Anime & Manga > Altro - anime/manga horror/thriller
Ricorda la storia  |      
Autore: Scarlett Queen    11/04/2023    2 recensioni
[The Island]
L'hotel dove Miho Won sceglie di passare un periodo di vacanza viene attaccato dai demoni; la donna è costretta a combattere per la sua vita, accompagnata dal folle monaco Van.
I due saranno braccati da orde di mostri, spingendoli a combattere anche sulla strada, sfrecciando nella notte, fra colpi di pistola e lame benedette.
Una piccola, folle avventura in un mondo di poltergeist, possessioni sataniche e d esorcisti, un mondo nel quale Miho non voleva entrare ma nel quale, ormai, è invischiata in modi che non può neanche immaginare. E mentre la donna e l'uomo lottano per arrivare sani e salvi all'alba del nuovo giorno, un simbolo compare da un'altra parte del mondo, una chiamata, un proposito.
Perché Won Miho era coinvolta da molto, molto tempo.
Solo che ancora non lo sapeva.
un progetto, questo, che di base mi serve per sperimentare nuove scene d'azioni e tematiche che non ho mai trattato, spero vi piaccia!
Genere: Azione, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: OC
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Hell Road


«HAI CERCATO DI FOTTERE LA DONNA SBAGLIATA, STRONZO!»
La porta della camera da letto cedette di schianto, il battente sbatté sul pavimento e Miho ne uscì ringhiando, avvolta in un accappatoio, i denti digrignati. Il corpo del demone picchiò contro il muro del corridoio, il braccio destro della donna premuto contro la gola assieme ad un chiodo d’argento affusolato, lungo trenta centimetri. Aprì e chiuse la bocca più volte, la pelle grigiastra del volto cadeva a pezzi, con i muscoli e i tendini della mascella scoperti. «Brucia all’inferno, pezzo di merda!»
BANG!
BANG!
BANG!
Tre spari in rapida successione, la pistola che Miho teneva nella mano sinistra esplose all’altezza dell’addome del demone, perforandogli l’uniforme da inserviente dell’albergo facendo schizzare l’icore nerastro contro il muro alle sue spalle e fece un passo indietro, ansimante, osservando l’essere che si piegava sulle ginocchia, gli occhi di un innaturale rosso rubino quasi fuori dalle orbite. Quello si strinse l’addome crivellato, l’argento delle pallottole lo scioglieva dall’interno e levò lo sguardo sul volto della giovane donna. «Succhiami il cazzo puttana, non potrai correre per sempre!»
«La mia bocca sarebbe sprecata per un ri fiuto come te» ringhiò Miho piantandogli il chiodo in mezzo agli occhi, spaccandogli il cranio e conficcandone la punta acuminata nel cervello; il demone ebbe un sussulto, i suoi occhi si rovesciarono nelle orbite e quando lei estrasse l’arma, il corpo si afflosciò contro la parete, lasciando una scia di icore. Miho restò in ascolto, i capelli ancora bagnati gocciolavano sul pavimento e i piedi nudi lasciavano impronte sulla preziosa moquette.
Miho Won, venticinque anni, sud coreana, celibe. Rientrò in camera con un sospiro esasperato, calpestando la porta divelta e si guardò attorno: il tendaggio del letto a baldacchino della suite era stato strappato, la cassettiera giaceva in terra, il mobilio sparso sul grande pavimento assieme ai vetri rotti della bottiglia di gin e al bicchiere in cristallo. Il bagno non era in condizioni migliori, il tendaggio della doccia era stato sbrindellato e il soffione staccato dal muro dalla forza dell’aggressore.
Miho canticchiò, canticchiò l’Inno alla Gioia e si avvicinò alla credenza, aprendone una delle ante e prese un’altra bottiglia con un bicchierino, svitò il tappo e ne versò il contenuto nel bicchiere sino all’orlo, buttandolo giù in un sol sorso. «Quel gran bastardo in maniaco – imprecò buttandosi a sedere sul letto, accavallando le gambe e osservando il bicchiere vuoto – per che cazzo lo pago?» e si stese sulla schiena, agitando le gambe nude all’aria.
CRASH|
Balzò a sedere, sporgendosi dal letto e sul bellissimo, giovane volto dalla pelle chiara si dipinse un sorriso esasperato mentre una vena si gonfiava all’altezza della tempia sinistra; la vetrata della finestra andò in mille pezzi, le schegge si sparsero sul pavimento in piastrelle e un demone si sollevò sulle gambe. Gli occhi scarlatti guizzarono famelici nella sua direzione, fece scattare i denti putrescenti, il corpo avvolto nella divisa d’ordinanza della security del resort «Ci stiamo godendo il soggiorno signorina Won?»
