Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Naquar    25/04/2023    0 recensioni
Fabio non riesce a percepire i colori a caus della sua malattia e Lidia è gay e non ha un buon rapport con sua madre. I due migliori amici partono insieme per un viaggio in treno
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Luce

"Ma quanta roba ci hai messo dentro? Sei peggio di una donna Fabio!" 
Non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo, non appena sento il commento sarcastico di Lidia che guarda il mio grande trolley nero sistemato vicino alla cuccetta inferiore; questa lamentela è andata almeno avanti per dieci minuti visto che le è toccato aiutarmi con i bagagli. 
"Lo stretto necessario" rispondo con non curanza. 
"Potresti infilarci anche un cadavere lì dentro" mi fa notare. 
La ignoro. Ovvio che le voglia un gran bene, ma sinceramente detesto le sue battute sarcastiche che lei trova immesamente divertenti. 
Spesso la gente ci scambia per fratelli, anche per la nostra somiglianza: siamo magri e alti, naso dritto e lentiggini, anche se Lidia quando sorride ha le fossette, ed bionda al contrario di me che ho gli occhi castani e capelli tagliati corti. 
Usciamo. 
Lidia da un giro di chiave alla porta, poi mi prende sottobraccio e finalmente ci dirigiamo verso gli scompartimenti. Occuppiamo dei posti a sedere vicino ai finestrini come piace a noi. 
Ascolto il brusio eccitato dei nostri compagni di viaggio: ci sono famiglie, alcuni studenti universitari, alcune coppie e chi viaggia da solo. 
Fra pochi minuti partiremo.
Due bambini ci passano davanti correndo e strillando, dietro di loro la madre li richiama a gran voce. 
"Io ero così più o meno alla loro età" dice Lidia senza un apparente motivo. 
"Una peste"
"Papà diceva che sembravo una scimmia"
Lidia allunga le gambe vicino alle mie. Indossa un paio di jeans scuri e una maglietta nera con scritte verde acido, al collo sempre la sua fidata Nikon, regalo al suo ventiseiemo compleanno da parte mia e di suo padre Diego.
"Questo lo so, perché ogni volta mi arrampicavo sul vecchio albero di ciliegio"
"Per i tuoi genitori era un infarto assicurato" concordo, sistemandomi gli spessi occhiali sul naso.  
Nel mio mondo i colori, sembrano degli aloni di fiato lasciati sul vetro, li percepisco così. Per me esiste il bianco o nero, talvolta il grigio. Se sto persino troppo alla luce del luce, i miei occhi si saturano e tutto diventa bianco come la neve. 
Ironicamente parlando, sembra di essere intrappolati in una sorta in uno di quei vecchi film degli anni 20. 
Acromatopsia. 
Questo è il nome della mia malattia che ho ereditato da mio padre Fausto.  
"Allora godiamoci il viaggio" dice la mia amica dandomi un colpetto affettuoso alla gamba. Sorride e mi chiede: "Comunque che cosa vorresti vedere di bello?"
"Culi e tette" rispondo con ghigno. 
"Sei un vero cretino"ribatte Lidia, facendomi ridere. 
"Non lo so, vediamo quello che ci offre la casa" 
Lei annuisce soddisfatta. 
"L'unico neo è..."
"Cosa?"
"Avere una compagna di viaggio come te non è il massimo: sei rumorosa, e sembri uno dei quegli otaku che fotografa tutto" la stuzzico con un ghigno.
Per tutta risposta ricevo un calcio negli stinchi che non posso evitare. 
"Era proprio necessario, specie di pazzoide?" mi lagno, massaggiandomi la parte colpita. 
"In realtà, sì"
"Spero che non le tirerai anche i calci quando dormi" 
"Con lei no, ma con te sì" ribatte Lidia facendomi la linguaccia. 
Alle sedici in punto, il treno parte. 
Lasciamo la stazione piuttosto velocemente, io mi rilasso sul sedile, dopo qualche minuto mi appisolo. 
Ad un certo punto mi accorgo di non essere più sul treno, ma solo in una spiaggia assolata.  
Scalzo, la sabbia affonda fra le dita dei piedi, e mi chiedo vagamente perché non mi sono portato le ciabatte dietro. Non importa. 
