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Autore: Lella Duke    03/04/2023    0 recensioni
E' più dura la testa dei ragazzi Dukes o di Maudine la mula? Di sicuro zio Jesse saprebbe rispondere a questa domanda.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bo Duke, Enos Strate, Luke Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dieci: voglio andare a casa

 

Si stava svegliando. Si rigirò nel letto cercando una posizione più comoda, aveva una spalla e la testa indolenzite. La nuova posizione non alleviò nessuno dei due fastidi. Non aveva voglia di aprire gli occhi, voleva dormire ancora un po’. Sapeva che di lì a breve avrebbe dovuto iniziare i lavori alla fattoria tra sole, fango e capre. Amava la sua vita non l’avrebbe cambiata con niente al mondo, ma la mattina era sempre stata dura per lui lasciare il conforto di coperte calde e di un cuscino morbido. Anche da bambino amava poltrire nel letto fino all’ultimo minuto utile. Zia Martha e zio Jesse dovevano fare la voce grossa quasi ogni mattina per evitare che arrivasse tardi a scuola.

Aveva ancora gli occhi chiusi, voleva prolungare il più possibile quel torpore che lo avvolgeva. All’improvviso però si rese conto che c’era qualcosa che non andava. Sentì in lontananza due voci femminili e un rumore sconosciuto che si avvicinava sempre più. Sembrava il cigolio di ruote sul pavimento. Anche le voci adesso erano più vicine. Era certo di non sapere a chi appartenessero. Decise di aprire gli occhi e cercare di capire cosa stesse succedendo. Si aspettava di trovarsi nella sua stanza illuminata dalle prime luci del mattino, credeva che avrebbe visto Luke sdraiato nel letto accanto al suo. E invece fu accecato dalla luce violenta e invadente di una lampada al neon. Si guardò attorno allarmato. Non si trovava nella sua stanza, quello non era il suo letto. Dalla porta aperta della stanza riusciva a vedere un lungo corridoio sul quale si aprivano decine di altre porte. Scorse due infermiere che spingevano un carrello alto e lungo pieno di vassoi.

Era in ospedale.

Si tirò su di scatto, la testa iniziò subito a pulsargli. Si portò una mano sulla fronte e si accorse di averla bendata “ma che sta succedendo?” Domandò a voce alta, ma era solo, nessuno avrebbe potuto rispondergli. Si mise a sedere e si poggiò allo schienale del letto. Si tenne la testa stretta tra le mani, sperava smettesse di fargli così male. Chiuse gli occhi “andiamo Bo ragiona. Come ci sono finito in ospedale? E perché non c’è nessuno qui con me? Dov’è zio Jesse? Dov’è Luke? E Daisy?”

“Guarda un po’ chi si è svegliato, buongiorno.” Bo si lasciò la testa e osservò le due infermiere che erano appena entrate nella sua stanza.

“Buongiorno.” Rispose a bassa voce.

“Tra poco il dottore verrà a controllare come stai. Intanto ti abbiamo portato la colazione. Cerca di mangiare tutto, è da ieri che sei a stomaco vuoto.”

Bo rimase con lo sguardo fisso sulla donna che aveva appena parlato, era una robusta signora di mezza età. Aveva un sorriso gentile. “Perché sono in ospedale? Che mi è successo?” Chiese ritrovando la voce.

“Non ricordi niente, tesoro?” Si intromise l’altra infermiera, una donna mora poco più grande della collega.

“No, mi sono appena svegliato. Non capisco cosa succede. Dov’è la mia famiglia?”

“E’ normale che tu faccia fatica a ricordare, ma fisicamente stai bene. Stai tranquillo i tuoi famigliari saranno qui tra poco. Stanno venendo a prenderti per portarti a casa.”

Una delle due sfilò un vassoio dal carrello e lo poggiò su di un tavolino che posizionò vicino a Bo in modo che potesse mangiare comodamente seduto sul letto. “Vado a chiamare il dottore, tu intanto mangia tutto mi raccomando.” Le due donne si allontanarono, una spingeva il carrello mentre l’altra si era avvicinata ad un telefono. Afferrò la cornetta e compose il numero. Bo non riuscì a sentire neanche una parola, ma sapeva che stava parlando con il suo medico.

Si sentiva confuso, smarrito. Era destabilizzante non ricordare niente. Decise di sforzarsi e di tentare di capire quale fosse l’ultima cosa che ricordava. Prese la tazza in mano e bevve un sorso di caffè caldo. Ricordava di esser stato nell’officina di Cooter, ricordava Luke impegnato ad aiutare l’amico meccanico con il motore di una macchina. Bene, era sulla buona strada. Afferrò una fetta di pane e la imburrò. Si appoggiò nuovamente allo schienale del letto cercando di mantenere alta la concentrazione. Non fece in tempo a dare il primo morso che spalancò gli occhi “Melinda Sue… sarei dovuto uscire con Melinda Sue!” Esclamò a voce alta. “Lo stavo giusto raccontando a Enos…” Bo lasciò cadere il pane smozzicato nel piatto e drizzò la schiena. “Si, ma dove glielo stavo dicendo? Nel suo ufficio forse? Oppure ci siamo incontrati per strada?” Strinse nuovamente gli occhi e si portò le mani sulle tempie, fece del suo meglio per concentrarsi e recuperare i ricordi che erano da qualche parte nella sua mente, ma che non riusciva ancora ad afferrare.