«Stavo meglio senza vedere un altro di voi, vi guardate mai allo specchio? Il vero esorcismo sarebbe farvi vedere da un estetista»
Il demone si lanciò in avanti, passando in mezzo al baldacchino del letto, Miho si mosse rapida, ne afferrò un’estremità che gli passò attorno al collo e lo lasciò a dibattersi, gettandosi giù dal materasso per afferrare al volo la pistola e si voltò verso l’intruso «Faccio davvero schifo a sparare, ma con i proiettili d’argento mi basta colpirvi per mandarvi all’Inferno!»
BANG!
BANG!
Il grilletto scattò due volte, schizzi neri tinteggiarono il tessuto e il demone rotolò per terra, con due fori fumanti all’altezza del costato, strisciando sul pavimento con le unghie putrite e nere che si incastravano fra gli interstizi delle piastrelle del pavimento. «Oh, non così in fretta» Miho si portò sopra di lui, schiacciandolo a terra con il piede sinistro e puntò la pistola contro la sua nuca.
BANG!
La testa esplose in una poltiglia scura, schizzando ovunque nell’arco di tre metri e il demone giacque immobile. «Il servizio è davvero pessimo – bofonchiò la donna, tirando fuori il caricatore. Vedendo che aveva altre dieci pallottole – e il personale invasivo e davvero brutto a vedersi, dovrò lasciare una pessima recensione».
Camminò per la stanza devastata, spalancò la valigia che non aveva ancora disfatto e indossò l’intimo, mutandine e reggiseno in pizzo violetto, sollevandosi sulla punta dei piedi per slanciare le gambe e far aderire le mutande con uno schiocco contro la pelle testa delle natiche e chiuse il reggiseno dietro la schiena, facendo cadere a terra l’accappatoio.
«Impressionante, per una mocciosa viziata di città».
Won si girò di scatto, sollevando la pistola all’altezza del petto, reggendola con entrambe le mani e puntò gli occhi neri sull’uomo che stava poggiato allo stipite della porta, nella mano destra stringeva un pugnale lordo di icore che gocciolava a terra, gli occhi di un gelido innaturale che la fissavano da sotto ciocche corvine «Mettiamola così, ci puoi provare ma hai a disposizione un colpo solo, tu sbaglia e io ti faccio a pezzi» ghignò l’uomo, facendo roteare in aria la lama del pugnale con l’effige sacra per elsa, riafferrandola al volo.
«Mi hai solo spaventata – borbottò la donna abbassando la pistola e guardandosi attorno, infilandosela nell’orlo dell’intimo e prendendo una delle sue gonne dalla valigia, stringendola all’altezza dei fianchi – io me ne vado da questo posto, se mi hanno sentita questi due presto qui si scatenerà l’inferno, non ho nessuna voglia di trovarmi nel mezzo di un sabbath, non mi sono mai piaciute le feste».
«Divertente – mormorò l’assassino passandosi il pollice destro sulle sottili, fredde labbra guardandola mentre si abbottonava la bianca camicetta, guardandosi alle spalle – che tu dica così perché la festa è già iniziata».
«Cosa cazzo…» ma prima che Miho potesse completare la frase, il senso di quelle parole salì dal basso; Won corse al terrazzo, sporgendosi dalla balaustra e dalle labbra le sfuggì una sonora bestemmia: il parcheggio dell’hotel era avvolto dalle fiamme, il personale dell’hotel accorreva per spegnere l’incendio e gli agenti di sicurezza sciamavano all’esterno, coordinandosi con le radio. «Oh, non dirmelo – disse sbattendosi una mano sul volto – è un diversivo».
«Spero che tu abbia abbastanza soldi, stavolta sono parecchi, e stanno salendo le scale, certo, sarebbe tutto più facile se tu ti buttassi».
«Piuttosto mi faccio suora – sbottò Won riportando mano alla pistola e prendendo dei caricatori nuovi dalla valigia, infilandoseli fra il corpo e lo stretto orlo della gonna e recuperando dalla cassettiera il chiodo d’argento – neanche un giorno, un fottuto giorno mi lasciano in pace»
«L’alternativa la conosci» sibilò l’uomo anticipandola nel corridoio. In fondo, dalle scale che portavano dal piano inferiore si sentivano urla e corpi che si urtavano, mani grige e arti grottescamente deformi fecero capolino dal pianerottolo e una massa di demoni vestiti come dipendenti del Resort incespicarono sul piano riservato, ghignando con le zanne in bella vista, la bava che colava sulle labbra livide e gli occhi rossi che guizzarono verso la donna. «Resta dietro di me e uccidi quelli che riescono a passare».
