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Autore: EffieSamadhi    27/04/2023    0 recensioni
Finalmente Lizzie si voltò, trovando il coraggio di incrociare il suo sguardo. Aveva gli occhi sinceri, e nel loro bagliore trovò immediatamente l’uomo che aveva saputo conquistarla. «Non sentitevi in colpa per i capricci di una ragazza, signor Darcy. Scommetto che lady Catherine approverebbe un fidanzamento lungo.» L’ultima frase, totalmente permeata del sarcasmo che tanto ammirava, gli strappò una risata. «Saprò aspettare finché sarà arrivato il momento, signor Darcy. Mio padre mi ha ben spiegato il valore della pazienza.»
Darcy le accarezzò il viso in una tenera carezza, osservando la figura snella nella penombra della stanza, e per un attimo sentì venir meno la cavalleresca integrità che lo aveva sempre contraddistinto. Per quanto cresciuto con i valori di un cavaliere, non poteva ignorare di essere fatto di carne e sangue, come qualunque altro uomo. E come qualunque altro uomo, lo sapeva, se non si fosse allontanato in fretta nulla gli avrebbe impedito di far scivolare la propria mano sul petto generoso della ragazza che gli stava di fronte. «Credo che siamo entrambi molto stanchi, signorina Bennet. Dovremmo proprio ritirarci.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. Mille violini suonati dal vento.

Disclaimer | I personaggi e i luoghi descritti non sono frutto della mia fantasia, ma appartengono a quel genio indiscusso che era la “zia” Jane Austen. Le vicende narrate nella seguente storia sono invece frutto della mia mente malata, e io mordo.

Personaggi | Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy

 

 

 

 

 

Disonorevole

 

 

 

Capitolo primo.

Mille violini suonati dal vento.

 

Pemberley, giugno

 

         Una lieve sconnessione della strada fece destare di soprassalto Elizabeth, che dopo l’ultimo cambio dei cavalli alla stazione di posta aveva ceduto alle pretese di Morfeo, concedendosi di chinare la testa e schiacciare un pisolino. Guardò alla propria destra, trovando Kitty ancora profondamente addormentata. Forse l’unica qualità che avrebbe mai potuto invidiare alla sorella minore era quella di riuscire a dormire come un sasso in qualunque situazione, anche viaggiando in carrozza su una sconnessa strada di campagna. Stiracchiò le braccia e scostò la tendina, sorridendo alla vista del ben noto profilo di Pemberley. Il sole splendeva alto sulla tenuta, disegnandone chiaramente i contorni e il riflesso sulla superficie del lago cristallino. Sospirò di soddisfazione al pensiero che quel lungo viaggio stesse volgendo al termine, soprattutto perché ad attenderla avrebbe trovato i volti sorridenti delle persone che più amava e stimava: la cara e dolce Jane, il signor Bingley, la signorina Georgiana… e soprattutto il signor Darcy.

         Non si vedevano dalla fine del mese di marzo, da quando Jane e Bingley erano partiti per il loro viaggio di nozze. Darcy era partito insieme a loro, lasciandosi dietro la promessa di tornare presto a Longbourn, ma a causa di alcuni affari urgenti non gli era stato possibile tener fede al patto. Era per farsi perdonare delle proprie manchevolezze che aveva invitato gli amici più cari a trascorrere del tempo a Pemberley, approfittando di una primavera incredibilmente mite e per nulla piovosa.

Delle tre sorelle Bennet, soltanto Lizzie e Kitty avevano preparato i bagagli: nemica delle occasioni mondane, Mary aveva addotto come scusa la necessità di conferire urgentemente con il signor Collins, attualmente in visita presso Lucas Lodge, riguardo alcune scritture davvero impossibili da interpretare. Lizzie non aveva insistito affinché le seguisse, consapevole di quanto la sorella si sarebbe sentita a disagio in un ambiente tanto distante dai suoi interessi. In fin dei conti, si era detta, avere a casa almeno una delle figlie curerà senz’altro i poveri nervi di nostra madre.

         Un fruscio la convinse a voltarsi di nuovo verso la sorella, trovandola intenta a stropicciarsi gli occhi dopo una lunga dormita. «Buongiorno, Kitty. Ti sei svegliata appena in tempo. Siamo praticamente arrivate» aggiunse, scostando la tendina per mostrarle il panorama.

