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Autore: Nao Yoshikawa    14/04/2023    4 recensioni
Masaki e Kanae sono due donne molto diverse, ma che hanno in comune l'amore per i rispettivi figli. Da un incontro casuale nascerà una forte amicizia e l'una sarà il sostegno dell'altra in un momento molto difficile.
«E Uryu, beh… in realtà non è arrivato subito. Per qualche strano motivo, non riuscivo a rimanere incinta. Ci abbiamo provato diverse volte e poi… poi però è successo.»
Accarezzò con dolcezza la manina di suo figlio, ora stretta attorno al suo dito indice. Si era ripromessa tante cose, che a Uryu non avrebbe ma imposto niente. Che lo avrebbe amato a prescindere da tutto. Che avrebbe fatto di tutto per proteggerlo. Tutte cose che, generalmente, una madre faceva.

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Questa storia partecipa agli Oscar 2024 del Forum "Ferisce la penna"
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kurosaki Masaki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Petali di fiori secchi


Lo avevano chiamato Ichigo.
Ichigo come colui che protegge. Quando Masaki lo aveva stretto tra le braccia la prima volta, era stato come vedere – per un breve istante – un film bellissimo in cui suo figlio sarebbe diventato prima un ragazzo e poi un uomo coraggioso. Ma in quel momento rimaneva solo e soltanto il suo piccolo Ichigo, con pochissimi capelli sulla testa di un buffo colore arancione. Un giorno sarebbe diventato una persona in grado di proteggere coloro che amava. Ma ora rimaneva solo un bambin che lei avrebbe protetto ad ogni costo. Ichigo era nato il quindici di luglio e il suo pianto era stato assordante. Il suo arrivo luminoso, come il sole che quel giorno splendeva.
 
 
Lo avevano chiamato Uryu come la pioggia che quel giorno di novembre cadeva dal cielo. Venuto al mondo, Uryu non aveva pianto molto: un gemito sommesso e un lamento e si era subito quietato quando Kanae l’aveva stretto al proprio seno. Fuori c’era una vera e propria tempesta, ma né inquietudine né paura potevano sfiorarla. Aveva sentito per la prima volta l’odore del suo bambino e lo aveva impresso nella memoria. Uryu aveva i capelli neri, era piccolo e fragile, dormiva e mangiava senza mai lamentarsi. Era il sei novembre, tra non molto sarebbe arrivato l’inverno. Ma, nonostante questo, non faceva affatto freddo.
 