L’uomo fece danzare il pugnale fra le due mani, avanzando verso l’orda con un ghigno velenoso sul volto, gli occhi azzurri illuminati dal proprio sadismo.
[https://youtu.be/XH3gmOYcUsU]
Dovevano essercene almeno venti, di quelle carogne, e l’uomo li fronteggiò con calma glaciale, camminando nel mezzo del corridoio, leccando la lama del pugnale. Il primo lo uccise colpendolo direttamente al cuore, con un affondo perfetto, facendogli strabuzzare gli occhi e trasformandolo in cenere; il secondo lo attaccò sul fianco sinistro, spalancando la bocca per morderlo alla gola ma la lama gli si conficcò nell’occhio, facendo sgorgare l’icore e la polvere si poggiò al suolo.
«Sei il pappone di quella puttana? – ringhiarono gli altri demoni – guarda che se vuoi un po’ possiamo anche lasciartela, ehehehe» ma l’uomo colpì ancora, sotto al mento sino al cervello, l’icore gli inzaccherò il braccio e la manica della giacca. Tre morti, ne restavano diciassette. Questi urlarono come una sola entità, caricandolo frontalmente; l’uomo danzò in mezzo a loro, il quarto venne colpito con la lama alla gola, il quito con il colpo di ritorno, alla tempia, la punta gli trapassò il cervello.
Il sesto, l’ottavo e il nono lo superarono ridendo follemente, balzando addosso a Miho. La donna saltò all’indietro, sollevando la pistola e sparò mentre erano ancora a mezz’aria, sbalzandoli per terra e li finì con tre rapidi fendenti del chiodo, squarciando loro il costato. «Ne-ho-abbastanza-dei-demoni» ringhiò torcendo il chiodo nell’occhio dell’ultimo, sollevando lo sguardo.
Il decimo, l’undicesimo e il dodicesimo erano già morti, uno con la gola tagliata, un altro si teneva le viscere che pendevano dal ventre squarciato mentre si trasformava lentamente in cenere e l’ultimo cadeva a terra, il moncherino sanguinante del collo sprizzava icore verso l’alto. Won dovette uccidere il tredicesimo e il quattordicesimo.
BANG!
BANG!
Un occhio chiuso, ne tenne uno a distanza sparandogli due colpi alle gambe e gli sfondò il cranio con il chiodo, ma il suo compare le saltò addosso, spingendola a terra, afferrandogli un polso, cercando di morderla alla gola, strappandole la camicetta con la mano libera «Figlio di puttana, è italiana questa, stupida merda!» e gli infilò la pistola in bocca, spinse la canna contro il palato e premette il grilletto.
BANG!
Il cervello eruttò verso il soffitto, il corpo le si accasciò addosso e lei lo gettò di lato, rimettendosi rapidamente in piedi. Le restavano quattro colpi nel caricatore, pensò e raccolse il chiodo, alzandosi e pulendosi l’icore dal volto, avanzando sui piedi nudi, ansante. Il quindicesimo e il sedicesimo vennero spinti all’indietro dall’uomo, un solo colpo d coltello e dalle loro gole l’icore eruttò a galloni, irrorando il pavimento. Gli ultimi quattro vennero colpiti dagli ultimi proiettili di Miho e il tempo per cambiare caricatore che erano già morti.
Il quart’ultimo col volto lacerato in due metà, l’uomo si fece cadere il pugnale nella mano sinistra e affondò tre volte all’addome del terz’ultimo mentre il diciannovesimo fu eviscerato. Il ventesimo indietreggiò, sorridendo folle; il primo proiettile del nuovo caricatore gli fece schizzare all’indietro la testa, facendolo rotolare giù per i gradini. «Devo ammetterlo – disse l’uomo voltandosi a guardarla, pulendo il coltello contro la divisa di uno di quelli morti con l’argento in corpo – non sei tanto male ormai».
