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Autore: Cladzky    22/04/2023    1 recensioni
Leggendo l'Eneide l'autore si addormenta e finisce in un terribile oltretomba scritto in terzine ma anti-Dantesco, dove non sono i morti a essere puniti, ma i suoi peccati letterari. Il buon Virgilio, come al solito, recupera la sua funzione di guida in questo inferno laico, traghettandolo da un'anima furiosa all'altra, pronta a randellarlo. Un'opera per ridere, ma anche di riflessione interiore e soprattutto di insulti, piena di personaggi storici.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CANTO VI - Ove la minaccia è sventata da un'apparizione già vista.


Si fan avanti i duo d'aspetto rude

E morto, come vollon, vorria già stare

Temendo più il duolo a carni mie nude.


Pongendo l'un dietro all'altro il calzare,

Sovvienmi un dubbio sul mio bizzar fato

Qualor, oltre morte, m'ebbero a mortare.


Subirò ciò ch'a concilio fu disiato,

Nel Pandæmonium, da Moloch di Gheènna:

Il nulla, il cessar de ogni mio fiato


Pensiero, sentore e cosa mi assenna

Financo la coscienza essermi tolta?

Oppur che forse l'alma staria indenna


E a un terzo, ancor novo, mondo se volta!

E se piuttosto impossibile sia or la morte?

Ma so che c'è pena, perché l'ho già colta


Quando in capo mi percoteron forte

Milton pria col suo baston gagliardo.

"Ma non avesti pupille de ciecade tu coltre?"


Me lamento e un secondo colpo fu pardo.

"Blind I was dead and still now I am

I follow your throbes and hit without pàrdon."


Dettolo, menosse, più di Geshém

Contro alle mura di Gerusalemme,

Le stesse per cui, dall'arbori di Sichém,


Goffredi Buglion fe' intagliar lemme

Quelle torri che più successo gli portaro,

Come conta Torquato con la sua flemme.


Ei punto, vedenmi fello d'altrui acciaro,

Che quasi mi scoppia la testa di sangue,

La catena mi lancia, con tiro preclaro


Che tutt'intorno mi cinge a piton angue.

"Perché mi trattate in modo sì duro?

Perché in pregione il mio corpo langue?"


Stordito, in ginocchio, li prego e scongiuro.

"Perché ateo sei e nel regno dei cieli

Entrare nol puote chi segue Epicuro."


Espone il surriento, ma contro fo veli

"Macché regno e regno, qua io non veggio

Altro che lava e de zolfo fiumane!


Avete visto ultra questo campeggio?

Tu musa di Blake e tutta Inghilterra,

Perché sii santo eppur cieco pareggio?"


Quello li occhi pur caccia in terra,

Strizzando ciò che desìa scongiuro,

Ma Tasso imperturba e continua la guerra:


"Ed in vece del dì sereno e puro,

Dell’aureo Sol, degli stellati giri,

N’ha quì rinchiusi in questo abisso oscuro.


Il nostro peccato, frutto dei deliri

De mente che mai de vertà contenta

E a ragion megliore sempre sospiri


Pur oltra dio ch'è tutto e tenta

De trovar ultra lui saper anco maggiore

Quivi condottici, ma s'alma se penta


Non eterna subirà purga e furore

De domine majestade onnipotente

M'al colle ritorto scalerà il peccatore.


Così fu l'istoria di Milton, penitente

Quanto io sono e così siam purgati:

Lui de l'invidia verso tutta la gente


Che veder ponno i color da lui amati.

E io, invece, per superbia ho l'odio

Che mi menò contra dio e i miei frati,


Credendo io solo cogliere il podio

Per mano divina, la poesia sublime.

Omero, Porfirio e Apollonio Rodio


Superato, contavo, con le mie rime

Perché supponevo d'avere la grazia

E Christo elevasse sovra lor cime


E di Pulci, Folengo e chi umorismo fazia.

Ma tu se diverso, pentito non fosti!

L'inferno ti spetta e avrai pancia sazia


Di piombo fuso, sugell'occhi posti

E mille tormenti sanza speme di lena.

Noi meneremmoti laggiù a piè tosti


Perché così scontiamo questa pena.

Iddio e i suoi figli non posson far male

Dunque il compito è su la nostra schiena


Di chi, penitente, vol mostrar che vale

Dando supplizi a chi lo rinnega.

Un giorno, così, l'alma speriam sale


E uniti saremo a chi invisto si prega."

Questo concluse fe il Tasso e ratto

Fa per trainarmi dentro una piega


Quando il romore d'arme compatto

Odo di novo come al primo canto!

Spunta, dei Dardani, tutto d'un tratto


Il principe Enea, dal bronzeo suo manto.

Sbalorditi furno a quella visione

I duo flagellanti dal loro ardir santo.


Dietro, il fugace, un'inter guarnigione

Appresso portava di fidi tenenti:

Il vecchio Alete, Mnesteo e Noemone,


Con Niso ed Eurialo, amati ed ardenti.


"Begone you counterfeit'd heroes of the past!

Begone you dwellers of demonic cults

You immolators of wasted human life

To gods false, cruel and unjust.

For what have you damn'd come forth, why?

Do you believe to still live and breath

In a world where Might might suffice?

The devil no power maintain in this land

To give you herculean strenght or Jupiterian bolts

For you now reside in a sacr'd place

Where justice divine will strike all your attempts.

And if you do not fear, for ignorance no doubt,

Then let us show what God's intentions are."


Così Milton disse e gran meraviglia!

Pur loro aveano una truppa di schiere:

In tunica bianca con croce vermiglia


Paladino eccelso in medieval ere

In testa è Goffredo, da Buglione nato,

Duce crociato da Urbano e alte sfere,


Poi v'er Tancredi, d'Altavilla nomato,

Che fu lo primo a penetrar la citade

E uccise, ignaro, l'impossibile amato.


Seguono ancora Rinaldo il Bertade

Che disertò guerra per vergogna ed amore.

Altri ci sono e con ignude spade


Voltano contro con animoso core.

   
 
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