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Autore: SeungSeiRan    13/09/2009    2 recensioni
La bellezza è una caratteristica spesso sopravvalutata. Lascia che se ne accorga da sola.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Williams, Sergei Dragunov
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Morning Star

Salve a tutti! Sono Miss Trent, già autrice su questo sito, e questo è il mio primo esperimento di traduzione. Curiosavo nel fandom inglese di Tekken e mi sono imbattuta in questa one-shot che mi è piaciuta fin da subito, come molte altre di questa autrice. Così ho deciso di provare a tradurla, anche per i fan italiani di Tekken^^ spero di aver fatto del mio meglio...ad ogni modo, l'originale si trova su questa pagina, e qui c'è la pagina personale dell'autrice.

Come da regolamento, riporto il testo che autorizza la traduzione:
«First off, I'm so happy that someone would ever take the time to read any of my fics so thanks very much for the compliments :). And yes, of course you may translate my fics. I hope it won't be too difficult. Good luck and thanks again.
Sincerely,
SeungSeiRan
»

Detto questo, non mi resta che augurarvi buona lettura! :)

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È così brutta che fa buio
quando guarda verso il cielo
Allora la luce si spaventa
Splende sul suo viso dal basso
Così deve nascondersi durante il giorno
Infatti non vuole spaventare la luce
Vive nell’ombra fino a che la luce sparisce

Vede una stella brillare nel crepuscolo e supplica
Dipingi la bellezza sulle mie guance
.

- Morgenstern, Rammstein


Secondo lui, una donna non era mai più attraente o ripugnante di quanto non lo fosse al suo punto più debole.

Come quella lì, la rabbia consumata dalla bruciante apatia dell’alcol che le scendeva giù per la gola, la sua sofferenza celata dagli strati di trucco pensati per svelare e nascondere cosa c’è dietro l’espressione imbellettata. Il rossetto rosso era sbavato dalle labbra e le lacrime avevano fatto colare il mascara lasciando linee di macchie nere a imbrattare le guance pallide e scavate. Una vista penosa, in verità.

Questo è il vizio di odiare se stessi.

Richiamò un’altra volta alla mente i dettagli della scheda dell’ obiettivo. Anna Williams, 165 cm, 49 kg, gruppo sanguigno A, esperta di Koppo-jutsu e Aikido. Occupazione corrente come assassina, figlia del noto cecchino, Richard Williams, e della campionessa di Aikido Rachel Williams. Una sorella, Nina Williams. Luogo di nascita, Irlanda. Numero di vittime, quindici secondo stima. Ben lontano dai numeri che il padre e la sorella avevano accumulato tra loro.

Inutili piccoli dettagli.

Per lo più, lei rimaneva silenziosa e assopita nel suo torpore ubriaco. A intervalli, si svegliava e faceva un cenno allo scontroso barman, bisbigliando cose che apparivano sensate e concise solo alla sua immaginazione. Una creatura patetica, quell’incarico da completare.

Il Russo si alzò e marciò dove stava appoggiata la signora in rosso, ignara di ciò che la circondava. Ogni singolo passo accuratamente ed esattamente calibrato. Passi piccoli e staccati, pensati per movimenti rapidi ed efficienti. Colse un riflesso dei propri tratti duri e bianchi come il gesso nel suo bicchiere di vino, in parte colorato dal rosso liquido.
La testa di lei era abbandonata sopra le braccia incrociate sul freddo bancone di marmo. Basti dire che era solo vagamente consapevole del pezzo di carta a pochi centimetri dalle sue dita guantate.


L'orario di chiusura arrivò e lei fu accompagnata alla sua camera d’albergo da un grosso e muscoloso buttafuori che l’aveva toccata palpandole il seno prima di spingerla sgarbatamente nella sua stanza, lanciandole le chiavi e chiudendo la porta prima che lei lo lasciasse. Il biglietto rimase accartocciato nel suo pugno, senza che lei lo avesse notato.

Era imperdonabilmente troppo tardi quando finalmente si era svegliata, nel pomeriggio. Imprecando per i dolori degli insopportabili postumi di quella sbornia, spiegò il pezzo di carta e tentò di decifrarne il contenuto, scritto a chiare lettere maiuscole.

