente un leggero bacio sulla fronte che parve stringergli il cuore. Non aveva mai creduto possibile dei sentimenti del genere, eppure eccoli là, a ballare allegramente dentro di lui.
Jesper era entrato nella sua vita con prorompenza, come un raggio di sole dopo una terribile tempesta, portando finalmente un po' di luce e un po' di calore in quella sua vita che era diventata sempre più cupa e gelida. E non avrebbe potuto esserne più grato.
Sebbene non appena gli rovesciò accidentalmente del whisky sui vestiti, volle rimangiarsi ogni singolo pensiero carino che aveva fatto.

"Jesper!"

"Mi dispiace!" anche se non gli dispiaceva poi così tanto, dato che se la rideva sotto i baffi, completamente assuefatto dall'alcol.

Wylan gli lanciò un'occhiata torva, prima di mettere su un finto broncio. Per fortuna la leggera sbornia, lo distoglieva dal preoccuparsi della macchia umida che aveva sui vestiti.

"Non sarai mica arrabbiato con me, vero?" Jesper lo fissò con gli occhi più fintamente sdolcinati e dispiaciuti che avesse mai visto. Gli fece quasi tenerezza.

Wylan sorrise.

"Dipende, se ti inginocchierai a chiedere il mio perdono potrei farci un pensierino," suggerì ridacchiando appena.

"Conosco tanti modi per farmi perdonare, soprattutto in ginocchio," Jesper ghignò, facendogli l'occhiolino.

Inutile dire che le guance di Wylan andarono a fuoco, ma ciò non gli impedì di sorridere come un babbeo e di lanciare un'occhiataccia a Nina non appena prese in giro i due con un finto conato di vomito.

"Mi farete venire il voltastomaco con i vostri continui flirt scadenti," protestò lei seccata ma al contempo divertita.

Jesper strinse Wylan a sé.

"Tsk siamo adorabili, al contrario tuo e di Mr. Orso Polare affianco a te."

Nina soffocò una risata, così come Wylan e Inej; perfino Kaz sembrò divertito da quella frase, al contrario di Matthias, ovviamente.

"Com'è che mi hai chiamato?"

Il drüskelle assottigliò gli occhi.

"Orso polare," ripeté impudente Jesper, cercando di imitare lo sguardo penetrante di Matthias.

Gli altri se ne stavano in religioso silenzio, ad assistere a quell'esilarante scena.

"Almeno gli orsi polari sono forti, e belli," asserì il drüskelle solenne. "Al contrario dei moscerini." Cadde il silenzio al loro tavolo.

Poi, con un po' troppo ritardo, ci fu un verso di sdegno.

"Tu hai osato dare a me del moscerino?" Jesper si alzò con drammaticità, sbatacchiando lo sgabello sul quale sedeva. Matthias fece lo stesso, alzandosi così di scatto che il suo di sgabello finì direttamente a terra.

I due si guardarono intensamente, gli occhi ridotti a due fessure, prima che il ragazzo zemeni si fece scappare una risata che infettò tutto il gruppo, o quasi.

"Vi comportate proprio come dei bambini," affermò Kaz con la sua aria severa, sebbene fosse visibile l'ombra di un mesto sorriso.

A quel punto la conversazione verté su altro, passando dalle ultime notizie su Ketterdam, a qualche gossip proveniente dalle strade del Barile, alle numerose e spettacolari avventure che Inej viveva nel Mare Vero, a bordo della sua tanto amata nave.

Wylan ascoltava le sue storie con genuino interesse e altrettanta ammirazione; riteneva che ciò che Inej faceva fosse veramente eccezionale. D'altronde l'aveva sempre considerata una ragazza straordinaria, quindi non si stupì nel sapere come aveva affrontato e superato vicende come quelle.
"Quindi vi hanno attaccato di notte?" chiese Wylan sbalordito, sorseggiando poi distrattamente del whisky.

"Esattamente," affermò Inej amareggiata. "Ci eravamo dovuti fermare in città per fare rifornimento, cibo e acqua vanno via in fretta, così come le munizioni, e a quanto pare la notizia che la famigerata cacciatrice di schiavisti era in zona si è diffusa a macchia d'olio!" sospirò poi, chiaramente ancora esasperata a causa di quegli avvenimenti.

"Abbiamo stupidamente deciso di passare la notte lì e non hanno perso un minuto di più, calato il buio siamo stati attaccati da un bel gruppetto."

Inej scostò i capelli ribelli che le erano sfuggiti dalla treccia, non prima di aver tracannato l'ultimo goccio di alcol rimasto nel bicchiere; solcare attraverso i mari le aveva evidentemente fatto sviluppare un certo interesse per il whisky.

"Per tutti i Santi..." mormorò Nina poco dopo, ancora assorta dal racconto dello Spettro. "Li avete conciati per le feste?" chiese poi sfoggiando un ghigno malandrino.

Sul volto bronzeo di Inej nacque un piccolo sorriso che trasudava furbizia, e si adagiò con nonchalance sul duro schienale in legno.

"La mia ciurma non si fa certo trovare impreparata," rispose con orgoglio, gli occhi scuri che brillavano come pietre bagnate dall'acqua. "In poco tempo ci siamo ritrovati in uno scontro ad alta quota, scoprendo che i nostri assassini erano alquanto abili nel saltare da un tetto all'altro."

Fu il turno di Matthias ad intervenire; a quanto pare anche il drüskelle era notevolmente preso dal quel racconto esaltante.

"E ciò non vi ha colto alla sprovvista?" Inej parve rifletterci su.

"Affatto," disse sfoggiando l'ennesimo amabile sorriso. "Ho scelto i membri dell'equipaggio personalmente, assicurandomi che fossero sufficientemente agili e silenziosi."

"Mai quanto te però," intervenne d'un tratto Kaz, le cui pupille color ossidiana parvero incastrarsi con quelle della ragazza Suli, dando inizio ad una muta e indecifrabile comunicazione.
I due si scrutarono l'un l'altro.

"No, direi proprio di no," si fece scappare Inej in un sussurro, prima di fare scoppiare la bolla che si erano creati.

Wylan ovviamente non poté far a meno di notare l'espressione birichina che Jesper e Nina si scambiarono l'uno con l’altro. Sebbene non fossero affari che li riguardavano propriamente, non perdevano un attimo a canzonare quei bei momenti che Kaz e Inej condividevano.

"Quindi vi siete scontrati con un gruppo di assassini provetti, correndo di qua e di là sui tetti della città come polli impazziti e siete riusciti a farli fuori uno ad uno?"

Il tono incredulo di Jesper proruppe, portando Inej ad assumere uno sguardo un tantino confuso.

"Qui il pollo sei tu," affermò schietta, causando un andamento di traverso del whisky nella gola di Wylan, una risata sguaiata da parte di Nina assieme a Matthias e un'espressione di sdegno sul volto di Jesper. Kaz si limitò a fare un mezzo sorriso. "E sembri fin troppo sorpreso," proseguì.

Il ragazzo zemeni parve rifletterci su, prima di scrollare le spalle e accasciarsi con poca grazia sul tavolo, sfoggiando un ghigno degno di nota.

"Sono solamente colpito dalla vostra bravura," ammise con franchezza, le mani in alto in segno di resa. "Imparare ad arrampicarsi sui tetti non è così facile come sembra." Inej ridacchiò.

"Già ormai sei un esperto, soprattutto dopo l'ultima volta."

Wylan aggrottò le sopracciglia, colto alla sprovvista da quell'affermazione. Fino a prova contraria, Jesper non era tipo da arrampicarsi sui tetti, quella era la specialità di Inej, naturalmente. Sebbene anche Kaz un paio di volte aveva scelto quella via per spostarsi da una parte all'altra di Ketterdam.
Tutt'ora non si spiegava come potesse aver fatto.
Il tiratore scelto però, nonostante l'aria frizzante e allegra, rimase in silenzio, le dita già impegnate sulle rivoltelle.

"Mi sono persa qualcosa?"

Nina non esitò a ficcanasare, sempre affamata di aneddoti e informazioni succose.
Per un attimo Inej parve esitare.

"Potrei aver beccato Jes che tentava di arrampicarsi invano sui tetti tempo fa, quando eravamo ancora solo io, lui e Kaz," borbottò lei, muovendo distrattamente il bicchiere sulla superficie piatta del tavolo. "Ma non mi dire," continuò Nina divertita, spostando lo sguardo su Jesper.
"E come mai?" i suoi occhi color smeraldo erano ricolmi di curiosità.

"Volevo imparare, tutto qua."

Per quanto all'apparenza la risposta di Jesper potesse non far trasparire nulla, Wylan capì immediatamente che qualcosa non andava. Fu il sorriso tirato accompagnato dalla mancanza della sua solita franchezza, ma in particolare il fatto che avesse iniziato a rigirare le rivoltelle smaniosamente. Non che di norma non lo facesse, per Jesper era fisicamente impossibile starsene con le mani in mano, ma Wylan lo aveva studiato, conviveva con lui da tempo oramai, per cui era perfettamente in grado di distinguere quando l'irrequietezza faceva la sua sporca comparsa.

"E non ci sei riuscito?"

Wylan si domandò come potesse Nina non notare il disagio che stava divorando Jesper, eppure realizzò tristemente che il suo ragazzo aveva passato anni a nascondersi dietro le battute scadenti e un sorriso birbante, per cui non c'era da stupirsi.