L'odore di salsedine è forte tanto da farmi pizzicare il naso, ma cerco di ignorarlo e mi volto a guardare la distesa d'acqua infinita, provando un senso di vertigine. 
Riprendo a camminare. 
Qualcosa sfiora il mio piede e un verso di sorpresa mi scappa di bocca: una stella marina. Poverina, si è rovesciata sul dorso, e mi viene da ridere nel guardarla agitare i suoi piccoli tentacoli cercando disperatamente di girarsi. 
Delicatamente la raccolgo. 
"Dio, non la sopporto più!" 
La voce di Lidia mi strappa dal sogno. 
Mi scompiglio i capelli, e le lancio un'occhiata. 
"Ah, scusa ti ho svegliato?"
"Che succede?" chiedo con gentilezza. 
"Niente, ho avuto una discussione con mamma" mi risponde. 
Sua madre Gabriella non ha mai accettato del tutto il fatto che Lidia fosse gay, ed è convinta che si tratti di una "fase passeggera da giovani", anzi continua a chiederle quando incontrerà un bravo ragazzo e si deciderà a mettere su famiglia, alla veneranda età...di ventotto anni!
"Lasciala perdere"
"Si è lamentata del fatto che non l'ho accompagnata da una sua amica Anna per presentarmi suo figlio, Daniele" mi spiega, rabbrividendo. 
Mi ricordo di lui abbastanza bene: un tizio tozzo con lo sguardo vagamente bovino che tirava palloncini d'acqua sulle teste delle ragazze dalle finestre a scuola. 
"Bleah" 
"Hai ragione "Bleah!" fa eco Lidia. 
"Non ti ci vedo uscire con quel...tipo"
"Preferirei baciare Miley Cyrus"
"Non è il mio tipo, preferisco Liv Tyler" rispondo. 
La mia amica emette una spiece di sbuffo divertito. "O forse Arwen?"
"Meglio ancora"
"Sono d'accordo" 
"Se mi permetti, lascia perdere tua madre: un giorno si dovrà arrendere" 
Lidia tace, preferendo lasciare cadere l'argomento e comincia a scattare alcune foto ad un gruppo di case abbarbicate su una collina, poi ad una piccola chiesetta. 
"Ce li hai i rullini per i prossimi due giorni?"
"Ne ho portati a bizzeffe! Ho intenzione di riempire album un paio di album di foto" 
Siamo in viaggio da tre ore abbondanti, ogni tanto ci alziamo per poter sgranchire le gambe ricevendo qualche occhiataccia da parte degli altri passeggeri. 
Verso le sette e mezza, il buio comincia a calare, gli ultimi raggi del sole mandano bagliori contro il treno facendolo sembrare un gioiello luccicante. 
"Lidia...?"chiedo con voce bassa.
La sua mano è tiepida stretta intorno alla mia, appoggio la testa contro la sua spalla mente lei descrive il tramonto con i suoi colori nei minimi dettagli, e riesco ad immaginarlo dietro alle palpebre.
Alla fine ci alziamo, e come anatroccoli ci mettiamo in fila insieme ai nostri compagni di viaggio. 
Passiamo il resta della serata, io a discutere su quale radio sia migliore da ascoltare mentre Lidia si fa stracciare a poker, no so quante volte.  
"Oh cazzo, sono già le nove!" esclama Lidia, la mattina seguente guardando l'ora sul cellulare. 
Io lancio un gemito, e mi metto un cuscino sulla faccia: non ho dormito molto sia per la scomodità della cuccetta.
"Lasciami qui" piagnucolo, cercando di essere più noioso possibile. 
Sento un click. 
"Cazzo! Sei una maledetta maniaca!" strillo (e ben poco virilmente). 
"Sembri il morto con il cuscino sopra"
Ancora assonnato, con il passo degno di uno zombie mi trascino in bagno, dove mi lavo la faccia e i denti sbuffando al pensiero che quella carogna mostrerà la mia foto ai miei fratelli facendoli ridere a crepapelle. 
Facciamo una colazione abbondante con biscotti e caffè, prima di uscire. Tutto sommato, è una bella giornata a parte qualche nuvola che copre il sole e fa abbastanza caldo. 
