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Autore: Schwarzfreiheit    13/09/2009    3 recensioni
Non sono brava con i colpi di scena, quindi non ce ne saranno. E' una storia. Dolce, triste, dolorosa. Una storia in cui i protagonisti dovranno crescere, maturare, scoprendo che non sempre è facile, che può essere doloroso, che può fare male. Male da piangere.Che dovranno prendere delle decisioni che, inevitabilmente, coinvolgeranno anche altri. Ma impareranno anche che si può imparare a sorridere di nuovo, anche attraverso alle lacrime che bruciano il viso.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17 ALLORA... ECCOMI DI NUOVO QUI PER LA GIOIA DELLA MIA LETTRICE PREFERITA!
MANU, COSA POSSO DIRTI CHE GIA' NON SAI (DATO CHE SAI ANCHE COME PROSEGUIRA' QUESTA STORIA CHE ORMAI E' GIUNTA AGLI SGOCCIOLI...) POSSO SOLO RINGRAZIARTI, COME SEMPRE... (MAMMA MIA... MI ANNOIO DA SOLA A VOLTE! X°D!)... MA QUESTO E'! GRAZIE... PER LE BELLE PAROLE, PER L' INCORAGGIAMENTO COSTANTE, PER LA TUA MAIL CHE HA CHETATO UN PO' LE MIE ANSIE (ASSURDO, MA ANCORA ADESSO IL CAPITOLO PRECEDENTE MI "PREOCCUPA" ç_ç) PER ESSERCI SEMPRE... (ANCHE PER QUELLO CHE RIGUARDA ALTRE STORIE "INEDITE"... MI SA CHE TI STO STRESSANDO ASSAI! X°D!)
DI QUESTO CAPITOLO NON SAPREI DAVVERO COSA DIRE... LE COSE SI SONO EVOLUTE UN PO' PER I FATTI LORO, GUIDATE DAL MIO SEMPLICE DESIDERIO DI UN HAPPY ENDING... QUINDI... BUONA LETTURA SANTA RAGAZZA E A PRESTO!


Una volta arrivato a casa, trovò ad attenderlo una sorpresa, sorpresa che non seppe se giudicare lieta o meno.
Si sentiva confuso e tutto quello gli sembrava strano e … Fuori luogo.
Sedute sul divano, assieme a sua madre, c’ erano due donne : una molto anziana, l’ altra molto giovane.
Tom pensò che non fosse stata una buona idea riportare Nic in quella casa, che aveva condiviso con lui e Bill fino a qualche anno prima.
Troppi anni prima o, forse, non abbastanza.
La madre lo abbracciò.
<<  Tom, tesoro, non saluti le nostre ospiti?  >>. Sul viso un’ ombra di speranza.
-  … Ospiti … Questa casa è tanto sua quanto mia …  -.  Riflettè afflitto il rasta osservando Nic.
<<  Ho pensato che avremmo potuto pranzare tutti assieme … Ho chiamato anche Georg e Gustav …  >>.
-  Brava mamma …  -.  Pensò ingenerosamente il ragazzo.
-  Proprio una bella rimpatriata di fantasmi … Fantasmi di ciò che siamo stati, di ciò che rimpiangiamo ... Di ciò che non saremo mai più …  -.
Ma sapeva di essere ingiusto nei confronti di sua madre, sapeva che non l’ aveva fatto con l’ intenzione di ferire nessuno, non era certo colpa sua se erano ancora tutti così maledettamente fragili.
Lui personalmente si sentiva di cristallo, come se il minimo soffio d’ aria avesse potuto mandarlo in frantumi o, per lo meno, mandare in frantumi quella parvenza di normalità che si era faticosamente creato e che aveva ostentato negli ultimi quattro anni, con gli altri e con sé stesso.
Lo stesso sorrise alla madre e si chinò a baciare la guancia di quella che, ricordava, essere un’ adorabile vecchina, seppure adesso sembrasse davvero molto più vecchia e più stanca.
Poi si ritrovò di fronte Nic.
Lei si era educatamente alzata, la sua testa sfiorava appena il mento del ragazzo e adesso lui la stava osservando dall’ alto, notando che lei non sembrava desiderare affatto un contatto più ravvicinato di quello, con lui, nè un contatto visivo.
Tom si scostò da lei, assecondando quella sua muta richiesta, dopotutto gli sembrava anche più fragile di lui e aveva un’ aria così distante, distaccata.
Ma forse, quella, era la sua maschera, la sua parvenza di normalità.
<<  Ciao  >>. Le disse piano, senza sfiorarla se non con lo sguardo e sentendo ugualmente dolore, cos’ altro poteva dirle?
Era tutto davvero molto penoso : loro due, in quella stessa stanza, davanti a quello stesso camino, tra quegli stessi muri che avevano visto i loro sorrisi, il sorriso di Bill, la sua felicità di essere di nuovo a casa, di sentire di nuovo Nic tra le sue braccia.
Per un attimo il ragazzo avrebbe voluto chiederle scusa.
-  Scusa per cosa, poi?  -.  
Pensò.
Ma non lo sapeva.
Avrebbe solo voluto trovare una parola, anche una soltanto, che potesse avere un qualche senso per lei, per loro, per quella situazione.
Ma non c’ era.
E la sua vista lo stava straziando.
Così, cercò una scusa per potersi allontanare da lei, si scusò dicendo che sarebbe andato a rendersi presentabile.
Lo sguardo di Nic era ancora fisso dov’ era quando lui era entrato nella stanza, come se, guardare qualcosa che non fossero le sue scarpe, potesse farle male.

Come se guardare lui potesse farle male.