"Ovvio che no," rispose infine, "sono volato giù come un pollo."

Ed eccolo là, il ghigno che andava sfoggiando senza ritegno, l'espressione ammiccante che andava mascherando qualcosa che evidentemente non voleva rivelare. Wylan sentì una leggera fitta al cuore, e fissò rammaricato il suo ragazzo che sembrò non notare minimamente la sua preoccupazione, troppo impegnato a sforzarsi e a ridacchiare assieme a Nina.

"Allora il prossimo giro lo offri tu," esordì la grisha con fierezza, come se ci fosse un effettivo nesso logico.

Naturalmente le proteste da parte di Jesper non tardarono ad arrivare, ma non si protrassero a lungo poiché vennero interrotte dall'arrivo di altri bicchieri ricolmi di alcol. In men che non si dica, quelle che erano iniziate come lamentele divennero ben presto risate contagiose alquanto rumorose.
I bicchieri vennero riempiti e svuotati in un batter d'occhio, principalmente da Nina e da Jesper, che avevano apparentemente deciso di fare a gara a chi avrebbe resistito più a lungo senza vomitare. Naturalmente Wylan aveva diligentemente regolato le dosi di alcol quella sera, cosciente del fatto che sarebbe stato sua responsabilità riportare Jesper a casa.
E le sue preoccupazioni si rilevarono giuste, infatti a fine serata, quando ormai la notte era calata già da un pezzo, né Nina né Jesper si reggevano più in piedi, né erano tanto meno in grado di costruire una frase di senso compiuto. Continuavano a ridacchiare tra di loro, come due ragazzine che si scambiavano segretucci e battutine.
Kaz e Inej se ne erano andati già da tempo; la ragazza Suli era esausta dal viaggio e Kaz non aveva esitato nel scortarla al suo alloggio.

"Nina si è fatto tardi, dovremmo veramente andare," protestò per l'ennesima volta Matthias, guardando severamente la sua amata, che in tutta risposta gli fece una pernacchia, scatenando nuovamente l'ilarità del ragazzo zemeni.
Matthias in fondo aveva ragione, il locale si era quasi svuotato, era notte inoltrata e Wylan sentiva effettivamente la stanchezza gravargli mano a mano sulle spalle, bramando il suo letto ogni minuto di più.
Si avvicinò dunque al suo ragazzo, con cautela, abbassandosi affinché potesse guardarlo negli occhi. Non capiva come potessero stare comodi entrambi distesi con la pancia sul tavolo, ma decise non fosse fondamentale saperlo.
Prima che Wylan potesse aprire bocca però, Jesper gliela tappò con una mano, facendolo sobbalzare.

"Non voglio andare a casa," sì lamentò cantilenando, dando l'impressione di avere la tenera età di cinque anni.

Sul volto di Wylan nacque un cipiglio.

"Non fare il broncio," protestò nuovamente Jesper, la mano ancora premuta sulla sua bocca, dandogli unicamente la possibilità di alzare le sopracciglia rosse, come a chiedere se fosse serio o meno. Si guardarono un attimo negli occhi, Wylan cercò di fare trasparire quanta più severità possibile, e non seppe se fu quello il motivo che spinse Jesper a togliere finalmente la mano dalla sua faccia, ma non si fece troppe domande.
Lo sentì sbuffare rumorosamente, seguito a ruota da Nina, ma nei suoi occhi non lesse la minima intenzione di lasciare quel sudicio posto. Disperato, fu costretto a ricorrere ad un metodo stupido ma che avrebbe avuto la sua efficacia.

"A casa potrebbe esserci una sorpresa che ti aspetta," ammise con un sorrisetto, godendosi l'espressione incuriosita che fece capolino sul volto del suo fidanzato.

"Non lo stai dicendo solo per convincermi ad andarmene vero?"

Wylan ebbe quasi l'impulso di passarsi la mano sul volto con esasperazione, ma lo represse con tutte le sue forze.

"Certo che no," mentì spudoratamente. "Però se vuoi rimanere qui lo capisco, vale a dire che la sorpresa la riceverai un altro giorno."

Ci fu qualche attimo di silenzio, durante i quali il cervello di Jesper parve analizzare la situazione così rapidamente che Wylan giurò di riuscire a vedere del fumo fuoriuscire dalle sue orecchie.
Fortunatamente, ottenne un riscontro positivo.
Matthias lo guardò con gratitudine, prima di caricarsi una Nina del tutto sbronza ed esaltata sulle spalle. Gesto che dovette compiere anche Wylan, rimpiangendo ogni secondo della sua vita. Non che Jesper fosse pesante, anzi, ma aveva questa brutta caratteristica di essere dannatamente alto ed era ubriaco fradicio quindi dovette faticare il doppio. Passò tutto il tragitto a blaterare cose senza un filo logico, passando dalle grandi praterie di Novyi Zem, da come desiderasse ardentemente una capra, a come i ricci rossi di Wylan gli ricordassero le nuvole al tramonto.
A Wylan gli si scaldò il cuore nel sentire quella sua affermazione, cuore che avrebbe voluto tanto esplodesse non appena Jesper attaccò a cantare una qualche canzone campagnola tipica del suo paese di origine.
Quando giunsero finalmente nel vialetto di casa, ringraziò uno ad uno ogni Santo esistente, appuntandosi mentalmente di non fare bere mai più così tanto il suo ragazzo, altrimenti l'avrebbe lasciato a dormire nel locale assieme ad un topo che aveva scorto con neanche chissà quanto stupore. Iniziò a cercare rapidamente le chiavi nelle tasche dei suoi pantaloni, che in quel momento parvero diventare infinite.

"Quindi questa sorpresa?" borbottò Jesper nel suo orecchio, buttandosi a peso morto su di lui.

Wylan cercò di ingoiare la rispostaccia che aveva fatto capolino sulla sua lingua.

"Un attimo di pazienza," sbottò ancora alla ricerca delle chiavi, tastando ogni singolo dannato centimetro dei suoi pantaloni, senza successo.

Quando si era ormai rassegnato all'idea di dover dormire nel giardino sul retro, Jesper fece tintinnare le chiavi davanti ai suoi occhi, un sorriso beffardo dipinto sul volto.

"Cercavi queste?" ridacchiò come un ebete.

Wylan sospirò, e per quanto adirato e stanco fosse, non poté fare a meno di ridacchiare anche lui, prima di aprire finalmente la porta di casa.
Entrò silenziosamente, i domestici stavano chiaramente dormendo, e non ebbe neanche il tempo di chiudere la porta, che Jesper urtò rumorosamente il tavolino che vi era nell'ingresso.

"Jesper!" lo ammonì sottovoce, ottenendo solo uno stupido risolino in cambio.

Scosse la testa esasperato, trascinandosi il ragazzo su per le scale con quanta più accortezza possibile, sebbene Jesper non avesse ben compreso il concetto del silenzio.
E a rendere ancora più ardua la situazione, si aggiunsero i loro amati cani che scodinzolanti li seguivano.

"Posso avere un indizio?"

"Su cosa?"

"Sulla sorpresa ovviamente," lo canzonò lui, continuando a ridere.

"Non c'è nessuna sorpresa Jesper, me lo sono inventato solo per farti tornare a casa," ammise finalmente, una volta giunti alla fine della rampa di scale.

Sapeva che se l'avesse tirata ancora per le lunghe, non l'avrebbe lasciato più in pace. Jesper però si arrestò di colpo, fissandolo esterrefatto. Adeus e Hell parvero imitare il padrone, posizionandosi ai suoi piedi.

"Sei un gran bastardo Wylan Hendriks."

"Me lo dicono in tanti," ghignò il rosso, ottenendo uno sbuffo in risposta ma nessuno accenno a muoversi da quel punto specifico del corridoio. "Hai intenzione di camminare?"

Non ebbe nessuna risposta, solamente uno scatto sdegnato della testa nella direzione opposta alla sua. Amava quel ragazzo con tutto se stesso, ma certe volte quella sua testardaggine lo faceva andare fuori di testa.

"La camera è a pochi passi da qui, non posso trascinarti se fai il peso morto," protestò Wylan disperato.

"Hai fretta di portarmi a letto?" Jesper gli lanciò un'occhiata provocante, facendo colorare le sue guance di un rosso acceso, lasciando momentaneamente senza parole. "Vergognati Wylan," lo rimproverò subito dopo. "Approfittare delle mie condizioni per fare sì che io mi conceda a te è disdicevole, assolutamente disdicevole!"

Wylan soffocò a stento una risata, la drammaticità di quella scena era alquanto spassosa. Fortunatamente Jesper ebbe finalmente la forza di fare gli ultimi passi, giungendo finalmente alla beneamata camera da letto.
Senza troppe cerimonie aprì la porta con una spallata, respirando a pieni polmoni l'aria che aleggiava attorno a loro, pronto a coricarsi sul letto. Piano che evidentemente condivideva con Jesper, dato che con una forza improvvisa, lo trascinò sul letto, ritrovandosi in poco tempo avvinghiato a lui, le labbra premute sulle sue.

"Non ti perdonerò mai per avermi mentito in merito ad una sorpresa, sappilo."

Jesper sapeva di alcol, un gusto che Wylan non prediligeva poi così tanto, ma il solo sentire le sue dita flessuose accarezzargli i fianchi, bastò a scollegare il suo cervello dal resto del corpo. Wylan assaporò quel bacio con dolcezza, ubriacandosi della sensazione euforica che percepiva ogni singola volta. Era incredibile il potere che quel ragazzo aveva su di lui.