Fu così che lo trovarono Jesse, Luke e Daisy entrando nella sua stanza. Con gli occhi strizzati e la testa stretta tra le mani.

Jesse si sedette sul letto e gli posò una mano sul braccio per richiamare la sua attenzione, Bo non sembrava essersi accorto della loro presenza: “Bo? Ti senti male?” C’era preoccupazione nella sua voce.

Quando realizzò la presenza dello zio accanto a sé Bo si riscosse dai suoi pensieri. Si ritrovò di fronte il volto dell’uomo che amava come un padre “zio Jesse!” Esclamò afferrandolo per un braccio e tirandoselo addosso lo abbracciò stretto.

Jesse ricambiò l’abbraccio, aspettava quel momento da quando il giorno prima era stato informato dell’incidente. Gli baciò i capelli e le guance, lo cullò come faceva quando era un bambino. Bo si perse in quell’abbraccio, era stato orribile svegliarsi in un letto sconosciuto senza sapere il perché. Con zio Jesse al suo fianco sapeva che si sarebbe sistemato tutto.

“Senti dolore?” Ripeté Jesse tenendo ancora il nipote tra le braccia.

Bo rispose senza staccarsi dallo zio “un po’ di mal di testa, ma sto bene.”

Luke e Daisy guadagnarono l’altro lato del letto. Quando Daisy iniziò ad accarezzargli i capelli, Bo si staccò finalmente dallo zio e la guardò “ci hai fatto prendere un bello spavento, tesoro.” Sorrideva, ma aveva gli occhi lucidi, non poteva evitarlo. Si chinò e lo baciò sulla fronte “guai a te se ci riprovi.” Bo le sorrise di rimando “farò del mio meglio.”

Luke era rimasto un passo indietro, la precedenza per baci e abbracci spettava a Jesse e Daisy. Bo si sottrasse controvoglia all’abbraccio dello zio e osservò il cugino. Luke abbassò istintivamente lo sguardo. Non riusciva a sostenere quegli occhi spaventati. Daisy si scansò per fargli spazio, Luke si avvicinò di più a Bo e gli afferrò una mano. La strinse forte e finalmente incrociò lo sguardo con quello del cugino.

“Bo… io…”

“Va tutto bene, Luke.” Bo lo sapeva bene quanto fosse difficile per Luke dare voce a pensieri ed emozioni “sono sano e salvo.”

Luke inghiottì un grumo di aria “grazie a Dio.” Rispose finalmente sollevato. “Mi hai spaventato a morte ieri. Io non ero con te quando è successo. Non ero al tuo fianco. Mi dispiace. Perdonami.” Tirò fuori tutte insieme quelle parole che gli bruciavano la gola fin dal giorno precedente.

“Luke… sono sicuro che non hai niente di cui scusarti. Io ricordo solo che eravamo da Cooter e che sarei dovuto uscire con Melinda Sue. Ricordo di aver parlato con Enos, ma poi più niente. Dimmi cosa è successo per favore. Voglio sapere perché sono in ospedale.”

Jesse abbandonò la sponda del letto e si accomodò su una sedia. Fece un cenno al nipote più grande in evidente difficoltà e rispose al suo posto “ieri la banca ha subito un tentativo di rapina. Un uomo armato ha sparato prima di fuggire e far perdere le sue tracce. Tu eri lì quando è successo e con te c’era anche Enos. Hai una ferita sulla fronte, probabilmente ti è caduto in testa un calcinaccio. Il medico che ti ha visitato ci ha detto che potevi avere problemi a ricordare quindi non ti sforzare e non ti preoccupare se non ci riesci. La memoria tornerà.”

“Enos sta bene? E’ rimasto ferito anche lui?” C’era apprensione nel tono di Bo.

“No tesoro, tu sei l’unico a cui è andata male. A parte te non ci sono stati altri feriti.” Disse Daisy.

“Si sa chi è il responsabile? E’ stato arrestato?” Chiese ancora Bo.

“Purtroppo no, è riuscito a dileguarsi tra la folla senza che nessuno sia riuscito a vederlo in faccia.” Continuò Daisy.

Bo rimase in silenzio per permettere a quelle informazioni di depositarsi nella sua mente “sono sicuro che c’è qualcosa qui dentro che non riesco ad afferrare.” Disse poi toccandosi la testa con il dito indice.

Jesse afferrò un piede del nipote attraverso le coperte e lo scosse dolcemente “posso capire quanto sia frustrante per te, ma vedrai che ti tornerà la memoria. Prendila con calma.”

Bo sorrise, stava bene e la sua famiglia era lì per lui “se solo il dottore si sbrigasse ad arrivare. Voglio andare a casa.”

Finalmente l’atmosfera distesa e la consapevolezza di essere di nuovo tutti e quattro insieme fece sciogliere completamente la tensione residua. Il dottore arrivò dopo qualche minuto, visitò accuratamente Bo e alla fine diede parere positivo per le sue immediate dimissioni dall’ospedale.

“Se avete bisogno non esitate a contattarmi.” Disse rivolto alla famiglia. “Noi ci vediamo tra una settimana per togliere i punti.” Concluse il medico dando una pacca a Bo. Si congedò con un sorriso bonario.

Bo saltò giù dal letto e prese dalle mani di Daisy jeans e camicia puliti. Si vestì in tutta fretta e si avviò verso l’uscita della stanza “sono rimasto qui dentro anche troppo. Portatemi a casa.”

 

Continua…

   
 
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