         «Santo cielo!» esclamò la ragazza, travolgendola per avvicinarsi al finestrino. «Quella lì sarebbe la famosa Pemberley? La proprietà da diecimila sterline l’anno?» Kitty tornò quasi subito a sedere, incrociando le braccia con fare contrariato. «Trovo davvero ingiusto che il signor Darcy si sia innamorato di te. Tu non sapresti nemmeno come spenderle diecimila sterline.» Lizzie trattenne una risposta mordace, limitandosi a sorridere: nonostante dal matrimonio di Lydia ci fossero stati grandi passi in avanti, a volte il carattere di Kitty presentava ancora delle spigolosità che soltanto il tempo e la pazienza avrebbero saputo smussare.

         Il cocchiere arrestò il passo, fermando il cocchio davanti all’ingresso principale della casa. Lizzie allungò la mano per aprire lo sportello, ma qualcuno dall’altro lato fu più rapido. «Signor Darcy!» esclamò con meraviglia, arrossendo come una fanciullina.

         «Signorina Bennett, è un piacere vedervi» replicò lui in tono formale, tendendole una mano per aiutarla a scendere. «Signorina Catherine, è un piacere che anche voi ci abbiate raggiunto. Spero abbiate viaggiato bene» aggiunse mentre aiutava anche la seconda ragazza a posare i piedi a terra.

         «Magnificamente, signor Darcy. Questo tempo è ideale per viaggiare.»

         «Vi trovo molto bene, signorina Elizabeth.»

         «Posso dire lo stesso di voi, signor Darcy.»

         «Sono molto felice che la compagnia sia finalmente al completo. Aspettavamo solo il vostro arrivo. Permettetemi di accompagnarvi, gli altri stanno aspettando nel salone. Intanto farò portare i bagagli nelle vostre camere.» Offrì un braccio ad entrambe le sorelle, scortandole su per la scalinata e oltre il portone d’ingresso.

Mentre attraversava la soglia aggrappata al braccio di quel gentiluomo, Lizzie non poté fare a meno di chiedersi che cosa avrebbe provato il giorno in cui avrebbe ripetuto quel gesto portando un cognome diverso. Quel pensiero gettò una lieve ombra sul suo volto: erano trascorsi ormai otto mesi dal giorno in cui Darcy aveva rinnovato la sua proposta di matrimonio, ma ancora non era stato fatto alcun passo in avanti nell’organizzazione delle nozze. Dapprima avevano deciso di lasciare che fossero Jane e Bingley a sposarsi, poi un brutto raffreddore aveva costretto il signor Bennet a letto per quasi due settimane, poi ancora Lizzie aveva soggiornato per un mese presso i Collins per aiutare l’amica Charlotte durante i suoi primi giorni da madre, e infine il colonnello Fitzwilliam era stato richiamato urgentemente a Londra per un nuovo incarico. Lizzie iniziava a sospettare che una forza oscura congiurasse contro di loro – chissà, forse Lady Catherine aveva smosso alcune delle sue conoscenze per far calare sulla giovane coppia una sorta di incantesimo malvagio.

Kitty lasciò il braccio di Darcy per affrettarsi verso il salone – un comportamento sconveniente che Lizzie finse di non notare. «Improvvisamente vi siete fatta triste, signorina Elizabeth» sussurrò Darcy, sfiorandole la mano. «Vi sentite poco bene?»

«Vi ringrazio per la sollecitudine, signor Darcy. Ma sto bene» mentì. «Un pensiero poco gradito mi ha attraversato la mente, ma non è nulla che non possa essere cancellato dall’allegria di un nutrito gruppo di amici.» Badò di non incrociare il suo sguardo, certa che avrebbe smascherato ogni bugia, e sperò di riuscire a riaversi prima che fosse Jane a notare quel malessere.

 

«Signorina Elizabeth!» esclamò Georgiana, la prima a correrle incontro. «Sono così felice che ci abbiate finalmente raggiunto! Non vedevo l’ora di poter di nuovo ascoltare una delle vostre canzoni.»

«Deduco che non abbiate chiesto a mia sorella Jane di cantare qualcosa per voi, senza alcun dubbio avreste immediatamente mutato l’oggetto del vostro amore. Non guardarmi così» aggiunse, sentendo su di sé lo sguardo della sorella maggiore, «tutto l’Hertfordshire sa che sei tu la musicista di famiglia.»