"Pensavo trovassi questo mio atteggiamento disdicevole," lo stuzzicò Wylan, soffiandogli sulle labbra con un sorriso beffardo.

"Sta zitto."

Wylan ridacchiò, sentendo nuovamente le labbra affamate del ragazzo che bramavano le sue, le gambe snelle che lo circondavano con desiderio volte a non lasciarlo andare.
Sazi entrambi l'uno dell'altro, si staccarono senza ormai un briciolo di ossigeno in corpo, e persero ulteriori minuti a guardarsi come due stupidi negli occhi. Questo prima che Jesper si alzasse per vomitare nel cestino senza fin troppe cerimonie. Wylan gli fu accanto in pochi secondi.

"Non pensavo di essere così terribile a baciare."

Per quanto gli fu possibile, Jesper scoppiò a ridere e Wylan fantasticò su quanto sarebbe stato bello inventare qualcosa per imbottigliare quel suono cristallino.
Una volta che si fu ripreso del tutto, il ragazzo zemeni si buttò a capofitto sul letto, biascicando qualcosa di incomprensibile. Wylan fu intenerito da quella scena, e si apprestò a portargli dell'acqua, ma non appena mise nuovamente piede nella stanza, il respiro pesante di Jesper si fece sentire. Riuscì quantomeno a sfilargli la camicia, impresa ardua ma mai quanto i pantaloni con i quali perse ufficialmente le speranze dopo il terzo tentativo. Si chiese come fosse possibile addormentarsi così profondamente nell'arco di pochi minuti, diventando la persona più pesante sulla faccia dell'universo. Esausto, si cambiò quanto più rapidamente possibile, infilandosi finalmente sotto le coperte, godendosi l'espressione beata del suo fidanzato, pronto a farsi una bella dormita.

O almeno, così sperava.
Il sonno parve sparire nell'esatto momento in cui riaffiorò in lui la strana reazione che Jesper aveva avuto non appena Inej aveva tirato fuori quell'aneddoto.
La prima cosa che gli venne spontanea chiedersi fu il motivo. Che si ricollegasse ad un qualcosa di così imbarazzante che Jesper non aveva voluto dirglielo? Oppure un oscuro e tremendo segreto? Eppure Inej ne aveva parlato con fin troppa tranquillità, sebbene la reazione di Jesper era stata tutto fuorché tranquilla. Arrampicarsi sui tetti e cadere non poteva di certo ritenersi un qualcosa di così terribilmente imbarazzante da tenergli nascosto, e ciò lo spinse a sospettare che in fondo ci fosse altro.
Ma altro cosa? Avevano ommesso sicuramente la parte fondamentale che Jesper non voleva rivelare. Però perché non parlargliene? Non si fidava? Non era degno? Per un qualche assurdo motivo riguardava lui? O loro?
Mille quesiti gli invasero la mente come uno sciame di vespe arrabbiate, dando vita al caos più totale. Venne bombardato dalle ipotesi più assurde, dalle paure più irrazionali ed ebbe quasi l'impulso di svegliare Jesper e chiedere spiegazioni, ma appena ne prese atto realizzò che doveva darsi un contegno.
Avrebbe potuto discuterne con lui il mattino seguente, se avesse voluto, per cui non c'era alcuna fretta, né tantomeno bisogno di passare la notte in bianco.
Determinato a concedersi una buona dose di sonno, si avvicinò ulteriormente al corpo dormiente di Jesper, sfiorandone delicatamente la guancia. Perso in tale bellezza, per un folle attimo le sue paure sparirono, e le braccia di Morfeo ebbero finalmente la meglio.
-
Il primo ad aprire gli occhi fu Jesper; stranamente l'incessante ticchettio della pioggia aveva disturbato il suo sonno. Spalancò la bocca in un lungo sbadiglio, le palpebre ancora pesanti ed ebbe a malapena la forza di scostare le coperte attorcigliate attorno a lui, che un lancinante mal di testa lo colpì. Strinse con forza gli occhi, nella stupida speranza che quel gesto attenuasse un minimo la fitta di dolore. Sforzandosi in maniera disumana, riuscì a sedersi sul bordo del letto, la testa pesante tra le mani e la bocca alquanto impastata. Giurò a se stesso che non avrebbe mai più bevuto così tanto.
Poi ridacchiò tra sé.
Aveva fatto lo stesso giuramento la volta scorsa.
Presa finalmente coscienza di sé e dello spazio circostante, lanciò un'occhiata furtiva a Wylan, che ronfava amabilmente al suo fianco, le labbra rosee leggermente dischiuse. I folti ricci aranciati spiccavano vistosamente sul bianco delle lenzuola, come un ranuncolo in mezzo ad un mare di gelsomini. Visibile era anche la schiena, costellata di miriadi di lentiggini. L'impulso di tracciare un percorso immaginario risalì nella sua mente, ma decise di accantonarlo.
Notò sfortunatamente quanto presto fosse per i suoi standard, specie dopo serate del genere, per cui la scelta di lasciar riposare Wylan ancora per un po' gli sembrò la più adatta. Era ben consapevole dello sforzo immane al quale lo aveva sottoposto, da ubriaco sapeva essere piuttosto molesto.
Eppure Wylan aveva un cuore d'oro, gli dedicava ogni singolo minuto del suo tempo e più volte non si sentiva degno di tutte quelle premure. Reazione altrettanto insolita da parte sua.
Sospirò, indeciso sul da farsi. A quel punto tentò di alzarsi dal letto, con uno slancio eccessivo che gli causò un leggero barcollamento e un ulteriore giramento di testa. Inveì sottovoce.

"Maledetto alcool," borbottò tra sé, alla ricerca di un capo pulito da infilarsi. L'aria nella loro stanza era stranamente fredda.

Con cautela, si fece strada per la camera in punta di piedi, non prima di essersi premurato di coprire la schiena nuda e pallida di un Wylan ancora dormiente.
Perse del tempo a fissare quei lineamenti tanto fini quanto ammalianti, rapito completamente dallo splendore che il ragazzo emanava semplicemente esistendo.
Si fece scappare un tenero sorriso, il cuore ricolmo d'amore che impazzava nel suo petto. La fortuna più grande che poteva ottenere era proprio lì, davanti ai suoi occhi, e tutt'ora faticava a rendere sua quella realtà.
Wylan era premuroso, disponibile, stramaledettamene intelligente, così abile e coraggioso, non c'era nulla che non amasse in quel ragazzo. E spesso e volentieri si domandava cosa ci facesse con uno come lui, costretto a subire il suo atteggiamento esuberante e le sue sciocche bravate. Certe volte si sentiva come in debito, piuttosto ironico da parte sua. Talmente fortunato da sospettarne la validità, non comprendendo come fosse possibile.
Aveva passato anni a giocare con i soldi e la propria sorte, saziandosi unicamente dell'adrenalina iniettata nelle vene, e la vita non si era mai fatta tanti scrupoli nel prenderlo a calci. Eppure, ora che aveva al suo fianco ciò che i soldi non avrebbero mai potuto dargli, non gli sembrava comunque possibile, di tanto in tanto neanche giusto.
Le mani andarono inevitabilmente alla ricerca delle sue amate rivoltelle, trovandosi naturalmente sprovvisto delle fondine. Prese un respiro tremante, sentendosi irrequieto, alla ricerca di un appiglio al quale aggrapparsi, bramando un briciolo di tranquillità.

Lo seccava enormemente essere così agitato di prima mattina, e con il post sbornia per giunta. Ragion per cui, nonostante i suoi tormenti fossero piuttosto costanti, stabilì l'immediata espulsione di quei pensieri dal suo cervello.
Il concetto di sdebitarsi era sciocco, in fin dei conti ne era consapevole, ma ciò non gli proibiva quantomeno di essergli riconoscente per la nottata scorsa. Fu in quel momento che balenò un'idea allettante nella sua testa. Il metodo migliore e più scontato per mostrare gratitudine e apprezzamento: preparare la colazione.
Euforico e fiero di se stesso, si lanciò giù per le scale. Una terribile, pessima decisione. Alla fine degli scalini, venne colpito da un lacerante giramento di testa, che lo costrinse ad aggrapparsi con tutto se stesso alla balaustra.
Un moto di nausea gli risalì per l'esofago, come fuoco ardente, ma evitò la catastrofe con un grosso respiro e una buona dose di autocontrollo. Non fu una bellissima sensazione, e si sentì ancora più in imbarazzo quando una domestica gli si presentò davanti con un bicchiere di acqua, limone e zenzero, metodo naturale e formidabile per la sbornia.
Accettò di buon grado, un po' impacciato, e si avviò cautamente verso la cucina, riflettendo sul da farsi.
Piccola parentesi, Jesper non è colui che si potrebbe definire un cuoco provetto. L'esatto opposto, per la precisione. Non era un fatto di mancanza di bravura o forza di volontà, quanto più di distrazione e impazienza. Ma si era deciso a sfidarle entrambe, d'altro canto affrontava cose ben peggiori ogni giorno, quelle erano mere piccolezze se messe a confronto.
Giunto in cucina, scacciò i domestici con educazione e riempì allegramente le ciotole di Adeus e Hell che scodinzolanti gli giravano attorno; Arya, la loro gatta, se ne stava pigramente sul davanzale e ne approfittò per darle una grattata dietro le orecchie.