Sotto il getto dell’ acqua calda che accarezzava la sua pelle, Tom pregò che riuscisse a lavare via anche quella sensazione di freddo disagio che regnava in quella casa e nel suo cuore.
Mentre si rivestiva, sentì suonare alla porta.
Lui non aveva mai smesso di frequentare Georg e Gustav, ma Nic sì …
Li aveva rivisti solo di sfuggita il giorno prima, dopo quattro anni e, quando li aveva incontrati, non gli era sembrata troppo entusiasta.
Sentiva che molti equilibri, fin troppo labili, erano in pericolo quel giorno.
Scese rassegnato nella sala e li trovò esattamente come si era aspettato di trovarli, in piedi ad osservare ognuno qualsiasi cosa che non fosse l’ altro.
Gustav teneva per mano Diane, loro si erano ritrovati ed erano rimasti uniti, la tragedia aveva rafforzato il loro legame, aiutandoli a trovare conforto l’ uno nell’ altra …
Per un istante si chiese come mai non fosse successo a lui e Nic.
Ma il suo riflesso sul vetro delle grandi finestre, gli ricordò il motivo …
Il sorriso di Bill, gli stessi occhi …
Nic non sopportava quella vista.
Si calcò un po’ di più il cappellino sulla fronte desiderando, per la prima volta in vita sua, di non assomigliare tanto a suo fratello, per poi scusarsi immediatamente con lui.
-  Scusa Bill … Scusami, solo che … Mi fa male sapere di ferirla solo per il semplice motivo di esistere, di essere quello che sono …  -.
Strinse con rabbia i pugni e se li ficcò in fondo alle tasche dei jeans enormi.
Si sedettero a tavola, il silenzio che calò su di loro era davvero imbarazzante, Tom si dispiacque del fatto che nemmeno la vista della sua migliore amica riuscisse a scuotere Nic, la stessa Diane ne sembrava terribilmente dispiaciuta e se ne stava in disparte ad osservare la ragazza, cercando di reprimere il suo evidente desiderio di abbracciarla.
Gordon chiacchierò di tutto un po’ e, data la situazione, Tom dovette ammettere che fu davvero brillante o che, per lo meno, ce l’ avesse messa tutta per esserlo, cercando di intavolare un discorso con la nonna di Nic, che rispondeva cortesemente.
Ma la discussione non prendeva il volo.
Sì, era decisamente penoso.
Alla fine del pranzo, Nic, con un filo di voce, chiese se poteva andare in bagno.
<<  Conosco la strada …  >>.
Quella semplice frase, un lieve tremito nella sua voce, ebbero la sconvolgente forza di farlo soffrire  come se avesse appena preso un pugno dritto nello stomaco, alzò uno sguardo perso sui suoi amici, Gustav e Diane guardavano verso le scale, gli occhi di Georg erano tristi, terribilmente consapevoli e rassegnati.
Passarono molti minuti e, non vedendola tornare, Tom salì a vedere se avesse bisogno di qualcosa.
Ma quello che vide servì solo a spezzargli il cuore …

Nic se ne stava immobile davanti alla camera di Bill, gli occhi chiusi, la fronte appoggiata alla porta …
La accarezzava piano con la mano, come se contenesse qualcosa di molto prezioso, come se fosse una cosa viva.
Non piangeva.
Per un attimo Tom aveva desiderato che lo stesse facendo, che prendesse a calci quella maledetta porta, solo per essere sicuro che in lei ci fosse ancora qualcosa di umano.
Non che la credesse un mostro, ma il fatto che non avesse mai pianto, lo turbava molto.
Soffocando l’ istinto di avvicinarsi a lei, le voltò le spalle, non voleva violare la sua intimità, tornò in sala e disse :
<<  Va tutto bene, scenderà tra un attimo  …  >>.
Ma l’ occhiata che lanciò ai suoi tre amici fece comprendere loro che no, non andava tutto bene.

Tornata Nic, Simone servì il caffè ed un dolce, il preferito della ragazza.
Quello di Nic rimase intoccato, come tutto il pranzo, del resto.
La ragazza non aveva toccato cibo, ci aveva solo giocherellato con la forchetta.
Alla fine le due donne si alzarono, la nonna salutò e ringraziò la mamma per l’ ottimo pranzo e aggiunse, rivolgendo lo sguardo su sua nipote.
<<  Siamo tornate a stare nella nostra vecchia casa, sa, sono anziana e preferisco stare in casa mia … E penso faccia bene anche a Nic …  >>.
-  Certo!  -  Pensò Tom con un moto d’ ira.
-  Gli fa bene di sicuro stare nella sua vecchia camera, quella in cui ha vissuto tutta la sua storia con Bill, in quello stesso letto che ha diviso con Lui …  -.
Un attimo di dolore gli attraversò il petto a questo pensiero, poi la rabbia tornò padrona dei suoi sentimenti, invadendo la sua mente.
-  … E parlano di lei come se lei non fosse presente …  -.
Ma la cosa sembrò non sfiorare la ragazza che stava sulla porta, gli occhi bassi, il viso nascosto dai lunghi capelli neri.
Non appena se ne furono andate, Georg ruppe il silenzio.
<<  … Nic … Non sta bene, mi pare …  >>.
Tom si girò di scatto verso il ragazzo, aggredendolo, sfogando la rabbia che sentiva dentro, contro l’ amico.
<<  Cazzo Georg! Che fine osservatore, che grande psicologo che il mondo si è perso! No che non sta bene! Non sta bene affatto! La nonna se la porta dietro come un cagnolino al guinzaglio, spostandola come si sposta un soprammobile per spolverare, parla di lei come se non fosse presente! E poi la riporta qui, in questa casa … Come potrebbe stare bene?!?  >>.
Lo sfogo del ragazzo era stato accolto dagli occhi spalancati di Gustav e Diane, Georg invece, aveva lo sguardo sereno.
-  Mi chiedevo da un sacco di tempo quando Tom sarebbe esploso … Avrei dovuto immaginare che l' inconsapevole detonatore sarebbe stata lei ...  -.
<<   Mi dispiace  >>. Disse la voce triste della madre alle sue spalle.
<<  Sia la nonna che io credevamo che potesse esserle d’ aiuto tornare qui … Fuggire non serve a nulla, Tom … Speravamo che la scuotesse dalla sua apatia … Inoltre, credo che dovresti essere un po’ più generoso verso quella donna … Ha una certa età, Nic è la sua sola famiglia e lei la ama immensamente, così come ha voluto bene a Bill e ne vuole a tutti voi … Non è stato facile per lei vedere degenerare la situazione, vedere Nic stare ogni giorno più male, sentirla ogni giorno più lontana … E questi ultimi quattro anni non sono stati semplici nemmeno per lei … A volte, troppo coinvolti dal nostro dolore tendiamo ad ignorare quello degli altri …  >>.
A Tom la rabbia cadde rapida come era arrivata, si avvicinò alla madre e la abbracciò.
Anche lui stava ignorando il dolore di sua madre e dei suoi amici.
<<  No, scusa tu … Non volevo prendermela con te o con la nonna di Nic, né tantomeno con Georg …  >>.
Disse avvicinandosi al ragazzo.
Un rapido abbraccio anche all’ amico.
<<  Scusate, è … E’ questa situazione che mi fa saltare i nervi …  >>.

