Capitolo 12
A quel punto perdere era diventato praticamente impossibile.
Nel momento in cui Loki aveva liberato i capelli, Frigga aveva sgranato gli occhi ed ogni singola donna in sala aveva preso a invidiare Sif molto più di quanto già normalmente accadeva.
Come avrebbe potuto Brokkr fare qualcosa di meglio? Di certo dopo lo scherzetto che Loki gli aveva giocato non c’era più pericolo.
Era sicuro di vincere.
A dirla tutta, era stato sicuro di vincere parecchie altre volte in passato e per alcune di esse aveva anche avuto ragione, ma quando gli Aesir si mettevano di mezzo… be’, un conto era battere un Nano a una gara di bevute e un conto era sottostare al giudizio di Odino e sperare di uscirne vivo e trionfante.
Ma quella volta, oh, quella volta come avrebbe potuto perdere?
Loki trattenne un ghigno, si mise a gambe larghe in mezzo all’assemblea di dèi e cortigiani, le mani strette dietro la schiena, e attese che Brokkr scoprisse le proprie carte.
Col senno di poi avrebbe dovuto sapere che tanta sicurezza da parte sua era malriposta, ma in quel momento, con il sapore della vittoria sulla lingua, non gli venne in mente proprio nulla. Ignorò quindi quella vocina dentro di lui che gli diceva che non era stato creato per vincere, ma solo per rialzarsi in piedi dopo una sconfitta. La ignorò come tante volte aveva già fatto, pagandone le conseguenze.
Brokkr fece un passo avanti, rigido e impacciato, e Loki si impose di smettere di pensare.
«Alfodr» esordì il Nano con un tremito nella voce che svanì quasi subito. «Signora del Cielo, miei signori e mie signore! Quando il Dio degli Inganni è arrivato a Nidavellir alla ricerca di un dono per la Dea della Bellezza, ho subito capito che, in onore del matrimonio tra la dea e il Dio del Tuono, sarebbe stato opportuno creare un secondo dono. E così, dai fuochi della mia fucina ho forgiato questo.»
E per concludere il Nano estrasse dalla bisaccia un enorme martello da guerra.
«Questo» ripeté Brokkr, tenendolo tra le dita come se fosse una reliquia, «è il martello Mjolnir, pensato espressamente per la mano del Signore dei Tuoni perché egli possa sempre sconfiggere i suoi nemici. Non si corromperà né subirà danni, e ogni volta che verrà lanciato tornerà da solo alla mano del suo possessore.»
Se all’inizio di quella cantilena Thor non era rimasto affatto colpito, le ultime parole gli fecero cambiare espressione. Gli occhi azzurri del Dio del Tuono si posarono sul martello magico che venne passato dalle mani del Nano a quelle di Vedrung, in una replica perfetta della scena che si era svolta con i capelli di Sif.
«L’unica cosa» aggiunse Brokkr a voce più bassa, «è che il manico è forse un po’ troppo corto.»
Thor non lo stava nemmeno ascoltando, e Loki, per precauzione, fece un piccolo passo indietro. Che il manico fosse uscito troppo corto era senza dubbio merito suo e del suo giochetto col calabrone, ma gli parve saggio farsi da parte: lo sguardo di Thor era troppo bramoso per i suoi gusti.
Il Dio del Tuono saggiò l’arma, e arma migliore non avrebbe potuto essere pensata per uno violento quanto lui. Conoscendolo, già si immaginava che il martello fosse un’estensione dei suoi pugni, o qualcosa del genere. Loki fece un altro passo indietro, questa volta con più slancio. Alcuni lo notarono, ma quasi tutti erano troppo presi dalla scena per concentrarsi davvero sulle sue mosse furtive.
Thor sorrise, sollevò il braccio e lanciò l’arma in mezzo alla folla.
Grida di panico si levarono a destra e a sinistra e ci fu un po’ di confusione tra la gente che si spostava correndo, ma il martello non era stato lanciato contro nessuno in particolare: colpì il muro con violenza, incagliandovisi e schizzando ovunque schegge di pietra dorata. I muri portanti della Fortezza, com’era noto, erano impossibili da distruggere con un’arma qualsiasi e Loki si immerse nella folla come un pesce si immerge in un lago, tentando di svanire nel nulla.
