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Autore: Bloody Wolf    23/05/2023    1 recensioni
La città di Nastas ha un nuovo sceriffo: Cole Wilson.
I cittadini sono restii ad avere a che fare con gli estranei, ma quando sembra che inizino ad accettarlo, succede qualcosa che porta l'uomo a dubitare di chiunque.
Cole è un uomo fedele alla giustizia in ogni sua sfumatura, ma in quel posto dimenticato da ogni divinità si annidano segreti che vanno al di là dei semplici scheletri nell'armadio.
La fuga non esiste per lui e l'unica è lottare, sì, ma a che prezzo?
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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Le vicende si svolgeranno a Nastas: una cittadina inventata che, in questa realtà, dista a 50/70 km da Bodie, città della California veramente esistita e che è diventata una delle città fantasma una volta passata la febbre dell'oro. Guardatevi le foto in internet perché è un posto spettacolare e di una bellezza fossilizzata nel tempo.

La cartina che ho creato dovrebbe ricreare sommariamente la cittadina di Nastas che dovrebbe avere al massimo 400 abitanti.

La vicenda si svolge nel 1873, verso la fine dell'epoca dei pistoleri, e in quel periodo non c'erano ancora gli Stati come li conosciamo oggi (California, Montana, Oregon, etc) e visto che il "far west" era terra di nessuno, non starò a fare troppe precisazioni nel testo.

Ho voluto fare questa piccolissima premessa per dare queste due o tre nozioni "superflue" solo perché mi piace approfondire.

Cartina:

Sì, ci sono edifici triangolari, non fateci caso, non sono brava a usare il sito XD

PS: sì, ho iniziato questa storia dopo aver finito di giocare a Red Dead Redemption 2 ♥ 

 

Prologo

Il respiro del cavallo rompeva l’atmosfera che pareva essersi cristallizzata nel tempo.
Intorno a lui c’era una piccola pianura; alcuni steli rilucevano di rugiada mattutina e di gocce di sangue, altri erano stati calpestati.
Il suo sguardo si fermò sulla figura di un corvo. L’animale se ne stava fermo sulla carcassa di un cavallo morto, di tanto in tanto gracchiava riempiendo l’aria di quel suono stridulo e beccava una porzione di pelle sporca di pittura blu.
Tirò le redini per chiedere alla cavalla di fermare il passo e lei, con un leggero scatto del capo e uno sbuffo dal naso, lo fece mordendo il morso con convinzione. Il giovane cowboy si appoggiò con un gomito al pomo della sella, riempiva i polmoni di aria fresca e la forzava a entrare in circolo. Gli occhi spalancati sull’orrore che lo circondava.
Intorno a lui c’erano una ventina di cadaveri, ognuno di loro aveva un nome, una famiglia e un passato che lui conosceva, ma lì tutto si mischiava nella morte violenta e insensata.
Serrò gli occhi e si portò una mano alla corona del cappello, lo tolse e pregò con tutto se stesso che non fosse vero e che quel massacro fosse solo un terribile parto della sua mente.
Chiuse una mano con forza sulle redini e riaprì le palpebre con determinazione, piantò gli speroni nel fianco del cavallo e lo spronò al galoppo.
In quell’alba rossa la giovane giumenta correva e sbuffava, calciava l’aria ma ubbidiva agli ordini del suo cavaliere.
Un urlo lo portò ad alzare lo sguardo al cielo e lì l’aquila sbatteva le ali nella sua maestosità.
Era vicino e quell’animale era uno dei segnali.
Il cavallo si muoveva sicuro su quel terreno di cacciatori e indiani; i suoi zoccoli battevano il sentiero di montagna senza disturbarne la quiete.
Il rapace riapparve sopra la sua testa, urlò ancora e in un battito d’ali tornò a inabissarsi dietro al passo che anche lui doveva raggiungere.
Uno sparo fendette il silenzio. Rimbombò tra le creste dei monti e si perse nell’aria in un eco doloroso.
Il cuore di Cole perse un battito e la giumenta arrestò la sua corsa per impennarsi nervosa.
«Forza, Ahiga!»
Gli speroni affondarono nel fianco e il galoppo si fece disperato. L’animale conosceva quel posto e quei sentieri perché lì ci era nata e cresciuta, sapeva dove andare e Cole ne assecondava solo i movimenti.
Raggiunsero il passo e con esso Cole si scontrò con le colonne di fumo che si libravano già deboli nel cielo.
Il villaggio aveva smesso di bruciare.
Più scendeva lungo il sentiero e più l’odore di morte gli inondava l’olfatto come un malessere incurabile. Delle tende erano rimaste solo le strutture, legni piantati a circolo, tizzoni e poco più. Man mano che si addentrava i suoi occhi si riempivano di lacrime e tossiva.
«Cheveyo!»
Urlava, chiamava quel nome con tutto l’ossigeno che i polmoni potevano contenere, ancora e ancora.
Lo vide appena fuori dal cerchio formato dalle tende. Smontò e si lasciò cadere in ginocchio, gli occhi fissi sulla scena che aveva di fronte.
«Sei qui, giovane uomo.»
La voce lasciava il corpo del capo del villaggio con difficoltà, le labbra piegate in un sorriso accennato. Un rivolo di sangue colava lungo il suo mento e gocciolava sulla mano che accarezzava il corpo morto dell’aquila.
«Cheveyo, io…»
Il capo indiano lo fissò e Cole percepì le lacrime scorrere sul suo volto.
«Dovevo proteggervi, è il mio primo lavoro da sceriffo, non pensavo che potessero e io non sono arrivato in tempo. È colpa mia.»
L’uomo scosse il capo in piccoli movimenti stanchi. Tossì piccole gocce di sangue e tornò sereno.
«Hai protetto il mio popolo, lo hai sfamato… hai lottato per noi e ci hai dato un riparo.» il respiro era pesante.
«Vi hanno trucidato e tu…»
Gli occhi di Cole si abbassarono sul petto dell’uomo dove c’erano due fori.
«Tu hai un cuore buono, sei diverso da loro…»
«Non mi importa degli altri, p-posso caricarti sul cavallo e scendere a valle e portarti da un medico…»
«Ho esaurito il mio tempo, è ora che io torni dalla mia gente…» il corpo dell’uomo vibrò per un violento colpo di tosse.
Cole chiuse le labbra, il mento tremò e con il capo negava.
«Segui sempre il tuo cuore, giovane uomo, sei buono e sii te stesso…»
Cole appoggiò le mani sul terreno e strinse le mani in pugni, le parole dell’uomo continuavano a fluire sempre più flebili.
«Ricorda che tu non sei lui. Io sarò con te. Sarò gli occhi del cavallo, il falco nel cielo, il lupo e l’orso. Ora va’…» la sua voce era un rantolo affaticato. I loro occhi si incontrarono e la testa dell’anziano si mosse a indicargli la via alle sue spalle. «Non sarai solo.»
Salire in sella fu doloroso, ma risalire quella montagna lo fu ancora di più.
 


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