«La mia lontananza ti nuoce» rispose l’altra donna, avvicinandosi per abbracciarla teneramente. «Il tuo sarcasmo si è fatto ancora più pungente.»

Darcy, che ancora le stava a fianco, lasciò andare una breve risata. «Dio solo sa quanto bisogno ci sia di donne franche quanto la signorina Elizabeth. Credetemi, signora Bingley, vostra sorella possiede un dono non comune.»

Lizzie notò che all’angolo opposto della sala, addossate al caminetto, le sorelle del signor Bingley si erano scambiate un’occhiata eloquente, evidentemente non ancora avvezze al nuovo cognome di Jane. Decise di ignorarle, come aveva fatto sin dal primo momento: non erano affatto il tipo di persona sul quale desiderava far colpo.

«Avete viaggiato bene, signorina Elizabeth? Noi abbiamo trovato un tempo perfetto al rientro dalla Scozia» intervenne Charles Bingley.

«Abbiamo viaggiato molto bene, grazie. Sembra che Kitty non si sia nemmeno stancata molto» aggiunse con un sorriso, notando come la sorella minore sembrava essere già entrata in perfetta sintonia con Georgiana.

«Su, accomodiamoci» la esortò Darcy indicandole un divano poco distante. «Abbiamo già suonato per il tè, la signora Reynolds sarà qui tra poco.»

Lizzie accettò l’invito, felice di potersi finalmente appoggiare a qualcosa di comodo. Accanto a lei sedette Jane, che le prese la mano con il solito fare materno. «Dimmi, Lizzie, come stanno i nostri genitori?»

«Nostro padre sta molto bene, mentre nostra madre… beh, lei ha sempre la dolce compagnia dei suoi nervi, come ben sai. Anche Mary sta bene, in questi giorni trascorre molto tempo a Lucas Lodge. I Collins sono venuti in visita da Hunsford.» Jane annuì, mostrando un lieve sorriso al pensiero che in fondo nulla fosse cambiato davvero a Longbourn. «Ma non parliamo della mia monotona vita in campagna. Raccontate del vostro viaggio di nozze, sei stata così evasiva nelle tue lettere!»

Darcy sedette su una poltrona poco distante, ascoltando con attenzione il resoconto del viaggio dei Bingley. Nonostante la concentrazione, però, fu attento a non perdere mai di vista il volto di Elizabeth, seguendone con perizia ogni lieve mutamento. Si era accorto che qualcosa in lei era cambiato nel momento in cui aveva varcato la soglia di Pemberley, come se un peso le fosse calato all’improvviso sul cuore. Decise che avrebbe dedicato ogni grammo della propria forza alla scoperta del malessere che la opprimeva, nonostante già sapesse che non sarebbe stato per niente semplice neutralizzare le sue difese.

 

L’occasione arrivò a tarda sera, quando dopo una lauta cena e ore di canti, balli e partite a carte quasi tutti gli ospiti si erano ritirati nelle loro camere. Con la scusa di non voler interrompere una lettura interessante, Lizzie si era trattenuta in salotto più a lungo degli altri, fino a rimanere completamente sola. Fu così che Darcy la trovò, seduta in silenzio davanti al camino, in grembo un libro che aveva smesso di sfogliare ormai da parecchi minuti. Rimase in piedi sulla porta a lungo, senza emettere un fiato, raccogliendo il coraggio di avvicinarsi per domandarle cosa la stesse tormentando. Era così assorta che non lo sentì farsi avanti, accorgendosi della sua presenza soltanto quando si abbassò per aggiungere un ciocco al fuoco ormai indebolito. «Signor Darcy, siete ancora sveglio.»

«Già, e pensavo di essere l’unico.»

«Mi sono trattenuta per leggere. Era da un po’ di tempo che non mi imbattevo in una lettura così appassionante.»

«Vi capisco, una buona lettura può davvero fare questo effetto.» Esitò qualche istante prima di accomodarsi sullo stesso divano occupato dalla donna, badando di posizionarsi all’estremità opposta, così come le convenzioni richiedevano. «Devo farvi una domanda, signorina Bennet, e vorrei che mi rispondeste sinceramente.»

«Vi ascolto, signor Darcy» gli rispose, chiudendo il libro con un gesto nervoso e sperando che l’incertezza nella propria voce non fosse così tangibile.