Il panico improvviso si tramutò in esclamazioni di meraviglia, che aumentarono a dismisura quando Thor allungò la mano in avanti e il martello, obbediente, tornò tra le sue dita al volo.
«Con quest’arma» affermò Odino, lisciandosi la barba, «sarà molto più semplice sconfiggere i nostri nemici! Persino gli Jotun più potenti non avranno scampo!» S’interruppe, scrutando la sala con occhio allegro, e infine sentenziò: «Ritengo che la scommessa sia stata vinta da Brokkr, naturalmente.»
Naturalmente, pensò Loki strascicando i piedi in terra, cercando una via d’uscita con lo sguardo. Naturalmente.
Il suo primo impulso fu quello di mettersi a correre, e di rado Loki si fermava a riflettere sui primi impulsi, così spiccò un balzo verso le porte, mimetizzandosi tra la folla, sfruttando lo scompiglio creato dal lancio del martello per darsela a gambe.
Qualcuno lanciò un grido di avvertimento, ma ormai Loki aveva già superato le prime due porte. Sapeva che quella corsa l’avrebbe portato poco lontano, ma lasciarsi prendere senza almeno tentare la fuga non era nella sua natura. Superò dunque un ingresso mezzo aperto, udendo passi pesanti alle sue calcagna, e si rese conto di star vivendo un’orribile replica dell’inseguimento dei Nani di qualche giorno prima.
Sarebbe forse riuscito a raggiungere una finestra e lanciarsi nel vuoto tramutandosi in falco, ma il nuovissimo martello di Thor volò di fronte a lui, sbattendo con straordinaria delicatezza contro la finestra che Loki aveva puntato e chiudendola di scatto proprio davanti a lui.
Il Dio degli Inganni fece uno scivolone lungo i pavimenti levigati, piegandosi in avanti per evitare il martello che schizzava all’indietro, verso il suo nuovo padrone, e quando si rialzò in piedi capì che non era più tempo di fughe.
Era circondato.
Riprendendo fiato, si guardò attorno alla ricerca di una nuova via d’uscita e non la trovò, così optò per un sorriso allegro e un’alzata di spalle. Sia mai che a qualcuno venisse in mente di dire che non sapeva perdere con grazia.
Thor fu il primo a parlare, raggiungendolo in pochi passi e facendolo accerchiare da un gruppo di soldati armati fino ai denti. Sorrideva anche lui, per nulla stanco dopo la corsa a perdifiato. «Mi sembra che mastro Brokkr sia in credito di qualcosa» dichiarò il Dio del Tuono a voce molto alta, in modo che tutti udissero.
Loki deglutì. «Non potremmo risolverla in un altro modo?» tentò, sapendo di star soltanto prendendo tempo inutilmente.
«Sei tu quello che ha scommesso la testa per divertimento, mio caro amico» gli ricordò Thor lanciando in aria il martello come se fosse un giocattolo e riprendendolo al volo prima che toccasse terra.
Lui si lasciò andare in un sogghigno. «Non c’è nessun altro motivo al mondo che m’indurrebbe a scommettere la testa.»
«E adesso è arrivato il momento di pagare.» Era la voce di Frigga, che si univa al cerchio di persone stretto attorno a lui. La folla si allargò per farla passare, pregustando la vista del sangue.
Brokkr era al fianco dell’Alfodr, anche lui in avvicinamento, e aveva un enorme, gigantesco e orribile sorriso che gli spaccava la faccia in due e che indusse Loki a rabbrividire in modo davvero poco elegante. L’idea che un dio di Asgard stesse per perdere la vita non sembrava sconvolgere nessuno dei presenti, anche se si sarebbe trattato di un bel precedente. Non che non potessero morire, ma un deicidio era qualcosa di mai visto prima: un conto era morire in battaglia, un altro era morire con la testa tagliata per via di una stupida scommessa.
C’era un’ascia appesa alla cintura del Nano e lui la prese, leccandosi un pollice e saggiandone il filo. Pareva impossibile che stesse succedendo davvero e per un attimo Loki non seppe che cosa dire, il che era capitato ben poche volte prima di allora.