«Credi che voglia farmi salvare il culo ancora da un maniaco come te?» chiese Won, scostandosi una ciocca di capelli neri dalla fronte, gettando un occhio sulle scale «Domani ti farò avere i soldi, se riesci a portarmi fuori da questo manicomio». L’uomo le sorrise gelido e la precedette sulle scale; col fragore dell’incendio all’esterno e il risuonare degli allarmi non c’era da stupirsi se nessuno aveva sentito i colpi di pistola e il tonfo dei corpi che cadevano a terra e dalle vetrate del Resort, le fiamme gettavano vividi bagliori rutilanti.
 
L’Audi si fermò a settanta chilometri di distanza, presso una stazione di servizio self-service in una piazzola di sosta. Miho aprì lo sportello, sporse le lunghe gambe e calzò i tacchi. Nella fuga si era messa alla guida senza mettersi le scarpe e con il sudore che si accumulava per l’adrenalina i suoi piedi erano scivolati di continuo, facendo sobbalzare la macchina fra brusche frenate e accelerate.
«Ah, decisamente non una delle mie nottate migliori» borbottò accendendosi una sigaretta e alzandosi in piedi, guardandosi attorno. L’uomo scese a sua volta, gettando un occhio sulla stazione e poggiando un braccio sul tettuccio dell’automobile, facendo tamburellare le dita contro la carrozzeria, il pugnale infilato nella cintura dei pantaloni.
Da qualche parte, a circa un’ora di viaggio alle loro spalle il Resort tornava alla tranquillità, i corpi dei demoni vennero scambiati per uomini della sicurezza uccisi e quel fenomeno venne fatto passare per un attentato terroristico, il che aveva senso, quel posto era un luogo di ritrovo per dirigenti aziendali, politici e grandi nomi della malavita. Miho ci era andata sperando che quella massa di feccia deviasse l’attenzione dei demoni ma, a quanto pare, il suo odore era molto più forte.
«Io te l’ho detto che anche scappando dall’isola saresti stata perseguitata da quelle creature – l’uomo la guardò avvicinarsi al bancomat collegato alle pompe di benzina, depositare la somma necessaria per il pieno e tornare presso la macchina, inserendo la pistola del tubo nel serbatoio, togliendosi la sigaretta dalle labbra con l’indice e il medio sinistri – in effetti, dubito proprio che ti lasceranno mai in pace».
«Van – erano rare le volte che Miho lo chiamava per nome, anche dopo un anno di forzata convivenza in quel viaggio senza fine alla ricerca di un posto senza demoni pronti a saltarle alla gola al minimo segnale – fammi un favore e buttati su quel tuo coltello, di faccia» e gettò la sigaretta a terra, schiacciandola sotto la suola della scarpa.
Il monaco folle mostrò i denti in un ghigno sprezzante ma non rispose. All’improvviso, la benzina si fermò, il tubo fece qualche rumore strozzato e alla fine sputacchiò qualche goccia. Won bestemmiò a denti stretti, tornando presso la pompa e bestemmiò ancora, vedendo che erano appena a due terzi della quantità prestabilita «E andiamo porca puttana troia, non ne posso più di questo mare di sfiga, porca la santa merda» e prese a calci la polpa di benzina, sibilando bestemmie contro ogni divinità che conoscesse.
Fu Van a salvarla; le luci della stazione di servizio si accesero tutte assieme, oscurando le stelle che puntellavano il cielo notturno e la strattonò via poco prima che le vetrate andassero in frantumi e le schegge la falciassero lì sul posto. Andarono a sbattere contro la fiancata della macchina, ammaccandola e facendola gemere, finendo per terra. «Sembra che qualcuno non sia d’accordo con le tue conclusioni» sghignazzò Van, scostandosela di dosso, sfoderando il pugnale e sollevandosi in piedi.
[https://youtu.be/zkoiRGoxE20]
Alle finestre sfondate emersero creature dal manto di un blu scuro, gli arti inferiori dalle sembianze caprine e volti da pipistrello, con grandi e tondeggianti occhi rossi, sporgenti, gli arti superiori lunghi sin quasi a terra, con grinfie ricurve. Le zanne biancastre facevano capolino dal labbro inferiore e quando li videro, sghignazzarono in coro, sinceramente divertiti. La pelle sulle spalle si spaccò con un suono secco, la membrana delle ali si tese e le venature brillarono cremisi.
«Kukuku, il bastardo e la sua puttana! Che ci fai ancora viva troia? Su di te la sentenza di morte pende da sin troppo tempo, ceto che sei una cagna ostinata!» a parlare era stato il demone più grosso del branco, con lunghi capelli bluastri che ricadevano sino ai fianchi, unti e sporchi, che si muovevano come fossero vivi. «Beh, direi che è ora di rimediare, non credete anche voi? Fateli a pezzi!»