Varazze non è molto grande, ma è piena di negozi, dove finiamo per comprare cartoline e qualche altro ricordo del viaggio; a pranzo ci femiamo in un piccolo ristorante. 
"Dobbiamo scendere in spiaggia!" esclama Lidia ad un certo punto. 
"Ce l'hai il costume? Non quella schifezza leopardata" commento. 
"Sei peggio della mia ragazza! E tu non ti sarai mica portato quello con i Biker Mice?" ribatte lei con un sopracciglio alzato.  
Alla fine, decidiamo di non metterci in costume e di farci una semplice passeggiata; ci fermiamo a guardare i turisti. Mi ricordano dei leoni marini sulla spiaggia. 
Visitiamo anche il porto dove Lidia scatta un paio di foto alle barche. 
Il tempo passa veloce. 
Facciamo ritorno al treno, con le borse piene e il portafogli leggero (o quasi). 
Cade un silenzio confortevole fra noi, interrotto solo dal tichettare dei tasti del mio portatile.  
"E adesso chi è?" brontola Lidia, non appena sente il telefono squillare.  
"Pronto?" 
La guardo mentre scende dalla cuccetta, prima di precipitarsi fuori. 
La porta sbatte con forza. 
É impossibile non sentire la telefonata...da come sta strillando, accidenti! 
"Che succede?" chiedo, cercando di tenere un tono calmo, non appena Lidia torna in cabina con la faccia scura.  
"Me ne voglio andare di casa, non ce la faccio più..."
"Fai un bel respiro, e dimmi cosa è successo" le dico, posandole una mano sulla schiena. 
Lei ubbidisce e mi spiega che non appena sarà il finito il viaggio, sua madre intende farla conoscere ai figli di alcune sue amiche per una possibile frequentazione, a quanto pare con Daniele non è andata molto bene quindi ha optato per possibili candidati...manco fossimo negli anni '50!
"Perché non vai a stare con la tua ragazza?" le suggerisco, buttando l'idea lì. "Almeno starai lontano da tua madre per un bel pezzo"
Ricevo un'occhiata perplessa. Ok, forse è vero come idea fa schifo, ma sempre meglio che sorbirsi sua madre che la rimprovera per qualsiasi cosa. 
"Ma sai che lei abita a quaranta chilometri da abitiamo noi, Fab! E se poi noi due non..."
"Esistono più o meno quelli che si chiamano mezzi di trasporto, anche per i mezzi ciechi come me, a parte questo dovresti parlarne davvero con Susan" la interrompo. 
"A lei piacerebbe moltissimo" dice Lidia. Stanno insieme da tre anni, ma sembrano una di quelle coppie che si sono sposati quando erano ragazzini. 
"Sì, lo so ma ci dovresti riflettere davvero" la interrompo nuovamente, stringendomi nelle spalle. 
Ci alziamo e andiamo a cenare. 
Qualche ora più tardi, cullato dal dondolio del treno finalmente mi addormento. 
Sono di nuovo sulla spiaggia. 
Un nodo mi si ferma in gola, non appena mi accorgo che riesco a vedere i colori: il blu dell'acqua, il giallo della spiaggia, il rosso della stella marina; mi viene voglia di urlare, mettermi a ballare come pazzo, ma alla fine sorrido, sentendo quella gioia dolce e dolorosa insieme. 
"Oh scusa, piccolina" dico, ricordandomi della stella che ho in mano. 
Facendo attenzione a non scivolare, avanzo fino a dove l'acqua lambisce le mie caviglie e la deposito per terra.  
Ci vuole qualche secondo, ma alla fine la vedo scivolare via portata dalle onde. 
Un brezza calda si alza scompligandomi i capelli, e sollevando un lembo della mia maglietta. 
Spalanco gli occhi. 
Ascolto i rumori per un po'. 
Un stupido sogno, penso. 
Mi asciugo le lacrime con le dita. 
L'indomani arriviamo a Finalborgo. 
É la nostra seconda tappa. 
Lidia si sveglia presto, mi trascina giù dal letto. 
Fuori il sole splende...e per me è un bel problema. Perdo un sacco di tempo a mettermi del collirio e trovare gli occhiali che uso per uscire nelle belle giornate, come tocco finale mi metto un ridicolo cappello a secchiello in testa. Sono davvero una lumaca vivente, come direbbe mio fratello Paolo. 