C’era gente che rideva, gente che si copriva gli occhi, ma sbirciava comunque al di là delle dita. Notò come Freyr e Freya si tenessero per mano, gli occhi sgranati e morbosamente attratti dallo spettacolo. Perfino Sif se ne stava in piedi senza dire nulla, un’espressione di assoluta indifferenza sul suo bel volto pallidissimo.
Senza riuscire a impedirselo cercò proprio in lei un minimo appoggio, ma nemmeno si sorprese quando i suoi occhi viola si spostarono verso il basso, interrompendo il contatto visivo.
Si accorse di Sigyn, allora, piccola e scura, una figuretta in abiti da viaggio, sullo sfondo di quel gruppo sanguinario e annoiato. Lei lo guardava senza paura e sul suo volto c’era soltanto una profonda pietà. Si teneva il collo con entrambe le mani, come se l’idea di vedergli tagliare la testa lì, di fronte a tutti, le stesse provocando dolore fisico.
Thor lo spinse in avanti, spezzando anche quel brevissimo incrocio di sguardi, e il Dio degli Inganni ripensò alle mani di Sigyn, rovinate dalle briglie, strette attorno al collo affusolato. Il collo…
«Fermi!» gridò d’improvviso, con voce arrochita dal panico, ma con una nuova idea in testa. «Fermi tutti! Questo non era nei patti!»
Brokkr, di fianco al Dio del Tuono e prontissimo a vibrare il colpo fatale, si fermò di botto. Gli occhi di Thor saettarono su di lui, per nulla stupiti, mentre si faceva sfuggire un piccolo sospiro di sollievo. Era chiaro che anche a lui non andava troppo a genio che Loki perdesse davvero la testa.
«Che cosa vorresti dire?» s’informò l’Alfodr stringendo le labbra.
«Ho promesso-- ho promesso a Brokkr la mia testa, è vero» confermò lui rapidamente. «Ma se me la staccherà, si porterà via anche un pezzo di collo e questo non era nei patti!»
Ci fu un lungo attimo di silenzio in cui il Nano lo guardò come se avesse di fronte un povero mentecatto, e poi, come d’incanto, l’intera congrega scoppiò a ridere. Il sollievo lo travolse come un’ondata d’acqua calda e Thor lo lasciò andare, sbellicandosi.
«È proprio da te, vecchio bastardo!» ululò il dio, sbattendogli una mano sulla spalla e facendolo cadere a terra, tanto era incapace di sorreggersi da solo sulle gambe molli.
«Non è vero!» gridava Brokkr, cercando di superare il baccano. «Non è giusto! La sua testa è mia!»
La folla si aprì una seconda volta e Frigga avanzò delusa, come l’uccellaccio del malaugurio che era. «È però vero che la testa del Dio degli Inganni è di proprietà di mastro Brokkr, marito mio, non ti pare?» Le sue parole erano rivolte a Odino, ma i suoi pressanti occhi grigi erano fissi su Loki, ancora mezzo seduto sul pavimento.
L’Alfodr si grattò la barba, forse preso alla sprovvista. «Non posso negarlo» ammise dopo un attimo di riflessione.
Guardando attorno a sé, Loki si chiese che cosa potesse significare quell’affermazione, ma il solo fatto di non rischiare più una morte terribile gli sembrava un bel passo avanti, qualsiasi cosa stesse per succedere.
Brokkr era livido, così pieno di rabbia che faticava a trattenersi, e forse fu colpa di Loki stesso che non riuscì a non lanciargli un sorrisetto soddisfatto, o forse gli sarebbe venuto in mente comunque, ma il risultato fu lo stesso.
«Se la sua testa è mia posso farci quello che voglio, no?» domandò il Nano con la stessa voce gracchiante che aveva usato nelle stanze di Sigyn, quando era stato sul punto di dare fuoco a tutto e tutti pur d’indurre Loki a uscire allo scoperto.
Odino gli rispose che, in effetti, aveva ragione, ma a quel punto Loki non riusciva più a stupirsi di nulla.
«Allora» esclamò il Nano con esultanza, «devo chiedere al Dio del Tuono di tenere fermo questo Ingannatore.»
