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Autore: FreDrachen    24/04/2023    0 recensioni
Luca aveva davvero tutto nella vita. Era una promessa del calcio, popolare tra i suoi coetanei tanto da essere invitato a ogni festa, ed era oggetto di attenzione di ogni ragazza e non.
Insomma cosa si poteva volere dalla vita quando si aveva tutto?
Basta, però un semplice attimo, un incidente lo costringerà a una sedia a rotelle, e per questo sarà abbandonato dalle persone che un tempo lo frequentavano e veneravano quasi come un Dio.
Con la vita stravolta si chiude in se stesso e si rifiuterà di frequentare la scuola. Sua madre, esasperata da questa situazione, riesce a ottenere la possibilità, dalla scuola che Luca frequenta, di lezioni pomeridiane con un tutor che avrà lo scopo di fargli recuperare il programma perso.
E chi meglio di uno dell'ultimo anno come lui può riuscire nell'impresa?
Peccato che Luca sia insofferente agli intelligentoni e non sembra affatto intenzionato a cedere.
Peccato che Akira non sia affatto intenzionato ad arrendersi di fronte al suo carattere difficile.
Due ragazzi diversi ma destinati ad essere trascinati dall'effetto farfalla che avrà il potere di cambiare per sempre le loro vite.
[Storia presente anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 29


Tornare alla solita quotidianità era tutto fuorchè normale.

Il fatidico giorno dopo mi svegliò il solleticare di qualcosa di morbido che mi strofinava la faccia.

«Mamma, ma ti pare il caso di spolverarmi di primo mattino?» bofonchiai irritato, con un sonno cane visto che avevo passato la maggior parte della notte a metabolizzare ció che era successo, e non appena aprì gli occhii ritrovai il didietro di Freddy a poca distanza dalla faccia.

«Ma che caz...Freddy!»

Il gattino spaventato saettò per terra andandosi a nascondere nella cesta dei vestiti sporchi.

Mi passai una mano sulla faccia e gettai un'occhiata verso la sveglia e per poco non mi soffocai con la saliva.

«Merda! Sono in ritardo!» scattai sedendomi sulla sefia a rotelle, sfrecciando, con la velocità che mi era consentita, in bagno.

Di fronte allo specchio cercai di assumere un aspetto decente aggiustandomi un po' i capelli, nel mentre cercando di capire come comportarmi.

Ok, io e Akira non eravamo più solo amici ma non eravamo neanche una coppia...o si?

Cos'eravamo di preciso?

Akira mi aveva fatto giurare di non dire ad anima viva e morta (puntualizzato dopo una mia pessima battuta di spirito) quello che c'era tra noi, per questo dovevamo comportarci come se non fosse successo nulla.

Più facile a dirsi che a farsi.

Sopratutto adesso che potevo non nascondere i miei sentimenti nei suoi confronti. Se il mondo fosse stato migliore non avremmo avuto questi problemi.

Con stizza uscì dal bagno e recuperai un croissant, sentendomi subito dopo in colpa. Avevo deciso che avrei ripreso ad allenare i muscoli, in vista del mio uso imminente e speravo più duraturo delle protesi, e questa colazione non aiutava il mio metabolismo. Prima dell'incidente ero molto attento a ciò che ingerivo, come ogni bravo atleta, ma negli ultimi tempi mi lasciavo alla tentazione peccaminosa dei dolci.

Oh...al diavolo! Non mi sarei privato di una simile prelibatezza. Forse il giorno dopo sarei tornato in carreggiata ricominciando a cibarmi come dovevo. Ma non era quello che avevo promesso anche il giorno prima, e quello precedente...?

Forse dovevo sul serio dare retta ai segnali che lanciava il mio corpo in segno di protesta per questi sgarri.

Dopo essere tornato in camera e vestito e recuperato lo zaino, uscì di casa trovando mia madre ad aspettarmi vicino all'auto per accompagnarmi come al suo solito e, dopo che mi accomodai all'interno e lei ebbe chiusa la sedia a rotelle e la portiera, partì di fretta, forse perché eravamo in notevole ritardo.

«Com'è andata ieri con Akira?»

Per poco non mi strozzai,  per la seconda volta in quella giornata, con la saliva. Cosa potevo raccontarle? Avevo promesso ad Akira che il nostro rapporto sarebbe rimasto nascosto fino a quando non avremmo scelto il contrario.