Won non restò in quel piazzale un attimo di più, corse dentro la macchina e mise in moto, Van si lanciò a sedere sul sedile del passeggiero e la macchina sfrecciò in avanti, fendendo la notte con i fanali. Alle loro spalle i demoni spalancarono le ali e li inseguirono veloci, stridendo fra i denti, facendo schioccare le membrane. Alcuni atterrarono sulla macchina, iniziando a tempestarla di colpi, fendendone la carrozzeria con i ricurvi artigli,
Miho lanciò un grido, sterzò bruscamente facendone finire un paio sulla macchina e li investì con un urlo, schizzandoli contro il parabrezza prima di premere sull’acceleratore. Ne arrivarono altri, decine di altri e la donna tenne il volante con una sola mano, sollevando la pistola sopra la testa e sparando alla cieca, accontentandosi di sentire qualche stridio di dolore e di vedere l’icore colare fra gli squarci nella carrozzeria.
«Tu continua a guidare – sibilò Van d’un tratto facendo balenare la lama – di questo basso ribalteranno la macchina e io devo ancora incassare i miei soldi» e colpì con l’elsa il finestrino accanto a lui e sotto lo sguardo incredulo di Miho si issò sul tettuccio della macchina, sollevandosi in piedi, con gli orli della giacca che schioccavano al vento «Ora vi state davvero facendo seccanti!» urlò e, in rapida sucessione, recitò i mantra degli esorcisti buddhisti.
OM
AVIRAHAM
KHAM
SVAHA!!
Molti dei demoni che volavano attorno a loro esplosero; la pelle si gonfiò all’inverosimile, le fiamme sacre si propagarono dalle carni arroventate e i pezzi fumanti schizzarono in ogni direzione, cadendo ad arco attorno alla macchina. Sorridendo maniacale recitò le stesse parole altre tre volte, decimandone il numero, ma sempre quelli tornavano alla carica, più furiosi, cercando di afferrarlo numerose volte, solo per finire a pezzi.
La macchina sbandò a destra, poi a sinistra e nuovamente a destra, i demoni finirono spappolati sotto le sue ruote o contro il pugnale sacro di Van ma ancora il demone a capo del branco non interveniva, guardandoli da lontano, battendo le enormi ali. «Cosa cazzo sta aspettando quel bastardo?» Miho lo guardò dal basso, portando la macchina ancora più veloce e, contro ogni logica, frenò all’improvviso. Il monaco strinse i denti per lo sforzo di non essere sbalzato via e agitò fulmineo il pugnale, macellando quanti gli erano finiti addosso.
«TIENITI FORTE ORA!»
Ingranò la retromarcia, si affacciò dal finestrino e urlò come una pazza, schiacciando l’acceleratore. La macchina partì a razzo all’indietro, i demoni vennero scagliati via, finendo contro la lama di Van e stridendo di dolore con braccia, gambe e teste che andavano a sfracellarsi sul manto stradale. L’uomo richiamò un altro dei versi del Buddha, sollevando l’indice e il medio sinistri verso lo stormo e una fiammata partì dalle sue dita, investendo il nemico, dimezzandone ulteriormente i ranghi.
«Perché non morite? Fatevi divorare e facciamola finita!» uno dei demoni scattò verso il basso, portandosi rasoterra e picchiò con una spalla contro la portiera di Miho; la donna lanciò un’imprecazione, portò la pistola contro la sua fronte e fece fuoco, sbalzandolo via con l’icore nero che accompagnava la parabola della caduta. Van recitò un altro mantra, levando il pugnale oltre il capo e aprì il palmo, un vento purificatore eruttò come un tornato, ghermendo i demoni in volo e falciandoli, facendone piovere i pezzi; sotto di sé, la macchina sfrenò di scattò, Miho ingranò la prima e ripartì in avanti, passando rapidamente alle marce successive mentre i demoni andavano a morire sull’asfalto.
Alla fine, il capo della brigata superò l’Audi, portandosi a un centinaio di metri di distanza e si piantò in mezzo alla strada, spalancando le ali e la bocca, leccandosi le labbra «Vieni dal tuo carnefice cagna, all’Inferno il tuo corpicino sarà ben tributato, ekekekeke!» i suoi occhi rossi sporgevano dalle orbite, il grugno da pipistrello si deformò in un brutale sorriso, le zanne brillavano per la saliva che gli colava.