A quelle parole Loki cercò di strisciare via, ma le mani di Thor gli afferrarono di nuovo le spalle, mettendolo a sedere ben dritto con la schiena, un piccolo sorriso di scuse nascosto nella barba bionda.
«Parli troppo, Loki» gli disse Brokkr, prendendogli il mento tra le dita consumate dal lavoro e obbligandolo a guardarlo.
«È una mia specialità» ammise lui, incapace di starsene zitto anche in quelle circostanze.
Fu quasi come se non avesse mai risposto. «E dato che parli troppo, ho deciso di cucirti la bocca, così da dare un po’ di riposo alle orecchie di tutti» gli fece un largo sorriso. «Che te ne pare come soluzione?»
«Mi pare di cattivissimo gusto.» Ma erano solo sbruffonate e lo sapevano tutti.
Nonostante la minaccia, non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito: l’idea, nella sua semplicità, era divertente. Quale punizione migliore per un dio che vive e respira tramite le parole?
Brokkr estrasse un coltello sottilissimo e molto affilato, si mise in bocca una serie di legacci di cuoio che trasudavano potere magico quasi vi fossero stati impregnati e, senza aggiungere altro, si mise al lavoro. Loki, invece di rimanersene buono e fermo, prese a gridare a pieni polmoni, prima di tutto perché avere le labbra tagliuzzate non fu del tutto piacevole e poi perché se quelle dovevano essere le sue ultime parole per un lungo periodo di tempo, ebbene, che rompessero i timpani a quanta più gente possibile!
Le sue grida non furono sufficienti ad allontanare i presenti, che rimasero fino alla fine, a guardare il sangue che gli schizzava sul volto, si spargeva a terra e sulle dita abili di Brokkr, finché le labbra di Loki non furono pressate l’una contro l’altra, strette dalla magia, dal cuoio, ma soprattutto dalla rabbia di quel Nano che l’aveva battuto nonostante tutti i suoi sforzi per vincere.
Dopo quel bel fiasco non gli restò molto da fare se non sparire dalla circolazione il più in fretta possibile.
Si rinchiuse nella stanza privata dei suoi appartamenti – l’unico luogo che si concedesse talvolta di chiamare casa – e trascorse i giorni seguenti in completa solitudine, permettendo soltanto a Vedrung di presentarsi in gran segreto per raccontargli le ultime novità.
Sapeva bene che entro pochissimo tempo tutti si sarebbero dimenticati della scommessa con Brokkr, come si dimenticavano di tutto il resto, ma la disfatta bruciava comunque. Passò quindi alcuni giorni di auto isolamento a saggiare i legacci del Nano, molto potenti e di finissima fattura, che non cedettero nemmeno con gli incantesimi più elaborati a cui riuscì a pensare. Si limitarono ad allentarsi un po’, però, permettendogli di avere abbastanza spazio tra le labbra per bere e mangiare piccoli bocconi di cibo, il che fu un bel miglioramento.
Aveva come l’impressione che in quello scherzetto ci fosse in gran parte lo zampino di Frigga, l’unica tra gli Aesir a possedere poteri magici simili ai suoi, e con parecchi più anni di esperienza rispetto a lui, ma non sarebbe mai riuscito a dimostrarlo, così come non era mai riuscito a dimostrare nient’altro.
Il danno, in ogni caso, era stato fatto e dopo lungo rimuginare si rese conto che solo il tempo avrebbe potuto allentare i nodi e consumare un po’ della magia che li rendeva così resistenti. Ho solo bisogno di farmi una risata per strapparli via del tutto, pensò una mattina, svegliandosi di nuovo di buon umore, ragionando su come continuare a tramare pur senza l’aiuto della lingua.
Iniziò a pensare a come farsi una risata, però. Era un tipo piuttosto incline al riso, ma una buona risata, di quelle spontanee, che nascevano nella pancia prima che nei polmoni, era da parecchio tempo che non gli capitava. E aveva come l’impressione che solo quel tipo di risata avrebbe potuto aiutarlo a liberarsi.
Per prima cosa, quindi, si vestì di tutto punto e andò a far visita a Sif, scegliendo l’ora e il giorno in cui sapeva che avrebbe trovato soltanto Vedrung di guardia alle porte della dea; e infatti il soldato non fu per nulla stupito quando se lo vide comparire davanti, nel silenzio del corridoio.