«Bene. Come al solito credo» mi limitai a dire voltandomi in modo da portare tutta la mia attenzione verso l'esterno. Vidi fugacemente l'espressione delusa e un po' triste di mia madre riflessa sul vetro, ma era meglio così. Non sapevo come sarebbe andata a finire se avesse saputo la verità ma conoscendola avrebbe detto tutto a mio padre e l'avrebbe spalleggiato. A stento lui aveva accettato la mia condizione dopo l'incidente, ma se avesse saputo di Akira mi avrebbe sbattuto fuori casa senza troppi preamboli.  Meglio che soffrisse per la mancanza di dialogo che la mancanza completa di un figlio.

Giunti alla meta in un silenzio assordante, parcheggiò appena poco distante dall'entrata. Mi aiutò il minimo indispensabile, come le avevo chiesto fin dall'inizio, e mi salutò fugacemente prima di andarsene.

Mi dispiaque un po' a lasciarla così ma era la cosa giusta da fare.

Perso nei miei pensieri non mi ero accorto fino a quel momento del campanello di ragazzi raccolti attorno a due figure che non riuscivo a intravvedere. Riconobbi subito, però la voce della dolcissima (un instrice mestruato sarebbe stato più delicato) Amanda che stava infierendo contro un chissà che malcapitato. Non volevo essere nei panni di questo poveretto, visto che gliene stava dicendo di santa ragione. Pensavo di conoscere abbastanza insulti ma di fronte al suo vocabolario mi sentivo un dilettante.

Cercai di farmi strada tra gli altri,  curioso di assistere alla scena e per poco non raggelai sul posto.

Non appena ne ebbi la possibilità vidi Amanda, rossa di rabbia, vestita con una maglia scollatissima e che le lasciava scoperta la pancia dello stesso colore del suo viso, che stava di fronte a un Akira che teneva il volto a terra, cercando di eludere il suo sguardo.

«Te ne stai zitto? Non hai un briciolo di coraggio Akira. Prima mi molli senza darmi una spiegazione plausibile ora ti chiudi in questo mutismo? Tira fuori le palle se ne hai il coraggio!»

Akira sussultò e alzò lo sguardo su di lei, mortificato. «Sapevamo che non sarebbe andata avanti ancora per molto. L'ho fatto perchè mi sembrava corretto nei tuoi confronti».

L'eco dello schiaffo dovette essersi sentito anche dall'altra parte del mondo.

«Smettila con le tue ridicole scuse. Sei solo uno stronzo, ecco cosa!»

Solo dopo aver finito di parlare voltò la testa verso la mia direzione e vidi salire ancora di più la sua rabbia.

«Sei tu la causa di tutto!»

Stupidamente mi osservai attorno, intuendo poi quasi subito che si stava riferendo al sottoscritto. Già che c'era poteva incolparmi del suo pessimo carattere.

Ma adesso dovevo proteggere Akira da quelle parole crudeli che gli aveva rivolto e che non si meritava. La doveva assolutamente piantare.

«Adesso smettila».

«Perchè dovrei? Da quando ti conosce che è cambiato tanto da renderlo un estraneo. Ciò che ho detto è ciò che merita» dichiarò lei con voce stridula cbe la fece sembrare una gallina mestruata.

Soffocai l'impulso di rinfacciarle della mia relazione con il ragazzo ma avevo fatto una promessa e non mi sarei mai rimangiato la parola.

Ma non riuscì a trattenermi dal replicare. «Cosa c'è? Ti dà fastidio non avere piú un facchino che ti aiuta con le borse dello shopping oppure l'autista che ti accompagnava che ti accompagnava dove ti pareva? Akira deve aver aperto gli occhi e capito che razza di persona sei».

«Akira mi ama ma la tua presenza lo distrae dalle cose importanti» replicò lei incrociando le braccia sotto i seni, premendo sulla pelle sottostante talmente tanto che mi chiesi con che miracolo non le fossero ancora esplosi.

"Akira ha semplicemente salvato la sua salute mentale" avrei voluto rinfacciarle ma tanto sapevo che parlare con lei ero spreco di tempo e di ossigeno.

Per questo non mi scomodai nemmeno a risponderle, ponendo finalmente fine al suo insulso teatrino.

«Me la pagherai» la sentì mormorare prima di allontanarsi, ma fu talmente piano che pensai di essermi immaginato tali parole.

Non avevo paura di una Barbie imbottita di botulino.

Ma non avevo tempo per pensarci. In quel momento era Akira la mia unica priorità.

Intimai con lo sguardo gli altri ad allontanarsi e questi capirono l'antifona. Ero ciò che ero, ma l'effetto che esercitavo era ancora presente.

Intravidi Agnese tra le persone, che mi rivolse uno sguardo tra il perplesso e un'altra emozione che non riuscì a decifrare, ma fu subito trascinata via da Ippolito, quel giorno stranamente tranquillo.