 
Ichigo aveva nove mesi e adorava stare all’aria aperta. Quando Masaki lo portava a passeggio, lo sentiva ridere. Per gli alberi, per il vento, per gli uccelli che si posavano si rami. Molta gente si fermava a complimentarsi con lei.
Ma che bel bambino cicciottello. Com’è vispo, com’è allegro.
Lei non commentava, si limitava a sorridere e a ringraziare. Dopotutto, sarebbe stata di parte: per ogni madre, il proprio bambino è il più bello tra i belli.
Adesso che aprile era arrivato, portando con sé il caldo, le belle giornate e gli alberi in fiore, Masaki lo portava a passeggiare in un parco vicino casa. Facevano un lungo giro, di solito poi si sedeva in una panchina e gli dava da mangiare. E puntualmente, Ichigo si impiastricciava tutto. Quel giorno, però, alla solita panchina, c’era un’altra persona, una donna. Masaki la riconobbe immediatamente.
«Oh, non ci posso credere! Ma tu sei Kanae Katagiri, sono anni che non ti vedo!»
Kanae alzò lo sguardo, non riuscendo a non nascondere una smorfia. Stava cercando di allattare Uryu, ma senza alcun successo: suo figlio sembrava inquieto quel giorno e lei era stanca. Era piuttosto cagionevole e per quanto amasse la primavera, il cambio di stagione la faceva sentire stanca e spossata.
«Masaki…» mormorò. Masaki si avvicinò cauta, osservando il piccolo dai capelli neri e gli occhi blu.
«Questo è tuo figlio? Non sapevo nemmeno che tu e Ryuken aveste avuto un figlio. Come si chiama?»
«Uryu» sussurrò Kanae dolcemente, dandogli delle pacche sulla schiena. Solo dopo si accorse del bambolotto dai capelli arancioni che la guardava con curiosità.
«Hai avuto un bambino anche tu.»
«Ichigo!» lo presentò, orgogliosa. «Ha nove mesi e ha un certo caratterino… ti dispiace se mi siedo qui? Ci vengo spesso.»
Kanae le fece posto. Per lei era strano conversare amabilmente con la donna che suo marito aveva amato così a lungo. Che molto spesso aveva invidiato. Adesso, però, quei giorni d’amarezza erano finiti.
«Anche io ci vengo… non spesso. Sono stata tutto l’inverno in casa perché tendo ad ammalarmi facilmente. Ma al bambino può far bene un po’ di sole. E poi qui mi piace molto… guarda. Hanno iniziato a coltivare dei fiori qui intorno.»
Masaki osservò i diversi cespugli e piante attorno a lei: erano circondati da fiori profumatissimi e colorati, non ne capiva granché.
«Ah, ti piacciono i fiori?»
«Soprattutto le azalee» ammise. «Ecco, come quelle di fronte a noi. Sono riuscita a farle crescere a casa, dove ho una piccola serra. Non è affatto complicato e…»
Kanae si zittì quando si rese conto di essere diventata fin troppo loquace. Non aveva molti amici. A dire il vero, nessuno. Da quando era nato Uryu, poi, era stata del tutto concentrata su di lui. Quindi, avere qualcuno con cui parlare dopo mesi, era bello. Masaki sorrise.
«Davvero? Che bello! Io non riesco a far crescere nulla, qualsiasi fiore con me rischierebbe di morire.»
Masaki osservò poi come Kanae si sistemava Uryu in braccio, dandogli il ciuccio. Il bimbo la guardava in modo serio, quasi volesse giudicarla.
«Ma tu guarda, si vede proprio che è il figlio di Ryuken, ha i suoi stessi occhi. Però somiglia anche a te. Ichigo invece non mi somiglia affatto. A parte per il colore dei capelli che viene sicuramente dalla mia famiglia.»
Dopodiché prese Ichigo in braccio.
«Guarda tesoro, un altro bimbo.»
Il piccolo sembrò capire e iniziò ad agitare le braccia e a fare dei versetti, quasi volesse parlare.
Kanae sorrise.
«Come sei carino, Ichigo» sussurrò, allungando una mano. E in risposta, lui strinse il suo dito.
«Gli piaci! So che magari è ancora presto, ma sarebbe carino se Uryu e Ichigo facessero amicizia, una volta diventati più grandi. Io e Ryuken andavamo così d’accordo e… beh, non ci sarebbe niente di male se ci frequentassimo, no?»
Kanae arrossì. Chissà suo marito cosa avrebbe pensato?
«No… immagino di no. Adesso scusa, ma devo tornare a casa. Ryuken sarà lì tra poco.»
Masaki sorrise, luminosa.
«Va bene, ci vediamo presto. Ci conto, eh! Saluta anche tu, Ichigo!» mosse la manina di suo figlio, a mo’ di saluto. Kanae sorrise. Masaki Kurosaki non era mai cambiata negli anni.
 