Detto questo salì diretto in camera sua, ma si ritrovò ad aprire quella stessa porta che poco prima Nic stava sfiorando.
Vi posò la mano sopra, come a voler ritrovare il calore della mano della ragazza, poi l’ aprì e, poco dopo, era sul letto del fratello, il viso premuto sopra il cuscino, un urlo soffocato che usciva dalle sue labbra, in quel gesto di sfogo che era stato anche del suo gemello.
<<  Perché la hai lasciata sola, Bill ? Perché ci hai lasciati tutti ? … Non ce la facciamo senza di te … Nessuno di noi … Io non ce la posso fare da solo …  >>.
Lacrime.
Si chiese quante ancora ne avrebbe dovute versare, quante ancora ne possedesse.
Sperò che prima o poi potessero finire.

Nel frattempo Nic stava seduta accanto alla nonna, guardando distrattamente fuori dal finestrino.
Ricordò di aver percorso quella strada da sola una notte e che, quella notte, i ricordi invadevano la sua mente vividi come appena vissuti.
In quel momento invece la sua mente era vuota, non credeva nemmeno di avere mai avuto dei ricordi, né di aver mai vissuto nemmeno uno di quei momenti che ora sembravano essere dissolti nel nulla che la avvolgeva e invadeva..
Tutto si perdeva in un’ immagine sfocata, senza contorni né contenuto.
Il nulla.
Sentiva solo vagamente lo sguardo preoccupato della nonna fisso su di lei.
Avrebbe voluto voltarsi verso di lei, dirle ciò che voleva sentirsi dire da tre anni, dirle che andava tutto bene, che lei stava bene.
Ma non ci riusciva.
Non poteva.
Le faceva male sapere che si preoccupava per lei, ma non era in grado di porre rimedio al dolore di nessuno.
Nemmeno al proprio.

Dopo quel primo incontro ne seguirono altri.
Si ritrovavano a pranzo, insieme ai ragazzi, alla sua migliore amica, quella che avrebbe voluto saper abbracciare, se solo uno spesso vetro freddo non si fosse innalzato tra lei ed il resto del mondo.
-  Sono un mostro  - Pensò scoraggiata la ragazza.
-  Un orrido, spregevole mostro, senza pietà, senza … Vita … Che sa solo far soffrire le persone che più ama al mondo … Faccio schifo …  -.
Ogni volta che si vedevano, la scena si ripeteva identica.
Il silenzio era protagonista assoluto e stavano tutti a guardarsi le scarpe, bevendo il caffè che Simone serviva in sala dopo ogni pranzo.
E, ogni volta, loro se ne andavano sempre in silenzio.
Tom credeva di impazzire, ogni volta cominciava ad urlare.
<<  Giuro che se continua ad esserci questo maledetto silenzio ad ogni maledetto pranzo, salgo sul tavolo e mi metto a strillare!  >>.
<<  Lo stai già facendo, Tom >>. Gli diceva allora uno dei ragazzi  
<<  E non serve a molto, dopotutto …  >>.
<<  Lo so  >>.  
Rispondeva sconfitto il ragazzo, le braccia inermi lungo i fianchi e, come ogni volta, si rifugiava in camera del fratello, esasperato da quella situazione.

Nonostante le cose non migliorassero molto, le due donne continuarono ad accettare quegli inviti e Nic continuò a vedere quelli che erano stati i suoi migliori amici …

In realtà forse qualcosa stava cambiando, dentro di lei.
Avrebbe tanto voluto poterli abbracciare e trovare conforto e riposo per il suo cuore e la sua anima infranti tra le loro braccia, ma la cosa non era così semplice …
Sembrava che quel muro eretto attorno al suo cuore per difendersi dal male, le stesse impedendo di vedere anche il bene, e che non fosse semplice da abbattere …

Soprattutto, avrebbe voluto abbracciare Tom.

Vedeva che il ragazzo soffriva per quella situazione e lei avrebbe voluto aiutarlo.
Le sembrava che sfuggisse il suo sguardo e questo la addolorava seppure, da una parte, le fosse di sollievo non vedere quegli occhi così maledettamente identici a quelli di Bill.
Il suo Bill.
Bill …
Quel nome continuava a rimbombarle nella testa, così come l’ immagine di quel volto, di quegli occhi, di quel sorriso ...
Ma lei non sentiva nulla.
Nulla.
Il vuoto.
Avrebbe voluto piangere, avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto sentire qualcosa, qualsiasi cosa.