A quel punto, si mise all'opera. O almeno, iniziò a riflettere su quale fosse l'opzione migliore. Wylan non era poi così tanto abitudinario, consumava qualcosa di diverso ogni mattina ma Jesper era al corrente della sua particolare passione per i pancake. Richiedevano anche un briciolo di fatica in più, quindi avrebbe sicuramente fatto più bella figura.
Sperando di non fare troppi danni.
Frugando tra le varie ricette accumulate in una graziosa scatola in legno, trovò vittorioso quella di cui necessitava. Ne lesse rapidamente gli ingredienti e le istruzioni, e dopo aver raccattato il necessario si tirò su le maniche, pronto a mettersi all'opera.
Posò il foglio in un punto visibile sul bancone, così che potesse consultarlo ogni qualvolta gli sarebbe servito, e afferrò il primo ingrediente: il burro, pronto a farlo diventare una misera poltiglia. Lo lasciò a sciogliersi in padella, dedicandosi nel mentre ad un passaggio assai più arduo: separare i tuorli dalle uova.
Aveva dimestichezza con le uova, d'altronde era pur sempre cresciuto in una fattoria, ma l'unica cosa che era gli passata tra le mani negli ultimi tempi erano state le sue rivoltelle, quindi si poteva ben dire che non fosse più tanto abile. Di fatti, appena ruppe il primo uovo, gran parte del tuorlo finì assieme all'albume. Gli lanciò un'occhiata indispettita, come se la chiazza arancione fosse capace di intendere e di volere.
Non si perse quantomeno d'animo, e cercò disperatamente di rimuovere quel fastidioso eccesso, riuscendo nella sua impresa, o circa. Fortunatamente, con l'uovo successivo non ebbe intoppi. Iniziò dunque a sbattere con la frusta i tuorli, prodigandosi anche in un leggero movimento del corpo che andava a tempo con il continuo sbatacchiare, prima che l'odore del burro di pervase le narici. Fece giusto in tempo a toglierlo dal fuoco; ne aveva completamente rimossa l'esistenza. Una volta tiepido lo aggiunse al composto assieme al latte.

O almeno, riuscì a versarne un po' prima che la bottiglia scivolasse leggermente, inondando il ripiano in marmo.

"Per tutti i Santi..." grugnì esasperato, sentendo la frustrazione montare dentro di lui.

Però si focalizzò su quanto sarebbe stato entusiasta Wylan, a quel luminoso sorriso che gli avrebbe rivolto assieme ad un tenero bacio con la bocca ancora impastata, e magari anche qualcos'altro. Scacciò il flusso di pensieri che ne seguì, pulendo rapidamente il pasticcio che aveva combinato. Cucinare era più stressante di quanto avesse creduto, le altre persone lo facevano sembrare così semplice.
Sbuffò una volta concluso, tornando a dov'era rimasto. Afferrò dunque il pacco di farina, sforzandosi quanto più possibile affinché non creasse ulteriori danni; sapeva perfettamente quanto pericolosa fosse.
Amalgamò per bene il composto, aggiungendo anche il pizzico di lievito necessario, e quando credeva di aver portato a termine la prima parte, il foglietto di carta ingiallito gli sbatté in faccia la triste realtà. Doveva ancora occuparsi degli albumi che aveva lasciato da parte, abbandonati a se stessi in un angolo della cucina.
Con un cipiglio sul volto, cercò di ridarsi la carica, dondolandosi qua e là a ritmo di una canzone che solamente lui era in grado di sentire. Finì anche con il tamburellare le dita sul ripiano, man mano che gli albumi diventavano più spumosi e fu finalmente il momento di aggiungerli al resto degli ingredienti.
Stavolta controllò per bene la ricetta, sorridendo radioso non appena realizzò di aver portato a termine la prima fase con successo, tolti i piccoli ostacoli. Sebbene il pensiero di dover cuocere quella miscela lo intimoriva e non poco.
Poteva farcela, quantomeno per Wylan.

Caricò di adrenalina, scrocchiò le nocche con determinazione e afferrò la padella, posizionandola correttamente sopra la fiamma.
A quel punto si ritrovò con le mani in mano, la padella impiegava qualche minuto a riscaldarsi e lui non aveva che fare, almeno fin quando non si guardò distrattamente in giro e scrutò la teiera nella graziosa vetrinetta. Una lampadina si accese nella sua testa. Wylan adorava il tè, soprattutto in quelle piovose giornate autunnali.
Raggiante, frugò nei vari pensili alla ricerca del bollitore, che venne riempito allegramente non appena lo ebbe trovato. Allegria che scomparve nel momento in cui una leggera puzza di bruciato si disperse nell'aria. In fretta e furia spense il fuoco, notando la leggera bruciatura sul fondo della padella, facendosi scappare l'ennesima imprecazione.
Fortuna volle che casa Van Eck non era sprovvista di utensili da cucina, di fatti trovò immediatamente un'altra padella e la posizionò nuovamente sul piano cottura, stavolta gli occhi fissi su di essa. Il tamburellio delle sue dita era incessante, l'impazienza che elettrificava il suo corpo e la sua mente. Non ebbe però tempo di lambiccarsi a lungo, la padella aveva raggiunto finalmente la temperatura ideale e Jesper doveva agire il prima possibile.
Si avvicinò con cautela, la ciotola stretta tra le mani, e si rese conto troppo tardi che sarebbe dovuto ricorrere ad un'ulteriore utensile da cucina.
Finì con il versare troppo impasto, che strabordò con poca grazia dalla padella, e solo i Santi sapevano l'autocontrollo al quale attinse affinché non lanciasse la ciotola in un impeto di rabbia. Per l'ennesima volta, diede una ripulita, prese un'altra padella e attese che si riscaldasse, prima di afferrare stizzito un mestolo per regolare la dose. Avrebbe potuto farlo prima ma come da copione la sua impulsività aveva preso il sopravvento. Cominciò a borbottare tra sé, intento a fissare il piccolo pancake che andava scurendosi.

Lo ribaltò con delicatezza, quasi avesse paura di rovinarlo, del tutto plausibile, e pochi secondi dopo lo depositò sul piatto, fissandolo con orgoglio. Sembrava sufficientemente cotto e aveva un aspetto piuttosto invitante. Senza ulteriori indugi, riprese a lavorare ai fornelli, dando vita ad un ritmo quasi meccanico.
Ne bruciò giusto un paio, ma non appena la ciotola fu vuota, una piccola pila scura e profumata era nata e non poteva fare a meno di sorridere nel fissare quella sua piccola creazione.
Successivamente, si accorse con orrore quanto tempo gli avesse portato via quell'attività impegnativa, per cui si sbrigò a sistemare i pancake su di un vassoio, affiancati da un vasetto di marmellata di ciliegie, e dalla tazzina di tè ai frutti di bosco.
Rapidamente, ma comunque con estrema cautela, salì le scale, ritrovandosi in poco tempo di fronte alla porta della loro camera da letto, realizzando solamente in quel preciso istante che non aveva le mani libere per aprila. Non c'era neanche un appoggio utile in quell'area, che razza di casa era mai quella.
Ciondolò sulla porta per qualche secondo, cercando di calcolare un qualche modo per entrare ma venne battuto sul tempo. Una folta chioma rossa sbucò fuori, l'impronta del cuscino impressa sul suo viso, gli occhi color zaffiro ancora assonnati. I quali sgranarono nel momento in cui scorsero Jesper imbambolato sulla porta.
"'Giorno," biascicò Wylan, fissandolo da capo a piedi, ancora intontito ma ugualmente stupito.

"Buongiorno a te, raggio di sole," rispose mellifluo Jesper, dando sfoggio ad uno dei suoi sorrisi beffardi.

I due si fissarono in silenzio, prima che Wylan intervenne con tono assai meravigliato.

"Mi hai preparato la colazione?"

"Potresti mostrarti più grato, sai."

Dalla bocca di Wylan si levò un risata genuina, prima di scostarsi dall'entrata così che Jesper potesse passare e poggiare finalmente il vassoio sul letto. Non era da lui mangiare composto seduto ad un tavolo.
Sentì le braccia di Wylan circondargli i fianchi da dietro, e repentino si voltò nella sua direzione, scontrandosi con le pozze d'acqua che tanto amava. Lo vide sporgersi in avanti, facendo leva sulle punte dei piedi, e non esitò un solo secondo a far incontrare le loro labbra in un tenero bacio.

"Ti puzza l'alito," puntualizzò Wylan una volta che si separò.

"E poi dicono che il romanticismo sia morto," replicò Jesper beffardo, ridacchiando appena. I ragazzi si accomodarono nuovamente sul letto, l'uno di fianco all'altro, pronti a consumare la colazione preparata da Jesper con tanto amore.

Nel vedere Wylan afferrare un pancake ricoperto di marmellata, percepì del timore crescere in lui. Magari aveva sbagliato un qualche passaggio o una dose e gli avrebbero fatto talmente schifo che si sarebbe sentito male.
Forse stava esagerando.
Wylan addentò la frittella dorata, e in pochi secondi i suoi occhi parvero brillare di luce propria.

"Che ne pensi?" chiese esitante.

"Perfetti," rispose lui con un tono carico di piacere.