«Quando siete scesa dalla carrozza, oggi pomeriggio… oggi pomeriggio sembravate la donna più felice del mondo. Ma da quando siete entrata in questa casa è come se fosse calato un velo sul vostro sguardo. Se non sentissi di conoscervi più di quanto conosca me stesso, oserei dire che sembrate molto triste.»

Lizzie deglutì, sentendosi colta in fallo. Aveva sperato di ingannare tutti indossando la propria maschera più allegra, ma aveva dimenticato quanto Darcy fosse un ottimo osservatore. «Non sono triste, ve lo assicuro» sussurrò, tentando di nascondere il tremolio delle proprie parole. «Ho solo avuto un cattivo pensiero, tutto qui.»

         «Volete parlarmene?»

         «Non credo siate la persona giusta con cui confidarmi, in tutta sincerità.»

         «Credo di avere il diritto di sapere, dato che sono stato io a condurvi qui. Pemberley ha gettato un’ombra sul vostro cuore, me ne sento responsabile.»

         Lizzie evitò di guardarlo, lisciando distrattamente la copertina del libro con entrambe le mani. «Se proprio ci tenete a saperlo, ve lo dirò. Ma non vi farà piacere, ve lo assicuro.» Prese un respiro profondo, raccogliendo il coraggio per continuare. «Siamo fidanzati da otto mesi e ancora non abbiamo alcun progetto. Non me ne sono resa conto finché non ho superato l’ingresso appena al vostro braccio. A quel punto mi sono chiesta se… mi sono chiesta come sarebbe stato varcare la soglia potendo finalmente fregiare del vostro cognome. Non dite nulla» aggiunse in fretta. «Lo so che è una sciocchezza. Soltanto una ragazzina potrebbe soffrire per una simile assurdità.» Appoggiò in fretta il libro sul tavolino lì accanto e si alzò in piedi, raggiungendo in pochi passi una delle finestre del soggiorno. Fuori era così buio da non riuscire a distinguere nulla, ma non le importava: tutto ciò che desiderava era avere una scusa per dargli le spalle, impedendogli di vedere le lacrime che iniziavano a spuntarle tra le ciglia scure.

         Per un paio di minuti Darcy rimase seduto ad osservare la sua schiena, concentrato sul profilo delle spalle che sobbalzavano appena, scosse da brevi singhiozzi silenziosi. Vederla così abbattuta lo feriva, poiché sapeva che era stato anche lui a non sapersi imporre di fronte ai contrattempi che di volta in volta li avevano costretti a rimandare i loro progetti. Dio gli era testimone, non c’era una sola cosa al mondo che desiderasse più che poter finalmente sposare quella donna, l’unica che avesse mai saputo tenergli testa in ogni occasione. Finalmente trovò il coraggio di alzarsi e raggiungerla, fermandosi alle sue spalle. Sollevò una mano per appoggiarla sulla sua spalla, stringendola con ferma dolcezza. «Finora non mi sono dimostrato all’altezza della mia reputazione. Mi vergogno di me, Elizabeth. Nessuna delle mie ricchezze ha più valore di un vostro singolo sorriso, credetemi. Sapere di non essere ancora riuscito a darvi ciò che meritate mi ferisce più di quanto ferisca voi.»

         Finalmente Lizzie si voltò, trovando il coraggio di incrociare il suo sguardo. Aveva gli occhi sinceri, e nel loro bagliore trovò immediatamente l’uomo che aveva saputo conquistarla. «Non sentitevi in colpa per i capricci di una ragazza, signor Darcy. Scommetto che lady Catherine approverebbe un fidanzamento lungo.» L’ultima frase, totalmente permeata del sarcasmo che tanto ammirava, gli strappò una risata. «Saprò aspettare finché sarà arrivato il momento, signor Darcy. Mio padre mi ha ben spiegato il valore della pazienza.»

         Darcy le accarezzò il viso in una tenera carezza, osservando la figura snella nella penombra della stanza, e per un attimo sentì venir meno la cavalleresca integrità che lo aveva sempre contraddistinto. Per quanto cresciuto con i valori di un cavaliere, non poteva ignorare di essere fatto di carne e sangue, come qualunque altro uomo. E come qualunque altro uomo, lo sapeva, se non si fosse allontanato in fretta nulla gli avrebbe impedito di far scivolare la propria mano sul petto generoso della ragazza che gli stava di fronte. «Credo che siamo entrambi molto stanchi, signorina Bennet. Dovremmo proprio ritirarci.»

   
 
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