Tom, steso sul letto di Bill, pensava tra sé e sé che avrebbe dovuto mettere fine a quella situazione.
Del resto, si rendeva conto che a spingerlo non era più solo la situazione in sé, ma qualcosa che sentiva premergli sempre più insistentemente sul cuore, reclamando la sua attenzione.
Quel qualcosa aveva il nome di un sentimento che non credeva di aver mai provato prima che quella ragazza entrasse nelle loro vite, anzi, adesso che lo sentiva così prepotentemente dentro di sé, sapeva per certo di non averlo mai provato.
Quel qualcosa aveva un volto e due profondi occhi blu.
Quel qualcosa aveva un nome … Nic.
Nonostante fosse passato molto tempo ormai, provare quel sentimento lo faceva sentire male, sporco.
-  Come posso fare una cosa del genere a Bill?  -.
Ma, del resto, suo fratello non c’ era più e, quasi giustificandosi, pensò che forse sarebbe stato contento di saperla con lui piuttosto che con chiunque altro.
-  E’ una giustificazione debole e patetica …  -.
Pensò il ragazzo.
Ma non gli venne in mente altro e non riusciva comunque a soffocare quello che sentiva.
Ci stava provando da molto tempo ormai, da quando era riuscito a capire ciò che provava, e non ci era ancora riuscito.
Ora era stufo di provarci.
Prese così una decisione : avrebbe portato Nic nell’ unico posto che credeva potesse infrangere quella sua apatia.

La mattina dopo, non appena Nic e sua nonna arrivarono, scese deciso le scale e, senza nemmeno salutare, prese la ragazza per un braccio e la trascinò fuori, verso la sua auto.
<<  Lasciami  >>. Un impeto di rabbia nella voce della ragazza.
Per un attimo Tom desiderò che lei lo prendesse a schiaffi, che litigasse con lui come avevano sempre fatto, sarebbe stata comunque una reazione, ma la ragazza tornò silenziosa come al solito e si sedette in macchina accanto a lui, lasciandosi guidare priva di volontà.
Pensava di sapere cosa lui volesse fare ma non riusciva a capire se lo desiderasse o meno.
<<  Non ci voglio andare …  >>. Disse con voce flebile.
Ma Tom era deciso, lo sguardo duro fisso sulla strada davanti a lui, dura la voce che le rispose.
<<  Non mi interessa cosa vuoi o non vuoi fare, verrai con me … Adesso basta scappare, sono quattro anni che non ti avvicini a quel luogo e questo non fa cambiare la situazione …  >>.
La voce si alzò ulteriormente una volta fermatosi ad un semaforo e voltatosi verso di lei.
<<  Guardati!  >>. Adesso stava urlando.
<<  Cazzo! Hai un aspetto orribile, non mangi, non dormi, non parli, non ridi e … Cristo ! Non piangi ! …  >>.
Lei lo guardava come se fosse coperto da un velo, stava pensando.
-  Ha ragione … Ha ragione ma io non ci voglio andare, non posso farlo … Non da sola …  -.
Quasi come se le avesse letto nel pensiero il ragazzo, ripartendo e tornando a fissare la strada, stava dicendo sottovoce.
<<  … E poi non sarai sola … Ci sarò io con te …  >>.

Quelle poche parole, quel tono sommesso, un lieve fremito del cuore, qualcosa che lei non provava più da molto tempo …

Non rispose, si voltò verso il finestrino ad osservare quella pioggia sottile ed insistente che rigava il vetro.
Tom fermò la macchina sempre allo stesso posto e, aperta la portiera alla ragazza, attese sotto la pioggia che lei uscisse.
Ma Nic non sembrava intenzionata a farlo.
<<  Non posso …  >>.
Il biondo sentì la rabbia travolgerlo.
-  E no ! Adesso basta ! A costo di trascinarla per i capelli, lei verrà con me!  -.
Pensò cercando di ignorare la sensazione quasi dolce che quelle due semplici parole, “con me” , avevano prodotto in lui.
Si riscosse, prese Nic per un braccio, la fece scendere dall’ auto e la trascinò oltre quel maledetto cancello, lungo quel maledetto viale, fino a quella maledetta lapide che brillava lucida sotto il velo di pioggia che vi si era posato sopra.
La lasciò bruscamente, la ragazza barcollò e cadde sulle ginocchia davanti all’ immagine sorridente di Bill che la fissava …
Sentì qualcosa premergli sulle orecchie e poi le note di una canzone, una canzone che lei non ascoltava più da anni, una canzone che lei amava e che aveva dovuto e voluto escludere dalla sua vita, aveva dovuto farlo per sopravvivere …
E adesso era lì, la stessa di sempre eppure sconosciuta, dolore, lacrime, struggente poesia, sogni e speranze mai svelati, infranti …
I suoi.
Avrebbe voluto fare qualcosa, ma una forza che lei non riusciva a contrastare, la teneva ferma al suolo, sulle ginocchia, gli occhi fissi su quella fotografia …

Talk to me softly
There is something in your eyes
Don’ t hang your head in sorrow
And please don’t cry
I know how your feel inside now
I’ ve been there before
Somethin’ is changin’ inside you
And don’ t you know
Don’ t you cry tonight
I still love you baby
Don’t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
Give a whisper
And give me a sight
Give me a kiss before you tell me goodbye
Don’ t you take it so hard now
And please don’ t take it so bad
I’ ll still be thinkin’ of you
And the times we had … Baby
And don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
Don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry tonight
And please remember
That I’ll never lied
And please remember
How I felt inside now … Honey
You gotta make it your own way
But you’ ll be allright now … Sugar
You’ ll feel better tomorrow
Come the morning light now … Baby
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
And don’ t you cry tonight
There’s a Heaven above you baby
And don’ t you cry
Don’ t you  ever cry
Don’ t you cry tonight  …
Baby … Maybe someday …
Don’ t you cry
Don’ t you ever cry
Don’ t you cry …
Tonight …