Il cuore di Jesper parve farsi più leggero, ed ebbe finalmente il coraggio di assaggiare ciò che aveva preparato, rimanendo notevolmente sorpreso nel sentire quel dolce sapore sulla sua lingua. E la soddisfazione che crebbe nel vedere Wylan ripulire il piatto fu ineguagliabile.
L'unica cosa che lo turbò fu lo strano silenzio che accompagnò il ragazzo per l'intera durata del pasto, e i minuti successivi ad esso, durante i quali parve starsene stranamente sulle sue.

"Wy?" lo richiamò Jesper, comodamente poggiato alla spalliera del letto, a differenza del rosso che se ne stava seduto rigidamente, quasi a dargli la schiena.
"Cos'è? Arya ti ha mangiato la lingua?", tentò di sdrammatizzare, nella speranza di fendere la tensione palpabile, ma non ebbe successo.

Preoccupato, si sporse in avanti, cercando lo sguardo impensierito di Wylan.

"Hai dormito male?" chiese con premura.

Lo vide sospirare, gli occhi rivolti altrove.

"Diciamo di sì," mormorò come sconfitto, giocherellando con la stoffa dei pantaloni.
Jesper aggrottò le sopracciglia, percependo la preoccupazione espandersi a macchia d'olio dentro di lui. Passò a rassegna gli ultimi avvenimenti, e nulla che avesse potuto scatenare quello smarrimento gli venne in mente. Anzi, le ultime settimane erano state le migliori settimane di sempre per entrambi dopo chissà quanto tempo.
Cercò la mano pallida di Wylan e la prese con delicatezza, incrociando le dita, attirando finalmente l'attenzione su di lui.

"Wylan, se c'è qualcosa che ti turba, puoi parlarmene tranquillamente," gli fece presente sperando di risultare quanto più sicuro possibile.

Erano quelli i momenti in cui si sentiva messo a nudo, impaurito, avere a che fare con forti emozioni non era mai stato il suo campo migliore. O almeno, la loro risoluzione.
Wylan lo scrutò. Ne colse l'esitazione, il timore celato in quelle iridi chiare, e Jesper non potè far a meno di impaurirsi un poco, ignaro del motivo di quel comportamento improvviso.

"È per via dei debiti?" tentò lui, l'ansia che ribolliva nel suo stomaco.

Da quando lui e Wylan avevano iniziato a convivere, Jesper si era ripromesso di smettere con il gioco d'azzardo, di diventare una persona migliore per il ragazzo meraviglioso che aveva davanti. Certo non si era aspettato quanto complicato potesse essere, ma con il giusto aiuto e con il giusto sforzo aveva fatto grandi progressi.

"Ce la sto mettendo tutta per risolvere la questione, gi-."

"Jes," lo richiamò dolcemente il ragazzo, guardandolo dritto negli occhi, trasudanti gentilezza. "I tuoi debiti non c'entrano nulla, e so quanto tu ti stia impegnando."

Wylan gli rivolse un sorriso che rincuorò appena il suo cuore agitato, ma la tensione continuava a volteggiare sgraziata attorno a loro. Fece dunque cenno al rosso, nella speranza che gli rivelasse l'effettivo problema.
Teneva ancora la mano fine nella sua quando lo sentì sospirare per l'ennesima volta, finalmente pronto a sputare il rospo.

"Ieri sera..." cominciò tentennante. "Hai reagito in modo bizzarro quando Inej ha raccontato del tuo tentativo di arrampicarti sui tetti, perché?"

Cadde il silenzio.

La temperatura nella stanza parve aumentare notevolmente, interferendo con le vie respiratorie di Jesper. Invano aveva sperato che nessuno avesse effettivamente prestato attenzione al suo sconforto, ma era pur sempre di Wylan che si stava parlando.
Il suo amato, splendido Wylan.

Colui che gli aveva donato ciò che non credeva fosse possibile avere, la persona per cui avrebbe dato la vita, l'unico essere umano che lo comprendeva appieno, come se le istruzioni di sé fossero state innestate appositamente nel cervello di quel ragazzo dai folti ricci rossi e uno spiccato talento nel suonare il flauto.
Non era avvezzo a dissimulare la verità, tantomeno con Wylan. Amava parlare, essere onesto, diretto, comunicare con sincerità i problemi. La sua lingua non aveva mai freni, e spesso gli era costato caro, ma ogni volta che apriva bocca, per qualche assurdo motivo, Wylan era sempre lì ad ascoltarlo. E anche in quel momento colse il suo interesse, il suo desiderio nel sapere di più su di lui, di studiarlo e comprenderlo, come se fosse una delle sue ingegnose creazioni.
Sospirò, cercando di rilassare i nervi a fiori di pelle, bramando più che mai la superficie fredda e lucida delle sue rivoltelle. Loquace o no, un paio di piccolezze che non aveva reso note al suo ragazzo c'erano.

"Non si tratta di un bel ricordo," ammise con quanta più calma possibile. "Sarà stato l'alcol, ma di norma non ne parliamo mai."

Wylan lo fissò in silenzio, mostrandosi impensierito e curioso. Percepì dopo poco l'altra sua mano accarezzare il dorso della sua, volto ad infondergli sicurezza.

"Ne vuoi parlare?"

Jesper esitò; ebbe quasi l'impulso di ritrarsi e liquidarlo con una battuta, minimizzando la cosa. Ma Wylan non si sarebbe mai meritato quel genere di trattamento da parte sua, ed era il momento che la questione venisse affrontata.
Si sistemò quanto meglio sul letto, tenendo sempre salde le mani del fidanzato tra le sue.
"Qualche anno fa, come ben sai, eravamo solo in tre, io, Kaz e Inej," incominciò con tranquillità, ricevendo un cenno in assenso.

Prese un ulteriore respiro, a pieni polmoni. Ironico che nonostante amasse parlare, quei momenti facevano diventare la sua bocca più arida di un deserto, la sua mente più intricata di un labirinto. Ma Wylan valeva lo sforzo.

"Inej arrivò poco tempo dopo di me, questione di qualche mese, e la trovai semplicemente..." fece una piccola pausa. "Meravigliosa."

Wylan lo ascoltava in religioso silenzio, con quell'aria concentrata che Jesper amava tanto; le sopracciglia erano leggermente aggrottate, le labbra appena appena appena piegate.
Cercò di non farsi distrarre dall'impulso di baciarlo, e proseguì.

"Conosciamo entrambi la nostra cara Inej, silenziosa e letale," ridacchiò. "Di una grazia e di un'agilità così formidabile da rimanerci secchi, letteralmente."

Il fidanzato ricambiò il suo sorriso, annuendo. Era evidente che morisse dalla voglia di porgli numerose domande, ma apprezzò il suo trattenersi.

"Insomma, si può dire che all'inizio mi sono quasi sentito geloso," ammise con franchezza, percependo una parte del peso sparire. Nessuno ne era al corrente, tranne la diretta interessata. "Geloso delle sue capacità, del suo essere sempre piena di risorse, al tal punto da diventare un membro fondamentale degli Scarti e..."

La pausa che ne seguì dopo fu rumorosa, parve riempire la stanza alla velocità della luce, pari ad una bolla soffocante che gli impediva di parlare.

"Per questo hai cercato di arrampicarti sui tetti? Per essere come lei?"

Jesper si sorprese nel sentire il ragazzo continuare la frase per lui, prima di annuire con un leggero imbarazzo. Non andava propriamente fiero di quella gelosia che aveva covato tempo prima, anzi se ne vergognava, specie perché l'aveva lasciata crescere e sbocciare impudentemente.
Eppure non se la sentì lo stesso di aggiungere il pezzo mancante.

"Quindi è per questo che non me ne hai parlato?" percepì del sollievo nella voce di Wylan, ed ebbe quasi l'impulso di tirarsi un ceffone. Irrequieto, accarezzò le mani pallide del ragazzo, ottime sostituite delle sue pistole. Se non migliori.
Jesper annuì nuovamente, maledicendosi mentalmente subito dopo, non capace di contraddirlo.

"Jes, la gelosia è uno dei sentimenti più umani che possediamo," gli fece presente con dolcezza, gli occhi azzurri che lo scrutavano con amore.

Per i Santi, si ritrovò a pensare, quanto avrebbe voluto baciarlo in quel preciso istante. Ma la sua coscienza sporca lo riportò sulla terra ferma.

"Lo so lo so," rispose quasi seccato, e con la voglia di picchiarsi non appena vide Wylan rimanere sorpreso.

"C'è qualcosa che mi stai tenendo nascosto, vero?" puntualizzò subito dopo con leggera severità, prendendolo in contropiede.

Tra tutti le persone, si era innamorato di quella più intelligente e abile nel capirlo.

"Già..." ammise a disagio, portando una mano all'attaccatura dei capelli. Prese a giocherellare con uno dei suoi ricci scuri, gli occhi ormai distanti dal suo fidanzato.

La pioggia continuava a battere con insistenza sulle tegole della città, riempiendo quei silenzi tanto soffocanti quanto necessari
.
"Jes," Wylan sospirò. Percepì la rigidità nelle sue mani. "Non voglio forzarti-"

"Non mi stai forzando," lo interruppe prontamente, riportando le sue iridi grigie verso di lui. "In alcun modo, sul serio."

Cercò di tranquillizzarlo quanto più possibile, e fu grato di percepire un po' di quella rigidità sparire. Il silenzio li avvolse di nuovo, ma fu meno tedioso delle volte precedenti, anzi fu utile per infondere calma e serenità nell'ambiente.
Jesper riprese entrambe le mani sottili di Wylan, stringendole tra le sue, carezzandone i calli leggeri, i tagli superflui, una recente scottatura, e poi fu pronto a continuare.