Lo lesse. E lo lesse di nuovo. Altre due volte fino a che non si convinse della sua autenticità. Per suo sgomento, era stata osservata. Qualcuno l’aveva spiata quella sera, mentre si ubriacava. E invece di deriderla, questo qualcuno aveva detto la verità.

Aveva lasciato che la sua rabbia repressa e le sue insicurezze prendessero la meglio su di lei perché si sentiva fragile. Inutile. Incompresa.

Queste tre parole risuonarono nella sua testa.

Fragile. Inutile. Incompresa.

Erano le parole che riassumevano tutto ciò che la gente sapeva di lei. O pensava di sapere di lei. Desideravano quel corpo sensuale ed esperto affinato da anni di allenamento e innumerevoli ‘avventure’ di una notte. Disprezzavano l’audacia che si manifestava nei suoi abiti e negli atteggiamenti, maschera che dissimulava le molte ferite e sofferenze che era stata costretta a sopportare fin dal giorno in cui aveva respirato per la prima volta.

A differenza della sorella due anni prima di lei, Anna era nata pallida e debole, prematura di due mesi. Suo padre era assolutamente seccato dal fatto che fosse meno forte e resistente di Nina e aveva subito riposto il suo favore su quest’ultima. Mentre entrambi si allenavano all’aperto, al sole e all’aria fresca, lei poteva soltanto rimanere dentro e guardare con invidia, sentendo la mancanza dell’amore e della compagnia della sola persona da cui le desiderava.

Certo, era diventata forte con gli anni. Molto forte. Un’ammazzauomini in molti sensi. Ma non era stato abbastanza per fargliela vedere.

Per loro, sarebbe stata sempre l’insignificante, inutile Anna.
Per il mondo, era oggetto di desiderio e invidia. Entrambe al peggior livello…

Ma lì, su quel piccolo pezzo di carta, qualcuno l’aveva capito. Qualcuno l’aveva capita.

Questo la spaventava.


Lui continuò con i biglietti. Ci volle del tempo ma alla fine lei iniziò ad abbassare la guardia. Francamente, questo lo disgustava. Non c’è posto in questo mondo per i deboli. Come si dice, solo i forti sopravvivono. Uccidere o essere ucciso.

Il bisogno disperato di questa donna di essere amata lo divertiva. Lei non lo conosceva neanche. Dopotutto era solo uno sconosciuto che la osservava bene e le mandava messaggi gentili. Lusinghe elaborate e descrizioni troppo zelanti non erano nel suo stile ma poteva solo dedurre che lei ne apprezzasse la sincerità. Cos’era per lei se non un mistero sulla carta? Non doveva mai esporsi ed essere visto o sentito. Preferiva così. Senza emozioni, senza legami.

Da dove veniva lui, tutto era gelido. Il clima, il cibo, l’acqua in cui fare il bagno, persino la gente. Morire era fin troppo facile e suicidarsi era considerato un gesto da codardi. Per sopravvivere, dovevi essere morto. Un oggetto senza un’anima, che non poteva sentire nessuna delle emozioni che ostacolavano la razionalità umana. Come un computer capace di funzionare logicamente senza la paura di danneggiare l’altro. Per vivere, dovevi morire.

Era morto fin da quando aveva memoria. Gli andava bene così. Lasciati fuori tutti i ricordi…

Guardò in completa indifferenza mentre lei cadeva in trappola. Un altro biglietto insieme ad una sola rosa rossa. L’ espressione di lei da un lato parlava di sospetto e prudenza. Dall’altro si riempiva di lacrime di commossa gratitudine.

Si, sarebbe crollata in men che non si dica.

Cosa sentiva in quel momento era disprezzo, si disse lui. Non pietà, disprezzo.


Aveva scoperto del suo debole per il vino rosso in un giorno particolare. I raggi morenti del sole che tramontava era ancora troppo intensa per i suoi gusti e ciò lo innervosiva. Ad ogni modo, tutte le missioni, per quanto sgradevoli potessero essere, dovevano essere compiute e completate. Un fallimento dovuto ad una qualsiasi debolezza da parte sua non era un’opzione. Infastidito, fissava attraverso il binocolo quella figura vestita di rosso. Una maledetta perdita di tempo ma…

Lei stava meglio rispetto a poche sere prima. I capelli perfettamente acconciati, non una macchia sul qipao cremisi. Generalmente, tale perfezione l’avrebbe irritato ma il ricordo di lei, vulnerabile ed amareggiata, l’aveva mantenuto calmo per quel momento. Per un attimo, si era azzardato a chiedersi se lei avesse creduto in ciò che le aveva scritto.