«Volgare figlio di puttana» ringhiò Won vedendo la virilità del demone che si sollevava dal mezzo delle sue zampe caprine. Si portò la pistola alla bocca, serrandone la canna fra i denti, cambiò caricatore e mise il colpo in canna, infrangendo il parabrezza col calcio della pistola e diede fondo alla benzina, puntando la pistola in avanti. Van sorrise estatico, sferrò un ampio fendente col pugnale e tagli a metà tre demoni volanti, facendo si che i loro corpi diventassero cenere spazzata via dal vento e si voltò, in volto un’espressione folle, gli occhi azzurri velati di un maniacale rosso.
«Quello è l’ultimo» disse con tono piatto; Won annuì, spingendo a fondo il piede e lanciandosi in avanti. Il demone allargò il proprio sorriso, gonfiando i muscoli degli arti inferiori e piegandosi, irrobustendo le braccia. Tuttavia, prima dello schianto Miho sterzò bruscamente, girò il volante e portò la macchina sul fianco sinistro della creatura, girandogli attorno e premette il grilletto, scaricandogli addosso tutti e sedici i proiettili.
Presa alla sprovvista, la creatura incassò i colpi, i fori d’ingresso fumavano mentre l’argento gli bruciavano le carni e gli organi. Quello stridette di dolore, incespicando all’indietro e Van saltò dal tettuccio dell’automobile, atterrando davanti a lui e schiantandogli il palmo destro contro il volto, in una morsa ferrea dalla forza sovrumana e sibilò ancora quelle parole, stringendo il pugnale nella mano sinistra.
OM
AVIRAHAM
KHAM
SVAHA!!
L’esplosione si portò via di netto la testa del demone e parte del torace. Il costato faceva capolino dalla carne spappolata e sciolta, l dita destre stringevano grumi di cenere e icore e quando le distese, il vento disperse i resti, sollevando un mulinello grigiastro quando il corpo sparì dalla strada. «QUEI BASTARDI, GUARDA COS’HANNO FATTO ALLA MIA MACCHINA!» Miho batté la fronte sul tettuccio dell’automobile, picchiandoci contro la mano destra a martello, tirando su col naso. Van la guardò con un cipiglio divertito e tornò su propri passi, sedendosi sul cofano caldo e conficcandoci la punta del pugnale, portando il braccio destro sul ginocchio.
«Sei migliorata davvero – disse dopo un attimo di silenzio, col cielo che andava schiarendosi lentamente in sfumature grige, l’aria che si faceva più frizzante e fredda – ma sei ancora patetica» aggiunse sollevando un angolo della bocca con fare derisorio «Questi erano merde di passaggio, rifiuti di basso rango, del genere che si divertono a possedere gli umani… prima o poi manderanno uno spirito superiore e allora ti faranno a pezzi».
Miho si accese una sigaretta, sedendosi sul cofano accanto a lui e occhieggiò l’alba che si faceva sempre più vicina; sotto la camicetta sudata e sbrindellata si indovinava la florida curva slanciata dal reggiseno, il ventre piatto e la pelle chiara, rivoli di sudore scendevano lungo il suo collo. Accavallò le gambe nude e sollevò gli occhi neri al cielo, osservando come andava schiarendosi a poco a poco «Fanculo tutta questa merda – sibilò alla fine, portandosi la sigaretta alle labbra – non mi avranno mai, ci possono provare anche cent’anni, facciano pure… sono un’insegnante, non una studentella che strilla e batte i piedi chiedendo aiuto».
«Tch… ora come fai con il pagamento? Se non mi paghi giuro che ti faccio a pezzi»
«Va a farti fottere il più presto possibile» rispose la donna gettando il mozzicone di sigaretta a terra e alzandosi in piedi, stiracchiandosi e massaggiandosi i piedi doloranti, piegandosi in avanti con un gemito. «Sono stanca… sarà meglio tornare il albergo, ci sono tutte le mie carte di credito e le mie cose» borbottò mettendosi al voltante. Van la guardò un attimo di più, sorridendo sotto i capelli corvini e la afferrò per il gomito, voltandola con un violento strattone e la attirò a sé, portandole in un attimo il pugnale alla gola e guardandola negli occhi.