«Ho fatto come volevate» gli disse Vedrung a mo’ di saluto. «Sif ha ricevuto la notizia di una vostra visita, ma non da me. Ancora non sa che lavoro per voi.»
Loki sollevò un sopracciglio in un gesto che sperò risultasse interrogativo.
«Si è fatta preparare un bagno e ha fatto uscire tutte le ragazze» aggiunse allora Vedrung, mostrando un livello di intuizione che Loki non gli avrebbe mai attribuito.
La prima stanza era un’anticamera e Loki la superò senza guardarsi intorno. La seconda era un salotto pieno di lavori di ricamo e strumenti musicali. La terza, invece, era la stanza da letto di Sif e quando aprì la porta un’ondata di vapore lo accolse, quasi che fosse di nuovo nelle fucine dei Nani.
In realtà la camera da letto in cui entrò era una copia quasi identica di quella in cui Sif aveva sempre dormito a Ydalir. Persino l’enorme specchio era sempre lì, la montatura che lo fissava al muro grossa e spigolosa come l’originale, le piastre argentee pronte a riflettere ogni singolo sprazzo della bellezza della sua proprietaria. E lo erano anche quel giorno, nonostante fossero quasi del tutto appannate dal vapore.
La donna, per contro, era immersa in una bella vasca da bagno e l’aria attorno a lei odorava di gelsomino. I suoi nuovi capelli erano sparsi nell’acqua come lunghissime alghe dorate e lei, appoggiata al legno della vasca, si sosteneva con entrambe le braccia come fosse in poltrona.
«Dovrei accoglierti con un coltello alla gola dopo il tuo scherzetto, mio caro» esordì la donna, lo sguardo viola penetrante e vivo, il volto umido e arrossato dal calore.
A Loki vennero in mente una decina di risposte argute e mai come in quel momento odiò il mutismo a cui era costretto.
«Devo ammettere che è una bella novità averti qui in completo silenzio!» continuò lei. «Non vorresti forse unirti a me? L’acqua è caldissima.»
Le labbra di Loki si mossero all’insù in automatico, ma perfino quel movimento gli provocò dolore, quindi desistette. Quello che fece fu avvicinarsi a grandi passi e inginocchiarsi accanto alla vasca, posando la testa sugli avambracci, sistemandosi sul legno umido e guardando la donna dal basso.
Sif fece un sorrisetto e gli infilò una mano bagnata tra i capelli, tirando un poco. «No, eh? Lo immaginavo. Quando l’ultima volta hai detto di volerci dare un taglio pensavo che scherzassi» aggiunse poi.
Gli occhi di Loki brillarono e Sif aggrottò le sopracciglia, confusa. Forse ci sarebbe arrivata. O forse no, ma poco importava, il gioco di parole era già stato divertente a suo tempo. Invece la dea gli spinse in faccia il pezzo di sapone profumato infilandoglielo quasi tutto nel naso con un’esclamazione di soffocato oltraggio.
«Darci un taglio!» sbottò, portandosi una mano alla fronte e scuotendo la testa. «Si può essere più infantili?»
Divertito, Loki si ripulì la faccia con una mano e l’altra l’agitò verso lo specchio, facendo comparire delle parole svolazzanti sulla patina d’umidità.
“Sapevo che ti avrebbe fatto ridere”.
Sif lesse con rapidità, il bel volto arrossato di rabbia e risate in egual misura. «Con estremo ritardo» ammise. «Ma ti è venuto in mente di dirmelo prima o dopo aver deciso di tagliarmi i capelli?»
Le parole cambiarono come fumo: “Un po’ di entrambi”.
Sif scosse la testa di nuovo, l’espressione di chi si trova suo malgrado ad avere a che fare con un bambino quando aveva sperato di parlare con un adulto. «E allora, Loki, se davvero hai deciso di dare un taglio a questo,» indicò prima se stessa e poi lui, «perché sei qui?»
Le sue belle forme erano alterate dall’acqua insaponata, ma il suo volto era come sempre era stato quando si rapportava a lui: morbido, aperto e ben intuibile. Anche se sembrava che gli avesse solo chiesto il motivo della sua visita, in realtà gli stava domandando perché fosse ancora lì, ancora nella sua camera da letto, ancora nella sua vita.