Era morto, morto …
Ma la sua espressione era così piena di vita, il suo sorriso trasmetteva ancora calore ed era così luminoso, i suoi occhi brillanti …
Poteva quasi sentire il suono di quella risata gioiosa, della sua voce …
Lei sentì il cuore infrangersi ancora una volta, e ancora e ancora …
Si alzò di scatto, si strappò con rabbia quelle cuffie dalle orecchie lanciandole a terra, si voltò verso Tom.
<<  Perché mi stai facendo questo ? Io … Io ti odio … Ti odio!  >>.
Urlava frasi sconnesse e lo stava prendendo a pugni sul petto, con forza.
Il ragazzo stava lì fermo, sentiva quei colpi pieni di rabbia e frustrazione abbattersi su di lui e, seppure facessero male, un sorriso triste gli si dipinse sul volto.
- E’ pur sempre qualcosa … -.
Seguendo un impulso che non riuscì a frenare, la strinse forte a sé.
<<  Nic … >>.
Sussurrò il suo nome con disperazione e desiderio.
La ragazza spalancò gli occhi, si immobilizzò, sentiva il battito del cuore del ragazzo sotto il suo orecchio, aveva un suono così confortante …
Le sue braccia attorno al corpo erano ferme, salde, così calde, di quel calore che le mancava da così tanto tempo, la sua voce che pronunciava il suo nome come fosse una preghiera …

Scoppiò in lacrime, lacrime che bagnavano la maglietta del ragazzo, lacrime che si confondevano con la pioggia e che, finalmente, le rivelavano quel suo dolore per troppo tempo soffocato, lacrime che le spezzavano il cuore e che allo stesso tempo lo curavano.
<<  Era ora, Nic … Era ora …  >>.
Il ragazzo allentò un poco la presa su di lei ma senza riuscire ad allontanarla da sé adesso che finalmente la sentiva fra le sue braccia, le sfiorò il viso, lo alzò verso il suo.
Gli occhi di Nic erano ancora pieni di lacrime ma erano così belli, così intensi …
E lui li desiderava.
Desiderava ogni cosa di lei, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua bocca, il suo cuore …
Quel desiderio gli fece male.
Non pensò più a nulla, avvicinò il volto a quello della ragazza e la baciò.
Un bacio dolce, triste.
Casto.
Le loro labbra che si sfioravano, le lacrime che nascevano dagli occhi di Nic ora si confondevano con quelle di Tom.
Lui si staccò a forza da lei, costringendo il suo corpo contro la sua stessa volontà.
<<  Vuoi prendermi a schiaffi?  >>.
Domandò con un sorriso nella voce che non si estese alle sue labbra né ai suoi occhi, forse davvero temeva che lei potesse farlo, nonostante l’ avesse sentita così arrendevole e fragile fra le sue braccia, sotto le sue labbra.
<<  Andiamo a casa …  >>. Solo un sussurro, il capo chino.
Troppo confusa dai suoi stessi sentimenti che lottavano dentro di lei, sconosciuti, dimenticati, eppure così familiari, non riusciva ad alzare gli occhi su di lui, a tenere sotto controllo quel timore e quel dubbio irrazionale che provava.

Si incamminarono in silenzio, senza sfiorarsi, ma dopo pochi passi lei si fermò, tornò indietro e si inginocchiò di fronte alla lapide, fissò la foto di Bill.
-  Bill … Sto facendo la cosa giusta? … E’ giusto che io … Ti dimentichi? …  -.
Quel solo pensiero la straziava.
Non le giunse nessuna risposta, nessun segno che le potesse far capire quale fosse la cosa giusta da fare.
Continuò a guardare quella foto, quegli occhi, quel sorriso e, mestamente, sorrise a sua volta.
-  Forse è la cosa giusta, forse no … Non lo so … Ma so che non ti sto dimenticando … Non ti dimenticherò mai, non posso farlo … Ma … Devo vivere, Bill … Tu lo avresti voluto, tu volevi che noi fossimo felici … Ti avevamo promesso che ci avremmo provato … Non è facile, non lo è mai stato, ma forse è arrivato il momento anche per me di provarci …  -.
Si portò un dito alle labbra, lo baciò, lo posò lieve su quelle labbra che avrebbero sorriso per sempre e che le sue labbra non avrebbero potuto sfiorare mai più, sfiorò quei capelli ricordandone esattamente la morbidezza e le dolci sensazioni che aveva provato e che avrebbe portato con sé  per sempre.
Osservò un’ ultima volta quegli occhi sapendo che, no, non sarebbe stata l’ ultima volta.

A pochi passi da lei, fermo esattamente come lo aveva lasciato, c’ era un ragazzo, che aveva quegli stessi occhi, quello stesso sorriso …
Ed era vivo, ed era lì per lei …
E lei ne aveva un disperato bisogno.
Di lui, dei suoi occhi, del suo sorriso e del suo calore, così simili a quelli di Bill eppure diversi.
Unici.
Non sapeva come avrebbe affrontato questo nuovo capitolo della sua vita, ma era decisa a cominciarlo.
Tornò su i suoi passi, raggiunse Tom senza riuscire a guardarlo in faccia, ma sorrise e gli disse.
<<  Andiamo … >>.
<<  Sì  >>. Rispose il ragazzo e, dentro di sé, rivolse un sorriso a suo fratello.
-  Grazie, Bill …  -.
Sorrise a lui, a sé stesso e alla ragazza che aveva quella dolce aria leggermente imbarazzata e che camminava al suo fianco, sperando di trovarcela il più a lungo possibile.
-  Magari per sempre …  - . Pensò.