Won reagì d’istinto, sollevando la pistola contro il suo addome, sudando freddo ma quando premette il grilletto, un CLICK! metallico le ricordò che aveva finito i colpi. Emise un verso di stizza mentre il sangue scendeva lungo la lama sacra e incontrò lo sguardo gelido di Van, percependo il suo corpo magro e forte contro il proprio; non era mai stata così vicina a lui e lui non l’aveva mai stretta a quel modo, con una mano che premeva contro la sua schiena, contro la pelle tesa.
Le labbra dell’uomo erano come lui, gelide e ferme, quelle di Miho come lei, iraconde, passionali. Si incontrarono in un bacio coronato dal rosso del sangue della donna che sgranò gli occhi, dibattendosi un attimo, solo un poco prima che le sue dita si stringessero attorno alla giacca di Van, prima che le sue gote si facessero rosse e che le mani dell’uomo le stringessero la gola, impedendole di fuggire, privandola del respiro.
Fu lui a staccarsi, un filo di argentea saliva collegava le loro bocche, il sole sorgeva ad oriente, gettando i colori dell’aurora sul mondo e si fissarono ancora, il cuore di Miho batteva follemente per la paura, l’eccitazione… per l’improvviso gesto di quel monaco. Il cuore di Van era lento e dosato, i suoi occhi implacabilmente freddi, l’aura omicida attorno alla sua figura palpabile.
Won rimase immobile, confusa, poi fece un passo in avanti, coprendo la distanza che li separava e lo colpì con uno schiaffo, facendo schioccare la pelle del palmo destro contro la sua guancia destra e lo guardò rossa in volto, ansimante, con il petto che si alzava e abbassava. «Non sono una sgualdrina che puoi baciare quando vuoi in questo modo – ringhiò ricaricando la pistola con uno scatto metallico, mettendo un colpo in canna e puntandogliela contro il costato, affrontando il suo sguardo impassibile – se devi baciarmi, fallo bene!»
Van fece scattare il pugnale contro di lei, Miho si spostò d’istinto e sollevò la pistola, facendo partire un colpo vicino al suo orecchio mentre una striscia scarlatta si disegnò sulla sua guancia destra e tornò in posizione, il sangue che colava dal volto e dal collo mentre il sole si sollevava e il cielo si tingeva di un elettrico, intenso azzurro.
L’uomo tenne la mano ferma, contro la sua gola, Miho sapeva che sarebbe stato capace di lacerargliela senza darle il tempo di rendersene conto, ma restò immobile sulle gambe, sollevandosi sulla punta delle scarpe e si fece cadere contro di lui, baciandolo sulle labbra una seconda volta, afferrandosi alla sua nuca, tirandogli i capelli. Il monaco rispose a sua volta, mordendole la bocca, famelico, spingendo la propria lingua contro la sua e restarono così, in un abbraccio umido e peccaminoso.
«Devi ancora pagarmi» le soffiò sul volto e lei annuì, in silenzio, dandogli le spalle e tornando in macchina, mettendo in moto e facendogli cenno di raggiungerla. Van restò un attimo fermo dov’era, infilandosi il pugnale nella cintura e tornò a sedersi accanto a lei, osservandola accendersi una sigaretta. «Pensavo avessi un debole per quelli più giovani» disse, un sibilo gelido che pure le fece imporporare le guance e stringere le cosce attorno al proprio intimo, più umido di quanto avrebbe mai osato ammettere.
«Sono braccata dall’Inferno – sbottò lei tirandolo per la cravatta e guardandolo in volto – posso avere tutti gli uomini che voglio» e lo baciò ancora, perdendosi in quella sensazione. L’Inferno la braccava e questo spingeva Won Miho a vivere la sua vita come voleva, mandando a farsi fottere ciò che altri si sarebbero aspettati da lei.
 
[https://youtu.be/qgpnyjJCE50]
In un bar di città, un ragazzo sedeva ad uno dei tavoli; portava una maglietta a maniche corte e un berretto da baseball in testa; davanti a lui un vassoio con patatine fritte e hamburger con salsa rosa, coca cola con ghiaccio e ali di pollo fritte e impanate. Si guardava attorno, scrutando i clienti e i cassieri, ascoltando della musica attraverso gli auricolari bluetooth e canticchiando sommessamente.
