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Autore: tremulini    17/05/2023    0 recensioni
[Hetalia]
Arriva il Natale in casa Vargas, un po' in ritardo.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lovino era seduto sulla comoda sedia in similpelle nera nello studio del nonno, con il libro di testo aperto davanti a lui da almeno un’oretta. Aveva letto e riletto, con disinteresse, la prima pagina, ma quei concetti proprio non gli entravano in testa. Erano ormai le sei del pomeriggio e aveva deciso di prendersi la decima pausa da quando aveva iniziato. Si alzò e si incamminò per il lungo corridoio buio, non accese la luce, nemmeno quando arrivò in cucina. Preparò la moka e la mise sul fuoco, si sedette sulla vecchia sedia di legno vicino ai fornelli, sfruttò la flebile luce per chiudersi un drummino, non lo accese, aspettò che uscisse il caffè. In casa non c’era nessuno, il nonno e Feliciano erano usciti per fare i regali di Natale, lui si era categoricamente rifiutato: sapeva che se avesse accettato non sarebbero tornati prima di aver passato in rassegna almeno una cinquantina di negozi. Non gli dispiaceva il silenzio, che in quella casa, tra Feliciano e il nonno, era come l'acqua in Africa, difficile da trovare, ma sempre apprezzato. Appena sentì il ribollio del caffè, aspettò qualche minuto, il tempo che il piacevole odore si diffondesse per la stanza, poi spense i fornelli, versò tutto il contenuto della moka in una grande tazza e tornò nello studio. Dopo aver bevuto caffè, si avvicinò alla finestra e la aprì per fumare, a Feliciano dava fastidio la puzza di sigaretta. Finita la pausa lasciò la finestra aperta, sperava che l’aria fredda gli avrebbe fatto passare l'intorpidimento. Riprese posto sulla sedia, rilesse annoiato i primi righi, poi  spostò lo sguardo verso il quadro affianco a lui, trovandolo estremamente interessante: in primo piano si trovava un lago, l’acqua era limpida e calma, dietro si estendeva un immenso campo fiorito, sulla destra in fondo vi era un frutteto. Pensò che probabilmente quando il nonno lo dipinse era primo pomeriggio, visto che era molto luminoso. Ad un certo punto uno zampillo d’acqua fuoriuscì dalla tela, Lovino si stropicciò gli occhi incredulo, si avvicinò per ispezionare il quadro. Niente, non successe niente. Imprecò, pensando di essere impazzito per l'estenuante studio. Quando si voltò, prontissimo, per tornare a fissare il libro, avvertì una strana umidità ai piedi, come se le sue pantofole fossero zuppe, ed effettivamente abbassando lo sguardo, si sbalordì osservando che l’acqua gli era arrivata alle caviglie. Si voltò di colpo, in preda allo sgomento. Rimase di stucco, una sola parola, quasi sussurrata e incomprensibile, uscì dalla sua bocca: ''Sfaccimma''. L'acqua del lago stava sgorgando incessantemente dalla tela. Non poteva crederci, era terrorizzato e incuriosito allo stesso tempo. Iniziò a toccare ripetutamente la tela, e come per magia, ne venne risucchiato. ‘’Mannaggia alla madonna’’. Era entrato nel quadro. Si accovacciò, cercando di pensare nel modo più razionale possibile, di conseguenza l’unica motivazione plausibile e rassicurante era che si trattasse di un sogno lucido.- A meno che io non sia totalmente impazzito-, escluse questa opzione, sì in quel periodo non era proprio al top, ma addirittura arrivare ad avere allucinazioni visive del genere, era assurdo. Assodato che stesse sognando, decise di godersi l’idillio. Si tolse i vestiti invernali, e con uno slancio si tuffò nel lago, si stava fin troppo bene. Fece altri tuffi, sguazzò nell'acqua, si rotolò sul prato verde. Decise di raggiungere il frutteto, non essendo eccessivamente distante da lui. Ma mentre correva, contentissimo e con l’acquolina in bocca, una melodia assordante e distorta gli penetrò con violenza nel cervello. Non arrivò mai a quei frutti, tutto si dissolse in un attimo. Si svegliò, non impaurito, come molti potrebbero immaginare, ma incazzatissimo, la musica proveniva da quei ‘’ fottutissimi stronzi degli zampognari''. Decisamente molto arrabbiato si sporse alla finestra e urlò: - Chi v’ha mis chillù strument n’man, mannaggia a kivemmuort, jatevenne mo mo -. Era stato un pochino brusco, ma effettivamente aveva ragione, la banda di ragazzi in questione, tre per l’esattezza o biond’, o brun’ e un ragazzo dalla carnagione eccessivamente chiara, stava armeggiando con le zampogne in maniera scoordinata, gridando a squarciagola le parole di una canzone mai sentita, probabilmente nemmeno esistente. I ragazzi lo fissarono attoniti, come se non avessero capito una parola (effettivamente non avevano capito) . ‘’ Forse ho esagerato'' pensò, poi però la combriccola scoppiò a ridere fragorosamente, e allora Lovino: -  Vac’ a piglia’ l’acqu’, Ges… -. Una mano gli tappò la bocca. Nell’impeto non si era accorto che le altre due ‘’bestie di Satana, mandate dall’oscuro signore in persona, per rompergli le palle’’ (a detta di Lovino) erano tornate e lo stavano osservando da almeno cinque minuti. Feliciano si era precipitato a zittire il fratello  prima che potesse peggiorare la situazione. Si affacciò anche lui e dispiaciuto disse: - Scusate ragazzi, è fatto così, è un po’ strano -. Poi si mise una mano in tasca, estrasse il portamonete e lanciò giù tre monetine da un euro. I tre avevano lo sguardo ancora più confuso. Il ragazzo con i capelli scuri si fece avanti, era molto buio e il suo voto non si vedeva bene, disse: - Perdonatemi, noi siamo nuovi, non italiani, ora andiamo - ed aveva un accento ispanico. Anche gli altri chiesero scusa, presero i soldi, ringraziarono e andarono via. Feliciano tolse la mano dalla bocca al fratello, solo quando la ‘’gang della sciorda’’ sparì completamente dalla loro visuale: voleva essere sicuro che Lovino non dicesse altro. Il nonno, che fino a quel momento era stato zitto, rimproverò il caro nipotino: - Lovino- fece un bel respiro - ma ti sembra il caso di trattare così dei poveri lavoratori? - non si aspettava una risposta. Infatti non ci fu una vera e propria risposta, Lovino biascicò una scusa e lo guardò male, molto molto. Ma il nonno ci era abituato, non infierì. A spezzare la tensione fu Feliciano che propose gioiosamente di andare a cenare, si era fatta l’ora. Lovino declinò, dicendo di essere troppo stanco (era stata una giornata estenuante) e se ne andò dritto a letto.
   
 
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