"Non so perché mi fissai con il saltare dal tetto ad un altro, d'altronde Inej ha diversi talenti, eppure mi ero convinto che se avessi padroneggiato quell'arte in qualche modo sarei stato un suo pari."

Ammetterlo ad alta voce lo fece vergognare, lo stesso putrido sentimento che aveva provato quando ne aveva discusso con Inej. Era stato infinitamente grato nel trovare solamente comprensione da parte sua. Comprensione che lì per lì non si era sentito di meritare.

"In certi momenti avrei voluto anche superarla, ma non facevo altro che fantasticare senza mai impegnarmi veramente..." esitò. "Fin quando una sera ho accettato che senza sforzo non sarei andato da nessuna parte e quindi scelsi il primo vicolo buio e iniziai ad arrampicarmi."

Bruciava.
Ricordarlo bruciava sempre.
Una piccola fiammella all'altezza dello sterno, che si divertiva a punzecchiare lui, i suoi polmoni e il suo cuore.

"Hai detto di essere caduto, giusto?" domandò a quel punto Wylan, rifacendosi al racconto della sera prima.

"Esatto," rispose quasi mormorando, il fuoco che ardeva incessantemente. "Ho provato e riprovato, rischiando di procurarmi ferite gravi più e più volte, ma non me curavo perché..."

La sua gola parve restringersi, quasi come se qualcuno gli avesse messo un cappio invisibile al collo.
Le orecchie erano ovattate, il battito del cuore parve propagarsi rumorosamente per tutto il suo corpo. Non aveva motivo di reagire così, era il passato, tempi andati, doveva trattarsi di una questione morta e sepolta. E per i Santi se non lo era.
Eppure in qualche modo si sentiva sporco.

"Avevi una cotta per Kaz..."

Quella realizzazione parve colpire Wylan con uno schiaffo sonoro e Jesper lo sentì. Percepì il rumore secco che fece, e che riecheggiò nelle sue orecchie.

"Dieci punti a Wylan," ma l'occhiataccia che ricevette servì ad ammonirlo. Non era il momento di scherzare e se ne pentì immediatamente, schiarendosi la gola.

"Purtroppo si, al tempo mi ero preso una sbandata per Kaz Brekker," disse in imbarazzo, l'enorme peso che volava via leggiadro. "Volevo...volevo che mi notasse," continuò poi esitante, il disagio che gli stringeva lo stomaco in un soffocante abbraccio.

Ebbe incertezza sul proseguire o meno, durante la quale scoccò un'occhiata a Wylan nella speranza di non leggere turbamento nei suoi occhi. Li per lì non gli sembrò, o era un bravo attore oppure doveva ringraziare i Santi per quella benedizione.
Aveva temuto con ardore l'impatto che quella confessione avrebbe avuto sul suo fidanzato, e al momento tutto sembrava essere nella norma. Si aggrappò a quella consolazione e infranse il silenzio che si era riappropriato di loro.

"Arrivato al Club dei Corvi, ho attirato immediatamente la sua attenzione, così come lui la mia," proseguì. "Non posso dire di essermi immediatamente guadagnato la sua fiducia, ma Kaz era ed è abbastanza sveglio da scegliere con cura le persone con le quali lavorare."

"Abbastanza sveglio?" puntualizzò Wylan con scetticismo, dopo minuti di assoluto silenzio.

Jesper fece una smorfia.

"Si okay è spaventosamente intelligente," affermò. "Per cui in pochi mesi sono diventato uno dei suoi uomini migliori ed era gratificante, sentirsi così apprezzati per le proprie capacità, in particolare dal ragazzo più temuto di tutto il Barile."
"Il suo essere così misterioso mi aveva rapito, cercavo il suo sguardo, la sua approvazione, mi mettevo in mostra, prendevo parte a qualsiasi sua iniziativa folle, gli coprivo le spalle, gli stavo attaccato come una cozza su uno scoglio ma non ho mai ottenuto nulla in cambio."

Volle nuovamente controllare lo stato in cui si trovava Wylan, che se ne stava gobbo a fissarlo, l'interesse sembrava ancora vivo e vegeto.
Prese un altro bel respiro.

"Sai come sono fatto, le sfide sono il mio pane quotidiano e inizialmente Kaz mi era sembrato una bella gatta da pelare, un pezzo di ghiaccio nel quale fare breccia," ridacchiò appena, realizzando quanto fosse stato assurdo quel suo ragionamento. "Ma a lungo andare ho appreso che i miei sforzi esuberanti non mi avrebbe portato da nessuna parte."

Fuori, la pioggia imperversava, sbatacchiando le finestre.

"Per un po' mi sono anche rassegnato, sentendomi un enorme stupido anche solo per aver provato ad aprirmi un varco nella sua impenetrabile corazza," enfatizzò quell'ultima frase, cercando di smorzare un po' la tensione che cresceva. "Non avevo mai ricevuto un rifiuto alle mie avalanche, né dalle ragazze né da i ragazzi, ma ciò non mi impedì dal chiedermi se non fossi io il problema," borbottò a disagio, sentendosi vulnerabile.

Wylan gli strinse la mano.

"Mi spiace che ti sia sentito così," mormorò in piena sincerità il rosso, guardandolo con un leggero sorriso e occhi amorevoli. Jesper ricambiò depositando un leggero bacio sulle nocche del ragazzo, godendosi la leggera sfumatura di rosso che gli colorò le guance.

"A quel punto ho cercato disperatamente un'alternativa, una distrazione, un modo per distogliere i miei pensieri da lui," proseguì con trasporto. "Le solite cose naturalmente, alcol, soldi, scappatelle varie, e per un folle attimo pensavo di averla superata."

Fece un'ulteriore pausa, percependo il fuoco crepitare nel petto. Naturalmente non vedeva più Kaz a quel modo, eppure la ferita non si era ancora ben rimarginata.

"Inej non era arrivata da molto e come ho detto prima, in poco tempo si è guadagnata il rispetto e l'approvazione di tutti, soprattutto di Kaz."

Ricordava i mormorii, le voci che si erano diffuse sul suo straordinario talento, di come lo Spettro in poco tempo era sulla bocca di tutti, al tal punto da scatenare timore in chiunque.

"Abbiamo iniziato a trascorrere più tempo assieme, anche solamente noi tre, ed è stato divertente per un po'," disse con amarezza. "Io e Inej ci siamo pian piano avvicinati, stringendo una modesta amicizia, nulla in confronto ad adesso ma c'era comunque mutuo rispetto, sebbene da parte mia poteva essere considerato quasi falso."

Era stato intenzionale, ingestibile, eppure riparlarne lo faceva ancora vergognare di se stesso. Non che avesse mai odiato Inej, anzi tutto il contrario, ma la sua ammirazione per lei era marcita in così poco tempo che era difficile non rimuginarci. Un erbaccia che aveva continuato a tagliare, senza mai estrarla per bene dal terreno.
Prese a giocherellare con le dita affusolate di Wylan.

"Accecato dalla mia convinzione di essere uscito quel tunnel, non avevo prestato attenzione alla vicinanza che si era creata tra Kaz e Inej."

Non sapeva tutt'ora dire con certezza se si fosse trattato di semplice sbadataggine, o una volontaria disattenzione da parte del suo cervello.
Jesper si fece più irrequieto, intento a sfiorare i polpastrelli di Wylan con i suoi, provocando dei leggeri brividi ad entrambi. Si fece scappare un mezzo sorriso.

"Me ne accorsi una sera come le altre, seduto ad un tavolo, gambe accavallate, un bicchiere di whisky in una mano," spiegò placido, la scena che scorreva fotogramma per fotogramma nella sua mente. "Scrutavo distrattamente il Club dei Corvi, in attesa che Bolliger perdesse e poi li vidi, appartati in un angolo a conversare, nulla fuori dall'ordinario."

Esitò.
Mandò aria nei polmoni e riprese.

"Poi lo vidi, il momento fatale, in cui Kaz porse a Inej un pugnale," sospirò tremante, ingoiando la saliva rumorosamente. "Per quanto ad un occhio esterno potesse sembrare la scena più banale di sempre, io fui in grado di scorgere quella scintilla."

Pausa.
I ricordi lo invasero come un fiume in piena.
L'odore fetido del locale, i brusii e le urla di contorno, le scazzottate non autorizzate, le lamentele da parte dei turisti, la pallottola che aveva metaforicamente ricevuto nel petto, che come un fiammifero aveva acceso quella fiamma dolorosa dentro di lui.

"Fu un duro colpo," ammise con franchezza, le mani di Wylan ruvide sotto i suoi polpastrelli. "Fu anche ciò che mi spinse a lasciare il club in tutta fretta, l'urgenza di allontanarmi, di muovermi, di agire, di imparare ad arrampicarmi come un ragno sui tetti sfasciati di Ketterdam."

Alzò nuovamente lo sguardo, facendo una pausa. Wylan lo scrutò con gentilezza e un pizzico di rammarico, invitandolo a continuare.
Era così grato di quel silenzio, dell'attenzione che gli stava riservando, di come con pochi sguardi attenuasse le sue paure, le sue sofferenze.

"Come ho già detto, feci innumerevoli tentativi, mettendo a rischio me stesso, mosso unicamente dal quel bruciore che però, lentamente, si è affievolito," mormorò. "Fin quando, completamente esausto, non sono caduto per l'ennesima volta e non mi sono più rialzato."

