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Autore: Soul On Fire    13/09/2009    6 recensioni
Perché lui era il Dottor Spencer Reid. Quello con un quoziente intellettivo di 187, il ragazzo che a soli ventiquattro anni faceva parte di una squadra speciale dell’FBI e catturava gli uomini peggiori che avessero mai messo piede sul pianeta Terra.
Genere: Drammatico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Soul On Fire
Titolo: Killing Loneliness
Rating: PG
Personaggi/coppia: Spencer Reid
Spoilers: 2x14-2x15 Raphael
Disclaimer: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.
Note: E' la prima storia in assoluto che scrivo su Spencer Reid, e penso sarà anche l'ultima, quindi siate clementi perchè per me non è facile entrare nella mente del genietto. La canzone è Killing Loneliness degli HIM, a loro tutti i diritti.

Killing Loneliness



With the venomous kiss you gave me
I'm killing loneliness
With the warmth of your arms you saved me,
I'm killing loneliness with you
The killing loneliness that turned my heart into a tomb


Lo sguardo perso nel vuoto, la mano a tastare la ferita fresca e un’espressione di benessere innaturale. Quella era l’immagine che lo specchio gli rimandava e, per quanto fosse stordito, riusciva benissimo a distinguere le sue sembianze.
Aveva provato a farlo, aveva provato a non dipendere da quella sostanza in cui era incappato per volere del destino. Probabilmente se Raphael non gli avesse mostrato quella via, non l’avrebbe mai intrapresa di sua spontanea volontà.
Perché lui era il Dottor Spencer Reid. Quello con un quoziente intellettivo di 187, il ragazzo che a soli ventiquattro anni faceva parte di una squadra speciale dell’FBI e catturava gli uomini peggiori che avessero mai messo piede sul pianeta Terra.
Perché lui aveva una laurea in fisica, matematica e ingegneria, si era conquistato un dottorato in psicologia e sociologia, ed era sulla buona strada per ottenerne uno anche in filosofia.
Perché nella sua straordinaria e sorprendente razionalità, era perfettamente a conoscenza che l’idromorfone sottoforma di Dilaudid veniva adoperato nel trattamento del dolore severo, dai pazienti sottoposti a terapie contro il cancro radicato a coloro che soffrivano di dolori osteoarticolari.
E sapeva anche che si trattava di un oppioide semisintetico, agonista dei recettori mu, con proprietà farmacologiche e farmacocinetiche paragonabili a quelle della morfina, ma con la sola e significativa eccezione che l’idromorfone fosse 7,5 volte più potente.
Tutto questo voleva dire soltanto una cosa: sollievo. Un conforto che raramente gli era capitato di trovare negli esseri umani, che reputava lontani da lui mille anni luce.
Era un amico silenzioso, il Dilaudid: alleviava il dolore senza mai controbattere, ascoltava e consolava senza mai esprimere un’opinione, senza mai sbilanciarsi, senza proferire verbo.
Una dose da 8 milligrammi gli bastava per sentirsi catapultato in un’altra dimensione, per lasciarsi cullare da una ninna nanna senza tempo. Proprio come quella che gli cantava sua madre nei rari attimi di lucidità che costellavano le giornate trascorse insieme a lei, che non poteva più distinguere la notte dal giorno, la realtà dalla fantasia, la luce dal buio. Quella madre che aveva amato più di ogni altra cosa e che aveva perso qualsiasi contatto, che si era smarrita per non poter tornare più indietro.
In fondo l’idromorfone l’aveva salvato, l’aveva accolto nel calore delle sue braccia e non l’aveva più abbandonato, al contrario di quanto avevano fatto tutti coloro con i quali aveva avuto la fortuna, o sfortuna a seconda dei punti di vista, di incrociare il proprio cammino.
Prima suo padre, poi per forza di cause maggiori sua madre. E poi c’era stato il college, l’essere diverso, sentirsi sempre e comunque inadeguato. Perché a volte non bastava essere intelligenti, non era sufficiente conoscere a menadito tutte le statistiche del mondo per essere considerati da un gruppo di adolescenti. Per quanto ci provasse, per quanto si sforzasse di essere normale, capì immediatamente che la sua esistenza avrebbe fatto coppia fissa con la solitudine.
Sarebbe sempre stato solo a combattere contro le sue paure, contro i suoi mostri, contro le preoccupazioni che a volte stroncavano il suo respiro regolare, che disturbavano il suo sonno e popolavano i suoi incubi peggiori.
Ma con il Dilaudid era diverso, poteva sentirlo respirare, poteva assaporarne il tocco così reale e vicino. L’unica consolazione che gli era rimasta.
Le sue preghiere non erano abbastanza per guarire le antiche ferite profonde che solcavano la sua anima tormentata. Raphael le aveva risvegliate una per una, attimo dopo attimo, secondo dopo secondo, ma nello stesso tempo gli aveva fornito una cura per dimenticare, per immergersi nel silenzio e non pensare a quanto si sentisse alieno. A quanto fosse estraneo in un luogo così confortante per i suoi simili.
Cos’era? Uno scherzo della natura, un caso di selezione a sfavore della specie a cui apparteneva?
Alcuni l’avevano definito prezioso, una rarità.
Ma nessuno sapeva cosa significasse essere Spencer Reid, e di certo lui non poteva e non voleva spiegarlo. Non l’avrebbero mai capito, avrebbero semplicemente invidiato le sue capacità ignorando che convivere con un’intelligenza che supera qualsiasi standard e limite comportava il doversi misurare con questioni altrettanto immense.
Una battaglia tra colossi dalla quale la maggior parte delle volte lui doveva battere in ritirata.
Prese la siringa ed estrapolò una nuova dose dalla boccetta che aveva con sé. Il dottore dentro la sua testa stava iniziando a urlare troppo forte e doveva farlo tacere, perché gli stava illustrando tutte le controindicazioni del suo dolce veleno.
«Stai zitto.» sibilò a denti stretti.
«E’ noto che l’idromorfone causa dipendenza e può anche indurre problemi di tolleranza, con conseguente richiesta di dosaggi maggiori affinché si possa alleviare il dolore. »
Parlava, continuava a blaterare e non la smetteva.
Iniettò la sostanza in vena e la leggerezza si impadronì del suo corpo. Il dolore lentamente svaniva e faceva spazio a quei ricordi che gli tenevano compagnia. Rari momenti di felicità insieme a coloro che riteneva la sua famiglia.
Vide Derek che gli scompigliava i capelli, JJ che lo batteva a Poker, David che si divertiva a una sua battuta, Emily che affettuosamente gli sorrideva, Penelope che lo distraeva con uno dei suoi nomignoli inimitabili e Hotch che lo difendeva sempre e assecondava le sue decisioni.
Sorrise, anche per quel giorno aveva ucciso la solitudine.


The killing loneliness that turned my heart into a tomb
I'm killing loneliness
Killing loneliness
  
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