Le lettere, come trascritte da un indice invisibile, cambiarono di nuovo. “Parlami di Sigyn”.
Sif lesse quelle parole un paio di volte, come se faticasse a capirne il senso, e quando si voltò la sua espressione era molto diversa. «Stai di nuovo cercando di farmi ingelosire, per caso?» gli domandò con tono insinuante, una piccola piega all’angolo della bocca.
Loki si limitò a roteare gli occhi.
«Perché sei interessato a lei? Vuoi farle del male?»
Non gli era chiaro perché tutti pensassero che avrebbe voluto fare del male a chicchessia. Loki usava la violenza molto di rado, soprattutto quando poteva ottenere qualcosa con il puro uso del cervello. Così si limitò a scuotere la testa, annoiato.
«E allora cosa vuoi sapere?»
“Qualsiasi cosa ti venga in mente.”
Sif sospirò, ma non era mai stata davvero in grado di negargli niente, quindi non fu molto sorpreso quando si mise a parlare a briglia sciolta.
«È una ragazza buona, gentile e triste. Questo penso che sia chiaro anche a te.»
Gli era chiaro, ma gli erano chiare anche molte più cose di Sigyn, oltre a quei tre aggettivi. Prima di tutto, gli era chiaro che non era stata così triste al loro primo incontro e che qualcosa doveva essere accaduto in quelle poche lune in cui lui si era tenuto lontano da Ydalir.
«È la figlia di una mia vecchia ancella. Una ragazza che s’innamorò di un allevatore di capre o qualcosa del genere. Cercai di dissuaderla, ma lei non volle sentire ragioni e alla fine ho lasciato perdere. Finiti i suoi obblighi verso di me, partì con quell’uomo. Pensavo di non sentire mai più parlare di lei, ma poco più di un anno fa ho ricevuto una lettera da parte dell’allevatore che mi chiedeva di prendere Sigyn con me. Sua madre era morta di parto e i fratelli… non ricordo, qualcosa di tragico come una frana o un incendio, penso. Risposi che poteva mandarla da me quando avesse voluto.»
Loki ragionò per qualche secondo. Visto il commento che Sigyn aveva fatto sull’ultima guerra, i fratelli dovevano essere morti durante il conflitto, il che spiegava il suo pio desiderio di mantenere la pace.
“E suo padre?” domandò ancora, pur avendo già intuito la risposta.
«Morto anche lui, qualche luna fa» gli confermò Sif. «Le sue terre sono state depredate e date alle fiamme. Non le è rimasto nulla.»
Nulla, tranne il suo voto di servitù nei tuoi confronti, rifletté Loki. La ragazza doveva essersi aggrappata alle gonne di Sif con le unghie e con i denti, e forse solo di recente aveva iniziato a pensare di aver commesso un piccolo errore.
«Perché sei così interessato alla mia Sigyn? Ti piace?» domandò Sif a bruciapelo, distogliendolo dai suoi pensieri, calcando sull’ultima parola quasi che fosse del tutto assurdo perfino chiederlo.
Anche volendo, Loki non avrebbe saputo rispondere. Aveva un piano per liberarsi dalle catene che Frigga voleva imporgli con il matrimonio, ma fino a poco tempo prima Sigyn era stata solo un mezzo per arrivare a uno scopo. Adesso invece quell’attaccamento di Sif nei confronti della sua ancella lo intrigava.
“Forse voglio solo portarmela a letto” le comunicò allora, tanto per darle fastidio.
Lei sbuffò, rabbrividendo, e Loki si accorse che l’acqua stava iniziando a raffreddarsi. Ne toccò la superficie con la punta dell’indice e la fece tornare bollente.
«Se volessi solo portartela a letto non saresti qui a chiedermi cose su di lei, mio caro. Un po’ ti conosco» replicò la donna, lo sguardo ammorbidito.
Loki alzò gli occhi al cielo. Come se lui se ne andasse in giro a sedurre gente a ogni piè sospinto!
“Sei tu quella che vuole farla sposare, però, non è vero?”
