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Autore: Challenger    07/04/2023    0 recensioni
La parte bella della quotidianità, e breve come una pausa caffè
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Avevo bisogno di una pausa per rilassarmi, il progetto che mi aveva affidato il capo mi stava facendo impazzire — per colpa del solito cliente rompipalle — perciò decisi di andare ad infastidire un po’ Giuseppe, che era in cucina. Si sentiva già un profumino molto invitante. Chino sul tavolo, combinava qualcosa; mi avvicinai silenziosamente e lo abbracciai da dietro. «Che cosa sta facendo il mio amore bello?» chiesi comprimendomi su lui. «Il tuo amore bello sta tagliando le zucchine per il suo amore bello, perché le piacciono tanto» rispose con il solito tono giocoso. C’era un so che di maniacale nel modo in cui tagliava le zucchine, impiegava più di venti minuti per ottenere cerchi perfetti della stessa misura, diceva che dovevano avere tutte lo stesso spessore altrimenti si rischiava di brucciacciare quelle più sottili, e se fosse accaduto il piatto sarebbe uscito un vero disastro. Bah, per me non faceva differenza se qualcuna si abbrustoliva e restava più croccante rispetto a quella meno cotta, ma per Giuseppe era una questione di vitale importanza rendere tutto perfetto, diceva che la perfezione rendeva tutto più appetibile, perché anche l’occhio vuole la sua parte, diceva! E quando si trattava di cucina non voleva sentire ragioni, amava sperimentare piatti originali ed era sempre pronto a cimentarsi con qualsiasi ricetta trovata su internet. Insomma, gli piaceva cucinare, soprattutto se lo faceva per me. «Oh, e dov’è il tuo amore bello?». Poggiò il coltello sul tagliere, si liberò delicatamente dall’abbraccio e si affacciò dalla porta per sbirciare in salotto. Si voltò verso di me «è sul divano. Sta lavorando ad un importante progetto» disse sottovoce «se ci sbrighiamo non si accorge di niente!». Gli saltai in braccio, mi fece poi sedere sul piano cottura accanto ai fornelli, aprì un paio di bottoni della mia camicetta ed iniziò a baciarmi il petto goffamente. Scoppiai a ridere. «Giuseppe, sei un vero idiota!» lo rimproverai bonariamente senza smettere un secondo di ridere.  «Sssh, tanto Marzia è di là, se facciamo piano non ci sente» disse, continuando ad accarezzarmi il collo, i fianchi, le gambe… il tutto mentre mi baciava come se fosse l’ultima. L'innata voglia di Giuseppe di giocare e rendere tutto più divertente contagiava ogni volta anche me. «E se dovesse arrivare all’improvviso?» chiesi, avvinghiando le gambe ai fianchi stretti di Giuseppe. Mormorò «le dico che è finita e che amo solo te».  'Dio! I suoi occhi! ‘Dio i suoi occhi! I suoi occhi mi avevano rubato l’anima e rinchiusa nel loro tenero abbraccio. Quei buchi neri mi avevano di nuovo risucchiata in un’altra dimensione! Mi avevano trascinata prepotentemente in un universo parallelo. Persa nel loro buio lucente, mi guidavano attraverso una galassia fatta di amore e desiderio, un nuovo paradiso che apparteneva solo a me, nel quale potevo saziarmi del bellissimo principe che mi aspettava al varco della sontuosa residenza.  «Oh, Giuseppe». Lo strinsi il più possibile a me. Quanto avrei voluto sentirlo dentro! Se fosse stato possibile avrei fuso i nostri corpi generando un essere perfetto, completo. «Dai, spogliati prima che Marzia ci becchi» sorrise «ti voglio prendere qui, subito» e tornò ad accarezzarmi e baciarmi goffamente. «Giuseppe, smettila di fare lo scemo» ridevo, la sua barba mi faceva il solletico, la mia pelle rabbrividiva piacevolmente al semplice tocco delle sue dita esperte.  «Perché, non hai voglia?» mi baciò il collo, tatuandomi poi un succhiotto che non sarebbe sparito prima di tre o quattro giorni. Credo che le mie mani sulle sue natiche gli avessero fatto venire strane idee, aveva smesso di giocare, adesso parlava seriamente. Lo allontanai un po’ per guardarlo «sai che ho sempre voglia, non c’è nemmeno bisogno di chiederlo, ma…» posai le mani sul suo torace per tenerlo a distanza perché tentava ancora di baciarmi, le labbra protese beccarono il mento con un lieve bacino «ma devo tornare al mio progetto». «Devi proprio?». Gli strizzai il viso con una mano, e come se la mia voce fosse stata alterata dall’elio risposi «sì, perché…» gli baciai le labbra accartocciate a causa della mia stretta e completai la spiegazione «mi serve entro domani mattina, altrimenti il mio capo mi licenzia». «Se invece di parlare avessi usato questo tempo per toglierti la gonna a quest’ora avevamo già finito» disse lui dopo averlo liberato dalla morsa. «Oh, Giuseppe, solo a quello sai pensare?» lo punzecchiai. Alzò una spalla, indifferente, come se la presa in giro non l’avesse toccato minimamente «se ho te davanti, sì». Giuseppe, amore mio… anche in un momento leggero come questo riesci sempre a spiazzarmi completamente!, pensai innamorata. Quella che aveva sul viso era l’espressione più bella e adorabile che gli avevo visto in tanti anni trascorsi insieme, ed era anche quella che amavo di più, perché non era la solita espressione di presa in giro, no, era sincera ed era anche quella che mi diceva quanto mi amasse nella maniera più pura. Il suo viso non era sporcato da volgarità o da indecenza, era invece pulito e limpido come l’acqua di una sorgente.  Non riuscii a dire nulla di sensato, mi limitavo a contemplarlo come una preziosa opera d’arte. Appoggiò le mani sul piano cottura e mi fissò «ok, doc, torna pure al progetto» disse con un sorriso. Dopo la laurea aveva preso a chiamarmi “doc”, diceva che per lui era un vanto stare con una laureata ed era giusto che tutti lo sapessero, era orgoglioso di me. E a me, in fondo, non dispiaceva quel soprannome! Si spostò per farmi scendere, e tornò a tagliare le zucchine. Saltai giù dal ripiano dopo un minuto, volevo prendermi ancora un altro po’ di tempo per osservarlo; passandogli accanto gli accarezzai la spalla «ci vediamo tra poco». Mi pizzicò una chiappa. Prima di sparire presi un bacio dalla bocca e lo soffiai via verso Giuseppe.  
   
 
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