 
Si incontrarono una seconda volta e fu, di nuovo, un caso. O almeno, Masaki cercò di farlo passare per un caso. Perché quando Kanae la vide – diversi giorni dopo – seduta alla panchina, ebbe l’impressione che la stesse aspettando.
«Buon pomeriggio, cara Kanae! Alla fine, ci siamo rincontrate davvero. Perché non vieni a sederti? C’è un sole magnifico.»
Che lo si volesse o no, Masaki finiva sempre con il trascinarti. Kanae le si avvicinò, le si sedette accanto, con Uryu che riposava nel passeggino. Anche Ichigo dormiva. Le due chiacchierarono un po’, parlarono brevemente dei loro matrimoni – matrimoni felici, normali. Poi parlarono di come la maternità avesse cambiato le loro vita. In realtà fu Masaki a introdurre il discorso.
«Sono rimasta incinta senza che me lo aspettassi. Beh, in effetti avrei dovuto, perché io e Isshin, come dire… non stiamo mai fermi» si lasciò andare ad un sorriso divertito. «Io comunque ero terrorizzata. Insomma, sono così giovane! Lui però mi ha supportato così tanto e nel giro di qualche settimana ci siamo sposati. Un matrimonio molto semplice, niente di che. E tu, invece?»
A Kanae sarebbe piaciuto sfoggiare la stessa semplice ma dolce storia. E non avrebbe voluto ricordarsi che Ryuken aveva invece amato proprio lei, Masaki. E che poi, forse si era rassegnato o forse no, si era accorto di lei e aveva iniziato a guardarla non come una domestica mezzosangue, ma come una potenziale compagna, una persona d’amare. Questo non lo disse. Però, raccontò il resto.
«Anche il matrimonio tra me e Ryuken è stato semplice. Ma è stato difficile arrivarci. Perché sua madre diceva quanto la famiglia Ishida fosse caduta in basso, se un purosangue era costretto a sposare una Gemischt come me. Non che ci fosse molta scelta, comunque.»
Masaki avrebbe potuto dire che non era sorpresa, perché Izumi – la madre di Ryuken, ci aveva sempre tenuto all’argomento matrimonio e purezza di sangue. Ma non disse niente, credette fosse meglio così.
«E Uryu, beh… in realtà non è arrivato subito. Per qualche strano motivo, non riuscivo a rimanere incinta. Ci abbiamo provato diverse volte e poi… poi però è successo.»
Accarezzò con dolcezza la manina di suo figlio, ora stretta attorno al suo dito indice. Si era ripromessa tante cose, che a Uryu non avrebbe ma imposto niente. Che lo avrebbe amato a prescindere da tutto. Che avrebbe fatto di tutto per proteggerlo. Tutte cose che, generalmente, una madre faceva.
«Oh, sono davvero felice che le cose siano andate così. E sono molto felice che ci siamo ritrovate. Sai, io non ho più molti amici da quando sono diventata mamma. E molto spesso non so con chi parlare dei miei dubbi e paure. Certo, c’è Isshin, ma lui può capirmi fino a un certo punto. Ma tu, che sei come me, conosci molto bene ciò che può esserci nella mia testa.»
Kanae arrossì. Sentirsi paragonare a Masaki Kurosaki, così allegra, solare e luminosa, non se lo aspettava di certo. Ma avere un’amica che poteva comprenderla… perché no?
«Sì… penso di poter intuire qualcosina» ammise, con l’ombra di un sorriso sul volto.
 