Il viaggio di ritorno fu silenzioso, ma in effetti nessuno di loro due si era aspettato una conversazione brillante, inoltre Tom non riusciva ad interpretare il silenzio della ragazza che gli sedeva accanto, lo sguardo rivolto verso il finestrino.
Non riusciva ad intravedere i suoi occhi né tantomeno i suoi pensieri e questo lo faceva sentire terribilmente a disagio.
-  … Mi ha detto di tornare a casa, è venuta via con me … Idiota! E cosa avrebbe potuto fare? Rimanere in quel cimitero in eterno? …  -.
Sentiva crescergli dentro la rabbia e la frustrazione, il suo solito caratteraccio stava prendendo il sopravvento, di nuovo.
Ma il non sapere  era una tortura.
Lei si era lasciata baciare, ma lui si sentiva meschino …
Aveva approfittato del suo dolore, di un momento in cui lei non avrebbe avuto la forza di reagire.
La voce flebile di lei lo riportò alla realtà :
<<   Vorrei andare a casa mia, ma prima … Vorrei vedere i ragazzi …  >>.
Lui non disse nulla, prese il cellulare componendo immediatamente con trepidazione il numero di Gustav, senza riuscire a smettere di pensare che qualcosa si stava davvero muovendo, e diede appuntamento ai tre amici davanti a casa di Nic.

Quando arrivarono pioveva ancora, ma loro erano in piedi nel piccolo giardino ad aspettarli.
Non appena Nic scese dalla macchina, Diane si staccò da Gustav, le corse incontro sotto la pioggia e, proprio quando stava per fermarsi a qualche passo dall’ amica indecisa se abbracciarla o meno, timorosa di scontrarsi con l‘ apatia di lei, si sentì abbracciare forte dalla ragazza.
<<   Mi dispiace Di, sono stata una stupida e … Cieca, per così tanto tempo … Mi dispiace tanto, ti voglio bene …  >>.
Diane non sapeva se quella che sentiva sul viso fosse la pioggia ma poi capì che erano lacrime, le proprie e quelle della sua migliore amica.
Le sorrise.
<<  Ti voglio bene anche io, tesoro, e sono felice che tu sia tornata da noi … Ora vai da Gustav e Georg … Sei mancata da morire ad entrambi …  >>.
La sciolse dall’ abbraccio e si appoggiò alla macchina accanto a Tom che stava osservando la scena con un sorriso grande e dolorosamente felice sul volto bagnato di pioggia.
Diane si chiese se fosse successo qualcosa.
Anzi, sapeva che qualcosa era successo, perchè il cambiamento avvenuto in Nic non poteva essere una semplice coincidenza...
Qualcuno la aveva riportata da loro e quel qualcuno era quel ragazzo bagnato fino all' osso che stava di fianco a lei.
Gli posò una mano sul braccio e, quando lui abbassò lo sguardo su di lei, potè vedere che quel sorriso si rifletteva luminoso anche nei suoi occhi nocciola.
<<  Grazie, Tom …  >>.
Null’ altro, si voltarono nuovamente ad osservare i ragazzi.
Nic si era avvicinata titubante a Gustav, che aveva gettato a terra l’ ombrello, e si era ritrovata soffocata in un grande caloroso abbraccio.
Nessuna parola, con lui non erano mai servite e Nic fu immensamente felice e grata di poter constatare che le cose non erano cambiate tra di loro.
Ricambiò quell’ abbraccio con altrettanto trasporto, gli posò un bacio sulla guancia.
Gli era mancato tanto.
<<  Grazie, Gus …  >>.
Lui sorrise con la bocca, gli occhi, con tutto il suo caro viso che le era mancato così tanto, poi si staccò da lei e la sospinse gentilmente verso Georg.
Nic si fermò di fronte a lui, lo sguardo speranzoso fisso negli occhi verdi del ragazzo.
Erano così trasparenti, potevano sembrare freddi, ma lei sapeva che sapevano essere caldi e, adesso, desiderava ritrovare quel loro calore.
Lui la fissava con sguardo penetrante, come se volesse percepire quel cambiamento, quella verità che sembrava celata e protetta in lei, poi abbassò l’ ombrello, lo chiuse meticolosamente, lo posò a terra, si rialzò lentamente senza distogliere lo sguardo da lei.
Egoisticamente, forse desiderava quasi punirla per il dolore che aveva causato a tutti loro con la sua assenza ...
<<  Hagen … Abbracciami … Vuoi ?  >>. Chiese timida e speranzosa.
Quelle stesse parole che lui si era già sentito rivolgere, quel tono dolce e disperato, quel soprannome che odiava e che sembrava sempre così dolce tra le labbra di lei.
Non potette resistere  a lungo.
La prese tra le sue forti braccia stringendola sul suo petto compatto.
<<  Mi sei mancata, ragazzina, ci hai fatto preoccupare … Non farlo mai più, non te ne andare mai più da noi …  >>.
La voce di Georg era roca, bassa, piena di dolorosa speranza e …
Paura.
Paura di perderla di nuovo.
Lei lo sentì.
Sentì tutto questo dandosi dell’ idiota e ricambiò quel forte abbraccio con una felicità quasi dolorosa, rise tra le lacrime che di nuovo avevano inondato il suo viso, sembrava che, ora che avevano trovato uno sfogo, non riuscissero più a fermarsi.
<<  Devo andare dalla nonna … Anche lei merita qualche spiegazione … E le mie scuse … Ma ci rivedremo presto, vero ?  >>. Chiese con una palese nota di speranza.
I tre ragazzi annuirono decisi risalendo in macchina, un ultimo gesto e ripartirono.

