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Autore: Rameo_Laufeyson8    20/05/2023    0 recensioni
Sin da bambina Eden cerca di sopravvivere in una realtà crudele e apocalittica. Era appena tredicenne allo scoppio dell'epidemia di cordyceps, e dopo dieci anni dai primi contagi vaga ancora per i resti delle insidiose città fantasma alla ricerca di viveri, spinta dall'istinto disperato di sopravvivere nonostante gli orrori nascosti in ogni angolo. Seppur Eden sia una viandante disperata non è un eremita. Da cinque lunghi anni Pietro è la sua ombra, pronto a sacrificare la sua stessa vita per proteggerla. I due sono in simbiosi, indissolubilmente innamorati per promesse che vanno ben oltre l'immaginario umano. Ma è quando si separano tragicamente che i loro destini vengono alterati con tremenda crudeltà. E a salvare la vita di Eden sarà Joel Miller.
Ma questa non è una storia d'amore, oh no; questo racconto è scritto col sangue della vendetta.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ellie, Joel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fremo sul posto ma non per il dolore. La morfina mi concede qualche ora di tregua, sembra che la mia gamba gonfia ora non faccia parte del mio corpo, e spero che questa sensazione duri quanto più a lungo possibile. Lo stomaco mi si contorce, vuoi per la fame ma soprattutto per l'ansia dell'attesa. Chi si prende cura di me in questa stanza pulita simile ad un'infermeria mi ha dato l'ordire di bere solamente qualche sorso d'acqua. Mangiare è ancora troppo rischioso, il mio appetito è vorace ma lo stomaco avrà le dimensioni di una prugna per quanto è stato a digiuno. Non sanno nemmeno dirmi quanto tempo rimarrò a letto, ed ingozzarmi non favorirà il periodo di degenza da immobilizzata. Mi faccio bastare quei piccoli sorsi d'acqua fresca, fuori da questa città non avevo neppure questo lusso.

Sprofondo nel sonno più e più volte. L'uomo che mi ha medicata mi spiega che avrei bisogno di una trasfusione di sangue, ne ho perso parecchio e questo mi causerà molta sonnolenza nei giorni a venire. Sono impaziente, è un supplizio aspettare il ritorno di Joel ed Ellie ma per fortuna crollo più volte durante il pomeriggio, e scandisco il trascorrere del tempo recuperando la stanchezza con un sonno privo di sogni.

Mi risveglio di soppiatto per l'ennesima volta. I miei pisolini durano pochi minuti ma sono continui e ripetitivi, dunque finalmente spalanco gli occhi decisa a resistere. Dalla finestra vedo che il sole sta calando, il tramonto sparisce tra i monti e sembra non portare nessun buon presagio.

Poi finalmente sento il suono di alcuni passi provenire dal corridoio. La porta della mia camera si apre quasi di getto, come se continuare a mettere tempo tra me e Pietro fosse superfluo. Sento Ellie che a voce bassa ammonisce Joel, avrebbe dovuto almeno bussare. Io mi tiro a sedere con difficoltà, la schiena sui cuscini e le braccia che tremano per lo sforzo. Dalla mia gamba esce un lungo drenaggio, un tubo collegato direttamente al mio osso, mi hanno spiegato.

-Allora?- chiedo di getto. Non ho fatto altro che aspettare questo momento per ore. Joel rimane in silenzio. Il linguaggio del suo corpo, rigido e lento, parla da se'.

Ed io so già ogni cosa. La trachea mi si stringe, dischiudo le labbra per provare a respirare.

Io so che Pietro è andato via per sempre, come mio padre, come mio fratello e mia madre.

Il formicolio delle lacrime prosegue negli occhi e dentro al naso, il mio sguardo è in fiamme per via di tutto questo dolore. Joel continua a non dire una parola, Ellie resta dietro di lui.

Da una narice sento colare il muco, mentre i miei zigomi sono umidi di lacrime.

-E' morto, non è così?- chiedo con coraggio aggrottando la fronte.

Ellie vorrebbe scappare da questa stanza, lo si capisce dalla posizione dei suoi piedi, pronti a correre al primo segnale.

-Dimmelo cazzo! L'avete trovato?!- urlo, sputacchiando saliva e lacrime.

-No.- risponde Joel.

Un brivido mi percorre la schiena. Sono pietrificata, le cose potrebbero essere peggio di come le immagino.

-Che significa allora?- insisto giungendo le mani in una preghiera agnostica.

-Che non abbiamo trovato nessun corpo, solamente uno zaino nero con all'interno una borraccia smezzata, un coltello da caccia, una pistola scarica, una mappa e altri oggetti simili...- dice Joel. Sta parlando dello zaino di Pietro, non ho alcun dubbio al riguardo.