Invitai Akira a seguirmi e lui lo fece senza replicare, a testa bassa e tenendosi una mano sulla guancia, laddove era stato colpito da Amanda.

Anche se ero sempre stato dell'idea che le donne dovessero essere trattate con il massimo rispetto, in quel momento provavo il bisogno primordiale di asfaltarla con la sedia a rotelle.

Ci fermammo in un luogo abbastanza appartato, lontano da orecchie indiscrete, ma posizionati  in modo che ci vedessero e non potessero farsi allusioni mentali.

«Akira» lo chiamai, ma lui sembrava perso con la mente in un mondo tutto suo (speravo senza Amanda, ma dubitavo).

Non ricevendo risposta lo presi per mano facendolo sussultare.

«Ehi. Non prendertela per quello che ti ha detto» mormorai dolcemente, accarezzandogli il dorso con il pollice.

«Non potevo più stare con lei. Dato che sto con te non mi sembrava giusto nei confronti di entrambi».

Dunque considerava il legame che si era appena instaurato tra noi un'effettiva relazione. A quel pensiero avvertì il ritmo del battito cardiaco aumentarmi per l'emozione.

«Non mi devi nessuna scusa Aki» lo bloccai. Odiavo Amanda per averlo reso così insicuro di se stesso di quello che era.

«Sei troppo buono con me Luca-chan».

«Sei te che sei troppo severo con te stesso e non te lo meriti».

«Credo di essermi meritato quello che mi ha detto».

Quando voleva era davvero testardo. Anche se mai come il sottoscritto.

«Non è vero. Era lei che non meritava di starti accanto». Strinsi un poco la presa sulla sua mano. «Posso ritenermi fortunato ad avere la possibilità di am...ehm stare con te» aggiunsi, al che vidi i suoi occhi innumidirsi.

Oddio, se avesse pianto avrei cominciato a sentire il bisogno primordiale di baciarlo, ma non potevo farlo.

Per fortuna mia riuscì a trattenersi e strinse un attimo ancora la presa prima di lasciar andare la mia mano.

«Credo che sia meglio andare prima che facciano pensieri strani».

Che li facciano, avrei voluto ribattere ma di certo ad Akira non avrebbe fatto piacere, soprattutto dopo che ci teneva alla nostra relazione in segreto.

A malincuore, avevo ancora voglia di stare in sua compagnia senza altri esseri respiranti nelle vicinanze, lo seguì, diretti verso l'entrata e una nuova mattinata scolastica.
Evviva.

Riuscì a incrociarlo, per fortuna, a ricreazione


Riuscì a incrociarlo, per fortuna, a ricreazione.

Ero reduce di due ore d'italiano e sentivo che la testa mi sarebbe scoppiata da un momento all'altro (un film splatter sarebbe stato senza dubbio piú soft). Avevo voglia di una bella dormita, ancora di più per via della mia posizione in ultimo banco, oppure di un litro di caffè che aiutasse i miei neuroni a rimanere attivi.

Lo trovai appoggiato al muro di fronte alla sua classe, lo sguardo chino sul cellulare. Ogni tanto cercava di mettersi dietro l'orecchio una ciocca ribelle che puntualmente gli ritornava in faccia.

Lo raggiunsi, spingendo il corrimano e mano a mano che avanzavo avvertivo attono a me sprazzi di conversazione, e l'oggetto di tali erano Akira e quello che era successo quella mattina.

La gente doveva proprio imparare a farsi i cazzi suoi.

Forse dovetti averlo detto a voce neanche troppo bassa perchè si zittirono tutti e si voltarono verso il sottoscritto.

«Beh? C'è qualche problema?» dissi, con fare piuttosto scazzato, mentre mi affiancavo ad Akira che aveva alzato lo sguardo ed era arrossito. Solo allora notai una nota di panico in fondo ai suoi occhi. Forse la mia reazione era stata un tantino esagerata per un semplice amico?

Oh...cazzo.

Mi avvicinai cercando di mascherare la mia gaffe. Per colpa mia rischiavamo di essere beccati già al nostro primo di autentica frequentazione. Un record imbattibile!

«Cosa stavi facendo?» domandai ad alta voce per far capire alla gente pettegola attorno a noi che stavamo parlando argomenti assolutamente innocui.

«Leggevo scan di opere inedite qui, così se mi piacciono chiedo a mio cugino di procurarmele».

«Hai un cugino?»

Akira annuì con un sorriso sul volto, sollevato del mio cambio argomento. «Si, Arata. Ha quindici anni. E poi anche una cugina della tua età, Akemi. È sua sorella».