 
Era oramai diventato un appuntamento fisso, quello di Masaki e Kanae. Per quanto quest’ultima fosse introversa, aveva finito con l’aprirsi. Parlavano di tutto, dei loro sogni, delle loro paure, si consigliavano spesso e progettavano. Soprattutto, sognavano una forte amicizia tra i loro figli.
Era oramai fine maggio. Masaki attendeva l’arrivo di Kanae seduta sulla panchina. Le azalee erano coloratissime, la sua amica le aveva spiegato come coltivarle, ma non c’era ancora riuscita. Trovò strano che Kanae non fosse ancora arrivata, di solito la trovava sempre lì. Aspettò per qualche minuto, dando il biberon a Ichigo che aveva iniziato a protestare per la fame. Quando ad un tratto, ecco Kanae arrivare, con Uryu in braccio: il bimbo piangeva, irrequieto e nemmeno l’espressione della madre era rassicurante. Masaki si allarmò subito.
«Ehi! Ma che succede?» domandò, alzandosi in piedi. Kanae cullava Uryu, senza riuscire a farlo calmare, come se il figlio percepisse l’angoscia della madre.
«Masaki, è successo… oh, è terribile. Non so come farò.»
«Come farai che cosa? È successo qualcosa a Uryu? Per questo piange?»
Lei scosse la testa. Stava piangendo, aveva gli occhi arrossati. Ora che ci faceva caso, i suoi capelli generalmente in ordine, erano scompigliati, quasi fosse uscita di corsa.
«No… è che io… ho appena scoperto che… oh, non ci posso credere. Sono incinta, di nuovo!»
Masaki si bloccò un attimo. E si chiese come mai non se ne fosse accorta. In genere era brava a carpire certi dettagli, invece in quel caso non si era accorta di niente. Guardò Kanae, prima il suo viso e poi il suo ventre. Non sapeva come reagire: in genere sarebbe stata felicissima, ma vista la reazione della sua amica, non era il caso.
«Io… ecco… non capisco» ammise, sincera.
Kanae singhiozzò, Uryu non smetteva ancora di piangere.
«Ti prego, non riesco a farlo smettere.»
Masaki si avvicinò a Uryu e lo prese in braccio.
«Va tutto bene. I bambini avvertono sempre l’angoscia dei propri genitori. Va tutto bene, Uryu» sussurrò, dandogli qualche pacca affettuosa, fin quando il piccolo non smise di lamentarsi e si rasserenò. Kanae ne approfittò per sedersi e riprendere fiato.
«Era a un po’ che mi sentivo strana. Stanca, ma più del solito. All’inizio non ci ho fatto troppo caso, ma quando non mi sono arrivate le mestruazioni, ho avuto un campanello d’allarme… e ho fatto un test. Positivo! È tremendo…»
«È tremendo perché non vuoi un altro figlio?»
Magari era quello. Lei desiderava avere più di un bambino, ma forse per Kanae non era lo stesso.
«Non è questo. È solo che non posso averne un altro adesso. Uryu ha solo sei mesi, devo occuparmi di lui. L’ho già detto a Ryuken, ma lui pensa che non è una buona idea tenerlo, perché sarebbe troppo per il mio fisico. E ha ragione, ma non so che fare!»
E ricominciò di nuovo a piangere e a singhiozzare, tirando fuori un fazzoletto per asciugarsi gli occhi. Masaki capì e in quel momento decise che l’avrebbe aiutata, in un modo o nell’altro. E si sedette accanto a lei.
«Senti, Kanae. Che cos’è che tu vuoi?»
Masaki era una che poneva sempre domande in modo diretto. Cosa che poteva spaventare, ma che molto spesso si rivelava utile.
«Cosa voglio io? Io voglio crescere Uryu al meglio che posso.»
«E…?»
«E…» Kanae distolse lo sguardo. «Anche se sono spaventata, io questo bambino vorrei tenerlo. Mi sarebbe piaciuto avere un altro figlio, magari tra qualche anno. Però è arrivato adesso e ricordo com’è stato la prima volta… quante volte ho fallito. Vorrei tenerlo, ma sono spaventata e…»
Masaki si alzò all’improvviso, ma attenta a non fare svegliare Uryu che si era appena appisolato. Adesso sapeva ancora di più cosa dovesse fare.
«Bene, non mi serve sapere altro. Portami a casa tua. Ryuken sa essere testardo e può avere un carattere difficile, ma sono certo che capirà. Dobbiamo solo spiegargli quello che vuoi tu.»
Kanae sgranò gli occhi, sorpresa. Masaki aveva un coraggio invidiabile. E lei, che non si era mai sentita una donna coraggiosa, si sentì un po’ più forte.
«Sì, però… lui… ecco… non gli ho esattamente detto della nostra amicizia.»
Ecco fatto, si disse. Adesso l’avrebbe offesa, le sembrava il minimo. E invece, Masaki la sorprese.
«Mi pare una buona occasione per dirglielo, allora.»
 