Tom era sempre fermo appoggiato al cofano del suo suv, completamente bagnato, rivoli di pioggia scendevano lungo i suoi rasta, gli appiccicavano l’ enorme maglietta addosso, lo sguardo fisso a terra, si sentiva decisamente strano : era felice per lei e per i suoi amici ma non riusciva ad allontanare quel piccolo dolore che sentiva farsi spazio dentro di lui.
-  Cosa cazzo ti aspettavi, Tom ? Che si gettasse tra le tue braccia dichiarandoti il suo imperituro amore?  La sua riconoscenza? … Cristo, sei un idiota ! Ha appena detto addio a tuo fratello e quel bacio … Non contava nulla … Del resto tu te ne intendi di baci che non sono importanti … Ne hai ricevuti e soprattutto dati tanti …  -.
Ma quello era stato diverso, almeno per lui.
Cosa fosse significato per lei non volle chiederselo.
Temeva quella risposta.
Non voleva sentirsi dire che era stato solo un sostituto di qualcuno che non c’ era più.
Il dolore per quella possibilità si fuse col rinnovato dolore dell’ assenza di Bill …
La mano di lei lieve sulla sua spalla lo distrasse da quei pensieri.
<<  Grazie Tom …  >>.
<<  Io …  >>. Il dito che sfregava dietro l’ orecchio destro.
<<  Io non ho fatto nulla … Sei stata tu … Sei stata brava … Allora, io vado, ci si vede  >>.
Salì in macchina veloce, prima di cedere alla tentazione di prenderla di nuovo tra le braccia e baciarla.
Questa volta non si sarebbe limitato ad un tenero contatto tra le loro labbra e, questa volta, lei avrebbe potuto respingerlo, trattarlo come aveva sempre fatto ogni volta che aveva tentato di baciarla.
Non avrebbe potuto sopportarlo.
Non era più un ragazzino.
Né fuori né tantomeno dentro.
Troppe cose erano successe da quel primo schiaffo che lei gli aveva dato.
Tante erano cambiate.
Soprattutto era cambiato lui.
Ripartì veloce e Nic, dopo aver visto la macchina sparire dalla sua vista, entrò in casa.


Era tardi e lui non riusciva a decidersi ad andare a letto, c’ era qualcosa che non andava e, sapere di cosa si trattasse, non gli rendeva le cose più semplici.
Si sentiva disperatamente solo e decisamente stupido.
Ma quella casa era maledettamente grande, maledettamente silenziosa e la solitudine, anche quella notte, cominciò a scavargli dentro, come troppe volte aveva già fatto.
Era fredda, nera, assoluta, implacabile, indifferente al grido d’ impotente frustrato rifiuto che echeggiava dentro di lui.
Accese la tv, erano le undici, la notte a quell’ ora non c’ era molto da vedere e il maledetto sonnifero lo occhieggiava dal tavolino, fin troppo invitante ...
Quante volte aveva desiderato dormire tanto, a lungo …
Per sempre? …
Spense nuovamente la tv e si decise a salire le scale e ad andare a dormire, accompagnato dal rumore della pioggia che si era trasformata in un violento temporale.
Lo squillo inaspettato del campanello lo fece bloccare a metà scala.

Chi poteva essere?
 
La sua parte razionale cercava invano di soffocare quel volo della fantasia che si stava impossessando del suo cuore, così disperatamente bisognoso di illusioni, di qualcosa a cui credere, di qualcuno a cui appoggiarsi, a cui aggrapparsi, a cui affidare il proprio cuore e la propria anima spezzati che mai sarebbero tornati integri ...
Di qualcuno da ... Amare ...

Mentre scendeva le scale si disse che non si era mai sentito così, che faceva male quell’ ansia e quel desiderio, ma che era un dolore così dolce …

La vista di lei gli bloccò il cuore nel petto.
 
Stava sulla porta completamente bagnata, i capelli neri come la notte appiccicati al bel viso pallido, gli occhi grandi, profondi, fissi su di lui gli sembrarono leggermente increduli eppure stranamente intensi, le labbra morbide che tremavano appena.
Tom non riuscì a dire nulla, le scostò piano i capelli dal viso con la punta delle dita tremanti, quasi come se temesse di ferirla con un gesto appena più deciso, chiudendo gli occhi a quel semplice contatto con la pelle di lei e, quando li riaprì, vide che anche i suoi erano chiusi.

Sembrava disperatamente persa in quella dolcezza.

La tirò in casa, chiuse la porta e ve la spinse contro, prendendo possesso di quelle labbra, togliendole il respiro assieme alla giacca che lasciò cadere a terra, spogliandola con foga dei vestiti bagnati, accarezzando quel corpo che aveva così fortemente, dolorosamente, desiderato per così tanto tempo.
Quanto non avrebbe saputo dirlo nemmeno lui.
-  ... Nic ... Nicola ...  -. Non riusciva a pensare ad altro.

Lei non si ritrasse, era esattamente quello che voleva.
Si sentiva trascinare da lui in un’ altra dimensione e si abbandonò completamente a quella sensazione.
La rabbia, la furia dei gesti di Tom erano acqua che dissetava il suo cuore riarso.
Lo voleva.

Lui la prese tra le braccia, la portò in camera sua, la stese sul letto, il respiro breve per lo sforzo ed il desiderio, a stento trattenuto, di lei.
La guardò alla luce dei lampi che squarciavano il cielo, era così bella, così dolcemente bianca la sua pelle bagnata di pioggia, lui le sfiorò la gola con la lingua, sentendone il fresco sapore, scese ancora a sfiorarle il seno, la sentì gemere  e tornò alla sua bocca impossessandosene con forza e desiderio, sentiva le mani di lei che gli sfioravano timide eppure decise la schiena sotto la maglietta, sfilandogliela, di nuovo le sue unghie che ora affondavano nella sua pelle.
<<  … Tom … >>.
Un gemito, una preghiera.
Il ragazzo la fece sua, nulla contava più se non la presenza di quella donna tra le sue braccia, la sentiva tutto intorno a sé, la sentiva dentro di sé, si sentiva in lei …
Non si era mai sentito così, in completa balia del suo cuore e di quella ragazza.
Non lo aveva mai permesso.