Ci uniamo ai nostri compagni di viaggio e ci mettiamo a girare (spendendo anche un bel po', stavolta). 
D'impulso, entro in una chiesa.
É strano perché non sono mai stato una persona religiosa.
Ci sono poche persone intente a pregare o ad ammirare gli affreschi. 
Mi accomodo su una panca e mi guardo intorno, chiedendomi se mai un giorno riuscirò a vedere anche io quei bellissimi colori, come in quel sogno che ho fatto la notte prima. 
La voce di Lidia, la mia carissima Lidia è ridotta ad un bisbiglio quando mi parla delle vetrate e dei suoi colori, del delicato blu del mantello della Madonna, l'oro delle aureole degli angeli. 
Restiamo per un bel pezzo lì. 
"Non ricordavo la luce del sole così forte" esclama la mia amica, portandosi una mano sulla fronte, appena siamo usciti. 
Alla fine, decidiamo di andare in spiaggia. 
Decido di rimanere sotto all'ombrellone all'ombra a smanettare con il telefono invece la mia amica si infila quel costume orrendo leopardato che si è portata dietro e si butta in acqua spaventando due signore, facendomi ridere. 
Poi mi ricordo della foto che mi ha fatto, quindi ne scatto una e la mando a Susan, scrivendole che razza di orrore si è messa addosso, che farebbe urlare persino Enzo Miccio!
Torna un bel po' dopo, odorando di alghe e di sale. 
Si asciuga i capelli. 
Le lancio un'occhiata pigra. "Come era l'acqua?"
"Fantastica. Sappi che mio nonno è più vitale di te, Fab" commenta lei, nel vedermi steso sul telo come una trota sul tagliere. 
"Non dire cazzate lui ha novant'anni, io ne ho..."
"Trecento"
Punto sul vivo, scatto in piedi e mi metto a correre dietro con lei che mi strilla "Nonno Fabio hai trecento anni!"
Sono sul punto di prenderla ma Lidia scarta di lato e io finisco addosso ad una ragazza, ed entrambi cadiamo nella sabbia. 
"Scusami! Non avevo...oh scusami davvero!" esclamo. 
"Ti sei fatta male?" dice Lidia aiutandola ad alzarsi. 
Per un attimo, temo che sia arrabbiata poi lei sorride. "Colpa mia, mi sono mezza di mezzo"
"Scusaci, stavo prendendo in giro lui e mi hai salvato" interviene Lidia, facendomi l'occhiolino. 
"Davvero?"
"Grazie"
La sconosciuta scoppia in una risata argentina, è un suono bellismo. I capelli scuri le danzano sulle spalle come piccoli serpentelli stesi al sole. Indossa un semplice prendisole con dei fiori stampati sopra e sandali bianchi. 
"Angela" si presenta, allungando la mano. 
"Lidia e questo qui, è il mio migliore non-amico Fabio" dice Lidia.
Le lancio un'occhiataccia, ma viene prontamente ignorata. 
"Siete in vancanza?"
"Sì, da un paio di giorni. Tu?"
"Io abito qui"
Rimaniamo a parlare per bel pezzo, e vengo a sapere che Angela lavora come bibliotecaria nella cittadina, ha trentuadue anni e vive da sola con tre gatti: Yoongi (come il suo rapper preferito), Poe e Howard. 
Scopriamo di avere diversi gusti in comune come la musica o la lettura. 
Gentilmente Angela si offre di portarci in un locale, che poi scopriamo essere una trattoria gestita da un suo amico. Un tizio strano con i dreadlock di nome Elia. 
Non so se esiste il colpo di fulmine o no, ma stranamente decido che adoro le città di mare. Persino la mia amica si è accorta degli sguardi scambiati di continuo fra me e Angela. Quindi decide al momento giusto di filaserla con una scusa. 
"Ok, ci si vede alle otto sul treno!" 
"Cercherò di non perdermi" mi risponde Lidia, ben sapendo che ha un pessimo senso dell'orientamento. 
La mano di Angela è calda nella mia, piccola ma forte. 
Mi fa girare per la città, e senza volerlo le ore passano così in fretta. Mi rendo conto che non voglio partire, restare lì.  
Torniamo alla spiaggia. 