Kanae aveva avuto ragione: le azalee che aveva coltivato nella sua minuscola serra erano stupende. Colorate e rigogliose, si vedeva la cura. Come una madre che cresceva un figlio. Masaki teneva Ichigo in braccio, il bimbo sveglio si guardava attorno, parlando a modo suo. Uryu era invece seduto nel suo box, agitando un sonaglino e mordendolo ogni tanto.
«Casa tua è adorabile, Kanae! E…oh, dai. Non essere nervosa. Conosco Ryuken, non si arrabbierà. E nel caso si arrabbiasse, ci sono qui io. Tu piuttosto non hai una bella cera, sicura che non vuoi qualcosa?»
Kanae teneva le mani poggiate sul ventre, cercava di trattenere la nausea. Era nervosa.
«No… va bene così. Dico davvero, non devi spingerti a tanto.»
«Devo eccome, invece» proferì seria.
Le due donne attesero qualche altro minuto che Ryuken tornasse dal lavoro. Kanae sentì le chiavi nella serratura e scattò in piedi, respirando profondamente. Ryuken entrò in soggiorno e impallidì quando vide sua moglie in compagnia di Masaki. L’ultima persona che si aspettava di incontrare, dopo tutto quel tempo.
«Cosa…? Masaki?»
Masaki sorrise, andandogli incontro con Ichigo in braccio.
«Ciao, Ryuken. Perdonami se mi presento qui a casa tua dopo tutto questo tempo e senza preavviso. Ma credo che tua moglie abbia qualcosa a dirti.»
Ryuken guardò sua moglie, confuso.
«Non capisco.»
Kanae riprese aria. Respira e inspira.
«Io e Masaki ci siamo incontrate casualmente, un po’ di tempo fa. Da allora abbiamo fatto amicizia e… le ho confidato ciò che mi sta accadendo. Ciò che stiamo passando.»
Masaki poté vedere negli occhi di Ryuken lo sgomento. Poteva capirlo, di certo non si aspettava di vederla lì e non si aspettava che conoscesse una cosa così intima della sua vita.
«Ebbene?» domandò, ostentando una freddezza che era solito una facciata. Fu a quel punto che Kanae prese coraggio. Voleva essere una madre per Uryu quanto per il bambino che aveva scoperto aspettare da poco. Voleva fare del suo meglio.
«Io voglio tenere il bambino» sussurrò. «Lo so che ho affrontato da poco una gravidanza e un parto difficili. Ma sento già di amarlo e di volerlo crescere.»
Aveva parlato senza quasi riprendere fiato. Uryu fece dei versetti come a voler richiamare la sua attenzione e lei si chinò per prenderla. Ryuken rimase qualche attimo in silenzio prima di rispondere.
«Sei proprio sicura che sia quello che vuoi? Uryu è ancora così piccolo e… ha bisogno di te.»
«E io ci sarò per lui.»
«Sì, ma… non pensi alla tua salute? Se ti accadesse qualcosa?»
Masaki si sentì a disagio e pensò che forse sarebbe stato meglio andarsene. Ora lo vedeva, Ryuken era solo spaventato all’idea di perdere la donna che amava. Kanae sorrise.
«Penso che tutto sia un rischio. Ma devo quanto meno provarci… con il tuo sostegno.»
Masaki indietreggiò, cullando Ichigo. Alla fine, non c’era stato granché bisogno del suo aiuto, o almeno di questo era convinta. In realtà il suo era stato un silenzioso sostegno per Kanae, che adesso si sentiva un po’ più coraggiosa. Ryuken sospirò.
«Se questo è quello che vuoi, allora… avrai il mio sostegno.»
Masaki batté le mani.
«Bene, visto che avete chiarito, io me ne andr-»
«Tu ferma lì» borbottò Ryuken. «Dovrai spiegarmi un po’ di cose.»
A questo non si sfuggiva di certo, ma una spiegazione era più che giusta.
 