Non era mai facile beccare nottate limpide in quella città, eppure quella sera il cielo aveva deciso di compatirlo, regalandogli un manto di oscurità senza stelle. Riflettente il freddo che aveva sentito dentro, che aveva domato l'ardente fiamma.
Aveva riso con amarezza, così a lungo, fino a che non aveva sentito i polmoni bruciare, gli occhi arrossarsi.

"Sei rimasto lì a terra?"

Wylan apparve più sconsolato che mai nel porgli quella domanda e Jesper quasi se ne dispiacque.
"Esattamente," confermò a disagio, percependo appena l'umidità che si era insinuata in lui quella notte. "Avevo i muscoli doloranti e sicuro lividi in procinto di sbocciare, ma toccare quel sudicio suolo per l'ennesima volta parve svuotarmi di tutta la forza fisica e mentale che mi era rimasta."

Fu nuovamente Wylan a stringere le sue mani con fermezza. Era un contatto semplice, genuino, eppure valeva più di mille parole, e lo rincuorava come mai nulla aveva fatto fino ad allora. Gli rivolse un sorriso pacato, il bruciore sopraffatto da quell'amore.

"Sono rimasto inerte in quella posizione per un lasso di tempo infinito, a contemplare il vuoto e le mie scelte di vita, fin quando non sono stato trovato dall'ultima persona che volevo mi vedesse in quella stato."

"Kaz?" provò ad indovinare il rosso.

"Nientepopodimeno che Kaz alzati-la-strada-è-sudicia Brekker," confermò ridacchiando appena, con leggero imbarazzo.

Ricordava lo sguardo confuso, il tono sprezzante, l'aria austera con cui vestiva ogni singolo giorno. Ricordava anche il suo imbarazzo, il suo cuore dolorante, il silenzio soffocante che li aveva accompagnati durante il viaggio di ritorno.

"Non fece alcuna domanda in merito, fu come se non fosse mai successo, onestamente mi chiedo anche adesso se mi abbia effettivamente visto tentare di arrampicarmi come un forsennato," ammise con un pizzico di curiosità.
Anche se ripensandoci una risposta non la desiderava affatto. Vivere nell'ignoto andava più che bene. Forse dopo l'accenno da parte di Inej era stato in grado di unire i puntini, ma liquidò quel pensiero. Non era rilevante.

"Dire che le cose presero una piega diversa non è del tutto corretto," proseguì poi. "Kaz era imperturbabile come sempre, Inej agile come un ragno e io costantemente pronto sull'attenti..." cercò lo sguardo di Wylan al quale aggrapparsi, sentendosi sopraffatto.

"Eppure dopo quella sera, incominciai a notare ogni singolo sguardo, ogni singolo gesto, ogni singola micro espressione che si scambiavano."

Si era più volte ripetuto come diamine avesse iniziato a farci caso così tardi.

"E per i Santi come bruciava," esclamò con enfasi, forse troppa. "Desideravo che lui mi guardasse allo stesso modo in cui lui guardava lei, ma sapevo di aver ormai perso la battaglia...non che avessi mai avuto chance di vincere in primo luogo."

Sconsolato sospirò per l'ennesima volta, confortato dalla pelle calda del rosso a contatto con la sua.

"Poi, in maniera del tutto inaspettata, io e Inej ci siamo ritrovati a parlare della questione," sfoggiò un piccolo sorriso. "Non ricordo neanche da dove partì, ma iniziammo a confrontarci su Kaz, a parlare di noi."

Quella conversazione se la sarebbe portata nel cuore fino alla fine dei suoi giorni, un pezzo di vita dal valore inestimabile.

"Io le confessai con vergogna della mia gelosia e lei mi comprese, offrendomi gentilezza, e raccontandomi di avermi visto quella sera, disperato, che cercavo a tutti i costi di imitarla," le sue labbra si incurvarono ulteriormente. "Quella chiacchierata servì a portare la nostra amicizia su di un livello superiore e onestamente sono tutt'ora contento di averle parlato."

Non avrebbe mai smesso di provare gratitudine nei confronti di Inej, probabilmente le sarebbe stato debitore a vita. Aveva trovato supporto lì dove fino a poco prima credeva ci fosse un ostacolo, quando in realtà vi era un'amica speciale pronto ad accoglierlo a braccia aperte.
Wylan lo fissò con altrettanta gioia.

"E poi?" chiese subito dopo, gli occhi blu trasudanti curiosità.

"Poi beh," sghignazzò appena. "Ho proseguito con la mia vita, nella speranza che passasse e così fortunatamente è successo."

Jesper sorrise amabilmente al suo fidanzato, che con gentilezza ricambiò, le ciglia chiare che sbattevano con grazia. Era estremamente contento di averne discusso, si sentiva più leggero, svuotato, rendendosi conto solo allora di quanto tenere nascosta quell'esperienza non gli aveva giovato minimamente. Per carità non era stato un suo pensiero fisso negli ultimi tempi passati assieme a Wylan, ma era capitato che il suo cervello cacciasse fuori quel segretuccio, sbeffeggiandosi di lui.
Prima di rigettarlo nel dimenticatoio, quasi involontariamente.
Prima o poi però la verità viene svelata, e doveva ringraziare nuovamente Inej, quantomeno aveva trovato un pretesto adatto per discuterne. Si vergognava nel pensare che se non fosse stato per quell' accenno, probabilmente avrebbe continuato a rimandare. Ma era inutile rimuginare sul passato, ormai era venuto fuori e toccava a Wylan dire la sua.

Ma in Wylan, oh in Wylan imperversava la tempesta più totale, mascherata da un sorriso delicato che aveva messo su affinché non lasciasse trasparire nulla.
Troppe informazioni, troppi punti interrogativi. Vorticavano con veemenza dentro la sua testa, a tal punto da farlo sentire come rimbambito, quasi ubriaco.
Il tocco di Jesper sembrava bollente, scottante, una scarica elettrica dolorosa, ogni sua parola un ulteriore pizzico che lo tormentava.

Perché non ne aveva mai parlato prima? Aveva compreso che quell'esperienza non era stata affatto semplice, ma perché tirare fuori la questione solo adesso, per puro caso? Se Inej non avesse fatto quella battuta, Jesper avrebbe mai affrontato la cosa con lui? Oppure non si fidava?
Che provasse ancora qualcosa per Kaz? Che lui fosse solamente un ripiego, una distrazione? Un gingillo con il quale trastullarsi e poi buttare via una volta che ci si era stufati? Un giocattolo rotto, difettoso, proprio come lo aveva sempre definito suo padre.

Il suo respiro parve mozzarsi, quasi avesse ricevuto un pugno direttamente sulla trachea. Il silenzio successivo alla conclusione di quel racconto divenne più fragoroso, una presenza indesiderata, che mise alla luce il suo di silenzio.
Non aveva detto nulla di significativo, solo cenni e miseri sorrisi, troppo impegnato a tenere a bada le miriadi di domande che sbucavano fuori come funghi. Eppure in quel momento doveva agire per forza, d'altronde Jesper si era aperto, gli aveva dato un pezzo del suo cuore, ed era inevitabile che Wylan offrisse qualcosa in cambio.
Ma più muoveva le labbra, più le parole morivano prima ancora di sviluppare un senso compiuto nel suo cervello.
Jesper a quel punto lo guardò sospettoso, facendogli venire voglia di mettersi ad urlare.

"Wy? Stai bene? Sei piuttosto pallido," il ragazzo zemeni allungò la propria mano verso il suo volto, ma Wylan si ritrasse istintivamente, come scottato da quel leggero sfioro.

Ritrasse a se anche le mani. Non era tipo da apprezzare il contatto fisico in quei momenti così delicati, era come se un prurito ardente si impossessasse del suo corpo. Jesper apparve quasi ferito, colpevole di quella reazione improvvisa e Wylan si maledì mentalmente.
Fissò il fidanzato con occhi sbarrati, un rivolo di sudore sul collo, l'aria che sembrava esser diventata rarefatta tutto d'un tratto. Si stava agitando fin troppo, aveva lasciato correre quel flusso di pensieri come una mandria di cavalli imbizzarriti ed era stato travolto dalla loro furia.
Le sue iridi chiare cominciarono a guizzare da una parte all'altra, alla disperata ricerca di un appiglio. Dubbi e incertezze vorticavano con costanza dentro di lui, dando vita ad un fracasso assordante. Era così disorientato, così confuso, quasi spaventato di se stesso.

"Wylan, guardami."

La voce ferma e pacata di Jesper parve zittire improvvisamente il caos che si era riversato dentro di lui, e quelle iridi grigie, la loro determinazione, lo riportarono bruscamente sulla terra ferma. A quel punto il ragazzo zemeni si azzardò nuovamente a sfiorargli la guancia, e non provocando alcuna reazione indesiderata, fece rilassare il morbido palmo su di essa.
Wylan si poggiò lentamente su quella superficie morbida e liscia, percependo il suo respiro stabilizzarsi e quando ormai la quiete sembrava aver fatto ritorno, Jesper parlò.

"Hai intenzione di spiegarmi?"

La domanda gli venne posta con gentilezza, senza una briciola di severità né delusione. Ne fu grato.
Ma non servì tuttavia a impedire la nascita di quel disagio che gli strinse lo stomaco.

"Mi spiace aver reagito così, ti sei confidato con me e l'unica cosa che sono stato in grado di fare è andare nel panico," borbottò amareggiato, l'agitazione che scuoteva il suo cuore con divertimento.