La creazione di quell’ultima frase sullo specchio gli portò via qualche energia e, assieme al riscaldamento dell’acqua e ai legacci che facevano a botte con il suo personale potere magico, Loki fu costretto a chiudere gli occhi per un attimo. Quando li riaprì, Sif lo guardava come se avesse di fronte a sé la cosa più strana mai vista.
«Te l’ha detto lei? Mi pare assurdo.»
Loki fece un sorrisetto, ignorando il dolore alle labbra. “E chi le ha messo alle calcagna il bel soldatino di Thor, allora?”
Se anche non avesse già avuto la conferma da Vedrung, l’espressione di Sif avrebbe potuto essere una prova sufficiente. Secondo le parole del soldato, poco prima di partire verso Nidavellir, Sif l’aveva preso da parte e gli aveva intimato di mettersi a corteggiare la ragazza.
Vedrung, da quella brava spia che era, era andato subito a riferirglielo e adesso Loki era andato alla ricerca della motivazione. Sif non era mai stata una che si affezionava troppo alle proprie ancelle e di certo non si era mai presa tanta briga nel procurare loro un marito, anche se le piaceva affermare il contrario.
«Non ti si può nascondere niente, Loki» sospirò la dea, agitando l’acqua con una mano e creando piccole spirali di luce con i suoi nuovi capelli. «Ma non sto facendo niente di male. Ho il dovere di aiutare le mie ragazze e per Sigyn non ci potrebbe essere niente di meglio di un matrimonio. Francamente, non riesco nemmeno a immaginare che cosa ti giri per la testa per essere così interessato a lei e al futuro che le vorrei regalare.»
Ma sarebbe stato davvero un regalo? La giovane ancella che aveva sbattuto fuori una mandria di Nani inferociti per salvargli – e salvarsi – la pelle non gli sembrava il tipo che avrebbe accettato di essere venduta in matrimonio così, senza motivo. Senza avere possibilità di scegliere.
Inoltre, Sif non era il tipo da mettersi a giocare alla sensale.
Si alzò in piedi di scatto e attraversò la stanza piena di vapore a grandi passi, pronto a togliere il disturbo, ma la voce di Sif lo richiamò. «Loki!» Era mezza sporta dalla vasca, l’acqua gocciolava a terra dalle ciocche di capelli fradici. «Qualsiasi cosa tu abbia in mente, lascia perdere. La ragazza non si merita quello che stai architettando.»
Non si voltò a guardarla, ma avrebbe voluto dirle che nessuno si meritava mai niente di quello che lui architettava e infatti, la maggior parte delle volte, tutto andava a finire in malora. Attese un attimo, aspettandosi altre parole, ma Sif rimase in silenzio così a lungo che alla fine Loki riprese ad andarsene.
«Ti ringrazio per questi capelli» proruppe lei, infine, quando lui aveva già una mano sulla maniglia. «Sono davvero splendidi.»
A quelle parole lui si arrestò, prese un respiro e tornò indietro a passi misurati.
Si fermò accanto alla vasca, torreggiando su di lei. Le sue forme bianche, ancora più pallide a causa dell’acqua e del vapore, gli fecero tornare a mente gli anni che avevano speso a divertirsi insieme. Rifletté di nuovo sul fatto che ormai era rimasto solo lui a divertirsi e che “darci un taglio” era effettivamente la cosa migliore che potesse fare.
Dopo un lungo momento, fingendo di non vedere quanto fossero appannati gli occhi violetti della donna, Loki si chinò su di lei, le prese una mano e se la portò a pochissima distanza dalle labbra cucite. Gocce d’acqua scivolarono sulla parte interna del braccio di Sif, come perle, cadendo sul pavimento senza rumore.
Quando Loki se ne andò, vide l’ombra di Sif che si arricciava una ciocca di capelli attorno all’indice. Era l’immagine stessa dell’indifferenza, ma non guardava più verso di lui: osservava il proprio riflesso, proprio mentre sullo specchio comparivano nuove parole.
“Consideralo un vero regalo di nozze, mia cara”.
La porta si chiuse e Loki ebbe la netta sensazione che qualcosa si fosse appena concluso e qualcos’altro fosse sul punto d’iniziare.
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