 
Da quel momento in poi, l’amicizia tra Kanae e Masaki divenne ancora più stretta. Ryuken non aveva avuto molto da ridire, per lui era strano che le due fossero così amiche, ma non si sarebbe intromesso in un rapporto così esclusivo e in cui a prescindere non sarebbe potuto entrare.
Masaki e Kanae continuarono a incontrarsi, fino a quando, a ridosso dell’estate, non avvenne qualcosa. Si erano date appuntamento alla solita panchina, con la promessa di andare poi in città a fare compere. Quando era arrivata al parco, si era accorta che molte delle azalee erano sfiorite. Un dettaglio a cui nessuno avrebbe fatto caso, ma nel momento in cui le vide, fu assalita da una sensazione orribile e da una vocina nella testa che le diceva va da lei.
Con Ichigo nel passeggino, Masaki non ci pensò due volte a percorrere la strada per arrivare a casa Ishida. Le finestre erano chiuse, ma le luci erano accese. Allora bussò.
«Ehi? Kanae, Ryuken? Sono Masaki? Va… va tutto bene?» domandò. Dopo qualche attimo di attesa, Ryuken aprì la porta e dalla sua espressione capì che doveva essere successo qualcosa.
«Cosa… che c’è? Oh, lo sapevo, avevo un cattivo presagio. Che succede? Posso entrare?»
Ryuken sembrava avvilito. Angosciato. Sull’orlo delle lacrime.
«Masaki, non… lei non vuole vedere nessuno.»
«Che significa? Fammi entrare subito.»
Non incontrò particolare resistenza, Ryuken non ne aveva la forza. Masaki corse in camera a lei, con Ichigo in braccio. Kanae effettivamente stava a letto, i capelli sciolti, il viso pallido. Una mano premuta sull’addome.
Piangeva. Piangeva e si lamentava. E Masaki sentì la gola stringersi perché, senza che lei dicesse nulla, intuì immediatamente cosa doveva essere successo. Non sapeva come lo avesse capito, forse era una specie di sesto senso che univa tutte le madri.
«Kanae…» sussurrò, chinandosi su di lei. Ne riconobbe un dolore che non era mai stato suo. Ma che poteva immaginare: quello di una madre che perdeva il proprio figlio. Quello di non avere il potere o il controllo in una determinata situazione. Essere costrette a subire.
Kanae singhiozzò e si asciugò una guancia.
«Io non so cos’è successo. Stava andando tutto bene e poi stamattina… ho iniziato a sanguinare e sanguinare… e non smetteva. L’ho perso, Masaki.»
Quest’ultima le poggiò una mano sulla fronte. Il suo dolore era così vivo che quasi avrebbe pianto, ma non lo avrebbe fatto, non adesso almeno.
«Non è stata colpa tua.»
«Sì che è stata colpa mia. Una madre dovrebbe sempre proteggere i propri figli, a qualsiasi costo» gemette, arrabbiata. Forse con sé stessa, forse con il mondo che le era avverso.
«Ma… è quello che hai sempre fatto! Guarda come Uryu sta crescendo.»
«E adesso, invece? Non sono stata abbastanza forte.»
Kanae si incolpava per un qualcosa di cui non avrebbe avuto il controllo. Masaki probabilmente avrebbe reagito al suo stesso modo. Lo sentiva sulla pelle, il suo dolore. La sua angoscia e il senso di colpa.
«Non è vero, ti dico! Certe cose… accadono e basta e non è colpa nostra. Ti prego, non ti addolorare in questo modo. Ci sono io, vedrai che andrà tutto bene.»
Ma sarebbe andato davvero tutto bene? Sapeva che certi dolori non potevano essere dimenticati. Kanae si tirò su, solo per lasciarsi stringere in un abbraccio – lei così riservata e timida – e Masaki sentì ancora di più il peso di quel dolore.
«Sono una cattiva madre? Una madre incapace?» domandò. Masaki sorrise.
«No, affatto. Noi facciamo del nostro meglio, ma non tutto dipende da noi. So che detto da me conta fino ad un certo punto… ma sono sicura che tuo figlio direbbe lo stesso. Sono sicura che lo dirà, un giorno. Quando sarà abbastanza grande.»
Le parole di Masaki erano rassicuranti. Kanae sentì che quella donna era una delle poche persone al mondo che poteva comprendere realmente come si sentiva. Incapace di dare la vita. Di aiutarla a proseguire. Come i fiori della sua serra che erano appassiti.
«Le mie azalee» mormorò infatti. «Sono quasi tutte morte. Ora rimangono sono petali secchi.»
«Non è un problema. Le faremo rinascere e saranno più belle e colorate di prima. Io non ho il pollice verde, però… ti aiuterò…»
Masaki sentì Ryuken alle sue spalle. Non sapeva quando fosse arrivato, in ogni caso se n’era stato in religioso silenzio, quasi avesse paura di disturbare. In braccio teneva Uryu, il quale era come sempre imbronciato.
«Senti, Masaki…»
Ryuken cercò di dire qualcosa. Ma distolse lo sguardo. E Masaki capì anche lui, intuì perfettamente quello che voleva dire.
«Sì. Lo farò. Penserò io a Uryu mentre tu sei a lavoro e Kanae si riprende…»
«Non devi fare questo» sussurrò lei, adagiata contro il cuscino. «Hai già un bambino a cui badare.»
«Mh, vero. Però sai, io ho sempre pensato che, una volta che diventi madre, ti senti un po’ la mamma di tutti i bambini che hanno bisogno di te. Quinci ci penso io, non dovete preoccuparvi per me. Sono resistente.»
 