Il sole è quasi basso nel cielo. 
Angela si toglie il prendisole e buttarsi nell'acqua, sollevando spruzzi. Se mai dovessi descriverla mi vengono in mente le parole del poeta Dino Campana: 
Tu mi portasti un po' d'alga marina
Nei tuoi capelli, ed un odor di vento 
Che è corso di lontano e giunge grave
D'ardore al tuo corpo bronzino. 
Mi spoglio e la raggiungo, ma rimango lì fermo con i piedi nell'acqua. 
Ho paura di immergermi. 
"Che succede?"
La voce di Angela è colma di interrogativi. 
"Scusa..."
"Non devi aver paura" 
Lascio che mi prenda per mano, e che sia lei a condurmi. Decido di fidarmi. 
Rimaniamo dove si tocca con i piedi. 
Ci abbracciamo, il suo corpo è caldo contro al mio. I suoi capelli neri mi solleticano la guancia. 
"Fabio..."
"Non posso vedere i colori, Angela" le dico "Io voglio sapere che cosa sono"
La vedo annuire. "Sai perché mi hai colpito?"
"Come un cazzotto? Non in senso negativo" blatero. Quando sono nervoso, tendo a parlare troppo. 
"No, tu sei una persona forte...e non hai paura"
Invece ce l'ho: è come essere inghiottiti da una grossa bocca nera e senza fondo. "Come farò?"
Lei tace, ma cerca la mia mano e me la stringe con forza. 
All'improvviso, lei mi bacia. 
É un bacio dolce. 
Ha le labbra calde, e l'alito che sa vagamente di menta. 
Apro gli occhi e lei che mi sorride un po' compiaciuta e un po' imbarazzata. "Di solito non bacio i primi che capitano, ma tu Fabio sei un'eccezione" 
Ci rendiamo conto che si sta facendo tardi, quindi a malincuore, ci rivestiamo. 
Angela mi saluta con un abbraccio veloce e un bacio sulla bocca, però quello è piacevolmente lungo. 
Torniamo al treno. 
Stranamente, mi sento silenzioso. 
"Fabio?"
Alzo lo sguardo. 
Ho le guance bagnate. 
"Cazzo" la sento mormorare. 
Mi cinge la spalla con un braccio e rimane lì aspettando che la crisi passi. 
"Lo so"
"Vorrei solo essere..."
Normale. 
La parola non mi viene. 
A volte sono così stanco, che non so cosa fare. 
"Scusa, molto probabilmente ti ho rovinato la vacanza" 
"Ti faccio un discorso solo per questa volta, e sarò noiosa tipo mia nonna Ada, ma non pensare mai questo, ok? Non ti ho portato qui per niente, sinceramente dovevamo starcene per un po' lontano da casa. E poi hai conosciuto Angela, quella ragazza è davvero carina e credo che tu le piaccia davvero, a volte nella vita ci sono cose buone"
Il risultato è che mi metto singhiozzare più forte, fino a che non mi fale gli occhi. Di solito non sono un tipo che piange per un nonnulla. 
Vado in bagno, mi sciacquo la faccia.
"Sembravi uscita da un discorso che si fanno in quei film smielati che guardi" le dico. Non prima di scoppiare in una risata liberatoria. 
Un cuscino mi centra sulla faccia. 
"Fabio sei un idiota"
"Sono anni che me lo ripeti" le dico. "E comunque Angela mi ha dato il suo numero e quindi..."
"Dio sia ringraziato il cielo! Almeno non finirai vergine a quarant'anni!" esclama Lidia alzando le braccia al cielo. 
"Qualche volta ti uccido!" ribatto "Sembri un maledetto camallo genovese!" 
"Prego"
Lei fa un sorriso grande, le sue fossette compaiono. "Prometto. Ci scattiamo una foto insieme?"
Annuisco, mi tolgo gli occhiali. 
Siamo seduti l'uno accanto all'altro, come facevamo quando avevano quindici anni e ci scattavamo stupidi selfie. 
"Starà benissimo nell'album, non trovi?"


Nota autore: Questa storia, be' è il mio primo tentativo non-horror, e spero che sia andata bene. Ho davvero amato questi tre personaggi, perché ho amato davvero scriverla. 
Ciao. 


   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Naquar