La stella del mattino. Più rara e più bella della sua controparte notturna.

Finge ancora di essere una rosa sapendo di essere un cardo. Brutto e spinoso.

La vile puttana. Che fugge dalla verità. Il dolore deve essere nato con i denti digrignati e una volontà di ferro. Ovviamente, lei mancava pesantemente di quest’ultima caratteristica. Lo divertiva il fatto di come una scusa così patetica per una femmina potesse passare per un simbolo di desiderio e intrigo. Ma ancora una volta, non aveva mai avuto molta propensione nei confronti del ‘gentil sesso.’. Le donne servivano come mezzo di procreazione delle generazioni future e per nutrire la discendenza. Questo era tutto.

Senza dubbio lei si prendeva i suoi tempi nel bere. Cominciava a diventare abbastanza noiosa. Sprecando tempo (anche il suo), mescendo il vino nel bicchiere e contemplandolo prima di provare a berne un sorso. L’alcol era un vizio per imbecilli. Per niente al mondo poteva concepire qualcuno che fosse così desideroso di rinunciare al controllo del proprio corpo in cambio di una notte di confuso stordimento.

Queste erano le stranezze della natura umana.


Certo, non era un’esperta ma una calligrafia chiara e dritta non ammetteva forse di riflettere una personalità simile? Sia quella che la scienza della grafologia erano sopravvalutate. Come sua sorella, sopravvalutata.

La bella, popolare, perfetta Nina Williams. Più affilata di una lama, più fredda del ghiaccio. Anna non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto affascinante in lei. Era il timore che sua sorella infondeva nel cuore degli uomini che la rendeva tanto più desiderabile? acqua, acqua…

L’invidia la stava uccidendo. In ultimo, le stava bucando il fegato con il consumo quasi quotidiano di vino. Dolce e pungente le piaceva. Sere dopo sere di un interminabile annegamento nei suoi dispiaceri seguite dagli inevitabili risvegli pieni di rimorsi. Forse era perché in realtà lei godeva del dolore. Come si chiamava quello? Masochismo?

Per l’ennesima volta, si era rimproverata per quella dannata emotività.

Un’assassina nasce ed è allevata per uccidere a sangue freddo. Mai entrare in familiarità con il cliente o con la vittima, mai versare una lacrima. Ed eccola lì, andare in estasi per un maledetto ‘messaggio d’amore’.

Le sue unghie si conficcarono nel palmo quando serrò il bigliettino nel pugno.


Stava funzionando.

Pezzo per pezzo, a poco a poco, si stava sgretolando.

Una graziosa, delicata farfalla con un’ala spezzata che volava dritta nella tela del ragno.

Era un haiku nella sua mente quello?


Era bellissimo in verità. Troppo bello per crederci.

Bugie, bugie, BUGIE!

Oh cazzo, quella era paranoia. Come poteva regalare il suo cuore ad uno sconosciuto?

Bugie... dolci, dolci bugie.


Un po’ di osservazione funziona a meraviglia. Identifica l’obiettivo, scopri le sue debolezze, sfruttale come vuoi…

Semplice, in realtà.

Il conto alla rovescia era iniziato.


La notte era si era lentamente tramutata in mattino. Le stelle splendevano intensamente attraverso il vetro smerigliato. Incapace di resistere, aveva spalancato la finestra.

Gioia era sgorgata dal profondo dell’anima quando avvertì la luce che illuminava quella bellezza che il mondo non poteva vedere. Per qualche istante rise forte, quel suono che si librava nell’aria come le note di un carillon.

Era troppo tardi quando si accorse del luccichio di un fucile di precisione in lontananza.


La sua leggiadria è luce.

Lui premette il grilletto.

La sua bellezza è il suo essere grottesca. Si sovrapponevano…

Rosso…

  
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