Adesso lei stava sdraiata su un fianco senza riuscire a staccare lo sguardo da Tom che era appena rotolato sulla schiena, entrambi avevano ancora il fiato corto.
Era così bello …
Il corpo lucido di sudore, il petto che si alzava ed abbassava al ritmo del respiro, i rasta scomposti sul cuscino, il profilo perfetto …
E quella domanda che le premeva nella gola e che le torturava il cuore.
<<  Posso restare ?  >>. La voce della ragazza risuonò tremula.
Tom si voltò verso di lei tirandosi su un gomito appoggiando la testa alla mano, la guardò accigliato.
<<  Che razza di domande sono?  >>.
La sua voce  risultò più dura di quello che avrebbe voluto, ma non riusciva a nascondere la delusione per i dubbi della ragazza.
<<  Credi davvero che sia stato solo sesso?  >>.
Adesso c’ era del fin troppo palese dolore nella voce del giovane rasta e Nic non seppe cosa dire.
In effetti quella domanda aveva fatto capolino nella sua testa nell’ istante in cui il corpo di Tom si era allontanato dal suo.
Aveva avvertito quel distacco in maniera fisicamente dolorosa, aveva sentito il calore della pelle di lui allontanarsi dalla propria, aveva avuto il peso del corpo di Tom abbandonato su di sé e avrebbe voluto tenerlo così, su di sé, la testa stretta al suo petto ancora per un po’.
Per sempre? ...
Ciò che avevano condiviso era stato sconvolgente, le aveva fatto perdere la cognizione del tempo e della realtà, ma che cos’ era stato?
E lei ?
Lei sapeva cosa avrebbe voluto che fosse?
Tom poteva vedere il dubbio negli occhi della ragazza, stese il braccio verso di lei in un timido eppure deciso invito ad avvicinarsi a lui.
E lei, seppure titubante, lo fece.
Superò quella breve distanza che le era sembrata insormontabile.
Non la distanza tra i loro corpi, quella era davvero minima, ma la distanza dei loro cuori, quella creata dai loro dubbi, dalle loro paure, dalle loro insicurezze ...
Dalle loro colpe ...
Si accoccolò vicino a lui, così stretta al suo petto da poter sentire i battiti del suo cuore, il profumo caldo della sua pelle, il suo respiro tra i capelli, raggomitolata come un gattino.
Lui aspirò il suo odore lieve.
<<  Sì, puoi restare … Vorrei dirti che devi restare, ma non posso obbligarti, seppure vorrei farlo ma … Ma sì, vorrei che tu rimanessi … A due condizioni  >>.
La ragazza smise di respirare.
<<  Per prima cosa vorrei che tu ti tagliassi i capelli, non molto, solo quello che basta per non nascondermi più il tuo viso e poi …  >>.
Prese fiato, la voce si fece un sussurro, il tono leggermente scherzoso di poco prima svanì, quello che stava per dire non lo aveva mai detto prima a nessuna delle donne che avevano condiviso il suo letto e pensò che, qualunque fosse stata la risposta di Nic, nessun’ altra lo avrebbe udito mai più.
<<  Devi promettermi che resterai … Che  non te ne andrai, che non mi lascerai solo, che resterai con me … Per sempre … Io … Non posso permettermi di perdere di nuovo qualcuno di così importante, non ne avrei la forza, io … Ti amo, Nic …  >>.

Lei alzò all’ improvviso il volto verso di lui come se il suo corpo fosse stato attraversato da una scossa elettrica, quello che vide la fece sentire così intenerita e dolorosamente viva, come non si sentiva più da molto, troppo tempo, come pensava non si sarebbe sentita mai più.
Fissò quei meravigliosi occhi nocciola, caldi, intensi, con quella preghiera nascosta eppure così palese e, per un solo istante, le apparvero davanti altri occhi, un’ altra voce che le diceva che l’ avrebbe amata per sempre …
Ma durò poco, un battito di ciglia, una lacrima che scivolava rapida, timorosa di lasciarsi vedere …
E davanti a lei c’ era solo Tom, quello stesso ragazzo che, adesso se ne rendeva conto, le era sempre stato accanto, quello stesso ragazzo che aveva ricevuto i suoi schiaffi, con il quale aveva discusso infinite volte …

Che le era stato accanto quando il mondo le sembrava le stesse crollando addosso e quando era crollato per davvero …

Quello stesso ragazzo che le aveva permesso di rinascere alla vita, quello stesso ragazzo che lei amava.

Non riusciva a capire quando fosse successo ma non desiderava tornare indietro, né trovare una spiegazione a ciò che sentiva :
<<  Ti amo anche io, Tom …  >>.

Il cuore del ragazzo esultò, non ricordava da quanto tempo desiderasse sentire il suono lieve e potente di quelle parole sulla bocca di Nic.
Finalmente riuscì  a prenderla tra le braccia, le sfiorò le labbra con le dita, fece scivolare le mani tra i suoi capelli, sentì la mano di lei posarsi sul suo viso, attrarlo a sé, e la baciò.
Non l’ avrebbe creduto possibile, ma farla nuovamente sua, donarsi completamente a lei, per la seconda volta quella notte, fu ancora più dolce, intenso, meravigliosamente appagante.
C’ era una nuova consapevolezza …

Stavano facendo l’ Amore e lui desiderò che quel momento fragile e forte, non finisse mai.

   
 
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