Jesper lo fissò, porgendogli poi un piccolo sorriso e un ulteriore carezza.

"Non fa nulla, sul serio," lo rincuorò lui, sprizzando amore da tutti i pori. "Anche il solo essere ascoltato e capito è più che sufficiente."

Eppure a Wylan non andava giù, soprattutto perché i suoi dubbi continuavano a ronzargli nella testa. Non poteva semplicemente lasciar perdere? Perché rovinare quel momento così? La bramosia però era persistente e soverchiante.
La sua pelle parve assumere nuovamente un calore scottante.

"Cosa ti turba? Vuoi chiedermi altro in merito a-"

"Provi ancora qualcosa per Kaz?"

Quella domanda per quanto improvvisa, oltre a lasciare Jesper interdetto, uscì più come un lamento disperato. A cui arrivò una risata sommessa assai sgradita in tutta risposta. Wylan non tardò a scoccargli un'occhiata fulminante.

"Mio dolce, sciocco, tenero Wylan," incominciò Jesper con un sorrisetto che Wylan avrebbe fatto volentieri sparire se ne avesse avuto la facoltà. E se non avesse amato quella stupida espressione sulla stupida faccia del suo altrettanto stupido fidanzato. Il quale parve accorgersi di aver superato il limite, per cui in tutta grazia si fece più vicino e gli prese il volto tra le mani.

"Amo soltanto te, Wylan Hendriks," soffiò sulle sue labbra il ragazzo zemeni, e lo avrebbe baciato volentieri, per tutti i Santi come avrebbe voluto, ma quel dubbio nella sua testa continuava a tormentarlo e doveva dargli voce a tutti i costi.

"Se non fosse girata la voce in merito a me e quel ragazzo, ci avresti provato lo stesso con me?" Il quesito parve prendere Jesper in contropiede, che rimase a fissarlo allibito per una frazione di tempo incalcolabile.

"Che importanza ha?" chiese con le sopracciglia aggrottate, apprendo anche lui non soddisfatto di quella risposta.

Wylan scostò le mani dal suo viso e si alzò dal letto, il cuore martellante nel petto.

"Che importanza ha?" ripeté con voce incrinata. "Chi mi dice che non mi hai usato per distrarti? Per farti da ripiego? Una magra consolazione, un giocattolo con il quale divertiti, un'alternativa temporanea..."

Ingiusto.
Tutto ciò che stava blaterando con disperazione era così ingiusto nei confronti del suo fidanzato, che non poteva fare altro che fissarlo sconvolto.

Eppure era veramente da incolpare? Dopo tutti quegli anni a sentirsi dare del incapace, della nullità.
Un peso, uno spreco di spazio, di aria. Un fallimento.
Chi poteva garantirgli che Jesper non si sarebbe stufato di lui prima o poi? Venne colto da un leggero tremolio.

"Jesper di qualcosa," sbottò poi, stringendosi le braccia al petto nella speranza di darsi una calmata.

Il suo ragazzo però non accennò ad aprire bocca, si limitò ad alzarsi e a posizionarsi di fronte a lui, guardandolo direttamente negli occhi con rammarico. Gli venne quasi voglia di urlare perché della sua compassione non ci faceva nulla, in quel momento era troppo ossessionato dal trovare risposte. Eppure Jesper continuava a non parlare, si limitò a sciogliere le sue braccia incastrate al petto, a scostargli con delicatezza i folti ricci dal volto, e a stringere le sue mani con grazia.
Wylan era turbato, sia dalle sue ansie che da quei piccoli gesti, che contro ogni aspettativa non gli fecero venir voglia di allontanarsi, anzi. Jesper prese un bel respiro e con un cenno lo invitò a fare lo stesso, fino a che entrambi non si sincronizzarono.
A quel punto, lo fece accomodare nuovamente sul letto, senza interrompere il contatto tra le loro mani, che tanto conforto gli dava.
Jesper gli rivolse un piccolo sorriso.

"Sono cresciuto vedendo mio padre consumato dalla perdita di mia madre, da quell'amore che aveva perso per sempre e in qualche modo ha avuto un certo effetto su di me," spiegò placido il suo fidanzato, che con i pollici carezzava lentamente e con cura le sue nocche pallide.

Wylan non capì dove volesse andare a parare, ma ciò naturalmente non lo bloccò dall'ascoltarlo con interesse.

"Per anni non ho fatto altro che passare di ragazzo in ragazza, senza mai legarmi a nessuno in particolare," proseguì. "Kaz è stato un imprevisto che non avevo messo in conto, e per quanto non sia stata la più piacevole dell'esperienza, si è trattata solo ed esclusivamente di un infatuazione."

Quella affermazione, per quanto scontata e ripetitiva, ebbe finalmente l'effetto sperato in Wylan: lo rincuorò.
E si sentì uno sciocco nel aver messo in dubbio i sentimenti che Jesper provava per lui. Mortificato, strinse le mani del fidanzato a sé.

"Mi dispiace," mormorò. "Non avevo alcun diritto di accusarti a quel modo," continuò poi sconsolato. Ma Jesper non si perse d'animo, e baciò con grazie il dorso di entrambe le sue mani, un sorriso raggiante sul volto.

"Non c'è nulla di cui dispiacerti Wylan, veramente," lo rassicurò con quella sua aria affabile e malandrina. "Non ti biasimo, anche io certe volte mi chiedo come possa uno come te stare con uno come me," ammise con franchezza, lasciando Wylan alquanto spiazzato.

"Uno come me?" domandò con scetticismo.

"Si, Wy, uno come te," Jesper gli puntò il dito affusolato in petto, con furbizia. "Non ti apprezzi abbastanza ma io ti trovo la persona più straordinariamente intelligente, meravigliosamente coraggiosa e dannatamente attraente sulla faccia della terra," concluse giulivo, fiero della sua constatazione, che fece tremare il cuore di Wylan.
Il quale in tutta risposta sorrise ampiamente, ma così ampiamente che le sue guance iniziarono a dolere per lo sforzo.

"Anche io ti trovo straordinario, Jes," disse poi, avvicinandosi al suo ragazzo che in tutta risposta ammiccò.

"Me lo dicono in tanti."

E i due scoppiarono a ridere. Fu una risata così fragorosa, così genuina, che spazzò via ogni briciolo di sofferenza, ogni briciolo di tensione che li aveva avviluppati in quella grigia mattinata d'autunno. Con il sorriso stampato in faccia ma ormai silenziosi, si scambiarono un lungo amorevole sguardo.

Wylan, il punto è che prima di te, non ho mai conosciuto nessuno per cui valesse la pena rischiare." Wylan lo guardò perplesso.

"Rischiare cosa?" Jesper sorrise.

"Innamorarsi," sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra. "Sei l'unico a cui io mi sia mai voluto legare, e si magari all'inizio ci ho provato con te perché mi divertito da matti a farti arrossire," ammise ridacchiando, beccandosi un'occhiataccia. "Ma per i Santi, la prima volta che posai gli occhi su di te in qualche modo avevo percepito ci fosse qualcosa di diverso."

Wylan lo ascoltava rapito, ubriaco di quelle dolci parole, ricolme di un amore così potente da portarlo allo stordimento, ma uno di quelli che fa venir voglia di ridere a crepapelle, fino a sentire la pancia dolore e il cuore scoppiare.

"Lo sentii anche io," ammise in un sussurro, godendosi la fiamma che si accese negli occhi di Jesper, che amabilmente carezzò il suo viso, sempre più vicino.

Entrambi bramavano le labbra l'uno dell'altro, necessitavano quel contatto, all'adrenalina di cui si saziavano ogni volta, ma vi erano ancora delle parole sospese per aria.

"Non penso che amerò mai qualcuno come amo te, Wylan." Per tutti i Santi, penso sbalordito.

"Penso proprio che sarà difficile anche per me Jesper," sussurrò. "Anche se ad essere onesti non voglio neanche provarci."

Ridacchiò appena, e poi Jesper lo baciò. E lì venne travolto, come un fiume in piena, come un'onda mastodontica sulla spiaggia. Si sentì come trasporto ai confini dell'universo, dove esistevano solamente lui e il ragazzo che stava baciando con così tanto amore che il suo cuore sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro.
Faceva ancora fatica a sentirsi amato, a sentirsi meritevole, ma Jesper non aveva fatto altro che farlo sentire bene, che farlo sentire a casa.

"Jesper," disse tra un bacio e l'altro.

"Mh?"

"Tra tutte le persone proprio Kaz?"

"Sta zitto."

Fece come ordinato, prima di interrompersi nuovamente.

"Sai, io all'inizio avevo trovato Matthias piuttosto carino."

Jesper lo guardò di sbieco.

"Stai rendendo questo bacio meno piacevole di quanto dovrebbe essere," lo rimproverò il fidanzato prima che lo tirasse di nuovo a se con un impeto travolgente.

Wylan non si era mai sentito a suo agio. Da nessuna parte. Suo padre gli aveva strappato via quella possibilità anni orsono, e si era convinto che nulla avrebbe potuto restituirgli quella sensazione. Eppure lo avevano contraddetto così tante volte. Inej, Nina, Kaz, Matthias. La loro amicizia gli aveva dimostrato che non tutto era perduto.
E naturalmente Jesper, il cui amore sarebbe rimasto il suo posto preferito per l'eternità.
   
 
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