-E c'era anche del sangue.- aggiunge Ellie. Ha compreso il mio disperato bisogno di dettagli, è inutile nascondermi la verità.

Mi stringo un pugno al petto, è come se fossi stata pugnalata.

-Potrebbe persino essere stato morso, abbiamo setacciato per ore la zona ma non abbiamo trovato alcuna traccia. Mi dispiace Eden.- le parole di Joel sono futili, questo io l'avevo già pensato ancor prima che lo dicesse.

Le mie budella si annodano e si contraggono. Mi piego su me stessa per i crampi causati dal dispiacere. Mio povero amore, che fine ignobile e crudele ti è toccata. Chi l'avrebbe mai detto che dei due, io che ero quella incapace persino di fuggire ha trovato salvezza, e tu, coraggioso e nobile, hai perso la tua vita per me?

Non mi sembra vero, per me è impossibile realizzare che Pietro abbia sofferto morendo, i miei pensieri si fanno cupi e violenti, ideo migliaia di scenari e ipotesi sul destino che potrebbe essergli toccato.

Lui che per me significava ogni cosa, che mi ha nutrita quando stavo per morire di fame e mi ha scaldata nelle notti più gelide. Pietro, con il suo animo immensamente puro, rimasto immacolato persino quando la sua famiglia si è trasformata davanti a lui, mostrandogli gli orrori di questo terribile virus. Mi ha raccolto da per terra e poco a poco si è guadagnato la mia fiducia, io come una randagia, terrorizzata da ogni mano che osasse levarsi su di me.

Nei quattro anni in cui sono rimasta da sola, dopo che mia madre si lasciò saltare in aria durante i bombardanenti in città per contenere gli infetti, ho vagato in lungo e in lago commettendo crimini e atti incresciosi. Uomini di ogni genere hanno provato ad approfittarsi di me, ad impossessarsi del mio corpo, quello di una ragazzina sedicenne scheletrica per la fame e lurida, in fuga continua. Pietro mi ha ridato la luce, lui stesso brillava intensamente, regolando il flusso di eclissi delle mie stagioni. In me è ritornata la primavera grazie alle sue parole confortanti e ai silenzi che lasciano spazio. Mi ha insegnato a non disprezzare il mio corpo, e a provare le sensazioni migliori che potessi concedermi.
Non ho amato nessuno che somigli a Pietro. Persino dopo cinque anni passati con lui provavo ancora ad imparare i segmenti e le proiezioni del suo corpo nudo nei tramonti estivi dei boschi, disegnandoli con le mie dita direttamente sulla sua pelle.

Ora non riuscirò mai più a replicarli.

Piango, mi consumo tutta. Quei miseri sorsi d'acqua che ho mandato giù sono spariti nella tempesta delle mie lacrime.

Ellie esce, probabilmente questo spettacolo è patetico ed insopportabile. Anche Joel prova sofferenza a rimanermi accanto, credo abbia paura di sbagliare. Pensa che sia meglio restare e darmi conforto o lasciarmi da sola? Cosa voglio?

In verità non lo so.

Mi accartoccio su me stessa come se dovessi spezzarmi, singhiozzo a voce alta e mi rendo conto che i miei lamenti sono fin troppo simili alle urla di dolore per la gamba ferita.

Joel si muove sul posto, mi guarda, credo, e con passi silenziosi raggiunge il letto su cui sono distesa.

Non mi tocca, anche se vorrei che qualcuno mi offrisse una mano sulla spalla per onorare il mio profondo lutto.

La sua voce è rauca ma non si schiarisce la gola prima di parlare.

-So cosa significa perdere la persona che ami di più al mondo. Mi dispiace.-

È pronto persino ad una mia orrenda risposta. Dopotutto non ci conosciamo nemmeno, non siamo costretti a parlare di cose talmente intime.

Ma io lo guardo, il mio viso morbido e roseo è sfregiato dal pianto violento. Pietro mi ripeteva in continuazione quanto io fossi bella. Certe volte mi infastidiva, non ho mai pensato neanche di essere carina. Se mi vedesse in queste condizioni continuerebbe a dire che sono splendida. Ma questa volta non lo odierei.

Cerco in Joel qualcosa che credo mi spetti, con egoismo penso ad una figura che rimpiazzi mio padre, oppure Pietro stesso. Ho bisogno di qualcuno che mi ami talmente tanto da prendere una parte del dolore nel mio cuore.

Ed i miei occhi vitrei di lacrime parlano, anzi che dico, urlano.

-Non ti lascerò sola.- dice Joel -Sarò sempre dietro quella porta se avrai bisogno di qualcosa.-

Annuisco tirando su col naso mentre mi mordo il labbro superiore.

Garantendomi la sua presenza si congeda, ed io malgrado tutto rimango da sola ad aggiungere dentro di me una nuova tomba anche per Pietro.

 

   
 
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