Poco dopo, Masaki telefonò a Isshin. Uryu e Ichigo si erano addormentati vicini, nella stessa culla, le loro piccole testoline a sfiorarsi. Aveva raccontato tutto a suo marito, sapendo che avrebbe avuto sostegno. E infatti non si era sbagliata.
«Sei proprio sicura che non ti serva una mano?» domandò infatti Isshin.
«No, puoi stare tranquillo. Lavori già tutto il giorno, posso badare a due neonati.»
«Sì, lo so questo! Ma io ti conosco, Masaki. Mi sembri un po’ provata.»
Masaki si morse il labbro. Non era sorpresa, era sempre stata sensibile. Certo che era provata, ovvio che suo marito se ne fosse accorto.
«È che sto male per lei. Kanae crede che sia tutta colpa sua se ha perso il bambino. Perché è di salute troppo debole e il resto… la cosa mi ha impressionato, pensa di essere una cattiva madre. Ma io lo so che non è così. Però capisco i suoi dubbi, ecco. Anche io spesso mi chiedo se sono una brava madre.»
Si era poggiata al muro, tenendo la cornetta del telefono tra la spalla e l’orecchio.
«Me lo stai davvero chiedendo? Certo che lo sei. Sei affettuosa, premurosa. Non solo per Ichigo, ma anche per quel bambino, Uryu. Dai amore disinteressato. Non ho ancora avuto il piacere di conoscere la tua amica, ma da quello che mi racconti in questo siete uguali, Masaki. Masaki? Ci sei ancora?»
Masaki si era commossa. Era rassicurante sentirselo dire. Era certa che non esistesse madre al mondo senza dubbi.
«Sì, scusa, Isshin. Grazie per avermelo detto, ne avevo bisogno. Ora scusa, devo fare una cosa. Tu stammi bene, ci sentiamo domani mattina. Ti amo.»
«Ti amo anche io, Masaki.»
 
Dato che Ryuken era fuori per il suo turno notturno e Kanae e i bambini dormivano, Masaki decise di andare nella serra sul retro della casa, di cui la sua amica le aveva dato le chiavi. Fu subito investita a un profumo floreale, un mix che quasi la fece starnutire. C’erano dei tulipani, delle gerbere e poi le famose azalee, molte delle quali erano effettivamente appassite. Alcune un po’ meno. Sembravano rispecchiare l’umore di Kanae, ammalate di dolore e senso di colpa. Masaki era negata con il giardinaggio, ma durante i suoi tentativi di coltivarle aveva letto in un libro vari escamotage per salvare le piante e aiutarle a riprendersi. Probabilmente alcuni potevano ancora essere salvati, altri invece no. Masaki si inginocchiò e si accorse con grande sorpresa che un’azalea era sopravvissuta. Aveva dei vivaci colori rosa e si commosse di nuovo. Forse era diventata molto emotiva, ma lo trovò rassicurante.
Non solo petali di fiori secchi.
 
 
Kanae si svegliò l’indomani dopo un sonno sì ristoratore, ma che non aveva cancellato il suo dolore. Per quello ci sarebbe voluto tempo, ne era consapevole. Ma faceva male comunque. Indossò una vestaglia e si alzò, affamata. Il giorno prima si era rifiutata di mangiare. La casa era silenziosa, non aveva sentito pianti o lamenti da parte dei bambini quella notte. Si stropicciò un occhio e si accorse in un secondo momento della pianta che stava sopra la scrivania: quella era una delle sue azalee, ma pensava fossero oramai morte tutte. Si avvicinò, stupita. Ne avvertì il profumo, un dolce balsamo per la sua anima dolorante. E poi si accorse che c’era anche un biglietto.
 
Ehi! Non erano appassite tutte, queste sono sopravvissute. Ho cercato di fare un po’ d’ordine nella tua serra, ma sono un disastro. Ho bisogno del tuo aiuto, ti va di fare questa cosa insieme? Sono sicura che insieme faremo nascere dei fiori stupendi.
 
- Masaki
Le venne da ridere, anche con le lacrime che le pungevano gli occhi. Andò in cucina e si accorse che Masaki si era addormentata, doveva essere rimasta tutta la notte sveglia. Uryu dormiva beatamente poggiato sul suo seno. L’unico sveglio era Ichigo, il quale aveva fatto dei versetti per richiamare la sua attenzione. Kanae si avvicinò e accarezzò la sua manina. Faceva male, pensare di aver perso un figlio che non avrebbe mai conosciuto. E forse se lo sarebbe portato dietro tutta la vita, quel dolore. Però era strano. Assieme al dolore, sentiva anche una ventata profumata di dolcezza.

NDA
Questa storia non c'era messa, nel senso che non era in programma. Ma poi mi è venuta un'idea, soprattutto grazie al primo prompt della lista di questa challenge . Volevo raccontare come sarebbe potuta essere un'amicizia tra Kanae e Masaki, due donne diverse, due mari che condividono gli stessi dubbi e le stesse paure. Non senza il solito drama che mi contradistingue oramai. Spero che questa storia vi sia piaciuta.
Nao
   
 
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