La porta alle sue spalle si aprì, facendo tintinnare il campanello e il giovane irrigidì ogni fibra del proprio corpo, sollevando di scatto la testa, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa una mano si fermò sulla sua spalla mancina, una mano di donna e una forza che mai aveva percepito in tutta la sua carriera da esorcista lo inchiodò sul posto mozzandogli il respiro in gola. «Si calmi padre – disse la donna portandosi davanti a lui e sedendosi, facendogli strabuzzare gli occhi, era bella da mozzare il fiato – sono qui per parlare di una nostra conoscenza in comune»
La donna aveva lunghi capelli rossi raccolti in una treccia che le ricadeva fra le scapole, coperte da una giacca che portava come fosse una mantella e si accese una sigaretta, guardandolo negli occhi. Il giovane vide due iridi gialle, segnate da sottili anelli concentrici neri e vide quel volto perfetto, troppo perfetto per essere umano. Sotto la camicetta bianca intravedeva la curva di un seno pieno e sodo e il suo collo…la pelle chiara era giovane, elastica e tesa… gli sembrava di poterla toccare. Scosse violentemente il capo e batté sul tavolo il proprio rosario col crocefisso d’oro, affilando lo sguardo.
«Sono un servo del Signore – disse risoluto, percependo il potere di quella donna crescere esponenzialmente, rischiando di sopraffarlo – e non mi farò tentare dagli inganni del Nemico». L’altra inclinò la testa da una parte, sorridendo divertita e gettò fori il fumo, tirandosi indietro e gettando in fuori il fumo dalle labbra perfette, di un rosa sanguigno desiderabile.
«Non sono una dei suoi – disse alla fine – non sono di nessuno… non sono qui per combattere, Padre Yohan. Sono qui perché, qualche tempo fa, fra gli esorcisti di tutto il mondo ci fu un’idea» e si infilò la mano sinistra in una delle tasche dei pantaloni, tirandone fuori una carta lucida, in metallo, tenendola fra due dita e facendola scorrere sul tavolo col medio, senza smettere di sorridere «Di riunire un gruppo di persone straordinarie, così quando ci sarebbe stata la necessità avremmo potuto combattere battaglie, per altri impossibili».
Yohan spostò lentamente gli occhi dalla donna alla carta, sollevandola con circospezione ne osservò il simbolo, un simbolo che si credeva fosse solo una leggenda fra gli esorcisti, un simbolo antico quanto la loro professione, un appello, una chiamata per la guerra. Deglutì a vuoto, spostando gli occhi dal simbolo alla donna e questa sorrise nuovamente, alzandosi in piedi e schiacciando la sigaretta contro il posacenere, sollevandone l’ultimo sbuffo di fumo.
«Qualcosa sta per scatenarsi su questo mondo, Padre Yohan e se vuole contribuire a salvarlo cerchi Miho Won… temo che non ci rimanga molto tempo e quella donna potrebbe essere la nostra miglior possibilità di contrastare il pericolo che incombe» e gli fece un cenno di saluto, indice e medio dalla tempia sinistra e uscì. Il tempio ritornò a scorrere normalmente, avventori, camerieri e cassieri continuarono come se nulla fosse successo e Yohan fissò quella carta, stringendo i denti e il pungo sinistro, digrignando i denti.
Davanti a lui, a riflettere la luce del sole che passava dall’ampia vetrata alla sua destra, brillava una runa, un crocefisso rovesciato, con la barra trasversale che si piegava verso il basso e poi verso l’interno, le braccia a cingere un punto solitario al centro. Sudò freddo e strinse quella carta con forza. Era il simbolo dei Cacciatori, esorcisti fra i più forti in circolazione, i più letali… “Un gruppo di persone straordinarie» pensò guardando fuori dalla vetrata con un tremolio nella mano che reggeva la carta metallica.
 La girò davanti agli occhi, osservando un nome tracciato nella forma assiale della carta la voltò. Il nome era Makima e sotto stava scritto il suo numero di telefono. Yohan buttò fuori l’aria dai polmoni e si infilò la carta in tasca, tornando a mangiare. Makima, i Cacciatori… il futuro prometteva di essere incerto e le prove sempre più difficili.

Note dell'Autrice:
Non-chiedete.
La mia mente lavora senza che io possa controllarla e fra il leggere il webtoon di The Island Part 2 e il vedermi il quarto capitolo di John Wick e il leggermi le storie di Tubo Belmnont... ecco che ne esce na rona così. Non so come definirla, non so come prenderla, ma mi sono divetita come una pazza, ho riso sinceramente senza saper ebene perchè e voglio scrivere altre stronzate del genere! 
Quindi restate sintonizzati e alla prossima!
Won Miho
Van
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Altro - anime/manga horror/thriller / Vai alla pagina dell'autore: Scarlett Queen