Allungai il collo per vedere meglio e mi ritrovai a fissare una scena ad alto tasso erotico tra due ragazzi.

«Ma perché uno ha il ca...» provai a domandare involontariamente ma mi bloccai appena in tempo.

Alzai lo sguardo su Akira in preda all'imbarazzo. Questo non tanto per la scena ma per l'idea che mi era balenata in testa a quella vista.

Io e Akira...ecco, ecco Akira e io...

Quanto volevo sprofondare nel pavimento!

Sicuramente notò la mia faccia perché si affrettò a spiegare: «Si può dire che in una coppia omo i partner sono di due tipi: il primo è il seme che è quello dominante e poi c'è l'uke che é quello dominato, il passivo della coppia».

Ok, potevo capire una situazione analoga proiettata su una coppia etero ma in quella omosessuale cosa significava veramente?

Glielo chiesi dandomi poi del completo ignorante. Akira non mi derise da questo mio disagio e cercò di spiegarsi. «In pratica l'uke è quello che lo prende...dentro» disse indicandomi il disegno di prima, alludendo al ragazzo sudato e ansante sotto l'altro.

Oh...

«Ma fa male?» domandai e Akira si fece ancora più rosso in viso.

«Non più di tanto. Poi diventa una questione di abitudine e preferenza».

«Perche? A qualcuno piace prenderlo?»

Notando il suo sguardo imbarazzato capì.

Ah...che figura di merda che avevo appena fatto inconsciamente.

«Scusa» farfugliai e lui mi osservò con fare perplesso. «Sono stato inoportuno a chiedertelo».

«Ma da quando ti fai problemi a dire quello che ti passa per la testa?» ribattè lui avvicinando il volto al mio, non in modo fraintendibile ma quanto bastava a poter sussurrare.
«Anche se stiamo insieme non vorrei che le cose tra noi cambino. Hai la completa libertà di chiedermi e dire qualsiasi cosa voglia».

Forse era meglio di no, avrei voluto dire ma annuì accennando un sorriso a cui lui rispose, illuminandomi così la giornata.

Ok, Akira mi aveva rintronato. Maledetto il suo sorriso, le sue labbra. Peccato che eravamo in corridioi e già la situazione si staca facendo piuttosto allusiva e fraintendibile, visto le occhiatine che alcune ragazzine, di prima sicuro perché sembravano ancora delle bambine, ci riservavano. Che fossero delle amanti dei BL come Akira?

Oh...accidenti!

Tanto valeva a questo punto scriverci dei cartelloni a caratgeri cubitali "Stiamo insieme".

Alla faccia del'anoninato!

Fummo salvati da situazioni imbarazzanti in corner dalla campanella.

«Dovrei andare in classe. Ho la verifica di matematica» disse allontanandosi un poco.

A quelle parole strabuzzai gli occhi.

«E perché non sei rimasto a ripassare in classe?»

«Volevo passare del tempo in tua compagnia».

Ah...ma come fa a uscirsene con frasi di questo tipo con così noncuranza?

Visto il mio sguardo indebetito lui ridacchiò e si avviò verso la sua classe, lasciandomi un attimo imbambolato, non so per quanto tempo perché mi ritrovai il mio carissimo compagno di classe Quattrocchi a poca distanza. Sussultai per la sorpresa, si era materializzato di punto in bianco. Senza dubbio era per colpa di qualche suo potere arcano da nerd.

«Cosa stai facebdo ancora in corridoio? La campanella è già suonata da un po'. Se la prof ti beccasse fuori...»

«Ma saranno un po' affari miei?» gli domandai in modo sgarbato. Era colpa sua che voleva rivolgermi la parola. Se avesse continuato con la sua vita e mi avesse lasciato in pace sarebbe stato meglio per entrambi. Mi dava fastidio non poco la sua aria da santarellino.

Spingendo il corrimano mi allontanai, lasciandolo lì, a metà da il sopreso e l'infastidito.

Di fronte alla porta a fare da vedetta trovai Ippoloto che nel vedermi si aprì in un sorriso provocatorio.

«Non dovresti trattare così un tuo compagno».

Anche lui perchè non si faceva un po' i cazzi suoi?

«Levati Ippolito. Devo passare».

Lui anzichè fare come richiesto si chinò verso di me, per potermi sussurrare all'orecchio parole che suonavano come una premonizione.

«Se continuerai così ti ritroverai da solo».


 

Angolino autrice (non perduta):

Buonsalve :3
Mi devo scusare tantissimo per il mega ritardo 🙏🏼
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^ ❤️
Ringrazio tutti voi che state continuando a leggere e seguire la storia 🥰❤️

A presto(si spera)!
FreDrachen

 

   
 
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